Mandato da Rassegna Stampa LS Sabato, 24 May 2003, 14:23 uur.
La requisitoria di Ilda la rossa segue il filo dei miliardi e non parla né del Cav. né della Sme - Il Foglio 24 maggio 2003

--------------------------------------------------------------------------------

Milano. Lei, il pubblico ministero Ilda Boccassini, aveva fatto di tutto per tenere i toni bassi, e sui giornali di ieri mattina aveva lasciato anche trapelare che non avrebbe mai pronunciato il nome di Silvio Berlusconi. Temeva che il tribunale – questa prima sezione penale davanti alla quale si celebra il processo Sme-Ariosto – rinviasse la requisitoria alla prossima settimana, quando le elezioni amministrative sono bell’e passate. Ma appena il presidente, Luisa Ponti, le ha dato la parola i toni si sono fatti subito alti, asciutti e taglienti. A differenza di quanto era successo al processo Imi-Sir e lodo Mondadori, concluso con la condanna di Previti a undici anni di carcere, stavolta non ha cominciato dalle condanne che il tribunale, a suo avviso, dovrà infliggere. Ha preferito andare “alla sostanza delle cose, mostrare i documenti e raccontare le cose certe”. Per il resto bisognerà attendere venerdì prossimo, quando inevitabilmente farà anche il nome di Silvio Berlusconi, la cui posizione – come si ricorderà – è stata appena stralciata dal tribunale per evitare che gli impegni politici del presidente del Consiglio ritardassero l’arrivo della sentenza. Ma al di là del nome, che ieri non è stato mai pronunciato, Berlusconi è rimasto, per tutta la durata della requisitoria, al centro della scena. Sotto il nome di Fininvest. E’ da lì, ricorda il pm, che parte la “provvista” di 434 mila dollari consegnati a Cesare Previti perché finissero poi, tramite Renato Pacifico, a Renato Squillante, “il più corrotto dei magistrati corrotti”. Fatta questa premessa, Ilda Boccassini ricostruisce il percorso dei soldi da un conto all’altro e tra la Svizzera e il Liechtenstein. Richiama le dichiarazioni di Stefania Ariosto – che conosceva bene Previti, ricorda, “fin dal 1985” – e affonda il primo colpo: l’unico modo di districarsi tra queste storie, tra questi allegri valzer di feste e bustrarelle, dice, “è raccontare i fatti e i fatti sono nei documenti bancari che, per fortuna, non cambiano nel tempo”. “Il lodo Maccanico? Sbagliato e inutile” La difesa di Previti ha sempre sostenuto che i soldi ricevuti dalla Fininvest altro non erano che il pagamento delle sue parcelle di avvocato. E che soldi a Squillante lui non ne aveva mai dati. Li aveva consegnati al collega e amico Pacifico, incaricato di aprire e gestire i suoi conti all’estero. Ma la Boccassini non ci sta. “Previti – replica – non ha ricevuto quella somma come pagamento di una prestazione professionale. Infatti li ha trasferiti in poche ore sul conto di Squillante, sapendo che tale somma era destinata al giudice romano, così come Squillante sapeva che proveniva da Previti”. E incalza. “Previti ha detto che Pacifico gli restituì poi i soldi in contante e che poteva dimostrarlo, ma dopo tre anni non abbiamo avuto alcuna documentazione. Si parla di un sistema incrociato di compensazioni reciproche: ciascuno dei tre imputati avrebbe ricevuto e ceduto una somma uguale senza che nessuno guadagnasse nulla. E’ inattendibile. Il venir meno di un solo passaggio determina il crollo di tutta la ricostruzione. E che quel denaro fosse sporco si deduce anche dal fatto che appena il magistrato romano scopre, dopo la cimice e l’intercettazione nel bar Tombini di Roma, di essere indagato dalla procura di Milano, manda il figlio Fabio e la nuora a ritirare i soldi dalla banca svizzera per trasferire tutto in Liechtenstein. E’ stato il panico, il loro unico obiettivo era che noi non arrivassimo a mettere le mani su quei conti e su quelle cifre. Ma ci siamo riusciti, eccoli”. Contestata fin dalla mattinata dagli avvocati di Previti che erano arrivati anche a chiedere al procuratore reggente, Ferdinando Vitiello di sostituirla con un altro rappresentante dell’accusa – sostituzione per “grave pregiudizio: nella precedente udienza lei aveva definito l’ex ministro della Difesa “un bambino viziato” – Ilda Boccassini ha evitato anche di entrare nel pieno della vicenda Sme e di replicare alle accuse fatte in aula da Berlusconi, secondo il quale Romano Prodi voleva in realtà svendere quelle aziende alimentari a Carlo De Benedetti. Ha preferito così concentrare l’attenzione sul giro dei miliardi. Gli avvocati di Previti hanno accusato il colpo. Prima hanno tentato di opporsi allo stralcio e di mantenere Berlusconi imputato – quantomeno testimone – in questo processo. Poi, dopo che i giudici hanno deciso di mantenere comunque separata la posizione del presidente del Consiglio, hanno mostrato tutto il loro malumore. Anche nei confronti del lodo Maccanico, quello che dovrebbe consentire, se approvato dal Parlamento, di sospendere il processo per tutto il tempo che il leader di Forza Italia sarà a palazzo Chigi. L’avvocato Alessandro Sanmarco l’ha definito “sbagliato e inutile”. “Un palliativo. Per riequilibrare i poteri, è necessario ripristinare l’immunità parlamentare”.