L’assedio giudiziario e la legislatura al bivio


Per la seconda volta in due giorni Silvio Berlusconi esclude le elezioni anticipate. Ieri sera ha aggiunto una frase impegnativa, dopo un colloquio con il capo dello Stato: «Pensarci sarebbe da irresponsabili...». E’ il segno che il presidente del Consiglio ha deciso, se non di deporre le armi, certo di tenere nel dovuto conto gli appelli che gli sono stati rivolti in questi ultimi giorni. Anche il Papa ha parlato per l’Italia di un’esigenza di «coesione nazionale», avallando la severa diagnosi del cardinal Ruini. E a cinque giorni dalle elezioni amministrative, con il «lodo Maccanico» (sospensione dei processi) quasi a portata di mano, Berlusconi non ha più interesse ad alimentare la tensione. Ha semmai l’interesse opposto: tornare a presentarsi all’opinione pubblica come un fattore di stabilità.
Dunque, «sarebbe da irresponsabili» pensare al voto anticipato. E non è casuale che questo giudizio definitivo venga al termine di un incontro con Ciampi. Perché è «irresponsabile», in termini politici, vagheggiare le elezioni quando l’economia ristagna, i soldi in giro sono pochi, la riforma fiscale è di là da venire. E’ «irresponsabile» non aspettare la ripresa che prima o poi arriverà, magari nel 2004. Comunque in tempo per accompagnare il finale della legislatura, destinata a esaurirsi solo nel 2006.
Che il presidente della Repubblica sia convinto di tutto questo e si adoperi per garantire la stabilità, è persino ovvio. Ma c’è un interesse generale di cui oggi si dicono convinti sia Berlusconi sia i capi dell’opposizione. Il primo, s’intende, con la responsabilità prioritaria di chi detiene le chiavi della maggioranza parlamentare.
Destabilizzare la legislatura in tempi di stagnazione rischia di essere un’avventura autolesionistica. Quando invece l’opinione pubblica si attende, in luogo della quotidiana dose di nevrosi, che il Parlamento svolga bene il suo lavoro. Per cui Berlusconi ha cambiato registro, rendendosi conto che la Casa delle libertà sarà giudicata nelle urne - sono parole sue - per come avrà fatto le riforme e ammodernato lo Stato.
Ne deriva che l’incontro di ieri al Quirinale non è stato solo routine . Alla vigilia delle elezioni locali, esso potrebbe segnare una sorta di spartiacque: aprendo sul piano simbolico una fase nuova, meno isterica e più costruttiva.
Vedremo, già a partire da lunedì. E sulla base di risultati elettorali destinati a rivestire senz’altro un valore politico generale. Risultati che potrebbero anche confermare più o meno lo status quo , c on ciò favorendo il cammino della legislatura.
Ma la vera condizione della stabilità, tutti sanno qual è: la fine dell’assedio giudiziario al presidente del Consiglio. Il quale è ben poco credibile quando afferma di non avere alcuna opinione sul «lodo Maccanico». Si capisce l’intenzione tattica, il voler ostentare sicurezza rispetto al processo milanese. Ma il «lodo», o comunque lo si voglia chiamare, è a portata di mano dopo le elezioni. Anche se al momento nasce da un’iniziativa della maggioranza, non condivisa dal centro-sinistra: un’iniziativa da chiarire nei suoi aspetti cruciali (il destino dei coimputati, quindi in primo luogo di Cesare Previti).
Eppure, nel giorno dell’ispezione disposta da Tremonti alla procura di Milano, mentre continuano a diffondersi i veleni di Telekom Serbia, la ritrovata calma del presidente del Consiglio indica che davvero il processo Sme fa meno paura. In un modo o nell’altro, il semestre europeo sarà messo al riparo dagli sgambetti giudiziari. E in tal caso sarebbe «da irresponsabili», come dice Berlusconi, interrompere la legislatura. Ma forse solo in tal caso.
di STEFANO FOLLI