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Risultati da 1 a 7 di 7
  1. #1
    Hanno assassinato Calipari
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    "Il programma YURI il programma"
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    Predefinito Attenti, il governo vuole privatizzarvi il bosco del paese...

    USI CIVICI

    Così le terre di tutti diventeranno private
    Dal collettivo al mercato Oggi il via libera libera alla legge di riforma
    degli usi civici. Le proprietà da secoli destinate a un uso pubblico
    potranno essere privatizzate con una dichiarazione del sindaco
    ***
    Oggi la Commissione agricoltura del Senato potrebbe approvare una nuova
    legge quadro in materia di usi civici, che ne innova profondamente la
    disciplina e condurrà rapidamente alla integrale privatizzazione delle terre
    che ne fanno parte - le terre di proprietà collettiva, cioè le terre che
    dall'antichità appartengono ai membri delle comunità locali e sono destinate
    ai loro bisogni essenziali. Ma che cosa sono e quante sono le terre
    collettive, presenti oggi sul territorio nazionale? Senza addentrarci in
    troppi particolari tecnici, dobbiamo sottolineare che si tratta ancora di
    oltre 5 milioni di ettari di terre boschive e pascolive, dalla legge Galasso
    sottoposte a vincolo paesaggistico, e comunque - salvo eccezioni da
    autorizzare caso per caso nell'interesse generale - escluse dal commercio e
    dall'appropriazione privata. Dunque, una sorta di riserve, vincolate da
    sempre agli utilizzi locali - legna da ardere, pascolo, ecc. - ma
    soprattutto escluse dal mercato. Queste le regole in vigore, alla cui
    applicazione sovrintende il Commissario agli usi civici. In realtà, le terre
    civiche o collettive non sono state affatto rispettate e in quasi tutto il
    territorio nazionale sono soggette ad abusi di ogni tipo: dalla villetta
    unifamiliare, regolarmente autorizzata dal Comune per ignoranza o
    connivenza, alla speculazione edilizia importante o d'occasione,
    all'usurpazione industriale o commerciale o turistica. Benché la legge
    Galasso imponga su di esse vincoli a tutela del paesaggio, le regole
    paesaggistiche sono destinate a valere men che nulla, quando al momento
    buono si ignori quali siano gli usi civici o a chi precisamente
    appartengano. Ebbene, è necessario oggi constatare che il Commissariato agli
    usi civici - giudice da ottanta e più anni deputato ad identificare queste
    terre con sentenza - ha fallito il compito per il quale fu creato; solo
    negli ultimi anni e solo a Roma, infatti, i suoi accertamenti hanno
    cominciato ad essere trascritti sui libri ipotecari e in questo modo a
    diventare conoscibili da qualunque interessato. In mancanza di questa
    trascrizione, le terre civiche hanno l'apparenza delle terre comunali di
    proprietà patrimoniale, suscettibili di finire in mano altrui, per
    compravendita o per usucapione. Qualche esempio. E' un fatto che sono state
    compravendute senza alcuna autorizzazione dai Comuni anche le terre civiche
    necessarie all'insediamento delle linee ferroviarie ad Alta Velocità; è un
    fatto che sugli usi civici sono nate come funghi cave di breccia al servizio
    dei cantieri edilizi e ferroviari, sempre esenti da controlli
    amministrativi, fiscali e giudiziari.

    Oggi il senato approverà dunque un disegno di legge predisposto insieme da
    senatori della maggioranza e dell'opposizione, per dare una soluzione
    definitiva a questo problema medievale. Le terre civiche non saranno più
    identificate da un apposito magistrato, ma con una dichiarazione del
    sindaco, sottoscritta in via breve e con urgenza (entro sessanta giorni),
    senza necessariamente tener conto delle sentenze emesse nel passato. I
    sindaci, si sa, non sono sempre preparati nel diritto, ma conoscono bene il
    proprio territorio e soprattutto gli interessi che intendono operarvi; con
    questa dichiarazione essi possono risparmiare tempo e soldi, altrimenti
    perduti nelle pratiche giudiziarie e per gli avvocati. Inoltre, se proprio è
    necessario qualche soldo, i sindaci sono autorizzati dalla nuova legge a
    vendere i terreni d'uso civico al migliore offerente, non certo
    nell'interesse delle popolazioni proprietarie, ma nell'interesse proprio e
    in quello del Comune, cioè nell'interesse di quelle imprese che in unità di
    intenti con l'amministrazione si propongano adeguati progetti di utilizzo.
    Laddove esistano ancora le popolazioni proprietarie e siano davvero
    interessate alla conservazione delle proprie terre, esse dovranno invece
    rivolgersi previamente al sindaco e sperare di essere ascoltate, ma non
    potranno in alcun modo opporsi al decreto di costui. Al contrario, ove il
    sindaco inserisca nella dichiarazione alcune terre per avventura occupate da
    privati, costoro - anche senza esser proprietari - potranno ricorrere al
    Tribunale amministrativo, chiedendo il rispetto dei loro interessi. Ma
    proprio questa prospettiva potrebbe indurre i sindaci più solerti a
    consultare previamente tutti gli occupatori per escludere dalla
    dichiarazione le terre pretese da costoro.

    Non tutto sarà comunque oggetto di immediata compravendita. Ma si può star
    certi che nel giro di ben pochi anni, sia per effetto delle dichiarazioni
    dei sindaci, sia per effetto delle pretese dei privati, di terre civiche non
    resterà che l'ombra. La nuova legge non obbliga affatto il sindaco a un
    meticoloso lavoro di ricognizione di sentenze incomprensibili, non pretende
    neppure che la dichiarazione sindacale sia suffragata da qualche straccio di
    prova o di ragionamento; si accontenta per l'appunto di una dichiarazione a
    efficacia quinquennale. Ogni cinque anni, infatti, il sindaco in carica
    potrà rivedere la dichiarazione precedente e ridimensionare a suo piacere le
    superfici dei demani civici. La proprietà collettiva con l'entrata in vigore
    della nuova legge si trasformerà dunque in sorta di demanio a tempo,
    soggetta a ogni trasformazione edilizia o industriale da parte dei privati
    che godano del favore delle amministrazioni, senza recare alcun beneficio
    alle popolazioni residenti, che potranno al massimo raccogliervi un po' di
    fieno o dei mirtilli nei periodi stabiliti. Nonostante il carattere eversivo
    che questa legge ha assunto, l'opposizione non vi ha trovato nulla da
    eccepire, forse attratta dalla prospettiva di far man bassa nei comuni di
    propria pertinenza; non ha sollevato un dubbio solo sulla costituzionalità
    di un esproprio così massiccio e immotivato; non ha preteso alcun compenso
    per le popolazioni soccombenti; non si è neppure accorta del progetto e non
    l'ha mai denunciato neppure sui propri autorevoli giornali.

    ***questo articolo ci è stato inviato da un alto magistrato, che preferisce
    restare anonimo

    http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano...003/art47.html

  2. #2
    Hanno assassinato Calipari
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    Predefinito

    Genova per loro: un'azienda come un'altra
    di Carlotta Guarascio (ATTAC Genova)

    Alla fine il Comune di Genova ha deciso di vendere le dighe e gli impianti idrici, mettendo a repentaglio la sua stessa maggioranza, costringendo molti consiglieri ad ardite acrobazie verbali, scontrandosi con l'opposizione del prc (non partecipazione al voto di tre consiglieri e voto contrario della "disobbediente" Laura Tartarini che ha detto:"non si può andare a Porto Alegre e privatizzare l'acqua"). Con 27 voti a favore e 18 contrari, il Consiglio comunale ha dato via libera a questo inedito capolavoro di privatizzazione dei servizi pubblici, nonostante l'opposizione sociale e lo sforzo della campagna Questo mondo non è in vendita, insieme ad ATTAC di provare a ragionare su altre e più partecipate soluzioni.
    Proviamo a riassumere la storia. Lo scorso mese di marzo il Comune di Genova
    discute il bilancio preventivo che prevede, nel capitolo d'entrata relativo all'alienazione dei beni immobili comunali (che già ammonta a più di 100 milioni di euro), la vendita delle dighe ad AMGA s.p.a. Previsione di entrata per la cessione:12 milioni di euro. Quanto basta, si dice, per far quadrare i conti rispettando i vincoli di stabilità e fronteggiare i tagli ai trasferimenti verso gli Enti locali. Quanto serve, si aggiunge, per salvare dal collasso finanziario l'azienda di trasporto pubblico locale, per la quale è stato annunciato un piano di spacchettamento e privatizzazione, da realizzare dopo il necessario risanamento dei bilanci. La scelta di vendere le dighe, si precisa, non sarà così dolorosa come qualcuno in città comincia a dire; la cessione avviene a favore di AMGA, ex municipalizzata ora s.p.a. quotata in borsa, che gestisce il servizio del
    gas e quello dell'acqua (e che opera in molti altri settori), di cui il Comune di Genova detiene la maggioranza del capitale azionario e che già ha in concessione le dighe che diventeranno di sua proprietà. Ma non tutti sono convinti che l'operazione sia una semplice "partita di giro" per far cassa; i dubbi aumentano man mano che diventano noti i tempi e le modalità con le quali la cessione delle dighe è stata pensata. Si scopre che la richiesta di nomina di un perito per valutare il valore dei beni è del luglio 2002, mentre è dell'ottobre dello stesso anno il parere legale chiesto dal Comune per confortare la legittimità giuridica dell'operazione.
    Le dighe sono più precisamente un complesso impiantisctico relativo alla produzione di acqua potabile e alla produzione di energia idroelettrica; impianti strategici per la gestione del servizio idrico a Genova, la cui proprietà condiziona la possibilità di intervenire sulla modalità di
    erogazione del servizio, sui costi e sulla gestione. La nomativa che consente la cessione è l'art.35 della finanziaria 2002: quello variamente contestato anche per ragioni di costituzionalità, recentemente rimaneggiato dalla delega in materia ambientale, traduzione giuridica delle scelte di
    liberalizzazione dei servizi pubblici locali. A essere precisi la cessione delle dighe ad AMGA è possibile solo forzando estensivamente le stesse confuse previsioni dell'art.35, che prevede la non cedibilità degli impianti e delle reti necessarie alla gestione dei servizi pubblici locali, se non
    attraverso il loro conferimento in società pubbliche (al 100% secondo l'ultima modifica apportata dalla delega in materia ambientale). Per le società quotate in borsa però è prevista un'eccezione: gli enti locali possono cedere la loro partecipazione in queste società anche se le stesse
    sono proprietarie di reti e impianti. A quest'ultima previsione il Comune di Genova vuole attribuire il peculiare e non pacifico significato di rendere cedibili impianti non altrimenti disponibili da parte dell'ente locale. Cosa rende necessaria questa forzatura? cosa giustifica il voler a tutti i costi
    "approfittare" delle possibilità dell'art.35 scritto e riscritto dal governo Berlusconi in sintonia con le scelte neoliberiste dell'Unione Europea e con le politiche di liberalizzazione sostenute in seno al WTO con l'accordo GATS sui servizi?
    Sono le domande che animano per mesi la discussione in città, nel tavolo genovese della campagna "questo mondo non è in vendita" che si oppone al.prossimo vertice WTO di Cancun.
    Domande che ne chiamano altre quando appare un altro elemento centrale della delibera di cessione degli impianti ad AMGA:la contestuale previsione della modifica del precedente disciplinare che regola i rapporti tra il Comune e l 'azienda; si vendono le dighe e si elimina il precedente obbligo di
    retrocessione dei beni trasferiti all'azienda dal Comune o acquistati dalla stessa con finanziamenti pubblici nell'ipotesi che il rapporto tra Comune e AMGA dovesse cessare. Appare allora chiaro che la vendita delle dighe più che un espediente di bilancio è una conseguenza delle scelte di politica
    industriale e di mercato di AMGA, da inquadrare nell'attuale fase di trasformazione dei servizi pubblici locali in mercati redditizi. Lo chiarirà definitivamente l'amministratore delegato di AMGA nell'audizione chiesta da Rifondazione alla Commissione bilancio del Comune spiegando:la
    cessione delle dighe serve per rafforzare AMGA e farle affrontare la prossima fase di trasformazione della gestione del servizio idrico, perché acquistando la proprietà degli impianti anche se si perdesse (o non si potesse partecipare alla) la gara per la gestione del servizio idrico a
    Genova, "a chi vince la gara l'acqua la vendiamo noi". La possibilità che AMGA non gestisca più il servizio idrico a Genova, ma si "accontenti" di gestire la proprietà di reti e impianti sviluppando altrove le proprie strategie di marketing per vincere le gare che mettono sul mercato il
    servizio idrico, apre scenari assai preoccupanti perché disegna una politica che asseconda e fa proprie le logiche di liberalizzazione che dominano l' ansia di allargare il grande business dell'acqua; presuppone l'impossibilità di contrastare queste politiche. Nella stessa commissione le associazioni della campagna contro il WTO hanno chiesto di sospendere la delibera e
    aprire una discussione sulla gestione dell'acqua e sulle garanzie per il mantenimento del controllo pubblico della stessa, ricercando strade diverse da quelle imposte; la richiesta è stata anche di Rifondazione, i dubbi hanno iniziato a serpeggiare anche nel correntone DS. La data in cui la delibera doveva essere approvata dal Consiglio Comunale è slittata di 10 giorni, durante i quali il discorso è stato forzatamente riportato fuori dal merito e nella logica delle alleanze di maggioranza, tentando di porre rassicurazioni sul controllo pubblico di AMGA che hanno lasciato aperti tutti i dubbi sollevati in questi mesi. Non è affatto detto che la vicenda si sia adesso conclusa. La possibilità di ricorsi al Tribunale amministrativo è già al vaglio di molte associazioni.

  3. #3
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    Predefinito

    terre private= siamo privati delle terre

  4. #4
    Alessandra
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    Ma sveglia ragazzi, gli usi civici esistono da tempo solo sulla carta, nella pratica sono spesso usi privati incivili.

  5. #5
    Alessandra
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    Predefinito Re: Attenti, il governo vuole privatizzarvi il bosco del paese...

    In Origine Postato da yurj
    ***questo articolo ci è stato inviato da un alto magistrato, che preferisce
    restare anonimo

    http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano...003/art47.html
    Questa mi era sfuggita. Coraggioso il tipo, bah (!)

  6. #6
    Alessandra
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    Predefinito Re: Attenti, il governo vuole privatizzarvi il bosco del paese...

    In Origine Postato da yurj
    Le terre civiche non saranno più
    identificate da un apposito magistrato, ma con una dichiarazione del
    sindaco (...omissis)
    Ah, ecco chi è

  7. #7
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    Predefinito concordo con shambler

    terre private = privati delle terre.
    Tutto questo rientra nella prassi di espropriazione della proprieta' pubblica - ma anche di quella realmente privata - da parte di piccole e potente holdings oligarchiche.

    A tutte queste manovre indecenti si dovrebbe rispondere con il rafforzamento delle politiche locali e con la costituzione di proprieta' sociali autogestite e rese produttive.

 

 

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