Ora basta. Sono stanco e mi fermo qualche minuto. Dove siamo finiti? Non riconosco più nulla. Avevo imboccato il sentiero tra le pagine austere e allo stesso tempo dense dell'almanacco Panini e mi ritrovo invischiato mostri di cera, io, che sono pure retrocesso in serie C. Nemmeno vedrò più la mitica Entella dell'87, i cui pulcini suonavano letteralmente come tamburi noi "terrestri" e dilettanteschi sammargheritesi. L'Entella è fallita, non esiste più: il calcio moderno, che moltiplica le proprie metastasi fino alle parrocchie, se l'è divorata. Chissà che fine hanno fatto le figurine di Dan Corneliusson, Glen Peter Stromberg, Mark Hateley, Astutillo Malgioglio. Chissà dove sta svernando il riporto di Giorgio Strippoli. Chissà dove sta silenziosamente godendo il guru del giornalista blucerchiato Giorgio Bubba, uomo di un calcio che non esiste più. Quando le squadre entravano sul terreno del Ferraris per disporsi a centrocampo (oggi hanno cambiato persino questa consuetudine), inseguiva un giocatore e gli poneva domande illuminanti. Fu così che Zico dovette "rivelare", uscendo dal tunnel degli spogliatoi, come si trovava in Italia e quale squadra secondo lui avrebbe vinto lo scudetto. Sul suo volto vi era però dipinto un sorriso. Oggi abbiamo telecamere ovunque, pronte a immortalare manichini noiosi, in posa di fronte al telespattore placido sul suo divano, vestiti fulgidamente dal protagonismo dei loro sponsor. Chissà allora in quali archivi polverosi riposano le differite delle 19.00 su Raidue. Chissà dove si sono arrese le magliette di cotone dai colori rigorosamente opachi. Rivoglio vedere, almeno per pochi minuti, quel mondo che sembrava dovesse scorrere placido, sempre uguale nei suoi riti ripetuti all'infinito, domenica dopo domenica, anno dopo anno:era la chiara e distinta certezza, l'attesa certosinamente soddisfatta, il punto archimedeo di tutta una settimana, spensierata ma non a sufficienza senza la radiocranaca rauca di Sandro Ciotti e/o quella flemmatica di Emanuele Dotto, senza un prato che prendesse corpo nella mente, senza un pallone volgare la cui geometria era meno importante della voglia di prenderlo a calci. Forse questo pianeta si è estinto con Italia 90, qualcosa li innegabilmente si è rotto, qualcosa è per sempre cambiato. Dopo l'ebbrezza rivoluzionaria, terminata la sbornia del nuovo che avanzava imperterrito, ci consegnarono disadorne di gloria le nostre case domenicali, asfittici i nuovi tempi che in essi si sarebbero vissuti. E allora il vecchio San Siro, il vecchio Marassi, il comunale e il Filadelfia, l'Olimpico che fu, patria di tanti sogni dalle vesti consuete, ci salutarono, disperdendo al vento qualcosa. Cemento? No, frammenti di un'anima. E allora aspetto che Varriale, colto da un raptus di follia, insegua Totti durante l'ingresso in campo e gli gridi: "Francescooooooo, chi vincerà?????" . Probabilmente lo sposterebbero alla rubrica di hockey su prato.