Il Gazzettino Venerdì, 16 Maggio 2003
LE ILLUSIONI DEI MODERNISTI

di Massimo Fini

Quando nel 1985 pubblicai "La Ragione aveva Torto?" e di globalizzazione non si parlava ancora, scrissi, fra l'ironia e il sarcasmo di molti, che nel Terzo Millennio lo scontro non sarebbe più stato fra Destra e Sinistra, ma fra modernisti e antimodernisti, fra i fautori dell'attuale modello di sviluppo e i loro avversari.

Non credo di aver sbagliato di molto. Noi siamo su un treno che va a mille all'ora e aumenta sempre più la velocità, i suoi ideatori sono morti da un pezzo e i loro epigoni anche se si illudono di guidarlo ne hanno perso da tempo il controllo, perché il meccanismo, che si autoraffina da solo, va ormai per conto suo ed è diventato scopo a se stesso. A condurre il treno in realtà non c'è nessuno, la locomotiva è vuota.

Nelle carrozze, è vero, c'è chi siede su comode poltrone di prima classe, anche se pure lui è sballottato e frastornato dalla velocità, chi in seconda e in terza, chi sugli strapuntini, chi sta nei cessi, chi mezzo fuori dai finestrini, mentre molti, forse i più, rotolano giù per la scarpata. Per cui ha ancora un certo interesse trovare una sistemazione più equa per i viaggiatori. Ma la domanda fondamentale è un'altra: dove sta andando il treno? Ed è vero che a questa velocità, dovendo anzi continuamente aumentarla, prima o poi si disintegrerà o sbatterà contro una montagna o finirà la rotaia?

Queste domande che avanzavo vent'anni fa se le pone oggi, sia pure in modo confuso e a volte contraddittorio, il movimento No Global e riguardano tanto il Nord che il Sud del mondo, tanto i ricchi che i poveri, anzi, in un certo senso, più i primi che i secondi perché questi rotolando in gran numero giù dal treno possono forse sperare, se non rimangono uccisi sul colpo, di farla franca qualora il viaggio dovesse davvero concludersi in un disastro.

Ecco perché è grottesco che le questioni mosse dal movimento No Global vengano presentate, e in Italia anche si autopresentino, come uno scontro fra Destra e Sinistra, dove la prima sarebbe Global e la seconda anti, Destra e Sinistra sono tutte e due Global, perché si dividono solo sulla sistemazione dei viaggiatori, ma sono entrambe convinte che il treno sia «la migliore delle macchine possibili», concordano sulla sua direzione, sulla sua strepitosa velocità, pensano anzi che aumentandola ulteriormente verranno risolti i problemi di chi sta sul treno.

Il movimento No Global, almeno nelle sue correnti più profonde e coerenti, ritiene all'opposto che il treno, per quanto luccicante, sia diventato una macchina infernale e che non solo vada rallentato ma fermato o addirittura debba fare una sia pur cauta e graduale retromarcia per essere riportato a qualcuna delle stazioni precedenti, o che debba prendere almeno una linea secondaria, meno veloce, meno ambiziosa, più umana.
E che si debba farlo al più presto perché, come mi ha detto una volta a Ginevra il Nobel Carlo Rubbia, che non è un oscurantista, che non è un millenarista e un apocalittico, ma uno scienziato abituato a usare gli strumenti della ragione, «potremmo anche aver superato il punto di non ritorno».

Destra e sinistra, che discendono entrambi dagli ideatori o quantomeno dai razionalizzatori del treno, dalla Rivoluzione industriale e dall'Illuminismo, sono industrialiste, economiciste, positiviste, progressiviste e moderniste e non possono accettare e nemmno concepire questa retromarcia. Perché negherebbero le proprie fondamenta.
Quindi quando in Italia la Sinistra, sia nella sua variante tardo-marxista dei giovanotti inconsapevoli dei Centri sociali, sia in quella adulta, riformista, cerca di mettere le mani sul No Global, o quantomeno di utilizzarlo in funzione interna, elettoralistica, realizza una contraddizione in termini e compie un'appropriazione indebita.
Per chi, come me, si considera antimodernista (o postmodernista se il termine turba meno le orecchie) Destra e Sinistra pari sono. Ed è ciò che non capiscono quei lettori che mi accusano di essere «un comunista».