Peppino, un comunista contemporaneo
Giovanni Russo Spena

25 anni dalla uccisione di Peppino Impastato. Lo abbiamo ricordato a Cinisi, evitando accenti di pura memoria o nostalgia, per affrontare un percorso di ricerca sulla contemporaneità dell'iniziativa antimafia. «Con le idee e il coraggio di Peppino continuiamo». Un percorso che vede punti di applicazione rilevanti: la riapertura di Radio Aut così come il coinvolgimento pieno ed ormai da tempo consolidato del Forum Sociale nell'iniziativa e nella ricerca antimafie, assunta come priorità strategica di un programma radicalmente antiliberista.

Il lavoro iniziato da compagni coraggiosi e colti, spesso contrastato dallo stesso conformismo opportunistico della cosiddetta "antimafia ufficiale", sta dando frutti importanti, sta coinvolgendo il «movimento dei movimenti» e, per suo tramite, parti rilevanti delle nuove generazioni. Uno straordinario laboratorio collettivo; una comunità impegnata ed appassionata; la quale agisce soprattutto in territori in cui la ricostruzione del rapporto tra mafia e politica, in forme inedite rispetto al passato, è un principio ordinatore del "berlusconismo". Anche per questo diventa ossessivo, da parte di Berlusconi, il tentativo di alimentare una ondata di stampo "maccartista" contro i comunisti.

D'altro canto i "nuovi conservatori" statunitensi, le teste d'uovo che hanno ispirato a Bush la dottrina della guerra "preventiva", ispirano anche Berlusconi. Il quale sembra solo grottesco quando declama (tra una barzelletta volgare ed una battuta maschilista) che "Bandiera rossa" è una canzone feroce e «cattiva» e, invece, è anche pericolosa espressione di una strategia precisa. Che fonda su una operazione colossale di «revisionismo storico»: dopo il 25 aprile ed il Primo Maggio, tocca all'Antimafia. Essa è una invenzione dei comunisti, perché il rapporto tra mafia e politica, per Berlusconi, non esiste; la mafia, da Portella delle Ginestre, all'uccisone di Peppino Impastato, alla strage di Capaci, non è rete capillare di interessi, connivenze e convivenze con la politica, borghesia mafiosa, intreccio tra economia legale ed illegale, ma solo una banda di sparatori folli (un episodio di criminalità comune).

E', per questo, importante l'impegno dei Social Forum; perché nei territori meridionali la precarietà non è un dato di tecnica sindacale; è relazione sociale, furto di futuro, spesso destino ineluttabile di finire nel mercato del lavoro delle mafie. È, per questi giovani, per queste ragazze, un atto di ribellione civile e sociale, una speranza, considerare Peppino uno di noi, un giovane comunista contemporaneo.

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