Su "La Padania" lettera del viceministro Stefano Stefani
"Primi della classe, invadono rumorosamente le nostre spiagge"
"Tedeschi, biondi stereotipati ubriachi di tronfie certezze"
Emilia e Toscana furibonde: "Non può
rappresentare il turismo italiano"
ROMA - Li conosciamo bene, i tedeschi. E a chi non dovesse conoscerli è consigliata la lettura della lettera aperta, pubblicata oggi sul quotidiano La Padania, organo ufficiale della Lega Nord, a firma di Stefano Stefani, sottosegretario leghista alle Attività produttive con delega al turismo. Con il titolo, per l'appunto, "Li conosciamo bene i tedeschi". E dove, con dettagliata esegesi di un popolo di "biondi stereotipati dall'orgoglio ipernazionalista", se ne enunciano le più pregnanti quanto meno tollerabili caratteristiche. Ad esempio, scrive Stefani, "invadono rumorosamente le nostre spiagge ma sul loro quotidiano più letto, la Bild (...) non dimenticano di menzionare (...) il numero dei furti d'auto a Rimini o addirittura le ultime statistiche dei morti di mafia in Sicilia". Passaggio, questo, che ha suscitato la reazione irritata degli assessori al Turismo di Toscana ed Emilia Romagna, che in una dichiarazione congiunta si sono detti "indignati" dalle "gravissime dichiarazioni" del sottosegretario, ed hanno espresso "solidarietà a un intero popolo ingiustamente offeso".
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Ma al di là del risentimento, sia pur legittimo, degli assessori, vale la pena segnalare alcuni dei passaggi della lettera aperta di Stefani. Che, naturalmente, ha come bersaglio principale Martin Schulz, personificazione di vizi e malcostumi di un popolo intero, "ubriaco di tronfie certezze", abituato a sentirsi "primo della classe" e ad assumere "atteggiamenti protervi". Come quelli manifestati, appunto, da Schulz, reo di aver attaccato "con grevità" Berlusconi e di aver "dubitato dell'intelligenza dei nostri ministri e delle loro dichiarazioni". Proprio lui, quel'"ex libraio di Hehlrath". Che con grossolano sillogismo, ha "volontariamente offeso tutti quegli italiani che con il loro voto hanno democraticamente deciso di essere rappresentati da questi partiti e da questi esponenti".
Ma "li conosciamo bene, i tedeschi". Che "mangiano i nostri spaghetti ma non perdono occasione di rappresentarli in un piatto con una P38 al posto del condimento". Quegli stessi che "invadono rumorosamente le nostre spiagge" e poi parlano male di Rimini e della Sicilia. Come Der Spiegel, che "in occasione dell'appuntamento italiano alla presidenza europea non aveva trovato copertina migliore che quella della foto di Berlusconi seduto su un trono con la scritta 'Der Pate', ovvero il Padrino". Messaggio "lapalissiano" secondo Stefani, ovvero "Berlusconi è un boss della mafia, e quindi l'Italia mafiosa fatta di elettori mafiosi accetta di convivere con la mafia".
Stefani sente l'urgenza di precisare: "La mafia è sinonimo di morte e sofferenza, accostamenti simili sono quanto mai inopportuni ed offensivi". "Ma questo - insiste il sottosegretario - Martin Schulz lo ignora". E lo ignora perché "l'ex libraio di Hehlrath", ci informa Stefani, è "cresciuto a roboanti gare di rutti dopo pantagrueliche bevute di birra e scorpacciate di kartoffel fritte". A un tale personaggio, che per giunta ha anche "gli occhi da topo", non resta che "mostrare sdegno e perplessità, chiedendo a gran voce la pubblica gogna per chi ha osato fare una semplice battuta priva di cattiveria e in risposta alla sua, questa sì, cattiveria".
Kapò, una battuta in una parola. Che però "i tedeschi cercano di cancellare dalle loro memorie, quella stessa parola che opportunisticamente i teutonici non perdono però occasione di riesumare quando si tratta di affibbiarla velatamente ad un ministro italiano, magari della Lega". E qui l'analisi di Stefani si fa, diciamo così, sottile: "Sono i tipici atteggiamenti degli insicuri, che attaccano sapendo di essere vulnerabili".
Troppo comodo, "siamo stanchi di queste strategie da quattro soldi". "E se in passato è bastato un test autmobilistico 'dell'alce' per far capire la fallibilità e la ribaltabilità di quest Paese, ubriaco di tronfie certezze - conclude l'autore della lettera -, chissà quante coscienze potrebbe far crollare un doveroso ma, a questo punto necesario e indispensabile... test d'intelligenza".
(4 luglio 2003)
Da togliere il fiato...