Dal sito http://www.luigidibella.it/
28/05/2003
Il quotidiano "Libero": LA CURA DI BELLA ADOTTATA DA UN NOBEL
Gli studi del professor Di Bella hanno ispirato anche un Nobel. Il noto biochimico americano Schally sta approfondendo l’azione della somatostatina, di cui il medico modenese fu tra i primi a parlare.
La firma è autorevole, nientemeno che un Premio Nobel per la medicina Andrew V. Schally, biochimico statunitense di origine lituana. Ne. 1977 vinse il prestigioso riconoscimento per le sue ricerche sugli ormoni del cervello. Un’autorità indiscussa. Schally ha pubblicato uno studio. Titolo: “ Meccanismo dell’azione antineoplastica degli analoghi della somatostatina”.
Somatostatina appunto. Luigi Di Bella, professore modenese, ne parlò fra i primi. Disse che il farmaco, un ormone, poteva essere efficace se usato in combinazione con altre sostanze. Mise a punto un protocollo. Prescrisse - e continua a prescrivere - la sua terapia a migliaia di pazienti ammalati di cancro. Conoscete la storia: dopo infinite polemiche, Di Bella fu quasi linciato. La sua terapia, così dissero, non funzionava: acqua fresca.
E a distanza di anni da quella sperimentazione che sollevò non pochi dubbi la somatostatina torna all'attenzione della medicina ufficiale assieme alla melatonina, alle vitamine e ai famosi retinoidi, tutti composti che il ricercatore modenese aveva inserito nel suo protocollo.
Sbagliano - come già sbagliò Di Bella - gli scienziati statunitensi e pure italiani che ripercorrono la stessa strada di allora? O sbagliò chi, forse troppo frettolosamente, bollò come inefficace la terapia? Attenzione, molta attenzione. Qui si parla di pazienti che rischiano la vita. Terreno delicato.
Una premessa è d'obbligo: non sappiamo se la terapia Di Bella sia o meno efficace. Personalmente non abbiamo prove a sostegno di una tesi o dell'altra. Non vogliamo creare pericolose speranze, illusioni. Rispetto è la parola che si deve usare in questi casi. Rispetto per i malati e le loro famiglie. Ma rispetto anche per chi mise a punto una terapia, passò quel che passò, e oggi vede le "sue" molecole, i suoi farmaci, i suoi composti, comparire nei lavori internazionali, nei congressi, nei convegni, senza che il suo nome venga citato.
Ammettiamolo: qui c’è materia per porsi almeno qualche domanda, non foss’altro perché il cancro sul serio uccide, perché una terapia universale non esiste, perché la ricerca va avanti e annaspa pure. Perché Andrew Schally che non è un impostore ma un ricercatore noto e apprezzato, scrive testualmente: «Sono già stati dimostrati l'efficacia clinica ed il favorevole profilo tossicologico degli analoghi della somatostatina nella terapia di alcune condizioni relativamente rare come l'acromegalia e i tumori neuroendocrini.
I dati sono sufficienti per giustificare studi clinici nei tumori della mammella, della prostata e del pancreas».
E Schally non è il solo. Eugenio Muller è un ricercatore italiano. Lavora all'Università di Milano, Dipartimento di Farmacologia, Chemioterapia e Tossicologia Medica. Muller scrive: in laboratorio la somatostatina ha mostrato «effetti molto promettenti su linee cellulari di tumori della mammella, della prostata, dell'ovaio, del rene». Muller ha a disposizione apparecchiature sofisticate, ha un'equipe valida, ha contatti internazionali. Muller dice cose che in qualche modo ricordano quelle già dette da Luigi Di Bella.
E anche Muller non è il solo. «Vede questo studio? - dice Giuseppe Di Bella, figlio del professore modenese, allungando tre foglietti di carta - L'ho elaborato personalmente». Lo studio più che altro è una statistica, tre pagine in tutto. Sulla prIma c’e una data: 3 marzo 2000: All'epoca erano stati effettuati poco più di settemila lavori scientifici sui componenti della terapia Di Bella. Per la precisione, 7040.
Il secondo foglietto reca la data successiva: 2001. Gli studi, ad un anno di distanza, erano già saliti ad ottomila.
Terzo foglietto, terza data: 5 dicembre 2002. Ora gli studi sono più di trentaquattromila, ventunomila dei quali riguardanti la somatostatina. Una progressione quasi geometrica.
E tutti gli studi, assicura Giuseppe Di Bella, sottolineano una certa efficacia, in questo o quel tumore, in associazione con questo o quel farmaco, in laboratorio o in clinica.
Nel 1998 in Italia gli ammalati in cura con la terapia Di Bella scesero in piazza per chiedere che la somatostatina, allora quasi snobbata dalla letteratura scientifica internazionale, fosse dispensata gratuitamente dal Sistema sanitario Internazionale.
Erano convinti, e con loro era convinto Luigi Di Bella, che avesse una certa efficacia nella terapia antitumorale, in associazione con altri farmaci. Forse sbagliavano. Forse avevano ragione. Forse si aggrappavano ad una vana speranza, perché in certe malattie la speranza è sul serio l'ultima a morire. Certo è che parlavano proprio di somatostatina e melatonina, vitamina A, retinoidi, bromocriptina, molecole e composti di cui si continua ancora a discutere.
Certo è che Luigi Di Bella, oggi novantunenne, parlò per la prima volta di retinoidi negli anni '40, di melatonina alla fine degli anni '60, di somatostatina negli anni '70. E Waun Ki Hong, stimato professore americano, pochi mesi fa è arrivato dal Texas a Napoli. E ai colleghi ricercatori ha spiegato che la vitamina A e i suoi derivati sono in grado di bloccare le prime fasi del processo neoplastico. Non sempre, naturalmente. Non in tutti i pazienti. In alcuni casi la Vitamina A ha l'efficacia preventiva e scientificamente dimostrata.
Attenzione, di nuovo molta attenzione: Luigi Di Bella non diceva proprio questo. E tutto questo non significa automaticamente che la sperimentazione che bocciò la sua terapia fu una truffa o una messinscena.
Ma chi può negare che tra le parole degli scienziati di oggi e quelle di Luigi Di Bella ci sia una certa assonanza? Chi se la sentre di non considerare il professore modenese almeno come un medico che ebbe un intuito, e anche la forza di andare avanti seguendo la sua intuizione, il coraggio di sfidare l'ufficialità?
E chi, onestamente, crede che il mondo scientifico, italiano o internazionale, sia immune da lobby e oscuri interessi?
«Lo hanno scippato, - dice il figlio Giuseppe nel suo studio bolognese - si sono appropriati delle idee di mio padre. All'epoca ne ridevano, oggi studiano la sua terapia senza citarlo. E lo sa perché?»
Il perché Giuseppe Di Bella non lo dice. Abbassa lo sguardo sulla grande pila di carte alla sua sinistra, rovista, tira fuori alcuni fogli di giornali. È un settimanale di grande tiratura. «Camici sporchi», dice il titolo. Più sotto, in bell'evidenza: «Professori pagati per favorire un farmaco. Convegni balneari. Annunci di scoperte inutili. E concorsi truccati. Come fidarsi di questi medici?»
«Nell'articolo - racconta Giuseppe Di Bella - si parla anche di farmaci antitumorali e di professori che si schierarono contro mio padre». Non fa i nomi, non ce n'è bisogno. Certe vicende sono risapute. Ma, naturalmente, non ci autorizzano a dire che la terapia Di Bella è sicuramente valida, che la sperimentazione fu un clamoroso falso, che il mondo scientifico ufficiale si schierò contro il metodo del ricercatore modenese per interesse e personale tornaconto.
(Articolo tratto dal quotidiano "Libero" del 25 maggio 2003 a firma di Mattias Mainiero)