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    Predefinito Neospiritualismo, New Age, occultismo NON sono Tradizione!

    Cari amici,
    devolverò questo thread – che chiedo ai moderatori di mettere in evidenza – al difficile ma importantissimo tema della necessaria discriminazione tra Tradizione e sue (più o meno compromesse) contraffazioni.
    Tale lavoro di rettifica non sarà mai abbastanza, per quanto ci si impegni a discriminare l’alto dal basso, visto che i tempi moderni sono contraddistinti proprio dalla tendenza alla “Parodia”, cioè alla contraffazione mascherata da forma legittima, in primis di tutto quanto è spiritualità.
    La parata delle pseudo-forme spiritualistiche che hanno scalzato religione e metafisica è molto nutrita: si va dall’occultismo nato dall’incomprensione dell’esoterismo medievale e rinascimentale, allo psicologismo (la tendenza a confondere psiche umana e spirito; una delle deformazioni più evidenti delle correnti induiste è proprio in senso psicologista – come vedremo), al calderone della c.d. New Age dove tutti i rimasugli di tradizioni legittime si mescolano senza più valore; alle inversioni palesi e a quelle meno evidenti; al materialismo trasposto e di fatto, malamente coperto da foglie di fico neospiritualistiche; e via elencando, in un’opera di svelamento non priva di sorprese.
    Ma finisco subito questo cappello introduttivo per lasciare la parola a chi può spiegarci le cose molto meglio di me: a coloro che io definisco i divulgatori della Tradizione (fuorviante sarebbe chiamarli “filosofi” o “pensatori”, giacché essi non hanno elaborato nessuna dottrina, ma hanno semplicemente attinto dalle fonti classiche della metafisica, presentandocele nella loro forma più pulita, disincrostata), in primo luogo René Guénon, probabilmente il più illuminante per vastità di interessi, ma anche scritti di altri divulgatori (*), via via che essi verranno rintracciati.
    Naturalmente i post potranno essere intermezzati da commenti, anzi questi ultimi saranno particolarmente graditi, come segno che questo piccolo sforzo di rettifica non sarà stato compiuto invano.

    Vahagn.

    * (Come A.K. Coomaraswamy, F. Schuon, J. Evola, S.H. Nasr, ...)

  2. #2
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    Predefinito René Guénon

    IL NEOSPIRITUALISMO

    Abbiamo appena detto di coloro che, volendo reagire contro il disordine attuale, ma non possedendo le conoscenze sufficienti per poterlo fare il modo efficace, sono in qualche modo “neutralizzati” e diretti verso vie senza uscita; sennonché, oltre a costoro, ci sono anche quelli che, al contrario, è fin troppo facile spingere più innanzi sulla strada che conduce alla sovversione. Il pretesto che è loro fornito nello stato presente delle cose, è nella maggior parte dei casi quello di “combattere il materialismo”, e certamente i più fra di loro vi credono sinceramente; ma mentre i primi di cui abbiamo parlato, quando voglianoa gire in tal senso, approdano semplicemente alle banalità di una vaga filosofia “spiritualistica”, senza alcuna portata reale, ma se non altro quasi inoffensiva, questi ultimi vengono orientati verso il campo delle peggiori illusioni psichiche, coò che è ben altrimenti pericoloso. Di fatto, mentre gli appartenenti alla prima categoria, pur essendo più o meno contagiati a propria insaputa dallo spirito moderno, non lo sono tuttavia abbastanza profondamente da essere completamente incapaci di vedere, questi di cui tratteremo ora ne sono interamente penetrati e si fanno anzi, abitualmente, un vanto di essere dei “moderni”; l’unica cosa che ripugni loro, fra le manifestazioni differenti di questo spirito, è il materialismo, ed essi sono a tal punto affascinati da quest’unica idea, da non accorgersi neppure che una quantità di altre cose, come la scienza e l’industria che essi ammirano, sono strettamente dipendenti, per le proprie origini e per la loro stessa natura, da quel materialismo che gli fa così orrore. Ciò detto, è facile capire come mai un atteggiamento del genere debba essere al momento attuale incoraggiato e diffuso: costoro sono i migliori collaboratori inconsapevoli che si possono trovare per la seconda fase della azione antitradizionale; siccome il materialismo ha quasi finito di rappresentare la sua parte, sono essi che diffonderanno nel mondo quel che dovrà prenderne il posto; anzi, il loro compito sarà di venire utilizzati per aiutare attivamente ad aprire quelle “fenditure” di cui dicevamo in precedenza poiché, in questa sfera, non si tratta più solamente di “idee” o di teorie, ma, inoltre e contemporaneamente, di una “pratica”, che li mette in contatto diretto con le forze sottili della specie più bassa; occorre aggiungere, del resto, che a questa funzione essi si prestano con tanto maggior buona volontà in quanto si illudono nel modo più completo sulla vera natura di queste forze, giungendo al punto di attribuir loro un carattere “spirituale”.
    Si tratta di quel che in modo generico abbiamo chiamato “neo spiritualismo”, con lo scopo di distinguerlo dal semplice “spiritualismo” filosofico; in questa sede potremmo quasi accontentarci di ricordarlo semplicemente a modo di “pro memoria”, in quanto già consacrammo, in altre occasioni, studi speciali a due delle sue forme più diffuse [si tratta di “L’errore dello spiritismo”, ultima edizione italiana: Luni editrice, e “Il Teosofismo, storia di una pseudo-religione”, edito da Arktos. Nota di Vahagn]; esso però costituisce un elemento troppo importante, fra quelli che sono tipici dell’epoca contemporanea, perché possiamo astenerci dal rammentare almeno i suoi tratti principali, astrazion fatta tuttavia, per il momento, dell’aspetto “pseudo-iniziatico” rivestito dalla maggior parte delle scuole che si ricollegano ad esso (ad eccezione beninteso delle scuole spiritistiche, le quali sono apertamente profane, ciò che d’altronde è richiesto dalle necessità della loro estrema “volgarizzazione”), giacché dovremo ritornare più tardi su questo argomento. Per cominciare è opportuno notare che non si tratta di un insieme omogeneo, ma di qualcosa che assume una molteplicità di forme diverse, quantunque il tutto presenti sempre un numero sufficiente di caratteristiche comuni per poter essere legittimamente riunito sotto una stessa denominazione. Ma quel che è più singolare, è che tutti i raggruppamenti, le scuole ed i “movimenti” di questo genere siano costantemente in concorrenza o addirittura in lotta gli uni con gli altri, al punto che sarebbe ben difficile trovare altrove, tranne forse fra i “partiti” politici, odi più violenti di quelli che esistono tra i loro rispettivi aderenti, mentre tuttavia, per una strana ironia, tutte queste persone hanno la mania di predicare la “fraternità” a proposito e a sproposito! Si tratta di qualcosa di veramente “caotico”, che può fornire, ad osservatori fossero pur superficiali, l’impressione del disordine spinto alle sue punte estreme; d’altronde anche questo non è se non un indizio che il “neospiritualismo” costituisce una tappa già piuttosto avanzata sulla via della dissoluzione.
    D’altra parte, il “neospiritualismo”, nonostante l’avversione che manifesta nei confronti del materialismo, tuttavia rassomiglia a quest’ultimo sotto più di un aspetto, al punto che si è potuto, con sufficiente ragione, usare al suo proposito l’espressione di “materialismo trasposto”, cioè, insomma, esteso oltre i confini del mondo corporeo. A mettere particolarmente bene in evidenza la giustezza di questa osservazione sono quelle grossolane rappresentazioni del mondo sottile e di un preteso mondo “spirituale” a cui abbiamo già fatto allusione più indietro, le quali non sono fatte d’altro che di immagini prese in prestito dal campo corporeo. Questo stesso “neospiritualismo” si riallaccia inoltre in modo più effettivo ancora alle tappe anteriori della deviazione moderna tramite quelo che si può chiamare il suo lato “scientistico”; anche questo abbiamo già segnalato trattando ell’influsso esercitato sulle differenti scuole da parte della “mitologia” scientifica dal momento in cui esse videro la luce; ed è il caso, altresì, di far risalire in modo tutto particolare quale parte, invero considerevole, abbiano nelle loro concezioni, senza eccezioni ed in modo affatto generale, le idee “progressistiche” ed “evoluzionistiche”, le quali sono senza ombra di dubbio uno dei segni più tipici della mentalità moderna, e sarebbero perciò sufficienti, da sole, a caratterizzare tali concezioni come un prodotto fra i più incontestabili di questa mentalità.
    Si aggiunga poi, che quelle stesse fra queste scuole che mettono in mostra un andamento “arcaico” utilizzando a modo loro frammenti d’idee tradizionali incomprese e deformate, o mascherando al bisogno idee moderne sotto un vocabolario copiato da qualche forma tradizionale orientale od occidentale (tutte cose che, sia detto per inciso, sono in formale contraddizione con la loro credenza nel “progresso” e nell’”evoluzione”), sono costantemente preoccupate di far andar d’accordo queste idee antiche, o pretese tali, con le teorie della scienza moderna. Un lavoro di questo genere è del resto incessantemente da ricominciare a mano a mano che tali teorie cambiano, ma bisogna dire che coloro che vi si dedicano hanno il compito semplificato dal fatto di tener quasi sempre conto soltanto di quel che possono trovare nei lavori di “volgarizzazione”.
    Oltre a ciò, il “neospiritualismo” è anche in perfetta conformità con le tendenze “sperimentali” della mentalità moderna in quello dei suoi aspetti che abbiamo denominato “pratico”; ed è in virtù di questo aspetto che esso riesce, a poco a poco, ad esercitare un influsso notevole sulla scienza stessa, e a insinuarsi in essa in qualche modo per mezzo di quella che viene chiamata la “metapsichica”. E’ fuor di dubbio che i fenomeni a cui quest’ultima fa riferimento meritano, in sé, di essere studiati almeno quanto quelli dell’ordine corporeo; quel che si presta ad obiezioni è il modo in cui essa pretende studiarli, applicando loro il punto di vista della scienza profana; i fisici (i quali si accaniscono a far uso dei loro metodi quantitativi fino a voler tentare di “pesare l’anima”!) e financo gli psicologi, nel senso “ufficiale” della parola, sono certo le persone meno preparate che si possano immaginare per uno studio di questo genere, e per ciò stesso più suscettibili di chiunque altro di cader preda delle illusioni [dicendo questo non intendiamo parlare esclusivamente del conto in cui bisogna tenere la frode cosciente ed inconsapevole in questo genere di cose, ma anche delle illusioni che possono sorgere quanto alla natura delle forze che intervengono nella produzione dei fenomeni detti “metapsichici”]. Ma non basta: di fatto le ricerche “metapsichiche” non vengono quasi mai intraprese in modo totalmente indipendente dagli appoggi dei “neospiritualisti”, soprattutto degli spiritisti, ciò che prova come questi ultimi abbiano, tutto sommato, la ferma intenzione di farle servire alla loro “propaganda”. Ma quel che forse è ancora più grave sotto questo riguardo è che gli sperimentatori sono posti in tali condizioni da trovarsi obbligati a ricorrere ai “medium” spiritistici, vale a dire ad individui le cui idee preconcette modificano notevolmente i fenomeni in questione conferendo loro, se così si può dire, una “colorazione” speciale, e ciò tanto più in quanto sono stati allenati con cura tutta particolare (esistono persino delle “scuole per medium”) a servire come strumento e “supporto” passivo di certe influenze appartenenti ai “bassifondi” del mondo sottile, influenze a cui essi servono di “veicolo” dovunque vadano, le quali per di più non mancano di contagiare pericolosamente tutti coloro, scienziati o non scienziati, che vengono in contatto con loro0 e che, a causa della loro ignoranza di quanto si cela dietro queste cose, sono assolutamente incapaci di difendersene. Non insisteremo oltre su questo argomento, anche perché ci siamo già sufficientemente spiegati a questo proposito in un’altra sede, ed in fondo non ci resta che rinviare coloro che sentissero il bisogno di più ampi sviluppi a queste nostre opere; tuttavia ci preme di mettere in risalto, poiché si tratta di una caratteristica del tutto tipica dell’epoca attuale, la stranezza della funzione dei “medium” e della pretesa necessità della loro presenza per la produzione dei fenomeni derivanti dalla sfera sottile. Perché mai niente del genere esisteva un tempo, ciò che non impediva affatto alle forze di questo tipo di manifestarsi spontaneamente, in determinate circostanze, con un’ampiezza ben diversa di quanto non accada nelle sedute spiritiche o “metapsichiche” (e questo, molto spesso, in case disabitate o in luoghi deserti, il che esclude l’ipotesi troppo comoda della presenza di un “medium” incosciente delle proprie facoltà)? Ci si potrebbe chiedere se dopo l’apparizione dello spiritismo non sia cambiato in realtà qualcosa nel modo stesso in cui il mondo sottile agisce nelle sue “interferenze” con il mondo corporeo, e in fondo non si tratterebbe che di un altro esempio di quelle modificazioni dell’ambiente che già abbiamo rilevato discutendo degli effetti del materialismo; ad ogni modo, quel che c’è di certo in tutta questa faccenda è che si tratta di qualcosa che risponde perfettamente alle esigenze di un “controllo” esercitato su queste influenze psichiche inferiori, già essenzialmente “malefiche” in sé stesse, per utilizzarle più direttamente in previsione di certi sviluppi ben determinati e conformi al “piano” prestabilito di quell’opera di sovversione per la quale esse sono ora “scatenate” nel nostro mondo.

    René Guénon
    Cap. 32 de « Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi », Adelphi, Milano, 1995 [opera originale : “Le Règne de la Quantità et les Signes des Temps”, 1945].

  3. #3
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    Predefinito Re: René Guénon

    Originally posted by Vahagn
    Le Règne de la Quantità et les Signes des Temps
    Le Règne de la Quantité et les Signes des Temps

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    Predefinito Re: Neospiritualismo, New Age, occultismo NON sono Tradizione!

    Originally posted by Vahagn
    Cari amici,
    devolverò questo thread – che chiedo ai moderatori di mettere in evidenza
    Fatto, con grande piacere...

  5. #5
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    Riporto qui di seguito un brano di un libro molto utile per il lavoro di discriminazione tra Tradizioni vere e paccottiglia sovversiva: si tratta di M.V. Dharmamenta (pseudonimo), “Lo Yoga e il neo-spiritualismo moderno”, edizioni Dalana, Milano, s.d. (ma anni ’70), ormai – ahimé! – introvabile (ma si può provare a chiedere alla Archè di Milano, visto che lo distribuivano loro).
    Centosettanta pagine suddivise in agili capitoletti che hanno il pregio – più unico che raro in Italia, visto il successo indiscriminatamente accordato ad ogni “santone” che abbia inteso propagandare una sua concezione di Yoga – di definire che cosa è e cosa non è Yoga, ma che si allarga pure alle altre vie religiose in generale, mostrando come sia avvenuta l’opera di inquinamento portata avanti dal neospiritualismo.
    Mi rendo conto che presentare un capitolo avulso dal resto del libro può pregiudicare la comprensione, ma lo posto ugualmente perché vi sono comunque delle utili indicazioni riassuntive sulla genesi del neospiritualismo. Più avanti ne posterò altri capitoli, man mano che ci addentreremo nello specifico.

  6. #6
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    Predefinito M.V. Dharmamenta

    DAL MATERIALISMO AL NEO-SPIRITUALISMO

    Verso la fine dell’ottocento, esauritosi il positivismo filosofico, fase estrema dello scientismo materialista, l’azione antitradizionale subisce apparentemente un cambiamento radicale con l’affermarsi e il dilagare delle filosofie irrazionaliste. Tali filosofie coincisero, e non solo cronologicamente, con l’affermarsi dei movimenti neo-spiritualisti e con nuovi, disastrosi rivolgimenti sociali.
    Il motivo di tali mutamenti è indicato da René Guénon, che individuò nell’azione antitradizionale due fasi distinte: (*) – Dobbiamo fare la distinzione fra due tendenze che si esprimono mediante termini apparentemente antinomici: da un lato, la tendenza verso quella che abbiamo chiamato la “soldificazione” del mondo, dall’altro la tendenza verso la “dissoluzione” … Già ora è d’altronde possibile constatare che la seconda delle due tendenze comincia a diventare predominante; infatti, innanzitutto, il materialismo vero e proprio, che corrisponde ovviamente alla soldificazione nella sua forma più grossolana, ha ormai perduto molto terreno … Vi è, nella riduzione graduale di tutte le cose alla quantità, un punto a partire dal quale tale riduzione non tende più alla solidificazione. –
    Il materialismo e i suoi corollari non furono insomma che la preparazione del terreno all’opera di dissoluzione vera e propria; scacciata e derisa ogni forma di spiritualità autentica, dimenticate le fondamenta dottrinali che da essa emanano e che sono alla base della religione, l’Occidente, ormai ignaro e impreparato, era pronto ad accogliere ogni sua caricatura, in chiave esotica, spiritica, occultista, di religione psichica, di umanitarismo laico, di “liberazione” psicoterapica. (**)
    - Certamente il materialismo vi ha avuto la sua parte, ma a questo punto la negazione pura e semplice che esso rappresenta è diventata insufficiente; essa è servita efficacemente ad impedire all’uomo l’accesso alle possibilità d’ordine superiore, ma non sarebbe in grado di scatenare le forze inferiori che sole possono portare al suo acme l’opera di disordine e di dissoluzione. –
    Il disordine di cui parla Guénon è ovviamente la negazione del Dharma [la “legge”, o giustizia tradizionale, NdV.]; si tratta ora di focalizzare la nostra attenzione su queste “forze inferiori” alle quali sarebbe affidata l’opera di dissoluzione in un mondo che ha ormai perduto ogni conoscenza di carattere tradizionale del dominio psichico o sottile e che è facile preda, per la sua curiosità infantile, delle influenze inferiori presenti in tale dominio.
    Il risultato più deleterio di questa fase dell’azione antitradizionale è la sostituzione, nella mentalità comune, dello “spirituale” con lo “psichico”, dell’universale con l’individuale; tale punto è di importanza tale da obbligarci ad alcune precisazioni, per le quali utilizzeremo gli schemi del Samkhya [uno dei darshana o “vie” indù. NdV.].

    * Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi – pag. 161, 162.
    ** Idem – pag. 165.



    Da: M.V. Dharmamenta, “Lo Yoga e il neo-spiritualismo moderno”, Edizioni Dalana, Milano, pp. 19-20.

  7. #7
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    Predefinito René Guénon

    SUI PERICOLI DELLO “SPIRITUALE”

    Una delle tendenze più perniciose proprie a certi ambienti occidentali è quella di confondere il dominio psichico con quello spirituale: e propagare una tale confusione significa spingere molte menti, ansiose di riprender contatto con la spiritualità, in vie, lungo le quali esse sono destinate a divenir strumenti di forze oscure e distruttrici.

    Confusioni
    Per prevenire qualsiasi malinteso, è bene precisare che, secondo noi, nessun sviluppo delle possibilità di un essere, perfino in un ordine inferiore, può considerarsi “malefico” in sé stesso. Tutto dipende dell’uso che se ne fa e, prima di ogni altra cosa, occorre considerare se questo sviluppo è preso come fine a sé stesso, ovvero come semplice mezzo per il raggiungimento di uno scopo più elevato. Infatti qualsiasi cosa, secondo le circostanze di ogni caso particolare, può servire d’occasione e di base a chi s’avventura sulla via che deve condurlo ad una realizzazione “spirituale”. Ma, da un altro lato, qualsiasi cosa può essere parimenti d’ostacolo, anziché far da base, quando ad essa ci si arresti e ci si lasci illudere e fuorviare da certe parvenze di “realizzazione” che non hanno alcun valore proprio e non solo dei risultati – quand’anche di risultati possa parlarsi – affatto accidentali e contingenti.
    L’esempio più grossolano di un errore simile è quello riferentesi a possibilità d’ordine semplicemente corporeo e fisiologico. Qui noi vogliamo riferirci a coloro che hanno introdotto in Occidente alcune pratiche relative allo Yoga indù, cioè a forme speciali di ascesi legate ad esercizi corporei (p.es. al respiro); pratiche che da dette persone son del tutto ignorate nel loro vero senso e considerate come una specie di metodo di “cultura fisica” o di terapeutica particolare. Questo errore è ancora il meno grave e il meno pericoloso, poiché le sue conseguenze sono limitate: esso fa solo correre il rischio di ottenere, con “pratiche” compiute inconsideratamente e senza controllo, un risultato affatto opposto a quello cercato, e di rovinare la salute credendo di agire per migliorarla. E nel riguardo a noi può solo interessare il fatto, che trattasi di una deviazione nell’uso di tali “pratiche” rivolte, in realtà, ad altri fini, lontani da questo dominio fisiologico, e le cui ripercussioni naturali in esso non costituiscono che un semplice “accidente”, cui non si deve dar la menoma importanza.
    Bisogna tuttavia aggiungere che queste stesse “pratiche”, senza che colui che vi si dà inconsideratamente come ad una qualunque “ginnastica” se ne renda conto, possono aver anche ripercussioni nel dominio psichico, cioè nell’ordine delle forze più sottili dell’individuo umano, il che aumenta considerevolmente il pericolo. Senza sospettarlo menomamente, ci si può aprire, così, a “influenze” di ogni specie, contro le quali si è inermi per il fatto che non sapendo nemmeno della loro esistenza, ancor meno si è in grado di discernere la loro vera natura. Ma, fin qui, non vi è almeno nessuna pretesa alla “spiritualità”, mentre le cose vanno ben altrimenti per coloro che si sforzano di concentrare la loro coscienza nei prolungamenti inferiori dell’individualità umana, prendendoli a torto per degli stadi superiori, semplicemente perché essi cadono fuori dalla zona a cui generalmente si limita l’attività dell’uomo ordinario. E’ sul secondo caso che qui noi vogliamo svolgere alcune considerazioni.

    Superstizione dei “fenomeni”
    Nel riguardo, a base dell’errore sta quasi sempre l’attrazione del “fenomeno”. Coloro che si comportano così vogliono ottenere risultati come che sia “sensibili”, che essi scambiano per una “realizzazione”: il che significa che ad essi sfugge interamente tutto ciò che è d’ordine davvero spirituale. Beninteso, qui non si tratta per nulla di negare la realtà dei “fenomeni” in questione: essi sono fin troppo reali e potremmo dire, proprio per questo, son di tanto più pericolosi: ciò che contestiamo, è il loro valore e il loro interesse, ed è qui che sta l’illusione. Se il tutto si riducesse ad una semplice perdita di tempo e di fatica, il male non sarebbe poi troppo grave; ma, in genere, chi si lega a tali cose diviene poi incapace di staccarsene e di andar oltre. Nelle tradizioni orientali è ben noto il caso di individui che, per esser divenuti semplici produttori di “fenomeni”, non raggiungeranno mai la menoma spiritualità. Ma v’è di più: può verificarsi una specie di sviluppo a rovescio, che non solo non conduce a nessuna acquisizione valida, ma allontana sempre di più dalla realizzazione spirituale, fino a disperdere definitivamente l’essere in quei prolungamenti inferiori della sua individualità, ai quali abbiamo alluso poco sopra, e per via dei quali non può. Entrar in contatto che col sub-umano. La situazione è allora senza via d’uscita, o, per dir meglio, vi è una sola soluzione, cioè la “disintegrazione” dell’essere cosciente.
    Fin qui, ci siamo riferiti ad un campo semi-tecnico, nel quale si avventurano tutti coloro che son fuorviati dalla contraffazione occultistica e teosofica di certi insegnamenti tradizionali e che si danno a pratiche vere e proprie. Ma lo stesso può dirsi per un ordine assai più vasto di attitudini e tendenze moderne, rivestente parimenti la parvenza di “spiritualismo”. Non si sarà mai troppo diffidenti a questo riguardo, di fronte ad ogni appello al “subcosciente”, allo “istinto”, all’”intuizione” ed altresì ad una “forza vitale” più o meno indeterminata – insomma, a tutte quelle cose vaghe e oscure messe in voga dal cosiddetto irrazionalismo moderno, che conducono più o meno direttamente ad una presa di contatto con gli stati inferiori. A maggior ragione bisognerà guardarsi da tutto ciò che induce l’essere a “fondersi” – e noi diremmo volentieri a “dissolversi” – in una specie di “coscienza cosmica” escludente ogni trascendenza e quindi ogni spiritualità effettiva. Questa è l’ultima conseguenza di tutti questi errori antimetafisici, che portano il nome di “panteismo”, di “immanentismo” e di “naturalismo”; cose, d’altronde, strettamente connesse; è una conseguenza, dinanzi alla quale molti indietreggerebbero di certo se potessero sapere veramente di che cosa essi parlano. In verità, qui si tratta di un prender letteralmente “a rovescio” la spiritualità, sostituendole quel che ne è proprio l’inverso, giacché conduce a perderla definitivamente: e in ciò consiste il “satanismo” propriamente detto. Che esso sia cosciente o incosciente, ciò cambia poco nell’ordine dei risultati. E non bisogna dimenticare che il “satanismo incosciente” di alcuni, più numerosi che mai in quest’epoca di disordine intellettuale, non è, in fondo, che uno strumento al servizio del “satanismo cosciente” di coloro che, per così dire, da dietro le quinte, dirigono una lotta occulta contro le superstiti possibilità spirituali e tradizionali dell’Occidente.
    Noi abbiamo talvolta avuto l’occasione di segnalare il simbolismo di una “navigazione” compiantesi attraverso l’Oceano, il quale rappresenta allora il dominio “psichico” e “vitale”, da oltrepassare, evitandone tutti i pericoli, per raggiungere la mèta: che dire di colui che si gettasse nel bel mezzo di quest’Oceano non avendo altra aspirazione che di annegarvisi? Ecco che cosa significa, esattissimamente, quella “fusione” con una “coscienza cosmica” la quale, in realtà, è solo l’insieme confuso e indistinto di tutte le “influenze psichiche”, influenze che, malgrado quel che certi possono immaginarsi, non hanno certamente nulla in comune con le “influenze spirituali”.
    Chi commette questo equivoco fatale, ignora la distinzione racchiusa nell’antico simbolismo delle “acque superiori” e delle “acque inferiori”: invece di elevarsi verso l’Oceano dell’alto, si sprofonda negli abissi dell’Oceano del basso; invece di concentrare tutte le sue potenze per dirigerle verso la trascendenza, che sola può esser detta “spiritualità”, e che solo può fortificare con saldi margini l’umana personalità, egli le disperde nella diversità indefinitamente mutevole e fuggente delle forme fantastiche, delle sensazioni e delle influenze oscure, senza sospettare di aver preso per pienezza di “vita” ciò che, in realtà, è solo il regno della morte.

    Cap. 19 da: René Guénon, “Precisazioni necessarie”, Ed. Il Cavallo Alato, Salerno, 1988, pp. 106-109.

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    Predefinito Julius Evola

    IL SOVRANNATURALE NEL MONDO MODERNO

    “E’ l’ora propizia per le imprese equivoche di ogni falso misticismo, che mescolano curiosamente le confusioni spiritualistiche con la sensualità materialista. Le forze spirituali sono in invadenza dappertutto. Non si può dire più che il mondo moderno manchi di sovrannaturale. Se ne vede apparire d’ogni specie e varietà. E il gran male di oggi non è più il materialismo, lo scientismo, ma è una spiritualità scatenata. Ma il sovrannaturale vero non ne risulta riconosciuto in maggior misura. Il ‘mistero’ avvolge tutto, s’installa nelle regioni buie dell’Io, che esso devasta, al centro della ragione, che esso scaccia dal suo dominio. Si è pronti a riintrodurlo dappertutto, eccetto che nell’ordine divino, ove esso risiede realmente”.
    Così ebbe già a scrivere, in un’opera non recente di valore vario, il cattolico Henri Massis [H. Massis, Défense de l’Occident, Paris, 1927, p. 245]; ma sono parole, queste, che ancor oggi hanno il loro peso. Infatti, ancor oggi sono numerosi e rigogliosi i gruppi, le sette e i movimenti che si consacrano all’occulto e al “sovrannaturale”. Ravvivate da ogni acutizzarsi della crisi del mondo occidentale, tali correnti raccolgono aderenti in numero notevole – lo spiritismo, da solo, ne ha contato milioni. Dottrine esotiche d’ogni genere vengono importate e più esse presentano i caratteri della stranezza e del mistero, più esercitano un fascino. Si può ben dire che ogni intruglio trova un posto nel recipiente “spiritualismo” – adattamenti dello Yoga, varietà di una mistica spuria, “occultismo” ai margini delle logge massoniche, neo-rosicrucianesimo, regressioni naturalistiche e primitivistiche a fondo panteista, neo-gnosticismo e divagazioni astrologiche, parapsicologia, medianità e simili – a tacer poi di ciò che è mistificazione pura. In genere, basta che qualcosa si scosti dall’ordine di ciò che si è convenuto di chiamare normale, basta che esso presenti i caratteri dell’eccezionale, dell’occulto, del mistico e dell’irrazionale perché una notevole quantità di nostri contemporanei ad esso si interessi con una facilità di tanto maggiore. Per ultima, anche la “scienza” ci si è messa: in certe sue diramazioni come psicanalisi e “psicologia del profondo” essa spesso è finita in promiscue evocazioni nelle regioni di frontiera dell’Io e della personalità cosciente. Si è visto inoltre questo paradosso: proprio alcuni rappresentanti di quelle discipline “positive” che, per poter giustificare ed organizzare sé stesse, si dettero ad una sistematica denegazione di ogni visione del mondo contenente elementi soprasensibili, proprio costoro, in un settore a parte, oggi indulgono non di rado a forme primitive di neo-spiritualismo. Ed allora la reputazione che la loro serietà si è acquistata nei dominii di loro competenza viene addotta abusivamente come avallo per il valore di dette forme e si trasforma in un pericoloso strumento di seduzione e di propaganda: tipico è stato il caso dei fisici Crookes e Lodge nei riguardi dello spiritismo. E’ così che ampii settori del mondo occidentale stanno esalando un caos spirituale che lo fa rassomigliare stranamente al mondo asiatizzato della decadenza ellenistica. Né vi mancano i Messia, in varia edizione e vario formato.
    Anzitutto occorre orientarsi e vedere quali sono le cause principali del fenomeno.
    Come primo tratto perspicuo si sarebbe portati a indicare un impulso generale all’evasione. In un suo aspetto, il neo-spiritualismo ha indubbiamente un ruolo analogo a quello di tutto ciò con cui l’uomo do oggi cerca di evadere dal mondo che lo circonda, dalle forme soffocanti assunte dalla civilizzazione e della cultura dell’Occidente moderno, su tale linea giungendo, nei casi-limite, fino all’uso delle droghe, alle esplosioni anarchiche, alla pandemia del sesso, a forme diffuse e varie di compensazione nevrotica.
    A questa stregua, vi sono però motivazioni di cui non si può disconoscere la parziale legittimità. Non per caso gli inizi del neo-spiritualismo sono contemporanei all’affermarsi della visione materialistico-positivista dell’uomo e del mondo, nel suo squallore e nella sua disanimazione, aggiungendovisi il razionalismo, la pretesa della ragione astratta di bandire o di irreggimentare tutto ciò che appartiene agli strati più profondi dell’essere e della psiche. Nel contempo, è da indicarsi la carenza delle forme di una civiltà tradizionale in senso superiore, capace di effettive aperture verso l’alto. Per l’Occidente, si è trattato soprattutto della religione venuta a predominare in esso, del cristianesimo, e del fatto che essa stessa ha cessato di presentarsi come qualcosa di vivente, di offrire punti di riferimento per una vera trascendenza, riducendosi piuttosto, nel cattolicesimo, per un verso ad un inerte edificio teologico-dogmatico, per un altro verso ad un devozionalismo confessionale e ad un moralismo a carattere piccolo-borghese, tanto che si è finiti col parlare della “morte di Dio” e col formulare l’esigenza di una smitizzazione della religione che ne riduca il contenuto valido alla pratica sociale (come per es. nel cosiddetto “cristianesimo ateo”).
    Ma se così la religione positiva è venuta meno alla sua funzione più alta, se è apparsa offrire ben poco a coloro che, più di una “fede” e di un addomesticamento moralistico borghese e sociale dell’animale umano, cercavano, sia pure oscuramente, una esperienza spirituale liberatrice, le massime sovvertitrici delle ultime ideologie, per le quali il principio e la fine dell’uomo stanno su questa terra e che come scopo indicano una società della produzione e di un benessere di masa destinato, peraltro, a divenire insipido e noioso, e comunque da pagare con condizionamenti e mutilazioni molteplici della personalità, non potevano non suscitare, alla fine, insofferenza e ribellione.
    Ameno che non intervengano processi di fondamentale degradazione, nel profondo della natura umana sussiste il bisogno dell’ “altro” e, al limite, del sovrannaturale. Non lo si può soffocare in tutti oltre un certo limite. Nei tempi ultimi, la morsa si è serrata, per via dei fattori or ora accennati. Da qui, in molti, l’impulso che ha creduto di trovare un appagamento e uno sbocco in tutto ciò che il neo-spiritualismo pretende di offrire, in una certa misura con un carattere di cosa nuova, con idee che sembrano aprire l’accesso ad una più vasta realtà, non solo teoricamente, ma soprattutto come esperienza spirituale vissuta. Il fatto che nei tempi ultimi si è finito col riconoscere, sia pure sporadicamente, un “estranormale” come manifestazione di energie, leggi e possibilità oltre a quelle ammesse nel precedente periodo positivistico, ha spesso costituito un fattore ulteriore pel particolare orientamento dell’impulso all’evasione di cui qui intendiamo occuparci.
    Un ultimo, non irrilevante fattore è stato la conoscenza, non più ristretta ad una cultura superiore specializzata, di dottrine di origine prevalentemente orientale, le quali promettevano più di quanto le religioni positive occidentali da sempre, ma soprattutto nelle loro forme ultime svuotate e svigorite, sembrano offrire.
    Questa, è in sintesi, la congiuntura “situazionale” a cui si può riferire la diffusione del neo-spiritualismo, il quale, come abbiamo notato in altra occasione [Cfr. il nostro libro Cavalcare la Tigre, 2° ed., Milano 1971, c.29], in genere presenta i caratteri di quella che Oswald Spengler ha chiamato la “seconda religiosità”, che si manifesta non nel periodo luminoso originario di una civiltà organica, qualitativa e spirituale e al centro di essa, ma in margine ad una civilizzazione crepuscolare e in dissoluzione – nel caso specifico, in ciò che lo stesso Spengler ha chiamato “il tramonto dell’Occidente”, come un fenomeno peculiare di esso.
    Dopo di che, bisogna fissare alcuni punti fondamentali di riferimento per una presa di posizione discriminatrice di fronte alle varietà del neo-spiritualismo e di ogni altra corrente ad esso affine.
    A tale riguardo, dobbiamo sottolineare che a noi soprattutto interessa ciò che in detto spiritualismo non si riduce a teorie ma comprende tendenze le quali, talvolta senza saperlo o volerlo, propiziano evocazioni di forze dell’”altra sponda” e portano individui e gruppi a contatti con esse, nel coltivare modalità estranormali della coscienza.
    La premessa è, ovviamente, che queste influenze e queste modalità esistano così realmente, quanto le forme della realtà fisica e della psiche ordinaria. In un modo o nell’altro, ciò è stato sempre riconosciuto in ogni civiltà normale e completa, è stato denegato solo da qualche decennio di “positivismo” occidentale. Al giorno d’oggi, vi è però da andar più oltre di un semplice riconoscimento in termini psicologici o, per dir meglio, psicologistici, come accade, ad esempio, nel dominio della psichiatria e della psicanalisi generalizzata. Per quel che a noi interessa, questo “spirituale” lo si deve intendere invece in termini ontologici, ossia appunto come realtà. Altrimenti il problema del pericolo dello “spirituale” (o dello spiritualismo) e dell’”estranormale” non si pone o finisce col rivestire un carattere abbastanza banale. Si potrebbe parlare delle fisime, delle paranoie e delle fantasticherie di menti squilibrate e “sviate”, per le quali non vi è da allarmarsi troppo.
    Qui ci si deve riferire alla personalità in senso proprio. Il contatto con lo “spirituale” e l’affioramento di esso possono rappresentare un rischio fondamentale per l’uomo, nel senso che possono avere per effetto una menomazione della sua unità interiore, di quell’appartenere a sé, di quel suo potere di presenza chiara a sé e di chiara visione e di azione autonoma che definiscono appunto l’essenza della personalità.
    Nella sua forma attuale la personalità nel mondo delle cose tangibili e misurabili, dei pensieri logici dalla netta forma, dell’azione pratica e di quanto, in generale, ha relazione con i sensi fisici e col cervello si trova a casa sua, su di un saldo terreno. Invece nel mondo dello “spirituale” essa corre un rischio continuo, essa ritorna allo stato problematico, perché in quel mondo non esiste più nessuno degli appoggi a cui essa è abituata e di cui ha bisogno, finché è personalità condizionata da un corpo fisico.
    Non è un caso che molti di coloro che oggi coltivano lo “spiritualismo” sono esseri senza una pronunciata personalità (significativa la grande percentuale delle donne), mentre coloro che danno segno di personalità forte e consapevole si tengon fermi alle cose “positive” e nutrono pel soprasensibile una repulsione invincibile, pronta a crearsi ogni sorta di alibi. Bisogna capire che questa repulsione non è che la manifestazione inconsapevole in loro di un istinto di difesa spirituale. Le personalità più deboli, ove tale istinto manca o è attenuato, sono quelle disposte ad accogliere e a coltivare imprudentemente idee, tendenze e evocazioni, del cui pericolo non si rendono conto.
    Tali persone credono che qualunque cosa trascendente il mondo a cui sono abituate costituisca per ciò stesso alcunché di superiore, uno stato più alto. Nel punto in cui in loro agisce il bisogno di “altro”, l’impulso all’evasione, esse imboccano ogni via, e non si accorgono quanto spesso esse così entrino nell’orbita di forze che non sono al disopra, ma al disotto dell’uomo come personalità.
    Questo è il punto fondamentale: veder ben chiaro le situazioni nelle quali, malgrado ogni apparenza e ogni maschera, il neo-spiritualismo può effettivamente avere un carattere regressivo e lo “spirituale” non essere un “sovrannaturale” bensì un “infranaturale”; ciò, sempre concretamente e esistenzialmente, a parte ogni confusione e deviazione dottrinale e intellettuale.
    Per poter avere una idea delle influenze di cui può anche trattarsi quando si verifica questa apertura, che è verso il basso e non verso l’alto, questo spostamento che è discendente e non ascendente, sarà opportuno accennare a ciò che in un senso vasto e completo si deve intendere in genere il mondo fisico, conosciuto attraverso i sensi fisici di ogni persona sveglia e misurato dalle scienze esatte. In realtà, questo è solo un aspetto della natura, una immagine formatasi in relazione alla personalità umana, ed anzi in una certa fase del suo sviluppo storico, al titolo di una esperienza propria ad essa, e non ad altre possibili fasi e forme di esistenza. L’uomo percepisce la natura nelle forme così definite della realtà fisica perché si è distaccato da essa natura, perché se ne è liberato e disciolto, tanto da sentirla alla fine come esteriore, come “non-Io”. La natura in sé, non è questa apparizione nello spazio: essa invece è colta là dove questo senso di esteriorità si attenua, attenuandosi correlativamente lo stato della coscienza lucida di veglia e subentrando stati nei quali oggettivo e soggettivo, “dentro” e “fuori” si confondono. Qui cominciano i primi dominii di un mondo “invisibile” e “psichico” che, per esser tali, non cessano di esser “natura”, anzi sono eminentemente “natura”, e per nulla “soprannaturalità”. Con l’indagine oggettiva scientifica sulla materia o sull’energia l’uomo in fondo si muove in una specie di circolo magico creato da lui stesso. Esce da tale circolo e raggiunge la natura solo chi retrocede dalla coscienza personale formata verso la subcoscienza lungo la via che comincia con le oscure sensazioni organiche, con l’emergere di complessi e di automatismi psichici allo stato libero – cioè sciolti dai controlli cerebrali – e che poi si sviluppa scendendo nel profondo della subcoscienza fisica.
    Alcune ricerche recenti hanno fornito degli elementi per individuare questo processo di regressione anche da un punto di vista positivo. Con delle anestesie locali provocate sperimentalmente si è seguito ciò che accade nelle funzioni psichiche quando vengono neutralizzati progressivamente gli strati della corteccia cerebrale, dai più esterni e recenti ai più interni e antichi, fino ad eliminate del tutto l’azione del cervello e a passare al sistema simpatico, che si è mostrato legato ancora a certe forme di coscienza. Primi a scomparire sono stati allora i concetti di spazio, tempo e causalità, cioè i concetti sui quali poggia l’esperienza di veglia della natura e la concatenazione logica dei pensieri nella personalità cosciente. In relazione a strati più profondi, la stessa coscienza ordinaria distinta dell’”Io” viene meno e si è sulla soglia di funzioni inconsce, in immediata relazione con la vita vegetativa. Questa precisamente è la fine della “persona” e la soglia dell’impersonale, della “natura”.
    Ciò a cui l’antichità ha dato il nome di genii, di spiriti degli elementi, di dèi della natura e via dicendo, a parte le assunzioni superstiziose popolari e folkloristiche e a parte le apposizioni poetiche, non si riduceva a mera favola: si trattava di certo di “imaginazioni” – cioè di forme prodotte in determinate circostanze da una facoltà analoga a quella che agisce nel sogno in relazione col simpatico – le quali però in origine drammatizzavano variamente, proprio allo stesso modo dei sogni, le oscure esperienze psichiche di contatto con le forze, di cui le forme, gli esseri e le leggi visibili della natura non sono che la manifestazione.
    Del pari, i fenomeni di chiaroveggenza detta “naturale”, ovvero di chiaroveggenza sonnambulica, si legano ad una neutralizzazione ed esclusione del cervello e all’appoggiarsi di una coscienza ridotta, che in certi esseri sussiste grazie a circostanze speciali, appunto al sistema simpatico. I Plessi principali di questo, e soprattutto il lesso solare, si trasformano allora in un sensorio ed assumono la funzione del cervello, che essi esercitano senza l’aiuto dello strumento dei sensi fisici in senso stretto, sulla base di stimoli e sensazioni che non vengono dall’esterno, ma dall’interno. Naturalmente, a seconda dei casi, i prodotti di questa attività hanno un carattere più o meno diretto, sono cioè più o meno mescolati con le forme che esse usano per tradursi e divenire coscienti e che sono più o meno informate dall’elemento spazio-temporale proprio al cervello [Cfr. A. Schopenhauer (Parerga und Paralipomena, ed. 1851, v. I, pp. 231-233) che già vide chiaramente questo punto].Ma, per grande che sia la parte delle scorie, sussiste in questi fenomeni un margine incontestabile di oggettività, che si conferma talvolta anche in forma perspicua, per la corrispondenza dei dati forniti per tale via con quelli controllabili sulla base delle percezioni fisiche vagliate e organizzate dalla coscienza di veglia.
    Ciò fornisce di già un punto di orientamento. Esiste tutta una zona “psichica”, “occulta” rispetto alla coscienza ordinaria, la quale è a suo modo reale (non “illusione soggettiva” o “allucinazione”), ma che non è da scambiarsi con lo “spirituale” in senso di valore, e tanto meno col “sovrannaturale”. Con maggior ragione qui si potrebbe invece parlare di infranaturale, e chi si apre passivamente, “estaticamente” a questo mondo, in realtà retrocede, fa scendere il livello interno da un grado superiore ad un grado inferiore.
    Ogni misura positiva per la vera spiritualità, per l’uomo deve essere la coscienza chiara, attiva e distinta: quella che egli possiede quando scruta oggettivamente la realtà esteriore o forma i termini di un ragionamento logico, di una deduzione matematica, o prende una decisione nella sua vita morale. La sua conquista, ciò che lo definisce nella gerarchia degli esseri, è questa. Quando egli invece passa negli stati di un misticismo nebuloso – per sensazionale che sia – che si verifica nelle condizioni della regressione, del collasso psichico, della transe, egli non ascende, ma discende lungo la scala della spiritualità, passa da un più ad un meno di spirito. Non supera la “natura”, ma si restituisce ad essa, anzi si fa lo strumento delle forze infere chiuse nelle forme di essa.
    Solo dopo aver visto ben chiaro questo punto si può formulare l’idea di una diversa, antitetica direzione spirituale, da servire per misurare ciò che può esservi di valido nello “spiritualismo” e che può proporsi a chi, avendo una particolare vocazione e qualificazione, cerca una “trascendenza”, qualcosa di più alto di quanto offre la visione moderna dell’uomo e del mondo, lo spazio per una superiore libertà di là dei condizionamenti e del senza-senso dell’esistenza di oggi e dalle stesse forme residuali delle confessioni religiose. In via di principio si tratta di porre l’esigenza di una via ad esperienze che, lungi dal “ridurre” la coscienza, la trasformino in supercoscienza, che lungi dall’abolire la distinta presenza a sé così facile a conservarsi in un uomo sano e sveglio fra le cose materiali e nelle attività pratiche, la innalzi ad un grado superiore, in modo da non alterare i principi che costituiscono l’essenza della personalità, ma invece da integrarli. La via verso esperienze del genere è la via verso il vero soprannaturale. Ma questa via non è comoda né, per i più, seducente. Presuppone proprio l’atteggiamento opposto a quello degli entusiasti dello “spiritualismo” e di chi è solo sospinto da un confuso impulso all’evasione, presuppone un atteggiamento e una volontà di ascesi, nel senso originario di questa parola, distinto dalle assunzioni d’ordine devozionale mortificatorio e monastico.
    Non è facile ricondurre la mentalità moderna a considerare e a giudicare in termini di interiorità, anziché di apparenza e di “fenomeno” o di sensazione. Tanto meno è facile, dopo le devastazioni compiute dal biologismo, dall’antropologismo e dall’evoluzionismo, ricondurla al senso di ciò che fu anche, e nominalmente ancora è, un insegnamento cattolico: la dignità e la destinazione sovrannaturale della persona umana.
    Ora, proprio questo è invece il punto fondamentale per l’ordine delle cose, di cui stiamo trattando. Solo chi abbia un tale senso può riconoscere, infatti, che in tutto quel che non è più materiale esistono due domini distinti, anzi antitetici. Quello corrispondente a forme di coscienza inferiori al livello dello stato di veglia della persona umana normale è l’ordine naturale, nel senso più vasto. Solo l’altro ordine è il sovrannaturale. L’uomo si trova fra l’uno e l’altro di questi due dominii, e chi esce da una condizione di stasi o di precario equilibrio può gravitare verso l’uno o verso l’altro. Secondo la suaccennata dottrina della dignità e della destinazione sovrannaturale dell’uomo, questi non appartiene alla “natura” né nel senso materialistico dell’evoluzionismo e del darwinismo, né nel senso “spiritualistico” del panteismo e di concezioni affini. Come personalità egli si innalza di già dal mondo delle anime mistiche delle cose e degli elementi, e dal fondo di una “comicità” indifferenziata – e la sua visione di cose fisiche chiare, dai crudi contorni, oggettive nello spazio, così come la sua esperienza di pensieri ben precisi e logicamente concatenati, esprime già quasi una specie di catarsi e di liberazione da quel mondo, malgrado la limitazione degli orizzonti e delle possibilità che ne deriva (*). Quando invece vi ritorna, egli abdica e tradisce la sua destinazione sovrannaturale: cede la sua “anima”. Egli imbocca, consapevolmente o inconsapevolmente, la via discendente, laddove nella fedeltà al suo fine gli sarebbe eventualmente dato di andar di là di ogni stato condizionato, per “cosmico” che esso sia.
    Questo inquadramento schematico basta già per un primo orientamento di fronte alle varie correnti dello “spiritualismo”. Lo sviluppo della critica di ciascuna di queste andrà a precisare e ad integrare via via tali vedute tanto da lasciar vedere, in pari tempo, quali possono essere i punti positivi di riferimento.

    (*) Ha relazione con questa veduta l’insegnamento buddistico, secondo il quale gli “dèi” (intesi coke potenze “naturali”), se vogliono conseguire la “liberazione”, occorre che passino prima nello stato umano e ivi conseguano il “risveglio”; al che fa poi riscontro l’insegnamento ermetico circa la superiorità dell’uomo sugli dèi quale “signore delle due nature”, ma anche circa il continuo pericolo in cui egli si trova. E’ da notare – e in sèguito lo vedremo da presso – che di contro all’ideale della “liberazione” identico a quello della completa realizzazione della destinazione sovrannaturale dell’uomo, il concetto di “natura” va ad abbracciare anche stati cosmici e non-umani, ma che rientrano anch’essi nel mondo condizionato.


    Cap. I di : J. Evola, “Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo. Analisi critica delle principali correnti moderne verso il ‘sovrasensibile’”, Edizioni Mediterranee, Roma, 1990 [1971].
    Gli altri capitoli sono:
    - Lo spiritismo e le “ricerche psichiche”.
    - Critica della psicanalisi.
    - Critica del teosofismo.
    - Critica dell’antroposofia.
    - Il Neomisticismo. Krishnamurti.
    - Parentesi sul cattolicesimo esoterico e sul “tradizionalismo integrale”.
    - Il primitivismo. Gli ossessi. Il “superuomo”.
    - Il satanismo.
    - Correnti iniziatiche e “alta magia”.

  9. #9
    Mjollnir
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    Predefinito

    Grazie al caro Vahagn che ci ha messo a disposizione questo pregevolissimo 3d

  10. #10
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    Ti ringarzio Mjollnir.
    Oggi vorrei sottoporre un brano tratto da un libro che non ha bisogno di presentazioni, per chi proviene o ha frequentato una certa area: "Cavalcare la tigre", il noto libro-proposta con cui Evola, giunto in tempo di bilanci (sia personali che appunto di area), formulò la sua brillante sintesi tra dottrine realizzative (antiche o orientali) e impegno politico nellhic et nunc occidentale moderno, giungendo alla conclusione che - nonostante tutto (nonostante la sconfitta politica delle uniche forme religiose che potevano reintrodurre, seppur parzialmente, il mondo della Tradizione; e nonostante la vittoria delle "dottrine" sovversive su tutti i fronti) - è ancora possibile Fare qualcosa nel mondo, per il soggetto che lui chiama "l'uomo differenziato".
    La riflessione qui proposta è tratta dalla parte finale del libro, dove, dopo aver passato in rassegna le possibilità nei vari dominii, prende in esame il problema spirituale.

 

 
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