Tratto dal Corriere di oggi

Ovvero la certezza certa che molti euro, parte di quei 500 milioni che l’Unione europea ha versato negli ultimi otto anni all’Autorità palestinese sotto forma d’aiuti, siano in realtà finiti nelle casse di Hamas a consolare vedove e orfani dei terroristi, se non peggio. Mille indizi fanno una prova? Gli americani ne sono sicuri. Qualche europeo (Gran Bretagna e Italia) è disposto a crederci. Un pezzo importante di Ue, la Francia in testa, non vuole chiudere nell’angolo una delle tre grandi organizzazioni palestinesi sedute, proprio in queste ore, a trattare la tregua con Israele. Attenti a queste relazioni pericolose, ha detto duro Bush ai Quindici amici: Hamas va smantellata e quei finanziamenti devono finire. Un altro scontro, dopo il caso Iraq. Perché l’Europa ha già congelato fondi e beni all’ala militare di Hamas - le Brigate Izzedin al Qassam -, ma ha usato la parola «terroristi» per la prima volta solo due anni fa e sta ancora discutendo il daffarsi col braccio politico, un po’ com’è accaduto in Spagna per i baschi dell’Eta o in Irlanda del Nord per l’Ira. Serve l’unanimità, prima che Bruxelles consideri Hamas fuorilegge. Mercoledì, davanti all’avvertimento di Bush, Romano Prodi e il greco Simitis, presidente di turno, hanno incassato e taciuto. Ieri, la risposta irritata della portavoce Emma Udwin: «In Europa comprendiamo la necessità di tagliare ogni canale di finanziamento ai gruppi terroristici in Medio Oriente che non sostengano la road map e stiamo facendo sforzi, per convincere tutti i Paesi a fare altrettanto. Ma non c’è bisogno che venga a dircelo il presidente Bush». Euro insanguinati? «Un finanziamento della Comunità a Hamas non esiste e non è mai esistito. La domanda è se Hamas disponga di soldi da qualche parte in Europa».
Gli indizi, appunto. «Noi non riceviamo sostegno finanziario dall’Europa - giura lo sceicco Abdel Aziz Rantissi, l’uomo di Hamas che il 10 giugno gli israeliani hanno cercato d’uccidere a Gaza -. Ci aiutano solo i palestinesi poveri e i musulmani». Hamas è una Spa, in realtà, e dal Vecchio Continente i soldi arrivano copiosi. In febbraio, l’ufficio Antifrode dell’Ue ha aperto un’inchiesta su fondi comunitari finiti, forse, in conti che l’organizzazione tiene in Arabia Saudita e in molti paradisi fiscali. Due mesi dopo, Bruxelles ha deciso di cambiare tutti i meccanismi di sostegno finanziario all’Autorità palestinese, già messi sotto accusa da Israele. Uno dei nodi è l’Al Aqsa International Foundation, ha rivelato il Wall Street Journal : organizzazione «benefica» messa sulla lista nera in Usa, Gran Bretagna, Germania e Danimarca, ma con uffici ancora aperti in Olanda e Belgio, oltre che in Svezia e Norvegia. E’ dal 1996 che un dossier Cia sostiene come, attraverso «contributi per opere di carità» in Austria e in Croazia, questa fondazione finanzi i terroristi di Hamas. «La Ue non considera una simile organizzazione come le Brigate Izzedin - è la tesi di Matthew Levitt, studioso di terrorismo al Washington Institute -, eppure il suo rappresentante nello Yemen è stato arrestato non solo per i finanziamenti a Hamas, ma anche per avere reclutato, foraggiato e armato Al Qaeda». Dice l’Fbi che attraverso la zakat , la carità islamica in partenza dalle capitali europee, molti denari finiscono a reti vicine a Hamas come l’Associazione dei giovani musulmani di Hebron, finanziata in Spagna dallo stesso sceicco che pagava la cellula Al Qaeda di Amburgo, quella delle Twin Towers; il comitato Ramallah Zakat, responsabile dei kamikaze di Mahane Yehuda (1997); il comitato Jenin Zakat, coinvolto in attentati del ’93; l’Associazione degli orfani di Betlemme, indagata per i kamikaze del ’96... Ad Aquisgrana, in gennaio, la polizia tedesca ha messo in carcere un religioso yemenita che gestiva gli aiuti a Hamas ed è risultato essere un consigliere di Osama Bin Laden. Un magistrato israeliano, Shai Nitzan, è convinto che molte opere di carità islamica registrate nei Territori aiutino, per la verità, solo le famiglie dei tanzim : quando lo sceicco Yassin finì in cella, alla moglie arrivava un assegno mensile «di solidarietà» (300 euro). Anche la Procura di Genova ha un’inchiesta aperta sui soldi che dall’Italia finiscono a Hamas: molte tracce, spiegano gl’investigatori, ma un anello di collegamento coi fondi di Bruxelles non s’è trovato.
«E’ difficile provare quanto denaro finisca alle "opere benefiche" di Hamas e quanto alla sua attività terroristica», dice Abraham Sela, esperto israeliano che sull’argomento ha scritto un libro-inchiesta: «Il tesoro è unico. E allora gli europei dovrebbero chiedersi qual è la finalità preminente di quest’organizzazione - la carità o gli attentati? - e decidere di conseguenza se chiuderne gli uffici e i canali di finanziamento». La domanda ronza ormai da troppo tempo. A Bruxelles, in aprile, è stato pubblicato un dossier di 31 pagine: «La promozione dell’assistenza sociale islamica nei Territori occupati della Palestina: un target legittimo?». Per rispondere tutt’insieme, i Quindici si troveranno il 3 luglio: la prima grana del semestre Berlusconi.

Francesco Battistini
© Corriere della Sera


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