La denuncia della Cgil nell'ultimo giorno utile per esercitare il diritto di voto. Le schede una volta spedite in Italia verranno scrutinate insieme a tutte le altre. Le percentuali non definitive di affluenza: record a Buenos Aires, 39 per cento. Problemi e difficoltà nell'organizzazione

Italiani nel mondo, vietato votare

Per la prima volta gli elettori italiani residenti all'estero hanno votato per corrispondenza. Si sono chiuse ieri le urne, aperte il 5 giugno, per consentire loro di esercitare il diritto di voto. I consolati hanno accettato le schede fino alle ore 16, dopodiché il sipario è calato su questa prima prova elettorale degli italiani nel mondo. Una prova non smagliante, stando alle prime stime sull'affluenza.

A Buenos Aires, in Argentina, dove vive la comunità italiana più grande del mondo, si è toccata quota 45% degli aventi diritto, a Rio de Janeiro in Brasile il 36%. In Europa sembra invece dominare un minor entusiasmo con il 14% di Parigi, il 15% di Francoforte, il 22% di Londra.

Un appuntamento importante cui certo non hanno dato una mano le "inefficienze" organizzative. Titti di Salvo, segretario confederale della Cgil, denuncia infatti che solo 500.000 dei 2.305.000 aventi diritto hanno potuto votare. Ciò è dovuto, secondo di Salvo, al mancato aggiornamento delle liste elettorali dei residenti all'estero e dei relativi indirizzi, circostanza che non ha permesso a più della metà degli elettori di ricevere i documenti necessari per poter votare al referendum.

A parziale conferma di questo c'è la testimonianza di una signora italiana residente a Bruxelles, che in una lettera inviata ieri a Liberazione denunciava la impossibilità di votare per lei e per molti altri perché il comune non ha ricevuto le autorizzazioni necessarie dal comune italiano di provenienza.

La prima volta, insomma, poteva andare meglio.

Per il ministro Tremaglia, "padre spirituale" della nuova legge costituzionale, è stato un successo, per i tanti "compaesani" un tuffo nel passato. Non hanno lesinato lacrime e gioia davanti alle telecamere che li hanno ripresi nei più nascosti angoli del pianeta. Nazionalismo sfrenato (proprio come piace a Tremaglia), canti, balli e tarantella sulla scia della più classica commedia all'italiana. «Voto perché voglio bene al mio paese» dice una allegra pensionata australiana su Rai1, mentre Maurizio ottantaseienne ricorda la sua ultima esperienza nel lontano '56.

Ma i giovani dove sono, cosa ne pensano, cosa sanno dell'Italia? E sì, perché l'esercizio del voto interessa per lo più gli italiani di terza generazione e in base alle testimonianze dei consolati italiani, sono stati proprio i più anziani a sfruttare questa occasione, naturalmente per chi ha potuto. E allora via, fuori il vestito buono e tutti a consegnare di persona le schede elettorali.

Sorrisi, soddisfazione, ostentato ottimismo che non nascondono però le numerose falle di una macchina organizzativa che alla fine ha tradito le attese (magari perché c'è di mezzo l'art. 18?).

Tra le numerose denunce, la maggior parte riguarda il malfunzionamento delle procedure di voto per corrispondenza, la discrepanza fra gli elenchi dei consolati e quelli del ministero dell'Interno (che in molti casi contenevano indirizzi sbagliati), la scarsa informazione e la mancata segretezza del voto, ma anche il silenzio informativo sulla campagna referendaria che un po' ovunque non ha permesso la giusta informazione.

Comunque ormai il dado è tratto e non ci resta che aspettare il 16 giugno al momento dello scrutinio dei voti dove per l'occasione la Protezione Civile ha provveduto, presso la sede di Castelnuovo di Porto, ad allestire 460 seggi (1 seggio per ogni 5 mila elettori) che vedranno impegnati circa 2.300 scrutatori.

Giuliano Rosciarelli