Pagina 1 di 2 12 UltimaUltima
Risultati da 1 a 10 di 20
  1. #1
    Affus
    Ospite

    Predefinito Per farla finita con il mondo arabo

    L'Iraq al centro della crisi mondiale
    Per farla finita con il mondo arabo


    Selim Nassib
    Quali che siano i pretesti addotti dall'America per attaccare l'Iraq (e per instaurare sullo slancio «la democrazia nella regione»), questa guerra è possibile soltanto a causa delle condizioni deplorevoli del mondo arabo. È caduto il muro di Berlino, l'Unione sovietica è solo un lontano ricordo, il pianeta è entrato in una nuova era, ma il mondo arabo rimane disperatamente uguale a se stesso. Che i regimi dispotici vi siano largamente dominanti, non ha nulla di particolarmente originale. Altre regioni del pianeta hanno vissuto periodi più o meno prolungati di tirannia. Ma qui gli anni passano senza che le società arabe generino nel loro seno movimenti di massa a favore della libertà, della democrazia, della modernità. Monarchie anacronistiche e regimi militari più o meno camuffati continuano ad occupare il potere, incontrando come unica opposizione consistente i movimenti di ispirazione islamista. L'unica libertà di scelta che sembrano avere gli arabi è quella fra diverse forme di oppressione.
    In Occidente, alcuni traggono la conclusione che l'islam in quanto tale contenga un germe anti-democratico, e come prove d'appoggio si citano alcuni versetti del Corano. Secondo questa atmosfera, che va ben oltre gli ambienti razzisti, «l'arretratezza» degli arabi sarebbe dovuta agli arabi stessi, alla loro mentalità, alla religione che hanno inventato e diffuso, alla loro mancanza di cultura politica, e via dicendo. A tutto questo gli arabi ribattono che loro non c'entrano per niente, e che è stato l'Occidente (il colonialismo, l'imperialismo, Israele) ad averli cacciati deliberatamente dalla modernità. Anche loro offrono frasi liberticide, tratte però dalla Bibbia e dai Vangeli, facendo capire che le crociate e l'inquisizione non erano poi tanto diverse dall'islamismo attuale. Soprattutto ricordano che, nel suo periodo aureo in Andalusia, l'impero arabo era stato un modello incomparabile di tolleranza, di scienza e di cultura. Fine del discorso.
    Ma che sia colpa loro, colpa degli altri, o un po' l'una e l'altra cosa è comunque essenziale rispondere a questo interrogativo: perché gli arabi da tanto tempo danno l'impressione di essere rinchiusi nel loro (glorioso) passato, e di non poter accedere al tempo presente?
    È un problema tutt'altro che retorico, visto che minaccia la pace del mondo. Qualche mese fa un quotidiano francese pubblicava l'articolo di un esperto americano, che affermava che il pianeta non poteva tollerare più a lungo la paralisi della sua principale regione petrolifera.
    Prevedeva che questa situazione di squilibrio sarebbe diventata inevitabilmente esplosiva e che l'Europa, di conseguenza, avrebbe dovuto riorientare la sua strategia militare per dotarsi dei mezzi necessari per intervenire nel mondo arabo. Confusamente, il presidente George W. Bush sta mettendo in pratica questa teoria, ma a titolo «preventivo» (cioè sparando lui per primo).
    In uno dei suoi video, Osama bin Laden affermava, con un giro di frase passato inosservato, che il mondo arabo era in declino «da ottant'anni». Perché ottant'anni? Basta un rapido calcolo: risaliamo all'inizio degli anni '20, alla fine della prima guerra mondiale, al crollo dell'impero ottomano, all'intervento di inglesi e francesi nella regione. A quel tempo gli arabi erano usciti da quattro secoli di tutela turca, per essere ormai governati dagli infedeli. Il che spiega l'osservazione di bin Laden: non c'è salvezza al di fuori del governo musulmano (il califfato).
    Ma, a prescindere da quel che pensa tale individuo, gli arabi hanno digerito molto male quel passaggio da un'epoca all'altra. Prima vivevano, pensavano, andavano e venivano in uno spazio arabo senza frontiere, integrato all'impero ottomano. Il loro sovrano poteva ben dire di essere musulmano, ma era straniero, turco; il che era piuttosto umiliante per una comunità che aveva una così elevata idea del proprio passato e della propria identità. E tuttavia, la comunità araba si adattava a tale dominio. La Sublime Porta (un bel nome, a metà tra il secolare e il trascendentale) poteva anche, eventualmente, dar prova di grande crudeltà, ma aveva comunque il merito di lasciare in pace i suoi sudditi, e di lasciare che gestissero da sé i loro affari, purché gli fornissero in contropartita uomini e denaro. Una volta pagate le imposte e inviati i figli nell'esercito, gli arabi di Beirut, di Damasco o di Gerusalemme erano a posto, più o meno. Il potere politico risiedeva altrove, non dovevano preoccuparsene loro. Raggruppati in famiglie, clan, comunità, regioni, alleanze, erano arabi di Palestina, del Libano, della Siria, senza che il loro «paese» d'origine costituisse per loro una nazionalità. Gli intellettuali arabi, da parte loro, erano consapevoli che l'impero ottomano declinava irrimediabilmente, a tutto vantaggio di un Occidente dalla superiorità e dalla bramosia quanto mai manifeste. Per raccogliere la sfida avevano avviato, fin dalla fine del XIX secolo, un grande movimento di rinascita culturale e politica, la Nahda, in cui si fondeva la volontà di riformare l'islam, di trasformare la società e di ritrovare le fonti vive che avrebbero finalmente permesso agli arabi di far parte del mondo moderno. In termini politici, finalmente tutto ciò si traduceva nella necessità di liberarsi del dominio ottomano.
    Stante che tale emancipazione non poteva avvenire sotto il vessillo dell'Islam (in quanto l'impero turco era anch'esso musulmano), doveva necessariamente avvenire in nome di un nazionalismo arabo in gestazione, che radunasse musulmani, cristiani e laici.
    Abilmente manovrato dagli inglesi (tramite Lawrence d'Arabia) e dai francesi, questo desiderio d'indipendenza si rivelò abbastanza forte da far sollevare gli arabi al momento giusto contro i loro padroni musulmani, contribuendo alla caduta dell'impero ottomano. Ma il grande stato arabo indipendente promesso come contropartita, con tutta evidenza, non è arrivato puntuale all'appuntamento, e la Gran Bretagna ha aggravato la situazione promettendo di favorire la creazione di una «patria» nazionale ebraica in Palestina. Raggirati, vinti, feriti, gli arabi si sono messi in cammino verso la modernità tanto agognata, carichi di amarezza.
    Ben presto, sono state tracciate frontiere sulle loro terre, sono stati creati paesi diversi. Hanno dovuto abbandonare la loro rappresentazione di se stessi, quella di sudditi di un sovrano, per accoglierne un'altra, quella di cittadini di uno stato-nazione (sotto mandato britannico o francese). Perché il mandato? Ufficialmente per guidare per mano questi giovani paesi all'indipendenza loro promessa, per formarli, inquadrarli, dar loro istituzioni democratiche e farli entrare gradualmente nel tempo moderno.
    Dalla «Nahda» alla «Nakba» Anche in un quadro così frammentario e restrittivo, il vento sollevato dalla Nahda continua ancora a soffiare. Saad Zaghlul, modernista e liberale, «padre» dell'indipendenza egiziana, inquadrava formalmente la sua azione in tale contesto. Negli anni '20, il grande scrittore egiziano Taha Hussein osservava che Oriente e Occidente erano due rami di un medesimo tronco: la civiltà greca. Grazie all'Andalusia araba, questa eredità era arrivata fino all'Occidente, che si era sviluppato abbeverandosi alle sue fonti. In compenso, il ramo orientale non aveva potuto crescere, a causa dell'occupazione straniera (turca e britannica) e adesso il mondo arabo doveva recuperare il tempo perduto e procedere a tappe forzate verso un modernismo d'Oriente in grado di proporsi come partner del modernismo occidentale.
    Non tutti erano d'accordo con Taha Hussein: vi era anche chi riteneva che la Nahda, il Rinascimento arabo, implicasse un ritorno alla lettura più rigorosa dell'islam. Ma l'interpretazione progressista era quella dominante. Nel complesso, il mondo arabo si mostrava particolarmente desideroso di integrarsi nel mondo.
    I motivi per cui non è riuscito a farlo sono certamente molti e diversi.
    Ma il motivo privilegiato dagli arabi è stato la «homeland nazionale ebraica», il progetto britannico integrato dalla Società delle nazioni al mandato della Gran Bretagna sulla Palestina. Israele non era ancora stato creato, e già la sua realtà virtuale era una rivale fatale presso l'Occidente tanto amato. Era necessario vestirsi, coltivarsi, votare, sottoporsi ad assemblee elette, rispettare il diritto come in Europa (alla quale ci si diceva tanto vicini) e nello stesso tempo bisognava subire senza batter ciglio (sotto la guida di dirigenti più o meno venduti ai britannici) quel che si presentava come la scandalosa negazione del diritto e una spoliazione rampante della Palestina.
    Nel 1948, allorché viene proclamato lo stato di Israele, gli arabi hanno l'impressione di essere spinti per l'ennesima volta fuori dal mondo. Il vergognoso compromesso firmato con Hitler da Hadi Amin el-Husseini, allora leader dei palestinesi durante la seconda guerra mondiale, li ha completamente screditati. In tale contesto, tutte le simpatie e il senso di colpa internazionali sono andate naturalmente agli sventurati superstiti dell'Olocausto, e non è rimasto nulla alla popolazione palestinese, i tre quarti della quale erano stati praticamente costretti all'esilio per effetto della nascita di Israele.
    All'antico risentimento arabo di essere stati ingannati all'indomani della prima guerra mondiale, si è aggiunto allora un risentimento ancora più bruciante. Partito dalla Nahda, il Rinascimento, il primo grande tentativo arabo di far parte del mondo, si è spezzato i denti sulla Nakba, la catastrofe palestinese.
    È stato un terremoto che nel giro di dieci anni ha spazzato via la maggior parte dei regimi e delle monarchie del tempo, ritenuti responsabili della sconfitta della Palestina. Il punto di partenza è stato l'Egitto, paese in cui la rivoluzione fa salire al potere un gruppo di militari guidati da Gamal Abdel Nasser. In nome dell'unità araba, della liberazione della Palestina e (in sott'ordine) del socialismo, Nasser disegna una nuova carta geografica. Il mondo arabo diventa bipolare, da una parte l'Egitto, alleato dell'Unione sovietica, dall'altra l'Arabia saudita, alleata dell'America.
    In realtà, il regime relativamente laico di Nasser, più o meno duplicato in altre capitali arabe, si pone all'origine del secondo grande tentativo di rientrare nel tempo moderno. L'Egitto decide di chiamarsi «Repubblica araba unita», nella speranza di inglobare in futuro altri paesi, di spezzare i limiti restrittivi degli stati-nazione e di ritrovare, nel lungo termine, la forma «naturale» del grande stato indipendente («dal Golfo all'Atlantico»), che avrebbe permesso agli arabi di occupare finalmente il loro posto nel mondo. Nell'attesa, il «campo progressista» guidato da Nasser lavora, come indica il nome stesso, per il «progresso» (takaddum, parola feticcio), o almeno per l'idea che ci si faceva all'epoca di progresso: nazionalizzazioni, riforma agraria, controllo dei patrimoni, modernizzazione, scuola, distribuzione dei redditi - anche se la democrazia è spesso abbinata all'epiteto «borghese».
    Non si smentisce comunque l'attrazione per l'Occidente e per il suo modello di vita, o il desiderio di essere accettati dall'Occidente.
    Anche qui, nonostante proclami anti-imperialistici, continua a prevalere il sentimento di dispetto amoroso.
    Il paradosso è che l'America, che professa valori di libertà e di democrazia, ha come principale alleato della regione la famiglia reale saudita, i Saud, regime di dispotismo familiare, sociale e religioso che vive delle rendite petrolifere e finanzia a latere un proselitismo islamista senza frontiere. Ossessionati com'erano, all'epoca, dalla lotta contro il comunismo, gli Stati uniti sono abituati a puntare dappertutto su una contrapposizione strategica tra l'islam più fondamentalista e i «progressisti», presentati come miscredenti, comunisti, atei e nemici di Dio.
    Il movimento, iniziato da Nasser, certamente è fallito per infiniti motivi, ma l'opinione pubblica araba, anche in questo caso, si concentra su un unico motivo: la Naksa, la sconfitta militare storica subita durante la guerra dei sei giorni nel giugno 1967. Cacciati ancora una volta dal mondo, gli arabi vivono di nuovo Israele come fonte di tutti i loro fallimenti e di tutte le loro sventure, e così facendo evitano di rimettere in discussione se stessi. Sconfitta, la nazione araba grida al «complotto», rifiuta l'autocritica, mette a tacere qualsiasi voce di dissenso e ripone tutte le sue speranze sulla nascente resistenza palestinese. Il regime nasseriano scompare con la morte del suo creatore, nel 1970, ma lascia come eredi la Siria (con Hafez el-Assad) e l'Iraq (con Saddam Hussein) - regimi di natura analoga, che sopravvivono e diventano spietate dittature militari.
    Nel campo opposto, l'Arabia saudita resta il punto di forza degli americani. Ma la vittoria su Nasser e l'aumento del prezzo del petrolio del 400% (nel 1973) moltiplicano le sue capacità d'intervento e di proselitismo. Ben presto, l'Iraq e la Siria, come pure la lontana Algeria, appaiono fortezze assediate dal nazionalismo arabo in un universo comprato, islamizzato e neutralizzato dai dollari sauditi.
    Nel 1977, con la firma di una pace separata tra Israele e l'Egitto del presidente Anwar al Sadat, gli americani possono dirsi che la loro strategia del «tutto islamico» è stata coronata da successo.
    La soluzione di Osama bin Laden Ma non per molto. Nel 1979, la rivoluzione khomeinista mostra all'improvviso che si può essere benissimo islamisti e anti-americani, una variante che finora non avevano ancora incontrato. Dopo aver subìto l'umiliazione della loro ambasciata a Tehran presa in ostaggio - un gesto praticamente fondante per la Repubblica islamica - gli americani non sono certo dispiaciuti nel vedere Saddam Hussein scatenare la guerra contro il regime dei mullah. Ma gli iraniani resistono, ribaltano la situazione, si fanno minacciosi. Ad eccezione della Siria, il mondo arabo a questo punto dimentica tutte le sue divisioni per schierarsi dietro Saddam Hussein per contenere questi islamisti persiani e sciiti che rischiano di riversarsi come una marea sui pozzi di petrolio del Golfo. L'America incoraggia anch'essa Saddam, trasformando in alleato il nemico di ieri.
    Altrove, in particolare in Afghanistan, continua la strategia del passato: gli Stati uniti sostengono con tutti i propri mezzi vari gruppi fondamentalisti musulmani per combattere l'occupazione sovietica e il regime di Kabul al loro soldo. Regna una totale schizofrenia.
    La maggior parte dei regimi arabi sono legati agli americani nella guerra contro l'islamismo iraniano, mentre migliaia di volontari arabi combattono a fianco degli islamisti afghani sostenuti da quegli stessi americani.
    Nel 1988, l'Iraq vince ufficialmente la guerra contro la repubblica islamica. Ma il paese ne esce dissanguato, stremato dopo otto anni di conflitto, ed è necessario ricostruirlo. Ferito dalla scarsa riconoscenza testimoniata dai paesi del Golfo, fiducioso in una benevola disposizione americana, Saddam Hussein a quel punto si rifà sul Kuwait, prima di capire che George Bush padre non ha la minima intenzione di dargli via libera. La prima guerra del Golfo spezza l'Iraq senza abbattere il suo regime, e induce l'America a far stazionare forze e mezzi militari in Arabia saudita. Ed è appunto questa presenza «infedele» in prossimità dei Luoghi santi a scatenare la «dissidenza» di Osama bin Laden, anche lui addestrato, tempo addietro negli Stati uniti.
    L'avvento di bin Laden come figura d'opposizione rappresenta una svolta decisiva. Con lui non si tratta più di correre invano per tentare di raggiungere il «mondo moderno», ma di vendicarsene distruggendolo - per ricostruire, sulle sue rovine, la nazione musulmana ideale.
    L'uomo che fa questo discorso apocalittico (e che passa esultante dalle parole ai fatti) non è una persona qualunque, bensì il figlio ricchissimo di una famiglia eminente, appartenente alla corte saudita.
    D'improvviso, il dubbio tocca il sancta sanctorum, quella monarchia dei Saud su cui gli Stati uniti hanno puntato tutto. Sbalorditi, gli inquirenti americani scoprono che quindici dei diciannove terroristi dell'11 settembre sono sauditi, e che da cima a fondo della piramide saudita, innumerevoli responsabili sono filo-americani con una mano, mentre con l'altra finanziano il «terrorismo».
    Nel jihad scatenato da bin Laden, serve da vivaio l'immensa rete di soccorso istituita ormai da decenni dall'Arabia saudita, mentre i vecchi combattenti della resistenza dell'Afghanistan sono la punta avanzata. E se il fondamento teologico è oscurantista, i metodi utilizzati per far funzionare la nebulosa sono abbastanza simili a quelli, sofisticati, deterritorializzati, globali, della gestione dell'impero finanziario saudita. Alla fine, la strategia del «tutto islamico» portata avanti dagli americani si rivolta crudelmente contro i suoi artefici. Una volta scomparso il comunismo, nemico pubblico numero uno, l'America ne incorona un altro, il mostro di Frankenstein islamista che ha creato con le sue stesse mani e che è sfuggito al suo controllo.
    Rovesciando la sua strategia, un punto dopo l'altro, l'America dichiara allora una crociata «anti-tutto islamico» ed esige che il mondo intero si schieri al suo fianco.
    Questa svolta drammatica dà ancora una volta agli arabi l'impressione di essere presi a bersaglio in quanto arabi, e coagula il loro sentimento di appartenenza, bloccando qualsiasi pensiero individuale indipendente.
    Eppure, i democratici esistono, eccome, in questa regione del mondo.
    Ignorati, spesso vittime di repressioni crudeli, portano avanti praticamente senza alcun appoggio esterno una lotta estremamente difficile. Ma il loro messaggio non convince, non prende forma. Appaiono individui coraggiosi e isolati, che non riescono a trascinare nella loro scia le società cui appartengono.
    I popoli arabi (in particolare gli iracheni e i siriani) sanno tuttavia che il regime di Saddam Hussein è una tirannia sanguinaria, priva di scrupoli, e che il regno siriano degli Assad non merita maggiori simpatie - talis pater talis filius. Sarebbero certo felici di vederli sparire, purché la loro scomparsa avvenga senza scatenare l'apocalisse.
    Ma, al momento, di fronte all'aggressione il dittatore dice le stesse cose che dicono loro. Quando denuncia le false promesse, il linguaggio ambiguo e l'impunità che l'Occidente offre a Israele, sono d'accordo con lui. Quando difende l'unità araba e dichiara giusta la causa palestinese, sono d'accordo con lui. Alla fin fine, al sentimento di essere arabi e di appartenere a qualunque costo alla comunità si rivela più forte dell'aspirazione democratica, percepita come un sogno irrealizzabile. Adesso gli americani si accorgono che, con i suoi monarchi fondamentalisti, i suoi militari e i suoi islamisti che ballano sopra i pozzi di petrolio, il mondo arabo è diventato ingestibile e inestricabile. È un calderone da cui possono uscire soltanto disordini e convulsioni. Per mettere ordine nella regione, avrebbero dovuto cominciare col risolvere con un minimo di giustizia e di umanità il suo problema mitologico centrale: la Palestina. Certamente non sarebbe stato sufficiente (non si può certo credere che Israele sia l'unico problema della regione), ma questo avrebbe tolto ogni giustificazione alle dittature, al pensiero identitario, al ripiegamento su se stessi, al sentimento di esclusione e alla spiegazione automatica che è all'origine di tutti i mali: «è colpa degli altri».
    L'altra «soluzione» è quella di ricorrere alla chirurgia (al massacro) per farla finita una volta per tutte. Attaccando l'Iraq, l'America non fa soltanto la guerra a quel paese, ma al mondo arabo in quanto tale, regimi laici e islamisti senza distinzione di sorta. È come dare un calcio al formicaio - poi si vedrà. Ebbro della sua onnipotenza solitaria, George W. Bush immagina che, sottomettendo l'Iraq (il secondo produttore mondiale di petrolio) e installandovi un potere «amico», si libererà della poco affidabile Arabia saudita (il primo produttore mondiale di petrolio). E, una volta rovesciate le dittature e messi sotto controllo i pozzi di petrolio, miracolosamente sorgerà, per tutta la regione Iran compreso, un futuro radioso illuminato dal sole della democrazia. Resta da capire se il pianeta intero (con l'esclusione della Gran Bretagna e di Israele) avrà un peso sufficiente da far da contrappeso al progetto di questo nuovo dottor Stranamore.



    note:

    * Giornalista. Autore di Oum, Ballard, Parigi, 1994,
    (1) Si legga Gilbert Achcar, «Il mondo arabo orfano della democrazia», Le Monde diplomatique/il manifesto, giugno 1997.
    (Traduzione di R. I.) aa qq Guerra perpetua
    Ignacio Ramonet




    I

  2. #2
    Forumista senior
    Data Registrazione
    10 Oct 2009
    Messaggi
    3,448
     Likes dati
    0
     Like avuti
    4
    Mentioned
    1 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Ma questo non è antisemitismo?

    Gli arabi sono semiti sì o no?

  3. #3
    Forumista senior
    Data Registrazione
    10 Oct 2009
    Messaggi
    3,448
     Likes dati
    0
     Like avuti
    4
    Mentioned
    1 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Per farla finita con il mondo arabo

    Originally posted by Affus
    L'Iraq al centro della crisi mondiale
    Per farla finita con il mondo arabo



    I
    Il forumista Affus, una plateale spia dell'ambasciata israeliana è un tipico esempio del razzismo antisemita del terrorismo ebraico.
    Per fortuna che c'è Hamas che a certa gente (da Sharon a Abu Mazen) gli calma i bollori.

  4. #4
    Affus
    Ospite

    Predefinito Re: Re: Per farla finita con il mondo arabo

    Originally posted by Ta-sunko-witko
    Il forumista Affus, una plateale spia dell'ambasciata israeliana è un tipico esempio del razzismo antisemita del terrorismo ebraico.
    Per fortuna che c'è Hamas che a certa gente (da Sharon a Abu Mazen) gli calma i bollori.
    ecco ,
    siamo arrivati alla demonizzazione di chi non la pensa come noi !
    che cosa è una minaccia a non postare idee contrarie alle tue in quest forum ?

    fatti una bella doccia gelata !

  5. #5
    Affus
    Ospite

    Predefinito Re: Ma questo non è antisemitismo?

    Originally posted by Ta-sunko-witko
    Gli arabi sono semiti sì o no?

    tu non hai capito niente !

    Io non ce l'ho con gli arabi !
    io ce l 'ho con quell'impostore di maometto che tiene prigionieri gli arabi ! Io sono per l'eliminazione dell'islam e non degli arabi che meritano di meglio !
    Io ce l'ho con l'idolo della pietra nera !

  6. #6
    I amar prestar aen
    Data Registrazione
    09 Sep 2002
    Località
    Brescia
    Messaggi
    8,891
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Re: Per farla finita con il mondo arabo

    Originally posted by Ta-sunko-witko
    Il forumista Affus, una plateale spia dell'ambasciata israeliana è un tipico esempio del razzismo antisemita del terrorismo ebraico.
    Per fortuna che c'è Hamas che a certa gente (da Sharon a Abu Mazen) gli calma i bollori.
    Complimentoni per la risposta.

    Cordiali Saluti
    E voi tutti, o Celesti, ah! concedete,
    Che di me degno un dì questo mio figlio
    Sia spendor della patria, e de Troiani
    Forte e possente regnator. Deh! fate
    Che il veggendo tornar dalla battaglia
    Dell'armi onusto de' nemici uccisi,
    Dica talun: NON FU SI' FORTE IL PADRE:
    E il cor materno nell'udirlo esulti.

  7. #7
    Forumista senior
    Data Registrazione
    10 Oct 2009
    Messaggi
    3,448
     Likes dati
    0
     Like avuti
    4
    Mentioned
    1 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Re: Re: Per farla finita con il mondo arabo

    [QUOTE]Originally posted by Ta-sunko-witko
    [B]
    Per fortuna che c'è Hamas che a certa gente (da Sharon a Abu Mazen) gli calma i bollori.:
    Originally posted by Affus

    che cosa è una minaccia a non postare idee contrarie alle tue in quest forum ?
    Ti chiami Sharon ( o Abu Mazen) o hai solo una personalità dissociata??

  8. #8
    Forumista senior
    Data Registrazione
    10 Oct 2009
    Messaggi
    3,448
     Likes dati
    0
     Like avuti
    4
    Mentioned
    1 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Re: Ma questo non è antisemitismo?

    [QUOTE]Originally posted by Affus
    [B]
    -> farla finita con il mondo arabo <-
    -> Io non ce l'ho con gli arabi ! <-
    Decisamente: personalità dissociata!

  9. #9
    Estremista del Welfare
    Data Registrazione
    06 Mar 2002
    Località
    Cagliari
    Messaggi
    4,314
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Re: Re: Per farla finita con il mondo arabo

    Originally posted by locke
    Complimentoni per la risposta.

    Cordiali Saluti
    Ma anche i delirii di Affus non son male, vero Locke?
    Penso che anche lui meriti i tuoi complimenti.

  10. #10
    Affus
    Ospite

    Predefinito Re: Re: Re: Re: Per farla finita con il mondo arabo

    Originally posted by Ta-sunko-witko
    Ti chiami Sharon ( o Abu Mazen) o hai solo una personalità dissociata??

    amico , guardati sempre dai dissociati !
    E' gente terribile !

 

 
Pagina 1 di 2 12 UltimaUltima

Discussioni Simili

  1. Farla finita con la Palestina?
    Di EternoOccidente nel forum Destra Radicale
    Risposte: 260
    Ultimo Messaggio: 27-11-08, 16:19
  2. giullare ha deciso di farla finita
    Di Legionnaire nel forum Destra Radicale
    Risposte: 6
    Ultimo Messaggio: 12-05-05, 00:20
  3. Per farla finita con la destra
    Di Claudio Ughetto nel forum Destra Radicale
    Risposte: 0
    Ultimo Messaggio: 23-03-03, 09:36
  4. Farla finita con Milo Manara.
    Di DrugoLebowsky nel forum Fondoscala
    Risposte: 1
    Ultimo Messaggio: 23-10-02, 10:41
  5. per farla finita con l'unita' delle forze rivoluzionarie
    Di carbonass nel forum Destra Radicale
    Risposte: 28
    Ultimo Messaggio: 26-08-02, 01:13

Chi Ha Letto Questa Discussione negli Ultimi 365 Giorni: 0

Tag per Questa Discussione

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
[Rilevato AdBlock]

Per accedere ai contenuti di questo Forum con AdBlock attivato
devi registrarti gratuitamente ed eseguire il login al Forum.

Per registrarti, disattiva temporaneamente l'AdBlock e dopo aver
fatto il login potrai riattivarlo senza problemi.

Se non ti interessa registrarti, puoi sempre accedere ai contenuti disattivando AdBlock per questo sito