Massimo Centini
I GEMELLI TRA SUPERSTIZIONE E CULTO
Nella società yoruba gli artisti hanno una posizione privilegiata, che consente loro una buona autonomia e ha fatto sì che avessero la possibilità di dedicarsi con ampia libertà all'attività creativa e alla formazione di gruppi di scultori raccoltisi in vere e proprie scuole. Nel corpus di opere che caratterizzano la produzione di questi artisti (maschere, sculture, oggetti d'uso quotidiano), occupano un ruolo importante i cosiddetti ibéjì: coppie di gemelli che sono praticamente diventati l'icona degli Yoruba.
Si tratta di una produzione particolarmente diffusa che probabilmente ha la sua origine nei frequenti parti gemellari che caratterizzano questa popolazione: tali nascite infatti hanno un'incidenza di circa l'otto per cento rispetto alla media mondiale che è del quattro per mille. Tra le motivazioni che sarebbero alla base dell'elevata frequenza di nascite di gemelli, vi potrebbero essere fattori di carattere alimentare: le notevole quantità di estrogeni presenti in alcuni tuberi avrebbe infatti il ruolo di accelerare i ritmi dell'ovulazione.
Nel passato, le nascite di gemelli erano considerate avvenimenti negativi: era diffusa la credenza che un parto multiplo ponesse l'uomo sul piano degli animali, che notoriamente mettono al mondo più piccoli in una sola cucciolata. Inoltre, si pensava che i gemelli fossero il risultato di pratiche sessuali promiscue, o di accoppiamenti ripetuti con numerosi maschi. Tali credenze condussero addirittura all'uccisione dei neonati, al fine di evitare ai genitori di essere oggetto di demonizzazione da parte della comunità.
All'inizio del XIX secolo, le condizioni cambiarono radicalmente in relazione a un nuovo e più moderno ordinamento legislativo emanato dal Re di Yo (il sovrano di tutti gli Yoruba) che vietava l'infanticidio. Da quel momento la nascita di gemelli non fu più considerata un avvenimento nefasto, ma segno positivo, annuncio di prosperità. Un cambiamento che certamente non fu repentino, poiché imponeva una variazione notevole della tradizione e di conseguenza metteva in crisi alcuni punti fermi delle relazioni sociali.
In estrema sintesi possiamo constatare che:
* Il parto gemellare era sempre un evento anomalo;
* la nascita di gemelli era comunque un evento straordinario, contrassegnato da tonalità profetiche e/o oracolari;
* l'origine del parto gemellare era spesso determinato dall'alterazione di regole condivise dalla comunità (infrazione di tabù);
* i gemelli avrebbero tra loro una relazione soprannaturale;
* i gemelli, in genere, sarebbero in alcuni casi provvisti di poteri straordinari.
Ecco, a titolo di esempio, alcune informazioni provenienti dall'enciclopedica raccolta di Frazer:
"È assai diffusa la credenza che i bambini gemelli posseggano dei poteri magici sulla natura, specialmente sopra la pioggia e il tempo. Questa curiosa superstizione prevale tra alcune tribù indiane della Colombia britannica, e le ha spesso condotte a imporre delle singolari restrizioni, o tabù, sui genitori dei gemelli, sebbene sia generalmente oscuro il loro esatto significato (...) Secondo l'opinione degli indiani Kwakiutl della Colombia britannica i gemelli non sono che dei salmoni trasformati e non devono quindi andare vicino all'acqua per timore che siano di nuovo trasformati in pesce. Nell'infanzia possono comandare a ogni vento muovendo le mani, provocar la tempeste e il bel tempo e anche guarire le malattie agitando un grosso sonaglio di legno (...) (...) Lo stesso potere di influenzare il tempo è attribuito ai gemelli dai Baronga, una tribù di Bantu che abitano le rive della baia del sud-est". (1)
Guardando in panoramica le numerose credenze che circondano i gemelli, possiamo ipotizzare che la loro aura soprannaturale sia da attribuire soprattutto all'originalità dell'evento: tale aura sembrerebbe però ridursi in quei casi in cui, come tra gli Yoruba, i parti gemellari sono quantitativamente elevati e di conseguenza destinati a perdere la loro originalità.
I Gemelli rappresentati in un libro di astrologia del XV secolo
Dove quest'aura persiste, ecco che i gemelli risultano "altri", capaci di influenzare le forze della natura, di essere addirittura pericolosi per i genitori (2), fino a uccidersi tra loro quando avessero raggiunto la maturità. Si consideri che in molte culture il parto gemellare è da sempre stato considerato un evento per molti aspetti anomalo, contrassegnato da un'aura strettamente correlata alla dimensione soprannaturale. Nella quasi globalità dei casi noti agli etnologi, la nascita di gemelli viene spesso considerata il risultato di un'infrazione di leggi e regole socialmente condivise. Da qui la messa in campo di tutta una serie di pratiche atte a prevenire la nascita di gemelli, che spesso si riferiscono a modelli comportamentali della futura madre, da sempre considerata l'unica "colpevole" di ogni genere di anomalia che si verifica al momento della nascita. Sono documentate, come già evidenziato per il caso degli Yoruba, anche azioni distruttive, che prevedevano l'uccisione di uno o di entrambi i gemelli: "Tra gli indigeni del golfo di Papua se una donna partoriva due gemelli se ne doveva uccider uno, perché non si credeva possibile che una madre potesse nutrire adeguatamente due figli nello stesso tempo e la tribù preferiva avvantaggiarsi di un solo uomo forte piuttosto che di due deboli" (3). Anche se l'uccisione non deve essere considerata solo legata a "determinanti razionalistiche e utilitaristiche: va inserita nell'ampia e differenziata ideologia che presiede ai gemelli, nel sistema di credenze, nella mitologia, nel rituale delle varie società tradizionali" (4).
La "colpa" risultava poi assoluta, quando i gemelli erano siamesi: in casi del genere l'anomalia era tale da rendere necessaria l'identificazione di un'origine che potesse dare un senso a un fenomeno altrimenti ingiustificabile per la società.
II tema del duplicitas è attestato nelle mitologie, per esempio con la figura di Giano bifronte, che ha spesso assunto una valenza simbolica rilevante, trasformando il soggetto in divinità. Mentre in alcune culture i gemelli siamesi potevano essere oggetto di culto, poiché considerati un "segno" divino, in quelle occidentali venivano spesso trasformati in soggetti da fiera e inseriti nel mercato della mostruosità, che ebbe la propria cornice negli spettacoli del freaks. La spettacolarizzazione, per quanto disumana e incivile, ha avuto il ruolo di fare in modo che una parte dei "mostri" uscisse dal ristretto ambito della funzione ludica, per essere così memorizzata nelle cronache dell'epoca o, in qualche caso, nelle relazioni di medici impegnati nella ricerca delle cause organiche del fenomeno posto all'origine dei parti gemellari siamesi, in tutte le sue espressioni anatomiche.
Le testimonianze giunte fino a noi, che abbracciano un arco cronologico molto ampio (5), ci informano su una notevole varietà di tipologie di parti siamesi. Dai casi di bicefalia a quelli costituiti dalla presenza di più arti su un solo corpo, fino a malformazioni tali da ascrivere quelle creature nell'ambigua categoria dei mostri. ( (6) Naturalmente, tutte queste creature, se pur oggetto di cresciuta attenzione scientifica da parte della moderna medicina, che tendeva così ad allontanarsi dalla dimensione mitica, hanno continuato a essere ammantate da un'aura che ne ha enfatizzato l'alterità, costringendole in un limbo in cui bene o il male, verità e immaginazione, non sono nitidamente suddivise.
NOTE
1) J.G. Frazer, II ramo d'oro, Torino 1950, Voi. I, pagg. 107-108.
2) Per esempio, tra i Nuer del Sudan era diffusa la credenza che se lasciati vivere, i gemelli avrebbero ucciso i genitori.
3) D. Visca, Il sesso negato. Contraccezione, aborto e infanticidio nelle società tradizionali, Roma 1977, pag. 61.
4) D. Visca, op. cit., pag. 67.
5) Si stima che fenomenologie correlabili alla morfologia espressa con i gemelli siamesi, siano rilevabili ogni cinquantamila nati, cfr. E. Giavini Figli di Satana. Mostri umani tra realtà e leggenda, Milano 2006 pag. 98.'
6) Per un'ampia panoramica: C.J.S. Thompson, I veri mostri. Storia e tradizione, Milano 2001.
Massimo Centini, Sotto un cavolo (Yume edizioni 2014, pag. 70)