Tra non molto gli italiani saranno chiamati a votare per il referendum sull'allargamento anche alle imprese con meno di 15 dipendenti delle garanzie previste dall'articolo 18 dello statuto dei lavoratori.
A parte l'importanza che questo referendum ha ricoperto per aver smascherato la falsità e la malafede con la quale i partiti dell'Ulivo e la Cgil hanno portato in piazza milioni di cittadini contro le proposte di modifica avanzate dal Governo Berlusconi, che avrebbero riguardato dei casi limitati e marginali, facendo dell'articolo 18 il simbolo dei diritti irrinunciabili per ogni lavoratore, i risultati che da esso proverranno saranno sempre i soliti. Gli italiani non voteranno, così come si auspicano Confindustria, Casa delle Libertà, sindacati e gran parte della sinistra, e così come spera anche la Cgil il cui si al quesito referendario sarà solo di facciata come ha dimostrato l'ultimo direttivo del sindacato rosso e il mancato appoggio al Comitato per il si, e per gli italiani resterà il solito conto da pagare per la realizzazione della tornata referendaria. A questo punto sorge spontaneo il dubbio che sia giunto il tempo di riformare l'istituto del referendum, svuotato del suo ruolo centrale e destinato a proporsi solo come un mezzo pubblicitario di quanti vogliono acquisire una ribalta momentanea.
Paolo Carotenuto
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