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    Predefinito La fifa "blu" dei socialisti...

    ....europei che annusano aria di sconfitta.

    Roma. Tutti hanno notato l’espressione di Gianfranco Fini quando Silvio Berlusconi ha detto che avrebbe raccomandato il leader socialdemocratico tedesco a Strasburgo, Martin Schulz, per una parte di kapò in un film sui campi di sterminio nazisti.
    Ma più interessante era invece l’espressione di Romano Prodi, pietrificato.
    Perché Fini, da consumato politico, ha visto sbriciolarsi un inizio di semestre che era andato fino ad allora benissimo e che avrebbe costituito un ottimo ricostituente per la coalizione di governo in Italia, e ha visto d’improvviso profilarsi un altro periodo di polemiche accese e pericolose.
    Ma Prodi ha visto qualcosa di più lontano e di più importante. Ha visto il rischio che il lavoro della Convenzione, che con i suoi interventi era riuscito a modificare, restituendo poteri alla Commissione e riducendo quelli del futuro presidente del Consiglio, possa andare in fumo, ma non nel senso di un mantenimento dello status quo, che è pur sempre favorevole alla Commissione, bensì in quello di un rivolgimento più profondo di cui farebbe le spese proprio l’area di potere della Commissione.
    Per capire la portata di quello che è successo il 2 luglio al Parlamento europeo, infatti, si può seguire la strada facile della personalizzazione dello scontro, con tutte le convinzioni e/o i pregiudizi delle due parti, ma forse è più importante seguire la strada dell’analisi degli aspetti istituzionali che stanno sotto quell’episodio.

    Da qui una domanda preliminare che tuttavia condiziona tutta l’analisi: se questo semestre fosse un semestre normale, e non il semestre decisivo per l’assetto futuro dell’Unione europea, ci sarebbe stata tanta polemica sulla presidenza Berlusconi ancor prima del 1° luglio? Bisogna chiedersi a che cosa mirasse una campagna di stampa fuori dal comune contro Berlusconi, riducendo riducendo alle giuste dimensioni il vantaggio che ne possono ricavare, di riflesso, Piero Fassino e Francesco Rutelli e lo stesso Prodi in ambito nazionale.
    Che il futuro politico di questi personaggi sia in cima alle preoccupazioni dei direttori dell’Economist, della Frankfurter Allgemeine Zeitung, della Sueddeutsche Zeitung, del País, di Le
    Monde, del Guardian e altri giganti della stampa europea, è assai poco credibile. Ma che a costoro interessi quale profilo istituzionale e politico assumerà l’Unione europea è invece certo e logico. Tutti sapevano che il 1° luglio 2003 l’Italia avrebbe assunto, per diritto di rotazione, la presidenza del Consiglio dei ministri: da qui, anche, il fatto che in questi due anni, dopo il suo ritorno a Palazzo Chigi, questi giornali e gli ambienti a loro vicini, non hanno mai mollato Berlusconi con una linea di continuità, per accuse e atteggiamenti, che va da Catherine Tasca a Martin Schulz.
    E se si ricordano le polemiche seguite alla sostituzione di Renato Ruggiero alla guida della Farnesina, si trova una conferma che a questi giornali e agli ambienti e uomini politici che in essi si riconoscono una cosa realmente interessava e interessa: la politica “europea” di Berlusconi.

    Il fumo che nasconde l’arrosto
    Tutto il resto era ed è polverone. I continui riferimenti al conflitto d’interessi non risolto e ai problemi giudiziari sono il fumo che nasconde l’arrosto. Ciò che conta agli occhi degli europei è il fatto, ad esempio, che Berlusconi abbia firmato la lettera di appoggio a George W. Bush per l’Iraq. I giornali esteri ancora gli rinfacciano quella firma, dimenticando gli altri sette firmatari.
    Oppure che si sia rifiutato di incontrare Yasser Arafat, che è un personaggio molto diverso dal Dalai Lama, ma soltanto perché gli Stati Uniti, dopo avergli dato credito, credito, hanno visto che o era incapace di mantenere le promesse o non voleva mantenerle, per cui hanno deciso di metterlo da parte: e i primi risultati positivi già si cominciano a vedere.
    Un’Italia decisamente spostata sul fronte filoamericano, in un contesto ben diverso dall’atlantismo dell’epoca della Guerra fredda, fa saltare – per poco che conti il nostro paese – un progetto europeistico di marca socialista che ha preso vigore dopo la fine del comunismo e che ha come obiettivo vero, anche se non dichiarato, un “Atlantico più largo”. E’ a questo europeismo che gli “eurocomunisti” cominciarono a pensare fin dagli anni 70 e che i post comunisti hanno adottato senza difficoltà insieme ai vecchi socialisti e agli antiamericani di varia colorazione dopo la caduta del Muro.

    Non si deve dimenticare che l’Europa nacque per impulso di forze politiche centriste, che allora significava filo Stati Uniti, e non per l’azione di forze di sinistra, anche se queste erano presenti nella burocrazia francese innamorata della “pianificazione economica”. Questa Europa fu capace di liberalizzare progressivamente il mercato interno e di approfittare di un lungo periodo di espansione dell’economia mondiale. Ma, a parte Charles de Gaulle che restò isolato, non aveva un progetto politico. Questo gliel’hanno dato le forze socialiste di varia coloritura, quelle che vedono nella tecnoburocrazia di Bruxelles, il cui vertice è la Commissione, il vero governo dell’Europa in grado di decidere sui bilanci degli Stati membri (in pratica avocando a sé la loro politica economica), di modificare la struttura produttiva (agricola, industriale, terziaria) di interi paesi, di marginalizzarne
    alcuni con le grandi infrastrutture o viceversa di farne perno della produzione e degli scambi, di creare una giustizia e una polizia europee, e così via.

    Gli idolatri del voto a maggioranza su tutto
    Quell’omaggio all’illuminismo che Valéry Giscard d’Estaing ha inserito nel Preambolo della sua bozza di Costituzione europea ratifica questa visione: soltanto alcuni “lumi” possono guidare gli altri, e i “lumi” sono tutti a Bruxelles. In questa prospettiva assume un altro significato la stessa campagna duratura antiberlusconiana. “Vedete che cos’è l’Italia, una democrazia in pericolo che scivola nel plebiscitarismo mediatico e dove il governo attacca i giudici, la legge, la giustizia.
    Ci vuole l’Europa. L’Europa illuminata, asettica. L’Europa del voto a maggioranza esteso a tutti i campi”. La sequenza logica, in queste affermazioni, è chiara. Peccato che sia la stessa cui credevano i seguaci di Lenin (ma forse Lenin non ci credeva). La vecchia guerra contro l’economia di mercato da parte degli “illuministi marxisti” continua anche dopo la caduta del Muro.
    E Berlusconi che difende e propugna questa economia (le idee valgono più dei fatti) – come peraltro dovrebbe fare Jacques Chirac – è un eretico che deve essere messo al rogo mediatico-politico.
    Non è quindi soltanto sulla politica estera che l’Italia di Berlusconi si è messa di traverso a un certo progetto d’Europa ma anche sulla politica economica, rivendicando agli Stati – e in sostanza alle loro classi politiche espresse dai rispettivi cittadini mediante libere elezioni – il dirittodovere di essere i primi responsabili delle proprie scelte economiche. Qualcosa che fa rabbrividire i tecnocrati di Bruxelles e quei paesi che sono convinti di poter dominare le strutture comunitarie mediante le
    maggioranze.

    Le parole rivelatrici di Barón Crespo
    E’ forse un caso che le prime provocazioni verso Berlusconi al Parlamento di Strasburgo siano venute dal leader dei socialisti, lo spagnolo Barón Crespo, e dal leader dei socialdemocratici tedeschi, Martin Schulz?
    La polemica scoppiata è in realtà la punta dell’iceberg della guerra sotterranea che si sta combattendo in Europa sul modello futuro dell’Unione. Ecco perché Prodi è diventato cinereo in quanto la polemica ha di colpo divaricato i due campi, quello “socialista” che, partendo dalla bozza di costituzione di Giscard, vuole andare avanti, e quello “intergovernativo” che è intenzionato quanto meno a contenere l’estensione del meccanismo di voto a maggioranza qualificata e allinea Regno Unito, Spagna e Polonia.
    E’ evidente che se l’Italia, pur con il potere limitato di presidente di turno, pende da questa parte, il primo progetto salta. Un indizio del fatto che questa sia la vera preoccupazione sottostante si trova nelle stesse parole di Crespo: “Il problema non è tra il Pse (Partito socialista europeo) e Berlusconi,
    ma tra il Parlamento europeo e il Consiglio. Ci vogliono scuse formali”.
    Perché Crespo ha tirato in ballo il Partito socialista europeo invece del solo Schulz per la richiesta di scuse? E poi perché ha aggiunto che non intende sollecitare di rimettere in questione la scelta di Roma per la firma del Trattato, bensì di voler lavorare, per adesso, “per avere un buon progetto di Trattato”?
    Il suo desiderio – e quello dell’area socialdemocratica – è che si vada avanti sulla base della bozza di Giscard; il suo timore è che si facciano passi indietro. Che è il timore di Prodi. Lo scontro verbale del 2 luglio non riguarda il destino di Berlusconi ma il destino dell’Europa.
    Resta da chiedersi perché dei politici avveduti come i socialdemocratici europei, invece di accontentarsi del discorso “consensuale” di Berlusconi, che avrebbe fatto il loro gioco, hanno deciso l’affondo. Apparentemente hanno fatto un autogol perché hanno messo in difficoltà una ricucitura delle posizioni in vista della Conferenza intergovernativa che dovrebbe approvare la Costituzione. Oppure sono già persuasi che i contrasti sul futuro istituzionale (e quindi politico) dell’Europa siano così forti che non si arriverà a un accordo e allora tanto vale mettere le mani avanti, dando la colpa a Berlusconi.

    Anche qui con una sequenza logica: Berlusconi ha dato un pessimo avvio al semestre italiano, quindi il semestre fallirà e lo proverà il mancato accordo alla Conferenza intergovernativa. Diranno che Berlusconi ha seppellito l’Europa e la loro coscienza sarà in pace. Non ci vorrà molto tempo per capire le ragioni di uno scontro ricercato dall’area socialista dell’Unione europea e accettato da Berlusconi.

    Alessandro Corneli Su il Foglio di venerdì 4 luglio 2003

    saluti

  2. #2
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    Rilettura interessante, come anche il fatto che il successivo semestre toccherà, se non ricordo male, all'Irlanda.

    D'altra parte è una conferma dell'accordo sottobanco dei comunisti europei, già visibile nel progetto di uniformare in toto l'andamento della vita politica ed economica italaina coi governi D'Alema - Amato:
    ottenere la via nazionale al socialismo non attraverso un confronto politico all'interno dei singoli Stati,
    ma con l'imposizione dall'alto dell'Europa.

    Per adesso la maggiorianza è di centro-destra, vedremo ...
    Saluti Liberali
    Giorgio

  3. #3
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    ma questo e' il forum dei fan di Pinochet?

 

 

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