DAL MANIFESTO
Se l'elettrosmog frigge anche l'aria
Una fattoria distrutta dall'inquinamento elettrico:
animali morti, decine di ettari di terra resa
inutilizzabili dai cavi elettrici. E una famiglia di
allevatori sul lastrico. E' accaduto a Ceprano, in
provincia di Frosinone. Ma l'Enel si discolpa: «Per
noi è tutto regolare»
TIZIANA BARRUCCI
FROSINONE
«Trenta anni di lavoro buttati al vento». Antonio
Pizzicarola dopo due decenni da carpentiere trascorsi
a New York negli anni Ottanta è tornato al suo paese
per coronare il sogno di una vita: costruire una
fattoria e lavorare la terra. Sogno distrutto nei
primi anni Novanta, quando una piccola stazione Enel
da 150 kilovolt (kv) viene ampliata diventando uno dei
nodi energetici più importanti del centro-sud , con
ben 12 elettrodotti, di cui 2 linee a 380 kv collegate
con le centrali di Latina e Garigliano, 6 linee a 150
kv in uscita per la distribuzione regionale verso i
centri limitrofi, 2 linee di sub-distribuzione locale
a 20 kv - tutte del gruppo Enel - una linea a 150 di
proprietà delle Ferrovie dello stato, e una del
consorzio Iricav. Una ragnatela di cavi e tralicci che
in poco tempo ha mandato all'aria dieci anni di
lavoro, due miliardi di lire spesi per avviare
l'attività, una stalla e una piccola casa tra le
colline di Ceprano, in provincia di Frosinone. A
vederlo il panorama che si presenta mettendo piede sui
22 ettari di Pizzicarola è a dir poco spaventoso.
Nessuna traccia più, ovviamente, delle vecchie
coltivazioni di mais e orzo o delle 100 mucche che
vivevano nella stalla. «Nel periodo successivo alla
costruzione dei tralicci il bestiame non poteva più
pascolare per mancanza di spazio. Una volta una muccca
è caduta rompendosi il collo ed è morta. Alla fine
tenevo il bestiame dentro, ma molti capi hanno
iniziato ad impazzire. Non andavano in calore, non
producevano più latte, si vedeva che stavano male». Da
allora, la moria: molte mucche vengono svendute, altre
abbattute per leocosi bovina enzootica - volgarmente
detta leucemia del bovino - un'affezione riscontrata
anche in altri animali allevati in prossimità di linee
elettriche ad alta tensione. «Producevamo latte e
carne, ma poco alla volta abbiamo dovuto smettere». La
stalla è ormai un deposito di macchine e strumenti
vecchi, ultimo ricordo di un'attività mai veramente
decollata. «Avevamo investito tutti i nostri soldi
sperando, presto, di averne un guadagno, ma quel
guadagno non è mai arrivato, bloccato da questi cavi».

Le accuse di Pizzicarola risuonano nell'aria,
interrotte da un continuo rumore proveniente proprio
da quei fili nel punto in cui incrociano i cavi della
centrale. Un fruscio che si espande per tutta la
vallata, che accompagna Pizzicarola, la moglie e la
nipotina anche durante la notte. «Sembra sempre che
c'è dell'olio a friggere», racconta un po' divertita
la piccola Silvana.

Forzando la mano si potrebbe quasi dire che ci
troviamo di fronte ad un caso in cui l'elettrosmog si
può sentire: quei cavi sprigionano campi
elettromagnetici di diversa intensità, tutta superiore
agli 0,2 microtelsa, la soglia raccomandata dall'Oms
per evitare rischi alla salute. Le diverse misurazioni
Ispesl hanno riportato valori superiori ai 2
microtelsa in vari punti, addirittura, nell'ipotesi di
funzionamento a pieno carico, il valore del campo
magnetico supera i 7 microtelsa.

«Per me sono tutti numeri - riassume Pizzicarola - io
so che se prendiamo delle lampade a neon e le mettiamo
qui sotto è molto probabile che si accendano da sole».

In effetti la nostra esperienza non può che dargli
ragione. Trascorso poco più di un quarto d'ora a
ridosso del muro di cinta della stazione Enel sotto
quei cavi scoppiettanti il nostro unico desiderio era
andar via: mal di testa e nausea hanno pesantemente
condizionato la nostra conversazione fino a quando
effettivamente non ci siamo spostati. Sensazioni
confermate dal proprietario dell'appezzamento: «Quando
ancora avevamo i bovini nella stalla passavamo del
tempo quaggiù, ma era un inferno - ricorda - noi
adulti resistevamo, ma Silvana, che allora aveva poco
più di cinque anni, smetteva di urlare solo quando la
portavamo via». E forse non è un caso che diversi
studi scientifici internazionali inseriscano
depressione e cefalee tra le patologie in aumento nei
soggetti residenti vicino agli elettrodotti.

Mentre i figli stanno ripercorrendo la strada del
padre costretti a tornare a New York per mettere
denaro da parte e consenire alla famiglia di
sopravvivere, mentre la moglie chiede la pensione
sociale «perché con i 400 euro di pensione di Antonio
non ce la facciamo ad andare avanti», Pizzicarola non
si dà pace: «Non credo di chiedere molto, vorrei solo
che mi risarcissero dei danni permettendomi di
comprare una casa da qualche altra parte. Ho anche
provato a vendere tutto, ma non c'è nessuno disposto
ad acquistare. Le pare giusto quello che mi hanno
fatto?»

Ricostruire la storia di quei 22 ettari di terreno dal
punto di vista giuridico è complesso, Pizzicarola non
è un avvocato, molti documenti non è mai riuscito a
vederli, altri non sa bene a chi chiederli, ma tra le
mille scartoffie accatastate sul tavolo c'è un
documento dalla genesi bizzarra. «Tre anni fa sono
venuti dei dipendenti del comune di Frosinone a
chiedermi il foglio del collaudo della stalla, un
documento che avrebbero dovuto avere - visto che io ne
possedevo una copia - ma che era misteriosamente
assente. Se quel documento era l'unico a dimostrare
l'esistenza dello stabile, quando è stata data
l'autorizzazione a costruire tutto questa ragnatela di
cavi nessuno sapeva che qui c'era la mia stalla?».
Dall'Enel rispondono ovviamente che tutto è in regola,
che la stazione esiste dagli anni Sessanta ed è
soltanto stata ampliata successivamente, che gli unici
casi pendenti davanti al Tar riguardano la messa a
norma dei cavi a 150 kv. Pizzicarola, solo nella sua
battaglia contro i mulini a vento, avanza una sfida:
«Vendo al presidente dell'Enel l'intera azienda per
soli cinquanta centesimi a patto che lui venga a
vivere come me qui, accanto a questo mostro».

Probabilmente il caso di Pizzicarola non potrebbe
essere risanato dopo una vittoria del sì al referendum
di domenica prossima, essendo la stazione e tutto
l'apparato che le ruota intorno troppo imponenti per
venir rimossi o interrati. Ma casi come il suo fanno
riflettere sull'opportunità di una legge che ha
prodotto simili aberrazioni.
Manifesto 12 giugno p. 8