Mentre la privatizzazione
avanza inesorabile,
a Pisa, Massa, Certaldo,
Livorno e Firenze si discute
di acqua, in occasione
delle giornate dei “beni comuni
e contro le privatizzazioni”
indette dal movimento (Tavolo
fermiamo il Wto!) e da tanti
coordinamenti locali. Venerdì i
disobbedienti del capoluogo
avevano aperto la due giorni
con l’occupazione degli uffici
di Publiacque S. p. A. (gestore di
Firenze). Oggi alle 17 “microfono
aperto” per la popolazione,
promosso dal Forum Sociale
fiorentino all’anfiteatro del
parco dell’Anconella, con l’adesione
dei lavoratori del settore
e di alcuni amministratori.
L’acqua in Toscana è l’esempio
di come la privatizzazione
sia entrata stabilmente
nella cultura del centro-sinistra
e come cittadini e sindacati
che non credono alla regolazione
sociale da parte del
mercato resistano, in cerca di
un’alternativa.
Con le norme sulla riorga-
M nizzazione del settore idrico,
per prima la Toscana ha istituito
le Autorità di ambito territoriale
ottimali (Aato), deputate a
gestire il servizio idrico integrato
(dalla captazione, alle fognature)
di territori idrografici simili
alle province. All'interno di
ogni ambito toscano è stato individuato
un gestore unico: in
cinque ambiti sui sei, una società
per azioni di maggioranza
o proprietà pubblica.
Per primo l’At04 Alto Valdarno,
con capoluogo Arezzo, ha
affidato nel giugno 1999 il servizio
idrico alla società mista
Nuove Acque S. p. a., costituita
per la parte privata da Suez-
Lyonnaise des Eaux (prima
multinazionale del settore al
mondo), Amgas, Monte dei Paschi
di Siena e Banca Popolare
dell'Etruria. Da gennaio 2002
anche le acque di Pisa, Empoli,
tutti i comuni di Pontedera e alcuni
del lucchese (At02 Basso
Valdarno) sono gestiti da Acque
S. p. A. nata da cinque società
locali (alcune a controllo pubblico)
e partecipata al 45% dal
consorzio Acea, Ondeo (Lyonnaise
des Eaux), Monte dei Paschi
di Siena. Lo stesso consorzio
controlla l’acquedotto senese.
A Livorno, l’acqua è gestita
dal 1998 da Asa S. p. A., di proprietà
pubblica, in procinto di
lanciare la seconda gara per la
cessione del 40% a un partner
privato, dopo aver reso più appetibile
l’offerta dismittendo le
condotte a Asa Reti S. p. A., che
eredita anche i 40 milioni di debiti
cumulati nei cinque anni di
S. p. A. (nonostante le tariffe
siano aumentate in media del
50%). Nel frattempo 200 lavoratori
su 600 sono stati esternalizzati.
Una condizione simile a
tutte le aziende dell’acqua private
(a capitale pubblico o meno),
con riduzione del personale,
spezzettamento del ciclo e
risparmio sulla manutenzione.
Nonostante la compressione
dei costi del lavoro, ovunque
l’efficienza del mercato si occupi
d’acqua, le tariffe aumentano
(ad esempio, tra il 70-100% a
Firenze con la prima bolletta di
Publiacque).
Le alternative ci sarebbero,
se si volesse cercarle, magari
introducendo criteri ambientali
e redistributivi con una
partecipazione diretta dei cittadini
e dei lavoratori. Di sicuro
senza società di capitali. Anche
alcuni amministratori locali
si inquietano: i sindaci di
Pontassieve e Lastra Signa in
una lettera al Presidente Martini
hanno chiesto di aprire
una discussione su una visione
prevalentemente industriale
dei servizi essenziali come
l’acqua.
Non saranno della stessa
idea Acea (ex municipalizzata
del comune di Roma ora in prima
fila in ogni privatizzazione
idrica in Italia), Lyonnaise des
Eaux-Ondeo e Monte dei Paschi
che sembrano gli unici
concorrenti in campo, ad
esempio nella gara per comprare
il 45% di Publiacque. C’è
da aspettarsi che tra poco gli
ambiti vengano riuniti tramite
accordo diretto con gli acquirenti
di tutti gli ambiti. Sarebbe
questo il modello toscano dell’acqua?
CLAUDIO JAMPAGLIA