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    Predefinito Facciamo il punto sulla "cura Di Bella"

    Dal sito http://www.luigidibella.it/

    28/05/2003
    Il quotidiano "Libero": LA CURA DI BELLA ADOTTATA DA UN NOBEL
    Gli studi del professor Di Bella hanno ispirato anche un Nobel. Il noto biochimico americano Schally sta approfondendo l’azione della somatostatina, di cui il medico modenese fu tra i primi a parlare.

    La firma è autorevole, nientemeno che un Premio Nobel per la medicina Andrew V. Schally, biochimico statunitense di origine lituana. Ne. 1977 vinse il prestigioso riconoscimento per le sue ricerche sugli ormoni del cervello. Un’autorità indiscussa. Schally ha pubblicato uno studio. Titolo: “ Meccanismo dell’azione antineoplastica degli analoghi della somatostatina”.

    Somatostatina appunto. Luigi Di Bella, professore modenese, ne parlò fra i primi. Disse che il farmaco, un ormone, poteva essere efficace se usato in combinazione con altre sostanze. Mise a punto un protocollo. Prescrisse - e continua a prescrivere - la sua terapia a migliaia di pazienti ammalati di cancro. Conoscete la storia: dopo infinite polemiche, Di Bella fu quasi linciato. La sua terapia, così dissero, non funzionava: acqua fresca.
    E a distanza di anni da quella sperimentazione che sollevò non pochi dubbi la somatostatina torna all'attenzione della medicina ufficiale assieme alla melatonina, alle vitamine e ai famosi retinoidi, tutti composti che il ricercatore modenese aveva inserito nel suo protocollo.
    Sbagliano - come già sbagliò Di Bella - gli scienziati statunitensi e pure italiani che ripercorrono la stessa strada di allora? O sbagliò chi, forse troppo frettolosamente, bollò come inefficace la terapia? Attenzione, molta attenzione. Qui si parla di pazienti che rischiano la vita. Terreno delicato.
    Una premessa è d'obbligo: non sappiamo se la terapia Di Bella sia o meno efficace. Personalmente non abbiamo prove a sostegno di una tesi o dell'altra. Non vogliamo creare pericolose speranze, illusioni. Rispetto è la parola che si deve usare in questi casi. Rispetto per i malati e le loro famiglie. Ma rispetto anche per chi mise a punto una terapia, passò quel che passò, e oggi vede le "sue" molecole, i suoi farmaci, i suoi composti, comparire nei lavori internazionali, nei congressi, nei convegni, senza che il suo nome venga citato.

    Ammettiamolo: qui c’è materia per porsi almeno qualche domanda, non foss’altro perché il cancro sul serio uccide, perché una terapia universale non esiste, perché la ricerca va avanti e annaspa pure. Perché Andrew Schally che non è un impostore ma un ricercatore noto e apprezzato, scrive testualmente: «Sono già stati dimostrati l'efficacia clinica ed il favorevole profilo tossicologico degli analoghi della somatostatina nella terapia di alcune condizioni relativamente rare come l'acromegalia e i tumori neuroendocrini.
    I dati sono sufficienti per giustificare studi clinici nei tumori della mammella, della prostata e del pancreas».
    E Schally non è il solo. Eugenio Muller è un ricercatore italiano. Lavora all'Università di Milano, Dipartimento di Farmacologia, Chemioterapia e Tossicologia Medica. Muller scrive: in laboratorio la somatostatina ha mostrato «effetti molto promettenti su linee cellulari di tumori della mammella, della prostata, dell'ovaio, del rene». Muller ha a disposizione apparecchiature sofisticate, ha un'equipe valida, ha contatti internazionali. Muller dice cose che in qualche modo ricordano quelle già dette da Luigi Di Bella.

    E anche Muller non è il solo. «Vede questo studio? - dice Giuseppe Di Bella, figlio del professore modenese, allungando tre foglietti di carta - L'ho elaborato personalmente». Lo studio più che altro è una statistica, tre pagine in tutto. Sulla prIma c’e una data: 3 marzo 2000: All'epoca erano stati effettuati poco più di settemila lavori scientifici sui componenti della terapia Di Bella. Per la precisione, 7040.
    Il secondo foglietto reca la data successiva: 2001. Gli studi, ad un anno di distanza, erano già saliti ad ottomila.
    Terzo foglietto, terza data: 5 dicembre 2002. Ora gli studi sono più di trentaquattromila, ventunomila dei quali riguardanti la somatostatina. Una progressione quasi geometrica.
    E tutti gli studi, assicura Giuseppe Di Bella, sottolineano una certa efficacia, in questo o quel tumore, in associazione con questo o quel farmaco, in laboratorio o in clinica.

    Nel 1998 in Italia gli ammalati in cura con la terapia Di Bella scesero in piazza per chiedere che la somatostatina, allora quasi snobbata dalla letteratura scientifica internazionale, fosse dispensata gratuitamente dal Sistema sanitario Internazionale.
    Erano convinti, e con loro era convinto Luigi Di Bella, che avesse una certa efficacia nella terapia antitumorale, in associazione con altri farmaci. Forse sbagliavano. Forse avevano ragione. Forse si aggrappavano ad una vana speranza, perché in certe malattie la speranza è sul serio l'ultima a morire. Certo è che parlavano proprio di somatostatina e melatonina, vitamina A, retinoidi, bromocriptina, molecole e composti di cui si continua ancora a discutere.

    Certo è che Luigi Di Bella, oggi novantunenne, parlò per la prima volta di retinoidi negli anni '40, di melatonina alla fine degli anni '60, di somatostatina negli anni '70. E Waun Ki Hong, stimato professore americano, pochi mesi fa è arrivato dal Texas a Napoli. E ai colleghi ricercatori ha spiegato che la vitamina A e i suoi derivati sono in grado di bloccare le prime fasi del processo neoplastico. Non sempre, naturalmente. Non in tutti i pazienti. In alcuni casi la Vitamina A ha l'efficacia preventiva e scientificamente dimostrata.
    Attenzione, di nuovo molta attenzione: Luigi Di Bella non diceva proprio questo. E tutto questo non significa automaticamente che la sperimentazione che bocciò la sua terapia fu una truffa o una messinscena.
    Ma chi può negare che tra le parole degli scienziati di oggi e quelle di Luigi Di Bella ci sia una certa assonanza? Chi se la sentre di non considerare il professore modenese almeno come un medico che ebbe un intuito, e anche la forza di andare avanti seguendo la sua intuizione, il coraggio di sfidare l'ufficialità?
    E chi, onestamente, crede che il mondo scientifico, italiano o internazionale, sia immune da lobby e oscuri interessi?

    «Lo hanno scippato, - dice il figlio Giuseppe nel suo studio bolognese - si sono appropriati delle idee di mio padre. All'epoca ne ridevano, oggi studiano la sua terapia senza citarlo. E lo sa perché?»
    Il perché Giuseppe Di Bella non lo dice. Abbassa lo sguardo sulla grande pila di carte alla sua sinistra, rovista, tira fuori alcuni fogli di giornali. È un settimanale di grande tiratura. «Camici sporchi», dice il titolo. Più sotto, in bell'evidenza: «Professori pagati per favorire un farmaco. Convegni balneari. Annunci di scoperte inutili. E concorsi truccati. Come fidarsi di questi medici?»
    «Nell'articolo - racconta Giuseppe Di Bella - si parla anche di farmaci antitumorali e di professori che si schierarono contro mio padre». Non fa i nomi, non ce n'è bisogno. Certe vicende sono risapute. Ma, naturalmente, non ci autorizzano a dire che la terapia Di Bella è sicuramente valida, che la sperimentazione fu un clamoroso falso, che il mondo scientifico ufficiale si schierò contro il metodo del ricercatore modenese per interesse e personale tornaconto.


    (Articolo tratto dal quotidiano "Libero" del 25 maggio 2003 a firma di Mattias Mainiero)

  2. #2
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    Molti altri articoli qui...

    http://www.luigidibella.it/news.htm

  3. #3
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    Dal sito www.disinformazione.it

    Un po' di verità su Di Bella

    Rubano il merito a Di Bella!!!!

    Il Messaggero di Rossella Cravero (giovedì 29 Giugno 2000 )
    Intervista a Franco Mandelli, direttore di Ematologia della Sapienza di Roma.
    Franco Mandelli: "Il tumore? Non è più imbattibile"

    Allora professore si può veramente essere così ottimisti per il futuro?
    "Come sempre accade nella ricerca scientifica ci sono momenti di stasi e altri in cui le novità si susseguono una dietro l'altra. Era da quarant'anni, dal momento in cui fu introdotta la chemioterapia, che non si assisteva ad un momento così ricco di nuove cure. Pensi che allora si parlava di lunga sopravvivenza, ora credo che entro dieci anni queste malattie saranno nella stragrande maggioranza dei casi guaribili".
    I dati di oggi che percentuale di guarigione danno?
    "Le leucemie acute del bambino guariscono in oltre il 60% dei casi, negli adulti si arriva solo al 30%. E con i linfomi siamo al 70% con l'hodgkin e al 50% per il non-hodgkin".
    Quali sono le nuove strategie di cura?
    "Sono tre le strade che stanno dando i maggiori risultati. La prima è rivolta alle forme promielocitiche, un tempo tra le più gravi, mentre oggi arrivano a una guarigione nel 70% dei casi, grazie a una cura (acido retinoico) che fa differenziare le cellule leucemiche, cioè fa tornare normali quelle malate. Un'altra via è quella delle proteine che agiscono come anticorpi. Create con l'ingegneria genetica, in vitro, queste proteine vanno a colpire in modo specifico solo le cellule che hanno quel determinato marcatore che si chiama antigene. Stiamo già sperimentando dei farmaci di questo tipo nei linfomi non-hodgkin e nelle leucemie mieloidi acute che hanno effetti collaterali molto ridotti rispetto alla chemioterapia. Per la leucemia mieloide cronica, invece, si sta testando in tutto il mondo, Italia compresa, un medicinale capace di bloccare proprio quella sostanza che fa nascere la leucemia".
    La genetica ha dato una grossa mano?
    "Bisogna pensare che oggi abbiamo la possibilità di valutare la risposta dei nostri trattamenti non solo clinicamente o a livello morfologico, constatando se ci sono ancora cellule tumorali, ma possiamo valutare all'inizio qual'è l'anomalia dei cromosomi e avendo il dato d'esordio della malattia possiamo poi rivalutarla dopo la terapia. In questo modo sappiamo con esattezza quando è necessario continuare la stessa cura o sostituirla".
    E per il trapianto di midollo?
    "Anche in questo campo ci sono delle novità, prima si procedeva con un trattamento chemioterapico prima di somministrare le cellule che rigenerano il midollo o con l'autotrapianto (cellule dello stesso malato) o del donatore (allotrapianto). Abbiamo visto che funziona meglio il trapianto da donatore in quanto le cellule hanno più forza contro la malattia tumorale. Da qui abbiamo potuto ridurre l'intensità della chemio che è meno tossica e si sfrutta di più la forza delle cellule trapiantate".
    Oggi il medico ha di fronte nuove cure, ma anche un malato con maggiori aspettative?
    "E' certamente cambiato il rapporto medico-paziente. Non solo per la legge che prevede il consenso-medico, ma proprio perché il malato ha diritto di conoscere e di sapere tutto sulla sua condizione. Ma il medico non deve dimenticare che non può essere il malato a decidere la cura. Il medico deve spiegare le possibilità terapeutiche ma poi il paziente chiederà sempre:"dottore cosa mi consiglia".


    Di Bella e il mistero dei farmaci scaduti

    Emergono molti interrogativi sulla fine prematura della sperimentazione Di Bella. Al centro dei dubbi è lo sciroppo si retinoidi (componente fondamentale della Mdb); una serie di esposti-denuncia aveva sostenuto che molti flaconi del farmaco emettevano uno strano odore di acetone e che le confezioni dello sciroppo erano state consegnate ai pazienti oltre la data di scadenza.
    Il Pretore fiorentino Ubaldo Nannucci aveva ordinato al Nucleo Antisofisticazioni sanitaria dei carabinieri di verificare le accuse. E in un rapporto, datato 2 Dicembre 1998 ma rimasto segreto per oltre un anno, due marescialli dei Nas avevano scritto testualmente: "E' emerso un dato preoccupante, se non addirittura sconcertante: 1048 flaconi di soluzione ai retinoidi sono stati distribuiti a 28 dei 60 centri della sperimentazione sulla Mdb oltre il termine massimo di tre mesi di scadenza. Questo verosimilmente comporta che 1048 pazienti abbiano assunto, per un periodo oscillante fra i 20 e i 30 giorni, un farmaco potenzialmente imperfetto e non più possedente le caratteristiche terapeutiche iniziali, senza escludere che la degradazione e la scomposizione dei principi attivi possa produrre effetti collaterali gravi, specialmente in soggetti sofferenti di patologie neoplastiche. Il rapporto, spedito per conoscenza a 25 procure, così concludeva: "Ne consegue che i risultati ottenuti dalla sperimentazione siano sicuramente inattendibili e che la stessa sperimentazione debba essere quanto meno rivista". I due marescialli dei carabinieri (colpevoli di aver detto solamente la verità!) furono accusati dal magistrato di "avere sviluppato di propria iniziativa una serie di indagini alle quali non erano stati delegati, esprimendo tra l'altro apprezzamenti che non competono all'organo di polizia giudiziaria". Non solo ma furono minacciati di trasferimento ricorda a Panorama Giulio Maceratini (presidente dei senatori di Alleanza Nazionale). "Abbiamo dovuto intervenire in Parlamento per impedire ulteriori ritorsioni."
    L'inchiesta sulla correttezza della sperimentazione Mdb è stata archiviata a Firenza e a Roma. Sopravvive solamente a Torino, sulla scrivania del pm Raffaele Guariniello. E ora si è aperta anche a Modena, dove ha presentato un esposto Giovanni Giovannini, un malato di cancro arruolato nello studio osservazionale. Giovannini che, oggi afferma di stare molto meglio grazie alla Mdb ha scoperto che lo sciroppo ai retinoidi che gli veniva somministrato dall'ospedale era scaduto. " E' accaduto nel luglio 1999, quando ho subito improvvisi effetti collaterali, nausea, vomito, dissenteria. Poi il 3 agosto del 1999 l'ospedale di Modena - racconta il Giovannini - mi ha consegnato un flacone di sciroppo datato febbraio e mi è venuto un dubbio. Allora mi sono rivolto all'Istituto Superiore di Sanità per sapere quale era la scadenza del farmaco. Hanno risposto: tre mesi, oppure quattro se conservato in frigo. E' così che ho saputo di aver preso un farmaco sicuramente scaduto". Giovannini è stato contattato dal Direttore dell'Istituto di Sanità Giuseppe Benagiano, che in una lettera datata 31 agosto 1999 si è scusato con lui in questi termini: "Per le peculiari condizioni in cui si è svolta la sperimentazione, una sistematica valutazione della soluzione ai retinoidi non è stata fatta (come si fa di regola) prima di iniziare la sperimentazione" . Come mai viene sempre fatta e questa volta no? La giornalista di Reporter, Sabrina Giannini, ha appreso dalla voce del Direttore del Dipartimento di Farmacoepidemiologia dell'Istituto Superiore, Roberto Raschetti che "le prove di stabilità della soluzione ai retinoidi non sono state fatte perché implicano un procedimento molto lungo". Un oncologo dell'ospedale di Genoa, Maurizio Pianezza ha una spiegazione più grave: "Per volere dei coordinatori della sperimentazione sono stati eliminati dalla cura pazienti che potevano continuarla: malati guariti, o che accusavano effetti collaterali come la diarrea. In realtà coloro che hanno eseguito la sperimentazione non aspettavano altro che finisse. La loro curiosità scientifica era pari a zero".
    Umberto Veronesi (attuale ministro della sanità e fondatore dell'Istituto Europeo di Oncologia) ha dichiarato più volte che tutto venne fatto "in maniera assolutamente corretta". Interrogato da Panorama, il ministro risponde, gentile, che non vuole più parlare del caso Di Bella.


    Così hanno truffato Di Bella...

    "Così hanno truffato Di Bella"

    Guariniello accusa: farmaci scaduti e dosi sballate
    Il magistrato di Torino chiude l'indagine sulla sperimentazione della terapia
    di Marco Travaglio

    TORINO - La sperimentazione della cura Di Bella sarebbe viziata da gravi irregolarità. Peggio: alcuni dei 386 malati di cancro che provarono la "multiterapia" (Mdb) del medico modenese sarebbero stati usati come cavie, trattati con farmaci "guasti e imperfetti", non si sa con quali effetti sulla salute. E l'Istituto superiore di Sanità, pur sapendolo, non avrebbe avvertito 50 dei 51 ospedali d'Italia che sperimentavano i protocolli. Sono queste le conclusioni della lunga e minuzionsa indagine aperta due anni fa dal procuratore aggiunto di Torino Raffaele Guariniello, in seguito ad alcune denunce, sulla sperimentazione nei 4 "centri di riferimento" di Torino (Molinette, San Giovanni antica sede, Mauriziano e Sant'Anna) e nei 4 della provincia (gli ospedali di Chivasso, Orbassano, Chieri e Cirè). Un'indagine che non entra nel merito dell'efficacia o meno della cura, ma si limita ad analizzare la regolarità della sperimentazione.
    Quattro gli accusati, tutti dirigenti dell'Istituto superiore di sanità (Iss): Roberto Raschetti e Donato Greco, coordinatori della sperimentazione del 1998, Stefania Spila Alegiani, responsabile dei preparati galenici, ed Elena Ciranni, che curava i rapporti con i vari centri clinici. Grave l'ipotesi di reato: "somministrazione di medicinali guasti o imperfetti" (punibile, secondo l'articolo 443 del codice penale, con la reclusione fino a 3 anni). Il direttore Giuseppe Benagiano, a suo tempo indagato, è stato poi archiviato.
    Nessuna responsabilità per l'ex ministro della Sanità Rosi Bindi, sentita come testimone in gran segreto, a Roma, all'inizio dell'anno. I 4 indagati hanno ricevuto l"avviso di chiusura indagini". Una sorta di preannuncio di rinvio a giudizio, che poi però non è arrivato: grazie alla legge Carotti, i difensori hanno chiesto e ottenuto dal Pg della Cassazione Nino Abbate il trasferimento dell'inchiesta a Firenze. Con la curiosa motivazione che i farmaci "incriminati" li produce l'Istituto farmacologico militare fiorentino. Inutile l'opposizione di Guariniello il quale, sentenze della Cassazione alla mano, ha ribattuto che il 443 non punisce la produzione o la detenzione, ma la somministrazione di farmaci guasti (avvenuta, appunto, a Torino).
    Spetterà dunque alla Procura di Firenze - che l'anno scorso aveva già archiviato un'altra inchiesta sui protocolli Di Bella - trarre le conclusioni: rinviare a giudizio o chiedere l'archiviazione. Tutto dipenderà dall'interpretazione delle irregolarità emerse a Torino: errori in buona fede o condotte dolose? Per Guariniello, la prova del dolo sarebbe in una lettera inviata nel '98 a un ospedale romano, che chiedeva lumi sulla conservazione e la composizione delle "soluzioni ai retinoidi" previste per i protocolli 1 e 9. Nella lettera i dirigenti dell'Iss precisavano che quelle sostanze hanno una "validità" di soli 3 mesi, dopo di che "scadono" e vanno buttate. Peccato che la stessa direttiva non sia stata diramata agli altri 50 ospedali che sperimentavano la cura. E che infatti continuarono, ignari di tutto, a somministrare quelle soluzioni ampiamente scadute (addirittura vecchie di 4, 5, 9 mesi) e "deteriorate".
    Non solo: un gravissimo errore tecnico avrebbe dimezzato il quantitativo di un componente, un principio attivo, fondamentale per l'efficacia di quelle soluzioni: l'"axeroftolo palmitato". In pratica, per i due protocolli, quella sperimentata non era la multiterapia Di Bella, ma una "variazione sul tema" non dichiarata. Così com'era emerso nel '98 per altri due protocolli, frettolosamente ritirati dopo che Guariniello vi aveva scoperto alcune sostanze mancanti e alcune altre (come il tamoxifen del professor Umberto Veronesi) aggiunte da una mano misteriosa. Ma quel capitolo è ancora aperto. A Torino.

    Tratto da "La Repubblica" 7 settembre 2000

  4. #4
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    Dal sito http://www.ircc.unito.it/

    Dati del Ministero della Sanità diffusi dal quotidiano "La Stampa" in data 29 Luglio 1998.

    PROTOCOLLO 4
    Carcinoma mammario metastatico non suscettibile di trattamento ormone o chemioterapico

    41% progressione malattia
    29% decessi
    41% interruzione terapia
    12% nessun cambiamento
    0% guarigioni

    PROTOCOLLO 6
    Carcinoma colorettale in fase avanzata

    61% progressione malattia
    21% interruzione terapia
    9% nessun cambiamento
    3% non valutabili
    0% guarigioni

    PROTOCOLLO 8
    Carcinoma squamoso cervico facciale o dell'esofago metastatico

    60% progressione malattia
    22% decessi
    9% interruzione terapia
    9% nessun cambiamento
    0% guarigioni

    PROTOCOLLO 10
    Neoplasia solida in fase critica

    38% progressione malattia
    41% decessi
    6% interruzione terapia
    6% nessun cambiamento
    9% non valutabile
    0% guarigioni

  5. #5
    Alessandra
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    Quante emozioni il primo articolo, mi ha fatto tornare in mente il calvario di mia madre, epoca tristissima ma che adesso ricordo solo nel bene visto che comunque lei ancora c'era. Di Bella allora non lo conosceva nessuno, in caso contrario è sicuro che l'avrei portata da lui, alla faccia della Bindi della quale ricordo benissimo i ghigni e gli scherni rivolti al professore in varie trasmissioni televisive. Sinceramente mi faceva una gran pena, spesso la mancanza assoluta di rispetto mi fa proprio pena.

  6. #6
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    La Stampa Mercoledi' 29 Luglio 1998

    E' MORTA LA GRANDE SPERANZA
    di Igor Man

    Il destino è un regista ironico. Forse addirittura cattivo, questa volta. Proprio nel giorno in cui il Senato converte in legge della Repubblica il decreto che stabilisce "l'erogazione gratuita" dei medicinali necessari per la "cura Di Bella" (spesa prevista 36 miliardi), l'Istituto superiore di Sanità boccia, in fatto, la terapia del fisiologo di Modena. Il lettore troverà nel giornale il "verdetto" in esteso, così come lo hanno diffuso le agenzie di stampa dopo la "comunicazione ufficiale" del professor Giuseppe Benagiano, direttore dell'Istituto superiore di Sanità, in uno con gli oncologi ai quali era stata affidata la sperimentazione e con i cosiddetti "esperti delle linee guida". Per dirla in brutti soldoni, "il multitrattamento Di Bella (MDB) è inattivo e ha effetti collaterali". Almeno così affermano i non profani ai quali ci si è rivolti.
    Chi scrive non sa nulla di "protocolli", sconosce le procedure scientifiche che hanno portato a una conclusione tanto traumatica, ma ha visto morire una persona a lui molto cara. Lentamente, inesorabilmente uccisa, giorno dopo giorno, dalla Malattia. Da quella ostinata malattia senza misericordia chiamata cancro. Ha così vissuto la umanissima paranoia degli stretti congiunti del malato: persone di buona cultura da un momento all'altro hanno insensatamente preso a tessere il mondo andando da un santone filippino alla guaritrice meridionale, dalla fontana miracolosa ai maghi fabbricatori di filtri taumaturgici. Chi scrive ha visto persone di limpida intelligenza (ecco ancora la paranoia) odiare chi osava richiamarle alla ragione. No, quando il dolore ti saccheggia e ti senti colpito da un'immensa ingiustizia, per non morire di crepacuore non c'è che l'illusione. Ora, dopo il "verdetto" dell'Istituto superiore di Sanità, non è che tutti coloro che chiameremo (con rispetto, con affetto) "i seguaci del professor Di Bella" rinunceranno alla speranza. (Già si levano i primi distinguo, per altro alimentati da una certa ambiguità semantica di qualche specialista-esaminatore). Ma, verosimilmente, per non pochi di quanti avevano voluto credere negli effetti prodigiosi della terapia che porta il nome del vecchio Professore, il "verdetto" è una mazzata. Muore, forse, la grande illusione. Quella della (possibile) vittoria sul cancro.
    Ovvero, se non muore, entra certamente in coma profondo. Quel coma dal quale non è uscito il tenero bambino che con la sua atroce vicenda accese la fiamma della speranza nel metodo Di Bella. Grazie anche, va detto, al pretore di Maglie che a quella cura aprì l'accesso ad altri bambini, ad altri malati con una sentenza senz'altro coraggiosa nella sua atipicità. (I funerali di quel bambino morto di cancro hanno avuto luogo proprio ieri: altra coincidenza. Amara).
    Si dà per scontata la reazione, magari rabbiosa, di quella che chiameremo, solo per semplificare, l'équipe Di Bella. Così come appare scontata la presa di posizione di quei medici, anche illustri, non soltanto italiani ma altresì inglesi, canadesi, brasiliani, i quali tengono a precisare che avendo già sconsigliato quella terapia, oggi "si sentono in dovere" di ribadirne l'inefficacia. Nessuno, invece, dà per scontato l'obbligo (morale) d'una riflessione. Che dovrebbero, che dovranno fare i cosiddetti mass media, insomma i giornali, i giornalisti: della tv, della radio, della carta stampata. (Per non parlare dei politici, protagonisti di una patetica gara al copyright da imporre al dickensiano fisiologo siculo-emiliano).
    Infinite volte nel passato, remoto e recente, oncologi insigni, medici innanzitutto e poi sperimentatori o ricercatori, hanno ammonito chi dovrebbe informare con rigore a non enfatizzare i progressi, accertati, e quelli in fieri, attinti nella annosa lotta contro il cancro. Per non alimentare speranze fallaci. Restando in Italia citeremo, per tutti, due grandi medici: il chirurgo Veronesi, l'ematologo Mandelli. Abbiamo seguito le loro esortazioni alla prudenza? Non proprio, direi, e in ogni caso raramente e non tutti. Senza contare che la tv dà la notizia e spesso non può spingersi oltre poiché i tempi della comunicazione televisiva sono implacabilmente veloci. E poiché la tv è per tantissimi italiani l'oracolo: una volta si diceva "lo porta il giornale" - oggi si dice: "l'ha detto la televisione"; non fosse altro perché l'icasticità viene scambiata per assolutezza, ecco che un caso senz'altro scientifico s'è mutato in uno sgradevole frullato di scoop (presunti), di isteria mediatica, di polemica (anche politica), di business, di cialtroneria. Tutto in nome dei malati che, nei fatti, sono scaduti, per crudele paradosso, al ruolo di comparse. E siccome restiamo, sotto pelle, un paese maschilista, ecco il ministro-donna, la signora Bindi strattonata dalla destra e dalla sinistra, da medici veri e da medici d'accatto, da patologi e da piazzisti e financo messa alla berlina per i suoi tailleurs giudicati rozzi da garruli gazzettieri di pronto intervento.
    Il vecchio cronista crede profondamente nella ricerca scientifica, rispetta i medici, prova per i malati un misto di tenerezza e di rimorso, ama la vita e dunque la speranza che non sempre è beata e tuttavia rimane l'ossigeno puro della nostra esistenza. Ama infine il suo mestiere. Sicché gli piacerebbe che da domani si desse a Cesare quel ch'è di Cesare e a Dio quel ch'è di Dio. Voglio dire che d'ora in poi tutti noi del "circo mediatico" dovremmo esser meno emotivi e più attenti al nostro prossimo.
    Lasciamo lavorare in pace i medici, consoliamo gli afflitti (magari con la preghiera, chi è capace di farlo: perché no), esortiamo chi ci governa a dedicare più fondi alla ricerca scientifica, invitiamo la Signora Bindi a non abbassare la guardia nella sua lotta (ahi quanto difficile) per dare al nostro paese ospedali (e dottori) degni di questo nome. Insomma, a ciascuno il suo. Il "caso Di Bella" ha provocato una insana confusione di ruoli, straniando un po' tutti: medici, magistrati, giornalisti. Non so se dopo il "verdetto" di ieri la terapia Di Bella sarà abbandonata o invece ostinatamente perseguita. Sia come sia vorremmo solo che a decidere quale terapia seguire siano i medici e soltanto loro. E che si pensi innanzitutto e soprattutto ai malati. Bisogna curarli, non usarli. Dio non punisce l'uomo per le parole che il dolore gli strappa, dice il Talmud, ma castiga gli ipocriti.

  7. #7
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    E' MORTO IL PROFESSOR LUIGI DI BELLA

    MODENA - Il professor Luigi Di Bella e' morto questa mattina nella divisione di medicina dell' ospedale Estense di Modena, dove era ricoverato da alcune settimane. Il 17 luglio avrebbe compiuto 91 anni. La notizia del decesso e' stata confermata dal legale della famiglia, l' avvocato modenese Enrico Aimi. All' interno dell' ospedale c'e' invece la consegna del silenzio e per ora non sono previsti bollettini medici. Al momento della morte del professore - ha riferito Aimi - al capezzale dello scienziato c' erano i familiari e i piu' stretti collaboratori. Luigi Di Bella - celebre per la discussa terapia anticancro a base di somatostatina, melatonina e retinoidi - era stato ricoverato d' urgenza a fine maggio in condizioni molto gravi, a causa di una crisi respiratoria indotta anche da pregressi problemi cardiorespiratori che ne avevano consigliato un primo ricovero l' anno scorso in clinica, dove gli era stato impiantato un pace-maker.

    Nato a Linguaglossa, in provincia di Catania, il 17 luglio 1912, ultimo di tredici figli, Luigi Di Bella si laurea il 14 luglio 1936 in Medicina e Chirurgia con 110 e lode all'Università di Bari. Lo stesso anno si abilita all'esercizio della professione medica nell'Università di Parma, presso la quale e' aiuto incaricato per tre anni nell'Istituto di Fisiologia Umana. Nel luglio 1939 e' nominato assistente ordinario, avendo superato il Concorso Nazionale per assistenti. Il 3 settembre 1939 sposa Francesca Costa (scomparsa il 13 marzo 1993); dal matrimonio nasceranno 2 figli: Giuseppe (1941) e Adolfo (1947).

    Dal 1939 al 1947 e' Aiuto Ordinario alla Cattedra di Fisiologia Umana dell'Università di Modena. Nel 1941, col grado di capitano medico di complemento, parte per la Grecia, dove dirige l'Ospedale da campo della 39ma divisione Acqui e, nel 1942, della 209ma divisione Modena. Dal 1943 e' incaricato del Corso di Fisiologia Generale per Scienze Naturali, Scienze Biologiche e Farmacia. Nel 48 consegue la libera docenza in Fisiologia Umana e, sempre lo stesso anno, in Chimica Biologica.

    Gli vengono riconosciute le seguenti maturita': scientifica e didattica per la Cattedra di Fisiologia Generale e Speciale degli animali domestici con elementi di Chimica Biologica; per la Cattedra di Fisiologia Umana; per la Cattedra di Fisiologia Generale. E' incaricato di Fisiologia I fondamentale nella Facolta' di Medicina e Chirurgia dell'Universita' di Modena. Dal 1984, anno del pensionamento, continua la sua attivita' di ricerca nel laboratorio privato, presso il quale continua a ricevere i propri pazienti.

    Il 2 luglio 1997 al 33mo Congresso Mondiale di Fisiologia di San Pietroburgo presenta i risultati preliminari di una sua ricerca che apre ulteriori nuove strade nella lotta ai tumori prevedendo l'impiego delle citocalasine-B.

    Nel 1998, l'assemblea legislativa dello Stato di Rio de Janeiro riconosce la validita' delle sue terapie e le mette a disposizione dei cittadini che ne vogliono usufruire. Nello stesso anno viene sperimentata in Italia la multiterapia Di Bella, al Professore pero' non viene offerta la possibilità di parteciparvi direttamente pertanto ne contesta la validita' e si aprono indagini dalla magistratura sulla corretta esecuzione della sperimentazione e sulla regolarita' dei farmaci utilizzati.
    (ANSA - 01/07/2003 12:02)


    Io non so se il professor Di Bella fosse un medico dalle idee stravaganti o un genio incompreso, ma certamente non meritava di essere trattato da ciarlatano, come invece è avvenuto.

  8. #8
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    Dal sito www.ilnuovo.it

    "Terapia Di Bella, occasione mancata"
    Giuseppe Matarrese, del CNR: "La sperimentazione andava fatta in maniera più completa e approfondita. Le polemiche intorno alla cura e la troppa fretta non hanno aiutato".
    di Valentino Maiorano

    http://www.ilnuovo.it/nuovo/foglia/0...182988,00.html

 

 

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