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Discussione: Il tabaccaio e...

  1. #1
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    Predefinito Il tabaccaio e...

    ...il rapinatore.

    Road map per il rapinatore:
    scegli il tabaccaio giusto, ma solo
    dopo un’inchiesta proletaria.

    Noi diventati, dicono, di destra attraverso un percorso di sinistra, adesso i commercianti li conosciamo come le nostre tasche e li abbiamo ancora sulle balle come se fossimo ancora progressisti. Meno sulle balle di prima, ma qualcosa rimane sempre. Il tabaccaio, aprite bene le orecchie, è un tipo di commerciante particolare, diverso dal fruttarolo, assimilabile all’orefice. Il tabaccaio per lo più si sveglia, prende l’orzoro, si veste e, uscendo, si sprona da solo: molto bene, e adesso andiamo a farci secchi un paio di rapinatori. E fin qui non ci piove.

    Nel frattempo noi, diventati, dicono, di destra attraverso un percorso di sinistra, conosciamo come le nostre tasche anche i rapinatori, i quali ci sono cari come se fossimo ancora progressisti. Meno cari di prima, ma qualcosa rimane sempre. Perché il rapinatore, che se rapina saranno in parte anche cazzi suoi (questo è di destra), resta infatti pur sempre un prodotto della colpa sociale (e questo di destra non è). Egli per lo più si sveglia, beve il caffè, raccatta una pistola dal trumeau e, uscendo, si propone: ora vado per le sigarette, la punto alla tempia della moglie del tabaccaio, chiedo la cassa, ma non vengano
    poi a rompermi i coglioni che volevo far del male a qualcuno. Ci siamo anche su questo? Benissimo.

    Era per dire che noi, diventati di destra attraverso un percorso di sinistra, abbiamo forse le carte in regola per regalare un consiglio gratis, diciamo un vademecum, tanto al tabaccaio che al rapinatore. Non vogliamo chiamarlo vademecum? Chiamiamola road map.

    Occupiamoci oggi del più sfortunato, del rapinatore. Fondamentale è che prima di uscire, anzi, prima ancora di prendere la berta, si faccia una domanda: A, sono bene intenzionato, oggi? Oppure, B, sono male intenzionato? Se la risposta è A, si armi ed esca pure tranquillo, mi raccomando senza far male a nessuno. Se per caso fosse B, allora fermi tutti. Torni un momento in casa, si sieda, e faccia quella che un tempo si chiamava inchiesta proletaria: quante volte è già stato rapinato quest’anno il tabaccaio di sotto? Ecco, se sono più di cinque, capacissimo che quello s’incazza. E’ giusto? Non è giusto. Sarà il raptus? Sarà il raptus. Poteva chiamare aiuto? Senza dubbio. Ma nove su dieci, fatevelo dire da uno di sinistra che bazzica la destra, o da uno di destra che ha conosciuto la sinistra, quello alla sesta si incazza. Poi ha un bel dire Bocca che si sono persi i valori, che dopo Giuliani New York è tutta un poligono e che il caro, nobile conflitto di classe ha ceduto il passo alla lotta feroce di quelli che stanno sotto contro quelli che stanno sopra. Tutto intelligente, amico rapinatore, ma resta facile, alla sesta, che il tabaccaio si incazzi comunque. E siccome l’inferno metropolitano di gironi ne ha da vendere, che si metta perfino a sparare. Ciò che certamente è brutto e, più ancor che brutto, classificabile a destra.

    Ma un’alternativa alla barbarie esiste. Essa c’è. Dovrebbe, il rapinatore, approfondire l’inchiesta proletaria e distinguere, oltreché da zero rapine a cinque, tra tabaccai reazionari e tabaccai avanzati. Dopo di che, se esce semplicemente armato, non sarà la morte di nessuno, mentre se vorrà uscire anche con cattive intenzioni, provarci allora soltanto con tabaccai rigorosamente progressisti. Portarsi in quel caso uno straccetto, o un segno arcobaleno, qualcosa insomma di riconoscibile tra persone diversamente fortunate ma ugualmente civili. Chiedere quindi correttamente le sigarette, puntare la pistola alla solita tempia della solita moglie, pretendere la cassa e attendere il giusto. Il tabaccaio progressista, se tale è davvero, non reagirà, non subirà raptus e se proprio il vigile di quartiere non starà girando in zona saprà farsene una ragione. Se per caso reagisse, di certo blandamente, portare la mano libera alla tasca, estrarre l’intervista dove Massimo Cacciari spiega: “G’avemo tuti più paura, lo Stato ne g’ha lasà da soli”. Par colpa de Berluscòn. Parché ghe x’è la competissiòn e l’afermassiòn individuàl. E ghe x’è ’l disastro moràl.

    Partirà allora un dibattito, il rapinatore partirà con l’incasso. Quel tabaccaio è benestante e novanta su cento a rapinarlo non spara.

    firmato da Andrea Marcenario sul Foglio di giovedì 22 maggio 2003.

    saluti

  2. #2
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    Predefinito Mi faccio....

    ...sparare?

    Tu Stato, ributtante mollusco, spiegami bene se ho diritto al panico. O taci, anzi sparisci. Tu, ributtante mollusco multiforme e
    senza testa, tu che coli come yogurt acido fino a essere velenoso nelle tasche delle mie libertà macchiandole per sempre, spiegami tutto e bene e subito. Convincimi. Ora, adesso, e poi mi taccio. Sono stufo di litanie, di perizie, di convenzioni, di noiosi chi sta con chi, di chi è colpa?, “in fondo la società…”.

    “Ditemi dove si va a firmare in difesa del tabaccaio, ditemelo che ci vado subito. Cioè: quello che ha ucciso un bambino sciogliendolo nell’acido va fuori, a casa, e uno che si è difeso rischia la galera. Ditemi subito dove si firma, se ha ragione questa signora ascoltata due mattine fa. Oppure dimmi che ha torto, ma convincimi, spiegati. Parla. Dimmi, tu, presuntuoso saggio decantatore delle mie passioni vitali, dimmi se esiste il diritto al legittimo panico o se invece è un grave delitto la rabbia a mano armata. Dimmi se il diritto al legittimo panico ce l’ha perfino l’America, il mondo, l’Occidente, i miei genitori.

    Non rispondermi che c’è un consiglio lassù che decide, che fissa il limite. Non rispondermi così perché non ci casco: perché l’ironia è che poi i limiti sono superati e perché i fatti dimostrano il contrario. Sì, ma non nasconderti neanche dietro quel tuo foglietto ipocrita – qui sta scritto che…, l’art. pinco pallo, nel comma barra bis – non farlo.
    Lo so, per conoscere che cosa vuol dire “legittima difesa” posso chiamare il mio grande amico Marco T., operatore di diritto in Milano, ma io esigo di sapere di più. Visto che pretendi di dirmi
    se posso ascoltare un cantante di cui non ricordo nemmeno il nome, anzi addirittura mi dici che forse non lo ascolterò, anzi non lo ascolterà chi lo conosce, perché è “diseducativo”. Diseducativo
    a chi? Chi ti credi di essere? Ma chi ti conosce? E soprattutto, quando mai mi hai conosciuto? Dato che prevedi che fumare mi faccia peggio che non farlo, poiché mi insegni che, siccome è
    pentito, ha aiutato la giustizia e c’è una legge che lo dispone, allora il signore dell’acido e del bambino può scontare la pena a casa, beh, dimmi subito anche il resto. Tutto.

    Perché io non inseguirei mai un rapinatore, nemmeno per lo spazio tra i miei occhi e il mio naso, perché a me il panico gelerebbe le pulsioni, quelle giuste e quelle sbagliate, perché io non sono quel tabaccaio, quel poliziotto, quello sbandato. Ma come faccio a capire? Come faccio a sapere? Dimmi, è soltanto una questione personale? Rispondi, allora? Oppure no: ci sono delle regole, se hai la fortuna di seguirle, anche nel panico, bene, se no, ciccia. Mi dici questo? Hai il coraggio di farlo? Non ti sento. Parla, tu che quando servi non ci sei mai, e ci fai sbraitare tutti al bar, davanti alla tivù, sui giornali. Ok, ti seguo nella tua logica (c’è?). Tu lo chiami omicidio volontario. Bene, ti seguo nelle tua logica (c’è?): allora tu pretendi di capire se volevo uccidere.
    Cioè, se c’era o no la volontà mia, sua, nostra, loro. Chissà perché?, mai tua vero? Cioè magari anche tua, ma tu dove sei? E non dirmi che anch’io faccio parte di te, sai. Vallo a dire ai dissidenti uccisi dai tuoi colleghi cattivi. Se pretendi di capire tutto, avrò il sacrosanto diritto di sapere da te se c’è e fin dove arriva il diritto al legittimo panico. Ma non soltanto di saperlo a spanne – se sono dentro al bar sì, se sonofuori no; se ho il porto d’armi forse, se non ce l’ho è più grave; se sono un pentito fuori, se sono un irriducibile dentro – no, caro, non voglio sapere la risposta secondo quello che sta scritto qui, là, giù, su. No, dolce belva mostruosa, voglio avere la risposta, al mio panico illegittimo,
    alla mia rabbia a mano disarmata, nella sua vera natura. Che con il rosso non mi conviene passare lo capisco anche se non me lo dici tu; che se rompo pago lo intuisco senza il tuo aiuto.

    Grazie. Io voglio la risposta vera. Siccome, più o meno dalla Rivoluzione francese in poi, ma forse anche da prima, taci, inizio a pensare che tu questa risposta non la conosci. E mi ripugna
    quanto sei presuntuoso. Ti do un’ultima possibilità, per ora.
    Tu, mostro, tu Stato, ora mi dici tutto.

    Spiegami tutto e bene e subito. Convincimi.
    Se no taci, per sempre. Anzi,
    sparisci.

    Daniele Bellasio

    sempre dallo stesso mumero del Foglio.

    saluti

  3. #3
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    Predefinito

    I cristiani porgono l'altra guancia o "regalano" i candelieri

    Gli altri difendono la roba per quello che pensano che valga, anche se ogni tanto gli tocca sciogliere un bambino nell'acido.

  4. #4
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    Predefinito

    In Italia i tabaccai maneggiano una grende quantita' di denaro, e sono cosi' sottoposti a maggiori rischi, restando come struttura un piccolo negozio senza un minimo di difesa...

  5. #5
    fui lsu
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    Predefinito Re: Il tabaccaio e...

    Originally posted by mustang
    ...il rapinatore.

    Road map per il rapinatore:
    scegli il tabaccaio giusto, ma solo
    dopo un’inchiesta proletaria.

    Noi diventati, dicono, di destra attraverso un percorso di sinistra, adesso i commercianti li conosciamo come le nostre tasche e li abbiamo ancora sulle balle come se fossimo ancora progressisti. Meno sulle balle di prima, ma qualcosa rimane sempre. Il tabaccaio, aprite bene le orecchie, è un tipo di commerciante particolare, diverso dal fruttarolo, assimilabile all’orefice. Il tabaccaio per lo più si sveglia, prende l’orzoro, si veste e, uscendo, si sprona da solo: molto bene, e adesso andiamo a farci secchi un paio di rapinatori. E fin qui non ci piove.

    Nel frattempo noi, diventati, dicono, di destra attraverso un percorso di sinistra, conosciamo come le nostre tasche anche i rapinatori, i quali ci sono cari come se fossimo ancora progressisti. Meno cari di prima, ma qualcosa rimane sempre. Perché il rapinatore, che se rapina saranno in parte anche cazzi suoi (questo è di destra), resta infatti pur sempre un prodotto della colpa sociale (e questo di destra non è). Egli per lo più si sveglia, beve il caffè, raccatta una pistola dal trumeau e, uscendo, si propone: ora vado per le sigarette, la punto alla tempia della moglie del tabaccaio, chiedo la cassa, ma non vengano
    poi a rompermi i coglioni che volevo far del male a qualcuno. Ci siamo anche su questo? Benissimo.

    Era per dire che noi, diventati di destra attraverso un percorso di sinistra, abbiamo forse le carte in regola per regalare un consiglio gratis, diciamo un vademecum, tanto al tabaccaio che al rapinatore. Non vogliamo chiamarlo vademecum? Chiamiamola road map.

    Occupiamoci oggi del più sfortunato, del rapinatore. Fondamentale è che prima di uscire, anzi, prima ancora di prendere la berta, si faccia una domanda: A, sono bene intenzionato, oggi? Oppure, B, sono male intenzionato? Se la risposta è A, si armi ed esca pure tranquillo, mi raccomando senza far male a nessuno. Se per caso fosse B, allora fermi tutti. Torni un momento in casa, si sieda, e faccia quella che un tempo si chiamava inchiesta proletaria: quante volte è già stato rapinato quest’anno il tabaccaio di sotto? Ecco, se sono più di cinque, capacissimo che quello s’incazza. E’ giusto? Non è giusto. Sarà il raptus? Sarà il raptus. Poteva chiamare aiuto? Senza dubbio. Ma nove su dieci, fatevelo dire da uno di sinistra che bazzica la destra, o da uno di destra che ha conosciuto la sinistra, quello alla sesta si incazza. Poi ha un bel dire Bocca che si sono persi i valori, che dopo Giuliani New York è tutta un poligono e che il caro, nobile conflitto di classe ha ceduto il passo alla lotta feroce di quelli che stanno sotto contro quelli che stanno sopra. Tutto intelligente, amico rapinatore, ma resta facile, alla sesta, che il tabaccaio si incazzi comunque. E siccome l’inferno metropolitano di gironi ne ha da vendere, che si metta perfino a sparare. Ciò che certamente è brutto e, più ancor che brutto, classificabile a destra.

    Ma un’alternativa alla barbarie esiste. Essa c’è. Dovrebbe, il rapinatore, approfondire l’inchiesta proletaria e distinguere, oltreché da zero rapine a cinque, tra tabaccai reazionari e tabaccai avanzati. Dopo di che, se esce semplicemente armato, non sarà la morte di nessuno, mentre se vorrà uscire anche con cattive intenzioni, provarci allora soltanto con tabaccai rigorosamente progressisti. Portarsi in quel caso uno straccetto, o un segno arcobaleno, qualcosa insomma di riconoscibile tra persone diversamente fortunate ma ugualmente civili. Chiedere quindi correttamente le sigarette, puntare la pistola alla solita tempia della solita moglie, pretendere la cassa e attendere il giusto. Il tabaccaio progressista, se tale è davvero, non reagirà, non subirà raptus e se proprio il vigile di quartiere non starà girando in zona saprà farsene una ragione. Se per caso reagisse, di certo blandamente, portare la mano libera alla tasca, estrarre l’intervista dove Massimo Cacciari spiega: “G’avemo tuti più paura, lo Stato ne g’ha lasà da soli”. Par colpa de Berluscòn. Parché ghe x’è la competissiòn e l’afermassiòn individuàl. E ghe x’è ’l disastro moràl.

    Partirà allora un dibattito, il rapinatore partirà con l’incasso. Quel tabaccaio è benestante e novanta su cento a rapinarlo non spara.

    firmato da Andrea Marcenario sul Foglio di giovedì 22 maggio 2003.

    saluti
    Ma dov'è finito il giornalismo, quello VERO?
    A scrivere idiozie pare siano buoni tutti. E qualcuno pure paga per leggerle!

    Il tizio sopra crede che il problema sia "destra" o "sinistra".
    Forse gli è sfuggito che è avvenuto un dramma.
    E potevano esserci anche più vittime.

  6. #6
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    Predefinito Nessun problema, qui...

    ...non si paga, per leggere.


    L’America e il farsi giustizia da sé non c’entrano nulla (anzi, la tolleranza zeropuò essere un’idea).

    La settimana scorsa un poveretto, malato di una grave sindrome psichiatrica, si è messo a sparare ai passanti e poi ha ucciso la moglie, con la pistola per il tiro a segno che deteneva regolarmente. Dal giorno dopo è iniziata una campagna contro il porto d’armi facile, i pochi controlli e, tanto per cambiare, il rischio di “americanizzazione”. Pochi giorni dopo, nella stessa città, un tabaccaio
    ha sventato un tentativo di rapina sparando ai malviventi e uccidendoli, ma questa volta l’opinione si è divisa, e nella civilissima Milano (che è tale nonostante il parere contrario espresso a suo tempo dalla presidente del partito verde) sembra prevalere la solidarietà per il tabaccaio che si è difeso da sé.

    Da questi ondeggiamenti d’opinione bisognerebbe trarre la lezione che non è mai opportuno legiferare sotto l’impressione suscitata dagli ultimi avvenimenti. Le leggi esistono sia per garantire che il porto d’armi sia concesso solo a chi non rappresenta un pericolo sia per garantire il diritto alla legittima difesa sia per sanzionarne l’eccesso. Il punto, come quasi sempre, è che le leggi, poi, bisogna applicarle, che a farlo sono membri di potenti corporazioni, in questo caso i medici e i giudici, che possono contare quasi sempre sulla solidarietà di categoria, qualsiasi cosa facciano. Così chi ha consentito a un malato di mente di andare in giro armato non avrà nulla da temere, così come i magistrati che hanno consentito a un criminale abituale, come uno dei rapinatori del tabaccaio, di tornare in libertà e senza controlli, nonostante la gravità dei reati che aveva commesso.

    Per quel che riguarda, invece, il problema morale dell’uso delle armi per difendersi, questo riguarda la coscienza individuale, su cui non è lecito interferire, visto che in uno Stato laico si perseguono i reati, se accertati, non i presunti peccatori.

    Resta una domanda più insidiosa. E’ utile che i commercianti più esposti alle rapine, gioiellieri, farmacisti, tabaccai eccetera, si armino per scoraggiare i malintenzionati? Su questo punto è difficile
    decidere, perché bisogna tener conto di due prospettive divergenti. C’è la possibilità che, una volta che si trovino di fronte alla certezza o all’alta probabilità di doversi confrontare con obiettivi armati, i delinquenti alzino il livello dello scontro, sparino subito e per primi, si dotino di armamenti più potenti e micidiali. Si dice che questo è quel che sarebbe capitato in America, senza però portare alcun elemento di prova se non le scene dei film. In realtà risulta che la politica della tolleranza zero, in metropoli come New York, abbia invece negli ultimi anni ridotto consistentemente i dati della criminalità. L’altra prospettiva considera invece che, alzando le difese, anche quelle individuali, si scoraggia dall’agire la criminalità minore e diffusa. Ciò limiterebbe il pericolo alle bande organizzate, che possono rifornirsi di armi più efficaci e che però, essendo quantitativamente
    assai meno numerose, possono più facilmente essere individuate dalle forze dell’ordine, soprattutto se si dotano allo scopo di attività di intelligence.

    Che fa la polizia?
    Naturalmente il problema sta proprio qui, nella capacità della polizia di mettere in piedi un sistema di indagini e di controlli che metta alle strette le organizzazioni criminali. In questo senso qualche risultato positivo va registrato. Da un po’ di tempo non si assiste più a uno dei più odiosi reati, il sequestro di ostaggi a scopo di estorsione. Egualmente il fenomeno delle rapine nelle ville o nelle residenze isolate si è molto ridotto, grazie a una azione della polizia che ha svolto retate a tappeto e anche a un maggiore controllo sull’immigrazione clandestina. Probabilmente se la stessa tenacia
    con cui si sono contrastati questi tipi di criminalità sarà impiegata contro i rapinatori di esercizi commerciali si potrà registrare un identico successo.

    Va detto infine che, con tutto ciò, il “farsi giustizia da sé” non c’entra niente. L’esercizio della legittima difesa non è un atto da giustiziere della notte, e chi decide di ricorrervi ha diritto alla comprensione delle persone per bene. Il punto da esaminare razionalmente è se, in termini generali, questa sia una tattica efficace o se alla lunga non finisca con l’esporre a maggiori pericoli.

    Sergio Soave

    Sempre dallo stesso Foglio.

    saluti

    ps: la noterella introduttiva riguarda il "duro" giudizio che si legge "qui sopra", da chi vede destra e sinistra dappertutto.

    Che sia, al solito, colpa di Berlusconi?

    O di qualche interpretazione idiota?

  7. #7
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    Predefinito Re: Nessun problema, qui...

    Originally posted by mustang
    ...non si paga, per leggere.


    L’America e il farsi giustizia da sé non c’entrano nulla (anzi, la tolleranza zeropuò essere un’idea).

    La settimana scorsa un poveretto, malato di una grave sindrome psichiatrica, si è messo a sparare ai passanti e poi ha ucciso la moglie, con la pistola per il tiro a segno che deteneva regolarmente.
    Aveva la bandiera americana sul balcone

  8. #8
    ora ltd poi lti
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    Predefinito Re: Nessun problema, qui...

    Originally posted by mustang
    ...Il punto da esaminare razionalmente è se, in termini generali, questa sia una tattica efficace o se alla lunga non finisca con l’esporre a maggiori pericoli.

    Sergio Soave

    ...
    Chiaramente. Se un cittadino, nel legittimo esercizio dell'autodifesa, spara e mi fa secco - per sbaglio - un familiare che passava nei paraggi per caso, come la si mette?

    Ad ogni modo concordo su questo: "...non è mai opportuno legiferare sotto l’impressione suscitata dagli ultimi avvenimenti.

  9. #9
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    Predefinito Avete "goduto" nel leggere...

    ...tre punti di vista diversi: eccovi l'ultimo.


    Il paradosso della zattera e dei due naufraghi: chi ha il diritto a salirci sopra?


    Tra le mezze verità, o le mezze perversioni, che spostano la soglia della correttezza, anche delle parole, c’è lo scambio tra il principio della legittima difesa e la difesa di chi è legittimo per
    principio, per partito preso. Metonimia non innocente, che vale a volte un eccesso di indulgenza, a volte una diminuzione di diritto, e che sottende la inconfessabile graduatoria tra aggrediti che esercitano l’autodifesa, privato cittadino o pubblico ufficiale, Stato o tribù, tabaccaio o parroco, gioielliere o nobildonna, benintenzionato o malintenzionato, accusato o accusatore, ricco e prepotente o povero e disobbediente, democratico o antidemocratico, signore o plebeo. Come se il diritto all’autodifesa,
    che è l’ethos della nostra specie, derivasse non dalla minaccia alla propria sopravvivenza, non dall’insulto all’esistenza, ma dalla qualità (giudicata da chi?) di questa. Things fall apart, come
    nei versi di William Butler Yeats. E’ una trappola bigotta per la quale siamo, dovremmo essere, troppo maturi.

    Maturi per età, l’età un po’ disingannata cui si avvicina chi è nato nell’altro secolo. Maturi per l’estenuata filogenesi culturale che è la sapienza della nostra epoca. Istruiti in tutti gli inganni, siamo cinici, forse superbi, conquistabili (e distruttibili) più dalla durezza
    dei fatti che dalla morbidezza dei sogni. Lo siamo per storico Dna, possiamo negarlo solo per volontaria e autolesionistica
    abdicazione. E’ una idea contorta che valga la pena difendere, con la vita e con la morte, cioè con le armi, gli assoluti principi etici dell’umanità, mentre non basti affatto, come motivazione a difendersi, l’essere sotto minaccia fisica. Vale per gli individui, vale per gli Stati. Davvero è più facile combattere e morire per una democrazia che incarna la verità totale, per una illusione che si è fatta carne, piuttosto che per la propria sopravvivenza, per autodifesa? E’ legittimo reagire alla minaccia o conta la riconosciuta investitura, l’appartenenza all’universo dei titolari del velleitario e affettuoso impegno a essere la parte migliore, a far scorrere lo shakespeariano “latte dell’umanità” che sbiadisce ma non lava il sangue?

    La legittima difesa sta al di qua del dolce annacquamento dei fatti, come sta al di qua della codificazione di cui è l’incodificabile fondamento. E’ aspra. Irriducibile. Indeglutibile in qualsiasi
    ordinamento. E’ un tassello decisivo che riduce ai minimi termini l’intera storia del diritto. Perfino Hans Kelsen che è stato un sofisticato demolitore della religione del diritto naturale “davanti al
    tribunale della scienza”, la considera l’essenza, l’incoercibile minimum di libertà nel puzzle giuridico moderno, la conseguenza
    della possibilità tecnicamente limitata di regolare i comportamenti umani. Anche nel sistema più totalitario. L’umanità occidentale ha impiegato qualche secolo per arrivare a perfezionare questa cognizione dell’estremo. I filosofi, per centinaia di anni, ripiegarono sulla metafora della zattera del naufrago per spiegare
    il paradosso di un diritto che in realtà è un dato di fatto, ius necessitatis per alcuni, lex permissiva per altri, per tutti trasfigurazione dell’istinto di sopravvivenza o, se preferite, del diritto alla vita, il più elementare: il diritto a impadronirsi di un legno in mare per mettersi in salvo.
    Ma che succede se i naufraghi sono due? Chi ha diritto di
    scacciare l’altro dalla tavola? E se un simile diritto non può essere riconosciuto a nessuno dei due, come è possibile affermare che l’uno e l’altro hanno assoluto diritto alla vita e dunque a impossessarsi della tavola scacciando uno dei due? Il paradosso della tavola e dei due naufraghi che se la contendono, il paradosso dell’affermazione dell’esistenza, la sua radicale insolubilità, è il limite, forse, ma soprattutto la chiave del puzzle del diritto occidentale. Un po’ come il paradosso del mentitore è il
    limite e la chiave della nozione logica di verità o come il teorema di Gödel è il limite e la chiave della dimostrabilità matematica dei numeri interi. Il segreto della incompletezza della nostra esistenza
    e del bisogno di proteggerla.

    Presunzione alla legittima difesa, non difesa del presunto legittimo.

    Pialuisa Bianco

    dalla stessa pagina deoo stesso Il Foglio

    saluti

 

 

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    Di Österreicher nel forum Politica Nazionale
    Risposte: 0
    Ultimo Messaggio: 30-06-03, 00:26

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