Non è un paese per vecchi
Il conservatorismo è lento, non è rock
di Florian
“E’ come se si fossero svegliati all’improvviso senza sapere come sono arrivati lì dove sono. Be’, in un certo senso non lo sanno davvero…”
Sceriffo Bell
Non è un paese per vecchi… Il titolo del celebre romanzo di Cormac McCarthy mi è risuonato in testa mentre pensavo alle difficoltà che incontra il pensiero conservatore ad affermarsi su Internet, nella fattispecie su Politica in Rete e in precedenza su Politica Online. La rete infatti è un “paese” abitato in massima parte da giovani, mentre il conservatorismo è una politica per vecchi. E’ difficile nascere conservatori, di solito a si diventa tali in età avanzata, al soldo di varie esperienze fallite. Il conservatorismo è lento, non è rock, per utilizzare il famoso spartiacque di Celentano. Non c’è nulla di appariscente e di particolarmente attraente in un conservatore, che non è “cool”, ma “old”. Vecchio, appunto, ma sempre attuale. E infatti in qualsiasi età e in qualsiasi paese si incontra sempre chi si carica dell’ingrato compito di pensare controcorrente, chi cerca di abbattere il velo gioioso ed ipocrita dell’apparenza per la nuda, spiacevole e al tempo stesso vibrante e necessaria realtà.
Con questo non si vuol dire che il conservatore sia un menagramo impenitente, ma un pessimista sì. Uno che ragiona sui fatti e su quel carico di miserie umane che chiamiamo Storia non può essere facilmente bendisposto verso il futuro. Per questo motivo il conservatore è una figura nella quale difficilmente un ragazzo può compenetrarsi, perché la giovinezza reclama l’azione non l’attesa, l’impegno non la riflessione, il gruppo non la solitudine. Si può ben dire che tutti i giovani sono radicali, seppur di varia specie. Amano i principi, le teorie, specie se difficili o addirittura impossibili da raggiungere. Questo genere di svago intellettuale gliel’offrono quotidianamente tanto le ideologie laiche quanto le religioni: comunismo, fascismo, nazismo, anarchismo, liberalismo, cristianesimo, new age, in vario grado esaudiscono tutti il bisogno umano, e in primo luogo giovanile, di trascendere l’esistenza comune. Solo il conservatorismo richiama brutalmente alla realtà e perciò è considerato dai più come “gretto”. Per tale ragione ci si rivolge ai conservatori solo in tempo di crisi, quando il futuro appare buio e allora si riscoprono i nonni e i vecchi programmi della tv. Ma attenzione a non equivocare, perché anche la nostalgia è spesso un sogno, una fuga dalla realtà e perciò lontana dal vero conservatorismo. Il quale si richiama sì al passato, ma come stimolo per andare avanti, perché la tradizione, come la vita, ha bisogno di essere continuamente innaffiata, altrimenti appassisce e muore. Continuare dunque, ma adagio e mantenendo comunque i tratti essenziali del percorso che ci si è dati.
Per questo motivo il conservatore non è contro la modernità, semmai contro il modernismo, quella perversa idea che il nuovo in quanto tale è preferibile al vecchio, che un’idea apparentemente brillante vada sperimentata a prescindere dal risultato che si avrà. C’è una profondo legame tra ideologia e giovinezza, un mito quest’ultimo che attraversa trasversalmente la destra come la sinistra. L’esperienza invece è il fondamento della vecchiaia, perché non si può essere vecchi se non si è prima vissuto. E ci accorgiamo di aver vissuto solo grazie alla memoria, ai ricordi. Per questo i giovani sognano e i vecchi ricordano. Viviamo in un mondo per il quale la vecchiaia è tabù e impera in mito dell’eterna giovinezza. Così i conservatori sono sempre di meno e la loro voce è malamente sopportata, invece che ascoltata. Chi viene da lontano e guarda lontano viene scambiato per moralista. Come dicevamo, non è un paese per vecchi.