Se Berlusconi non arriva a mille giorni(ilriformista)
Mandato da Il Legno Storto Lunedì, 07 luglio 2003, 15:21 uur.
ilriformista

ANOMALIE. PERCHÉ LA SINDROME DI METÀ LEGISLATURA ACCOMUNA I DUE POLI

Cominciamo seriamente a temere (temere, perché a noi il bipolarismo piace) che a mille giorni il governo Berlusconi non ci arriva. È intorno ai 750, e con il semestre italiano ne può mettere da parte altri 180 o giù di lì. Dopo ci sarà la maledizione di metà legislatura. Quella che già colpì Romano Prodi (850 giorni). Consiste in questo: la miracolosa metamorfosi che trasforma le coalizioni di partiti in partiti-coalizione, nel bipolarismo all'italiana non è avvenuta.

Berlusconi, con tutta la sua potenza mediatica ed economica, è arrivato pressappoco allo stesso capolinea dove si fermò Prodi. Con una differenza (e per certi aspetti un'aggravante). Mentre Prodi non era il padrone della coalizione, e dunque fu sostituito (proditoriamente), Berlusconi è il padrone della coalizione, e dunque non può essere sostituito. O cambia governo (fa fuori la Lega, lui che può e che ha i numeri), o cambia parlamento, e tenta la carta delle elezioni anticipate per farle coincidere con le europee.

La strada dello scioglimento per lui sarà dolorosa, rischia di lasciare per strada un bel po' di voti, di dover trovare un pezzo di ricambio per la Lega (i radicali di Pannella sono pronti). Rischia persino di perdere. Ma se le cose continuano così, tutto è meglio di farsi cuocere e a fuoco lento. È il problema che si crea quando c'è il leader ma manca la leadership. La barca deve affondare col capitano.

Sarebbe un esito disastroso per chi ha a cuore la normalizzazione del paese: per la seconda legislatura di seguito il bipolarismo non avrebbe garantito un governo di legislatura. Vorrebbe dire che i poli si sono dimostrati congegni finalizzati a vincere le elezioni, ma costituzionalmente incapaci di governare. Francamente, è questa l'anomalia italiana che ci preoccupa sopra ogni altra. Come ha scritto Giuliano Zincone: «Il conflitto di interessi del Cavaliere è deplorevole, ma il conflitto di interessi tra An e quelli della Lega è micidiale».

Ciò che ci spinge a tanto pessimismo è, paradossalmente, l'esito felice della verifica. Studiatene la terminologia e vedrete che, per la prima volta dalla vittoria elettorale di due anni fa, essa mette nero su bianco che lo scettro è tornato nelle mani dei partiti. Il trionfo del metodo-coalizione è già scritto nel nome di quel nuovo organismo, chiamato appunto Consiglio di coalizione, che riporta in auge un modello del tempo che fu, quando lo 0,2% in più o in meno del Psdi alle amministrative aveva un effetto sugli equilibri di governo. Un vero governo del premier affronta diversamente le tempeste: fa rimpasti, non verifiche, e meno che mai consigli di coalizione. Promuove o licenzia ministri, ciò che Berlusconi poteva fare sei mesi fa e non ha avuto il fegato di fare. La stessa idea di un programma semestrale la dice lunga sul fiato di un esecutivo che fino a ieri parlava in termini di legislatura.

La vastità di quel programma, poi, ne confuta l'attendibilità: se c'è qualcuno pronto a scommettere che tra sei mesi avremo la devolution con l'interesse nazionale, la Consulta federale e il nuovo codice di procedura penale, la riforma delle pensioni e il premierato, alzi la mano.
Tra le conseguenze negative di questa navigazione men che a vista, ce n'è una che riguarda l'opposizione. L'esaurirsi della spinta propulsiva del governo la induce infatti a rilassarsi e a fare lo stretching, ad assumere atteggiamenti taoisti, a sedersi sulla riva del fiume.

Cullandosi nello stesso inganno che ha generato i problemi di Berlusconi: quello che conta è vincere, agganciare in qualche modo Rifondazione, e il governo ci cadrà nelle mani come una pera matura. Nel frattempo non provate a chiedere al governo in-waiting come riformerebbe le pensioni, che tipo di relazioni stabilirebbe con l'America di George Bush, che cosa pensa della strategia di sicurezza dell'Europa. Non ve lo dirà, non a voce alta, non se Bertinotti può sentire.

C'è chi dice che questo triste stato di cose è frutto del fallimento del maggioritario, e che basterebbe tornare al proporzionale per mettervi riparo. Sarà. Ma nessuno ci spiega perché mai il computo aritmetico dei consensi dovrebbe ridurre il potere delle estreme o come mai - se così fosse - le estreme dovrebbero accettarlo.
E se invece la colpa fosse dei due poli, che preferiscono vincere piuttosto che governare, rischiando così di non vincere mai due volte di seguito, e di non durare mai più di metà legislatura? In fin dei conti, a Berlusconi basterebbe licenziare la Lega, per provare a governare. E all'Ulivo basterebbe licenziare Rifondazione, per provare a vincere senza rinunciare a governare. Ci sono riforme istituzionali che solo una leadership politica può dare. Non se ne vede traccia, al momento, né di qua né di là.