CUBA: Partita la campagna di depapizzazione: processioni vietate e calendario stravolto
La repressione colpisce i cattolici. Sbattuti in galera perfino i ciechi. Nessuna pietà per i dissidenti che si battono contro l'aborto e sfilano per i diritti umani in piazza.
La storia di Leiva

di Andrea Morigi

Non è colpa della guerra in Iraq se centinaia di casi di ingiustizia, repressione e violazione dei diritti umani non compaiono sugli organi di informazione. Anche se ci fosse stata la pace, non si sarebbe saputo nulla delle decine di dissidenti cubani, tra cui numerosi leader cattolici, incarcerati senza processo durante la campagna repressiva più intensa scatenata da Fìdel Castro negli ultimi anni.

Dal 23 marzo scorso, e per tre giorni di fila, la polizia comunista ha fatto irruzione nelle case delle persone che stavano digiunando per chiedere la liberazione del medico cattolico antiabortista Oscar Elías Biscet, leader della Fondazione Lawton per i Diritti Umani. Risultato: ottanta persone arrestate e ancora oggi detenute nelle prigioni cubane e private della possibilità di comunicare con le proprie famiglie.

Se fosse stata la crisi irachena a oscurare la notizia, allora si sarebbe saputo almeno dell'arresto e della condanna a 25 anni di carcere subite da Biscet, rinchiuso nel Combinado del Este dell'Avana dopo una sola settimana dalla sua liberazione, avvenuta il 31 ottobre 2002. In carcere ci era appena stato, per ben tre anni e senza processo, solo per essersi opposto alla legge che consente l'aborto. Stavolta, l'accusa nei suoi confronti è di aver preteso di frequentare i suoi amici dissidenti.

Ad alienare le simpatie della stampa e delle tv nei suoi confronti, ci si è messo il 20 gennaio scorso, anche il governatore della Florida e fratello del Presidente degli Stati Uniti, Jeb Bush che, elogiandolo per la sua «lotta per la libertà a Cuba», reclama la sua «libertà immediata». Naturalmente, anche la successiva condanna dell'arresto da parte di Human Rights Watch e Amnesty International è passata sotto silenzio. Anche perché combattere contro l'aborto significa autocondannarsi all'oblìo, oltre che alla galera. Così è accaduto anche ai suoi coimputati Ángel Moya (20 anni), Orlando Fundora (18 anni) e Miguel Valdés Tamayo (15 anni), dichiarati rei di «atti contro la sovranità e l'indipendenza del territorio nazionale», la cosiddetta «legge bavaglio», promulgata appositamente contro gli oppositori del regime.

Ancora peggio è andata al laico cattolico José Daniel Ferrer García, per il quale il Tribunale di Santiago di Cuba ha chiesto di tramutare l'ergastolo in pena di morte. García è uno dei leader del Movimento Cristiano Liberación e promotore del Progetto Varela, una petizione firmata da undicimila cubani per chiedere una serie di referendum a favore della democrazia. Il coordinatore del Progetto, il dissidente cattolico Oswaldo Paya, fondatore del Movimento Cristiano Liberaciòn, è come il fumo negli occhi per Castro, che però non può permettersi di incarcerarlo per la sua notorietà. Così, per impedirgli un viaggio a Washington allo scopo di ricevere un premio per la sua attività in favore della democrazia a Cuba, il 30 settembre scorso, il governo ha scatenato una campagna di repressione contro i suoi collaboratori, amici e familiari.

Temendo il propagarsi dell'iniziativa, il 27 giugno il presidente cubano aveva fatto approvare dal suo Parlamento tre emendamenti alla Costituzione che rendono "irrevocabile" il comunismo sull'isola. Di fatto tali emendamenti vanificano il Progetto Varela, come ha sottolineato lo stesso Paya.

Intanto, cento insegnanti di Manicaragua sono stati licenziati e minacciati per aver rifiutato di sottoscrivere il progetto di riforma costituzionale. In carcere si trova anche un altro oppositore di Castro. Si tratta di un avvocato cieco, Juan Carlos Gonzàles Leiva, fondatore della Fraternitad de Ciegas Indipendientes e presidente della Fundacìon de Derechos Humanos de Cuba. Soffre di esaurimento nervoso, ansia e claustrofobia ed è costantemente minacciato di morte dal compagno di cella pluriomicida, che gli sottrae anche il cibo. Lo hanno torturato, fisicamente e psicologicamente, dopo averlo arrestato il 4 marzo scorso durante una protesta organizzata in un ospedale, dove era andato a far visita a un altro dissidente, il giornalista Jesùs Alvarez Castillo, aggredito lo stesso giorno dalla polizia politica.

Lui e altri si erano permessi anche di gridare slogan come «Viva Cristo Re! Viva Cuba libera! Viva i diritti umani!» nelle corsie. Ora gli aguzzini rifiutano addirittura di consegnargli una bibbia in braille che la moglie gli ha portato nella prigione di Pedernales dove è detenuto.

Del resto, solo pochi mesi fa, il Partito comunista cubano ha lanciato una campagna esplicita di "depapizzazione", con un documento, che esortava membri e sostenitori a lavorare contro l'influenza esercitata dalla Chiesa cattolica sulla popolazione. Detto fatto. Il 7 settembre scorso, funzionari del governo di Minaglores Nuevo hanno proibito una processione in onore della Vergine de la Caridad del Cobre, patrona dell'isola. Ma allo scopo si modifica perfino il calendario della Rivoluzione, le cui ricorrenze casualmente quest'anno coincidono con la Settimana santa.

Finora, il governo ha concesso agli studenti le vacanze per la settimana di Girón, in cui si commemora la vittoria nella lotta della Baia dei Porci nel 1961. Ma stavolta c'era il serio pericolo che ne approfittassero per seguire la liturgia pasquale. Perciò, ordine del Partito, le celebrazioni civili slittano e si va a scuola.

(c) Libero 18 aprile 2003