Inquadramento storico

I pellegrinaggi a Gerusalemme, umbilicus mundi secondo l'espressione del pellegrino Tietmoro, cominciarono già dai primi secoli dopo la morte di Cristo.

I pochi pellegrini che raggiungevano la Città Santa, nei primi secoli dell'era cristiana, rispondevano ad una esigenza di rafforzamento della loro fede mediata dal contatto fisico con i luoghi della predicazione di Cristo, o, come scriveva Paolino di Nola alla fine del IV secolo: ‘nessun altro sentimento attrae gli uomini a Gerusalemme se non il desiderio di vedere e toccare i luoghi dove Cristo fu fisicamente presente’.

Fu tuttavia con la liberalizzazione del culto cristiano, in epoca costantiniana, e con il miracoloso ritrovamento da parte di Sant'Elena della vera Croce e l'impulso dato al suo culto, che i viaggi sporadici si trasformarono in un flusso continuo e imponente di pellegrini, non più solo a Gerusalemme ma in tutta la Terrasanta.

Nell'Alto medioevo i luoghi di pellegrinaggio si moltiplicarono anche in tutto l'Occidente.

Le motivazioni di tale fenomeno sono rintracciabili, da una parte nella conquista araba dell'Oriente, dall'altra nel sacrum furtum di reliquie nella Città Santa con il successivo trasferimento nelle chiese occidentali, nonché il ritrovamento, sempre in Occidente, dei corpi dei Santi.

Si assistette, quindi, all'aumento d'importanza di Roma come polo della Cristianità e ad un vasto fenomeno di sacralizzazione dell'Europa.

La trasferibilità dei corpi venerati, dei loro frammenti e delle reliquie, rendeva possibile la santificazione di ogni luogo dando origine a strutture di culto e devozione autonome aumentando le possibili mete di pellegrinaggio.

Si compensava, così, l'oggettiva lontananza dai luoghi santi orientali, e sugli assi viari che collegavano i principali luoghi della cristianità di fine millennio, Gerusalemme, Roma e Santiago di Compostella, si realizzarono centri devozionali di matrice gerosolimitana, compostellana o dedicati a culti locali di martiri e santi.

Come evento epocale, di lungo periodo, il pellegrinaggio rappresentò l'integrazione tra unità spirituale e unità culturale, attraverso l'incontro tra popoli di diversa provenienza, fondato sui valori della cristianità.

L'azione politica carolingia e quella culturale della rete abbaziale, oltre a favorire questo processo, furono essenziali per la formazione di una identità europea che non si manifestò come modello comune, forzatamente imposto, ma come riconoscimento e sublimazione delle singole culture.

L'asse che fin dall'antichità collegava Roma con i paesi d'Oltralpe assunse nell'alto medioevo notevole importanza come via di pellegrinaggio, e più in generale nel quadro dei nuovi assetti politico-amministrativi europei, acquisendo in epoca carolingia la denominazione di Via Francigena o Romea a secondo del senso di percorrenza; a nord superate le Alpi si raccordava alla Via Tolosana in direzione di Santiago di Compostella, a sud di Roma i pellegrini proseguivano lungo la via Appia per imbarcarsi per Gerusalemme.

La Via Francigena non vide solo il passaggio di fedeli di ogni ceto sociale. Attraverso il suo percorso discesero i popoli nordici alla conquista di Roma, transitarono Re, Principi e Papi nei loro viaggi ufficiali, passarono i ‘Cavalieri di Cristo’ che al grido di ‘Guerra Giusta’ si recavano in Terrasanta a combattere gli ‘infedeli’.

Queste vie, inoltre, favorirono la grande ripresa dell'Occidente dei secoli XII e XIII, caratterizzata dallo sviluppo degli scambi commerciali, dalle attività finanziarie e dalla specializzazione delle manifatture, consentendo alle varie economie locali di inserirsi in quella che è stata definita l'economia a ‘raggio mondiale’ del Medioevo. I mercanti italiani acquisirono una esperienza e una sapienza commerciale con diversi secoli di anticipo sugli altri paesi europei, svolgendo un ruolo di assoluto rilievo tra Oriente e Occidente, tra Alessandria d'Egitto e le fiere della Champagne.

I mercanti toscani delle città, come dei centri di piccola e media consistenza, si spinsero in Germania, Francia e Inghilterra, nel Nord Africa e nel Levante.

Le spade di Villa Basilica competevano con quelle di Toledo ed ancora lo zafferano, i panni-lana della Val d'Elsa venivano esportate fino in Oriente; attraverso questa via viaggiavano le tecnologie produttive, come quella importantissima della seta che da Lucca passò a Bologna, a Venezia ad Avignone e anche a Pescia.

Tutti questi viaggiatori, mettendo a confronto la propria cultura con quella dei territori attraversati, diventarono dei veri e propri mediatori culturali: fu, ad esempio, attraverso questi ‘vettori’ che le varie influenze artistiche si diffusero in tutta Europa.

Si strutturò quindi una rete materiale, di percorsi, e strutture religiose (monasteri e pievi), d'accoglienza (spedali), borghi e castelli, e spesso il passaggio o meno dei tracciati determinò la fortuna o il decadimento delle città e dei territori attraversati. Si strutturò inoltre una rete immateriale che attivò, o quantomeno favorì, nuovi processi di territorializzazione, determinando l'integrazione tra cultura europea e cultura locale, fondamentale per l'evoluzione sociale, amministrativa, politica ed economica dell'Europa medievale e, al contempo, per la ristrutturazione degli assetti territoriali ed urbani.