dal quotidiano di Alleanza Nazionale

" Secolo d'Italia del 17/06/2003


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A Città del Lussemburgo i ministri degli Esteri comunitari fanno un passo indietro rispetto alla crisi irachena

Sì all'uso della forza contro le armi di distruzione L'Unione europea ha scelto la strategia americana

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CITT+ DEL LUSSEMBURGO. L'Unione europea si avvicina alle posizioni degli Stati Uniti e approva un piano che prevede il ricorso alla forza, come ultima opzione, nella lotta alla proliferazione delle armi di distruzione di massa.
"Nel caso in cui falliscano le misure politiche e diplomatiche, si potranno considerare misure coercitive, incluso l'uso della forza come ultima risorsa, in conformità con la carta delle Nazioni unite", si legge infatti nel documento approvato dai ministri degli Esteri dell'Ue riuniti a Città del Lussemburgo per il Consiglio affari generali.
Si tratta del primo piano congiunto di cui si dota l'Unione nella lotta alla proliferazione, che prevede, tra l'altro, il rafforzamento dei controlli alle esportazioni di armi di distruzione di massa e un maggior coordinamento con gli Stati Uniti.
Secondo quanto si legge nel comunicato dei capi della diplomazia comunitaria, l'Europa intende seguire una strategia di "universalizzazione" del disarmo e degli accordi di non proliferazione, rafforzando allo scopo i meccanismi di ispezione e verifica internazionali, così come il controllo delle esportazioni di prodotti e materiali che possono essere usati a scopi militari.
"La migliore soluzione al problema della proliferazione delle armi di distruzione di massa è che i Paesi non devono più sentirne la necessità - prosegue il documento - Se possibile, devono essere trovate soluzione politiche ai problemi per i quali si cerca di ottenere armi di distruzione di massa".
Pur avendo "accontentato" gli Stati Uniti sul ricorso alla forza contro la proliferazione, l'Europa non ha fatto alcun riferimento alla dottrina della guerra preventiva contro i cosiddetti Paesi canaglia e nel comunicato non è indicato esplicitamente alcuno Stato considerato una possibile minaccia alla sicurezza internazionale. Ma è evidente che anche la decisione adottata ieri rientra nel quadro dell'ammorbidimento generale, per quanto arduo, dei rapporti transatlantici dopo la frattura provocata dalla crisi irachena.
L'approvazione del piano da parte dei Quindici segna soprattutto un cambiamento nell'atteggiamento di Francia, Germania e Belgio, contrarie alla guerra contro l'Iraq, accusato di sviluppare armi di distruzione di massa. In una tornata che assume particolare interesse per tenersi alla vigilia del vertice di Salonicco, che scatterà giovedì e sarà l'ultimo del semestre di presidenza greca dell'Unione, sono anche altre le decisioni rilevanti adottate nella capitale del Granducato.
C'è stato l'inserimento - su espressa richiesta del nostro Paese - del problema dell'immigrazione nell'agenda di Salonicco. C'è stata la giustamente aspra risposta al governo di Cuba che negli ultimi giorni ha alzato i toni della protesta contro l'Ue "rea" di chiedere maggiore libertà nell'isola. E c'è stata anche un'altrettante rigorosa levata di scudi contro il regime militar-comunista al potere in Birmania.
L'Unione ha inasprito le sanzioni contro il Paese orientale, per protesta contro la detenzione della leader dell'opposizione, Aung San Suu Kyi. Il divieto, già esistente, prevede per esempio i mancati visti a circa 150 dei membri più autorevoli dell'amministrazione di Rangoon, inclusi ministri, generali, alti esponenti della burocrazia. In una dichiarazione, i ministri degli Esteri dell'Ue hanno anche chiesto la liberazione immediata di Suu Kyi, affermando che i responsabili degli attacchi contro di lei e contro la Lega nazionale per la democrazia dovranno essere condotti davanti alla giustizia. I ministri hanno anche dichiarato che manterranno un controllo vigile sulla Birmania e reagiranno in proporzione a ulteriori sviluppi nel Paese.
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Saluti liberali