In Origine Postato da Jozif
Comunisti vergogna!
Avvenire, 26 giugno 2003
L’ISOLA SOFFERENTE
"Cuba è come la Nord Corea. C’è il terrore"
parla Elizardo Sanchez
Dopo le ultime pesanti condanne di intellettuali, il presidente della Commissione diritti umani denuncia la "peggiore repressione dai tempi della rivoluzione. Anch’io ho paura, eravamo in trecento, siamo rimasti in otto"
Di Gherardo Milanesi
L'ondata repressiva scatenata dal regime castrista contro la dissidenza non spiega come Elizardo Sanchez, presidente della Commissione cubana per i diritti umani e la riconciliazione nazionale, considerato oggi la principale figura dell'opposizione all'interno dell'isola, non sia ancora dietro le sbarre. "Effettivamente me lo chiedo anch'io: eravamo più di trecento, siamo rimasti in otto", ribatte per telefono dall'Avana. Sanchez è un tipo che taglia corto anche se la sua traiettoria di dissidente risale al lontano 1967: "Ormai Cuba è come la Corea del Nord. Gli insolenti vengono fucilati, siamo di fronte alla peggior repressione dai tempi della rivoluzione contro Batista".
Conosco Sanchez dal lontano 1991, cioè dall'estate in cui uscì dal carcere: come è accaduto lunedì con la notizia della condanna ai dissidenti, fu lui che proprio in quell'anno diede la notizia della mia fuga obbligata dall'isola dopo l'intervista che realizzai ad Alina, figlia ribelle del líder maximo (oggi in esilio a Parigi). Più volte, da allora, quando Cuba tornava alla ribalta delle cronache, ci siamo risentiti. Mai, tuttavia, prima d'oggi, ho avuto l'impressione che Sanchez fosse di nuovo a un passo dal carcere. Che ogni parola da lui prudentemente soppesata e pronunciata in questa intervista potesse costargli la libertà.
"Non sono stato arrestato perché la nostra missione non è politica, noi ci battiamo solo per il rispetto dei diritti umani. Ma ho paura, non lo nascondo: solo che non posso e non voglio tirarmi indietro".
È stato minacciato?
Continuamente. Sono le autorità. Non posso fare nomi ma parliamo dei livelli più alti che ci intimano di desistere dal nostro lavoro in favore dei diritti umani. Ripetono che, se continueremo, il peso della legge cadrà su di noi come è successo con gli altri 75 dissidenti la cui condanna è stata ratificata dal Tribunale Supremo.
Avete notizie dei dissidenti incarcerati?
La loro è una situazione drammatica. Ancor a prima di essere condannati molti hanno trascorso lunghi periodi in celle di isolamento nelle carceri di massima sicurezza. Altri sono stati fermati dalla polizia politica che li ha trattenuti mesi in attesa di giudizio in commissariati speciali. Gli economisti Marta Beatriz Roque ed Ector Espinosa, condannati entrambi a 20 anni, e i giornalisti Edel José Garcia, Jorge Oliviera e Nelson Aguiar, sono seriamente ammalati. Le loro condizioni psicofisiche si sono aggravate dopo la notizia della condanna.
Ma come è possibile che, nonostante le critiche dell'Unione europea per la fucilazione di tre dissidenti l'11 aprile, Fidel Castro abbia reso il regime ancora più inviso alla comunità internazionale ratificando pesanti condanne contro gli oppositori?
È inspiegabile: anche noi non riusciamo a interpretare quello che pare semplicemente un suicidio politico. Fidel è paragonabile ormai a Kim Il Sung, o a Ceausescu prima della rivoluzione. Non gli importa la sorte del suo popolo e dimostra chiaramente di non preoccuparsi dell'opinione pubblica internazionale: ha paragonato il primo ministro spagnolo José Maria Aznar a Hitler e Silvio Berlusconi a Mussolini. Per lui Italia e Spagna fanno ora parte dell'asse anticubano comandato dagli Stati Uniti.
Secondo lei, Fidel Castro crede davvero a quello che dice?
Non saprei risponderle, i cubani sono come i cinesi al tempo dell'impero: nessuno sapeva cosa accadeva dentro le mura della città proibita. Per noi la città proibita è il governo, che incute paura, che non rispetta i diritti umani e che impedisce la partecipazione popolare.
È vero che le ambasciate dell'Unione europea hanno stretto rapporti più solidi con la dissidenza dentro l'isola dopo le fucilazioni dell'11 aprile?
Sì, grazie alla risoluzione della Ue che condanna il regime per l'ondata repressiva le ambasciate europee hanno aperto le porte all'opposizione invitandone i rappresentanti nelle più svariate occasioni. Ma il governo è stato chiaro: se continueranno ci saranno rappresaglie.
Contro gli oppositori o contro le rappresentanze diplomatiche?
Forse contro entrambi. Noi abbiamo paura: l'ambasciata degli Stati Uniti festeggerà l'indipendenza americana fra pochi giorni e anche il solo fatto di partecipare ad una festa di commemorazione può creare gravi problemi. Questo è il clima che si respira a Cuba.
La gente comune si rende conto che il Paese è sempre più isolato e Fidel Castro ha perso la sua credibilità di rivoluzionario socialdemocratico?
La maggioranza dei cubani vive nell'ignoranza politica. I problemi della sopravvivenza quotidiana sono gravi e solo pochi si preoccupano di estendere un'antenna clandestina per seguire i programmi in lingua spagnola trasmessi dalla Florida. Molti altri hanno paura, perché anche ascoltare Radio Martí (l'emittente radiofonica degli esiliati a Miami, ndr) può costare il carcere.
Fidel Castro ha detto che la repressione è necessaria: "Una questione di vita o di morte"...
Se fosse stata di beneficio in qualche modo, necessaria come dice il governo, dopo le fucilazioni e le tante condanne, avremmo assistito a un miglioramento delle nostre condizioni di vita. La repressione contro gli oppositori politici continua ancora più forte. Ma mi pare che Cuba sia rimasta la stessa prigione che era la Romania di Ceausescu.
Fidel Castro ha accusato Bush di voler invadere l'isola come ha fatto con l'Iraq e di aver approntato un piano per assassinarlo.
Fidel Castro ha bisogno di sventolare il fantasma del nemico pronto a invadere l'ultima roccaforte del comunismo latinoamericano esattamente come ha bisogno dell'embargo commerciale per giustificare il fallimento del modello economico adottato dal regime. Inoltre, Colin Powell è stato chiaro: Cuba non è nell'agenda militare degli Stati Uniti. Il regime morirà - lo ha fatto capire - di morte naturale.
Ma Fidel non pensa a un piano per la sua successione? È il governante da più anni al potere nel pianeta, non pensa alla sua uscita di scena?
È un argomento delicato, che preferisco non commentare.
Come potete essere aiutati a evitare il peggio?
Il governo ha dimostrato di non voler ascoltare nessuno, nemmeno gli appelli del Papa alla clemenza per i dissidenti. Siamo stati accompagnati con coraggio dalla Chiesa cattolica e da molti altri Paesi che hanno sostenuto la causa democratica e il rispetto dei diritti umani a Cuba. Chiediamo solo di non desistere, di non dimenticarci, di non pensare che sia impossibile aiutarci a uscire dalla crisi che stiamo vivendo anche se tutto sembra indicare il contrario.
Castro ha ucciso 180 milioni di persone!