….una democrazia bloccata.

La sconfitta dei referendari è stata severissima, hanno portato al voto poco più della metà di quelli che parteciparono al referendum, fallito, sulla caccia. Ora Alfonso Pecoraro Scanio si lamenta del “sabotaggio” come uno stalinista qualsiasi quando doveva giustificare gli insuccessi della pianificazione. Ma qualcosa doveva pur dire. Più serie sembrano le considerazioni sul declino dell’istituto referendario di due personalità che su questo strumento hanno costruito importanti storie della politica italiana, Marco Pannella e Mario Segni. Tuttavia non si può trascurare il fatto che molti referendum, e soprattutto quest’ultimo, sono stati indetti tradendo il senso specifico di questo istituto.

Lo scopo dei referendari non era estendere l’articolo 18, impresa irrealizzabile di fronte all’opposizione di quasi tutti i partiti e le rappresentanze sociali, ma regolare i conti all’interno della sinistra. E’ del tutto lecito che questa sfida sia stata rifiutata, con un diffuso appello all’astensione. La crisi della democrazia e della partecipazione con questo non c’entra assolutamente nulla. Si è trattato, anzi, di una forma di difesa, da parte dell’elettorato, delle proprie prerogative, che consistono, prima di tutto, nel rifiutare di farsi prendere per il naso. E’ anche vero che a furia di trasformare le questioni del mercato di lavoro in battaglie frontali sulla “dignità” dei lavoratori e sui loro “diritti universali”, ciò che ha fatto Sergio Cofferati, era legittimo (una tipica astuzia della storia) che Fausto Bertinotti, e la stessa Cgil, lo prendessero in parola e ne smascherassero la retorica. I referendum, anche nella loro forma manipolativa, hanno avuto una funzione quando sono stati usati per contestare una democrazia bloccata. Ora la competizione bipolare, con tutti i suoi difetti, ha superato quello stallo, quindi il referendum ha senso se viene ricondotto alla sua funzione originale.

Quella di dimostrare che una legge è rifiutata dalla maggioranza degli elettori, che è onere dei proponenti raccoglierli e portarli al voto.

da il Foglio di martedì 17 giugno 2003

Chiaro il messaggio?
Forse sarebbe l’ora di “dare” all’elettorato anche il Referendum propositivo.
Votare per dire “cancellare” e votare anche per dire “legiferate così”.

saluti