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Discussione: Etno-antropologia

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    Predefinito Ento-antropologia

    Vol. 2° - XIX.6.1.
    Le razze umane
    Stern è dell’idea che non esistono razze pure in quanto, per essere pura, una razza richiede che tutti i suoi membri siano omozigoti, cioè con geni identici in uno o più loci appaiati di cromosomi omologhi, e debbono essere isogenici, cioè geneticamente simili o uniformi riguardo a specifiche paia di geni. Invece, gli individui sono in gran parte degli ibridi, in quanto i genitori appartengono a differenti varietà della stessa specie oppure a specie differenti ma strettamente correlate.

    Pertanto Stern definisce una razza come un gruppo di popolazioni il cui pool genico, cioè l’informazione genetica totale, è diverso da quello di altri gruppi.

    Altra definizione può essere quella di Novitski, secondo cui una razza è un gruppo più o meno isolato geograficamente e culturalmente che condivide un pool genico comune. Pertanto, come dice Stern, se qualcuno non è dell’idea che i Giapponesi costituiscono in qualche modo un gruppo razziale distinto, è come se affermasse trattarsi di una miscela di Mongolici, Malesi, Polinesiani e Ainu caucasici.

    Linneo classificò le razze umane nel suo Systema Naturae basandosi sul colorito della cute:

    Europaeus albus
    Afer niger
    Asiaticus luridus
    Americanus rufus


    includendo in una quinta categoria quelle razze umane che a suo avviso erano aberranti.

    Blumenback (1752-1840) divise anch’egli le razze umane in cinque gruppi secondo il colore della pelle:

    Caucasico o bianco
    Mongolico o giallo
    Malese o bruno
    Etiopico o nero
    Americano o rosso


    mettendo tuttavia in evidenza che esistevano gradazioni intermedie del colorito cutaneo e della morfologia somatica, per cui tutte le razze sono tra loro correlate.




    Attualmente la suddivisione in base al colore della pelle è accettata malvolentieri, se non addirittura accantonata, e si accetta con una certa riluttanza la classificazione di Coon (1965) basata sull’origine geografica delle popolazioni, per cui le razze umane vengono suddivise in 5 gruppi.

    Classificazione geografica
    delle razze umane
    secondo Coon (1965)

    Australoidi
    Aborigeni australiani


    Melanesiani


    Papuani


    Indiani tribali


    Negritos

    Caucasoidi
    Europei


    Ainu


    Mediorientali


    Nordafricani


    parecchi Indiani

    Capoidi
    Africani della boscaglia


    Ottentotti

    Congoidi
    Negri africani


    Pigmei

    Mongoloidi
    Est Asiatici


    Indonesiani


    Polinesiani


    Micronesiani


    Amerindi


    Eschimesi


    Ainu: popolo aborigeno del Pacifico settentrionale che vive prevalentemente sull’isola di Hokkaido, la più settentrionale del Giappone, e nella parte meridionale dell’isola sovietica di Sakalin. A differenza degli altri popoli asiatici, gli Ainu hanno capelli bruni ondulati, pelle chiara, e presentano un discreto irsutismo. Mancano anche della piega epicantica a livello della palpebra superiore, caratteristica dei Mongolici, e la loro lingua non ha nessuna relazione con qualsiasi famiglia linguistica asiatica nota.
    Capoidi sono le popolazioni dell’area che gravita intorno a Città del Capo.
    Il nome originario degli Ottentotti è Khoikhoi, popolazione seminomade dedita alla pastorizia che un tempo abitava la parte meridionale della Namibia e le aree NO, S e SE del Sudafrica.

    L’uomo è uno dei casi più studiati di differenze interrazziali. Sulla base dei dati morfologici e di frequenza genica, Boyd e altri studiosi hanno proposto cinque gruppi razziali principali, ciascuno dei quali può essere suddiviso in ulteriori popolazioni. I gruppi razziali attualmente riconosciuti sono:

    § Europeo: include varie popolazioni note come Bianchi Caucasici, nelle quali troviamo dai Lapponi della Scandinavia ai popoli del Mediterraneo, inclusi quelli del Nord Africa

    § Africano: a questo gruppo appartengono i negri d’Africa

    § Asiatico: include le popolazioni mongoliche e quelle del subcontinente indo-pakistano

    § Americano: tutte le popolazioni autoctone dei continenti americani

    § Pacifico: include popolazioni della Melanesia e della Polinesia, nonché gli aborigeni dell’Australia.

    I dati di sequenza provenienti sia dal DNA mitocondriale che dai geni nucleari concordano con quest’ipotesi. Nonostante la teoria out of Africa non venga universalmente accettata, i dati di sequenza del DNA stanno giocando un ruolo sempre più importante nello studio dell’evoluzione umana e nello studio dell’evoluzione di molti gruppi.

    Le razze umane mostrano una grande variabilità di forma, ma globalmente una variazione genetica spiccatamente bassa, anche tra popolazioni tra loro geograficamente distanti. Le differenze genetiche tra differenti gruppi di Aborigeni, e tra gli Aborigeni australiani e popolazioni d’oltremare, sono state oggetto di ricerca da parte di alcuni studiosi. Le caratteristiche genetiche paragonate riguardano i gruppi sanguigni, forma e colore dei capelli, impronte digitali e palmari che costituiscono i cosiddetti dermatoglifi.

    I dati di Roy Simmons e dei suoi colleghi del Commonwealth Serum Laboratories hanno messo in evidenza che gli Aborigeni australiani sono unici per certe caratteristiche genetiche, come una generale mancanza di gruppi sanguigni B e A2, ma questo tipo di ricerca non è stato in grado di fornire un qualsivoglia indizio circa l’origine biologica dei primi Australiani. Ulteriori ricerche hanno messo in luce che non esistono connessioni genetiche tra gli Aborigeni d’Australia e gruppi distanti, come le popolazioni vediche dell’India o dello Sri Lanka, oppure gli Ainu del Giappone settentrionale.

    Il problema consiste nel fatto che gran parte delle differenze, quali forma dei capelli, gruppi sanguigni e colorito cutaneo, che creano nette distinzioni tra gli esseri umani in vita, non sono riscontrabili nello scheletro. Negli ultimi vent’anni è venuta in soccorso la biologia molecolare. In base al principio che due specie che discendono da un antenato comune possedevano all’origine lo stesso DNA, col moltiplicarsi delle generazioni sono andate accumulando via via delle modificazioni casuali. Quanto maggiore è il lasso di tempo intercorso da quando le due specie si sono separate, tanto maggiori sono le differenze a carico dei rispettivi genomi. Queste differenze vengono espresse come percentuale e la mioglobina, per esempio, può mutare dell’1% dopo 6 milioni di anni.

    La comprensione di questo modo di procedere delle molecole organiche ha portato a stabilire un orologio molecolare che segna l’intervallo di tempo intercorso dal momento della separazione di due specie. L’impalcatura cronologica viene pur sempre fornita dalle tecniche convenzionali di datazione dei fossili, come il metodo al radiocarbonio . Per esempio, pare ormai assodato che mammiferi e marsupiali si separarono circa 100-125 milioni d’anni fa. La data cui risale un fossile è tutto quanto serve per mettere a punto l’orologio che scandirà il tempo intercorso da quando specie diverse condividevano un antenato comune, in quanto il DNA accumula mutazioni a frequenza relativamente bassa e la stessa molecola cambia con la stessa frequenza in tutte le specie in esame.

    Studiando il materiale genetico dei differenti gruppi razziali è stato possibile costruire un albero genealogico dall’analisi delle proteine del sangue e del DNA cromosomico. Un ulteriore sviluppo è derivato dallo studio del DNA mitocondriale che si evolve con maggior rapidità del DNA nucleare, fornendo un ulteriore orologio molecolare, indipendente da quello del genoma nucleare e più veloce, capace di rivelare a carico di un passato relativamente recente l’influsso dell’eredità matrilinea.

    L’albero genealogico costruito sulla base del DNA mitocondriale sembra mostrare che forse i principali gruppi razziali umani sono emersi 200.000 anni fa quando avvenne una triplice suddivisione in Africani, Caucasici e linea Australo-Orientale.

    Questa teoria è sostenuta da alcuni genetisti australiani, come Robert Kirk, che è giunto a questa conclusione attraverso l’analisi di studi genetici tra loro indipendenti, giungendo altresì ad affermare che la divergenza delle linee ancestrali degli Aborigeni Australiani, dei Negri d’Africa e degli Asiatici Orientali si verificò in un momento compreso tra 200.000 e 100.000 anni fa.

    Datazione alquanto più precisa rispetto a quella proposta da Mark Stoneking, che aveva proposto per l’out of Africa un momento compreso tra 50.000 e 500.000 anni fa, ammettendo egli stesso nel 1992 che le sue conclusioni erano viziate dal punto di vista statistico.
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

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    Der Wehrwolf

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    Il grafico della I e della II componente principale delle frequenze geniche in Italia fornisce una rappresentazione bidimensionale

    di quanto le popolazioni delle regioni italiane ed europee

    differiscano nelle loro frequenze geniche.

    La distanza […] tra queste aree misura la loro differenza genetica.



    Per facilitare la lettura, le aree corrispondenti alle popolazioni esaminate sono rappresentate in colori diversi: in nero le popolazioni isolate dal punto di vista genetico e linguistico: sardi (sar), baschi (bas), lapponi (lap); in verde gli abitanti delle regioni italiane: Piemonte (pie), Lombardia (lom), etc etc; in giallo le popolazioni dei paesi mediterranei: Grecia (gre), Spagna (spa), Portogallo (por); in rosso quelle dei paesi dell’Europa centrale e in blu quelle dei paesi dell’Europa settentrionale.



    L’illustrazione […] esemplifica questo tipo di analisi offrendoci una sintesi della collocazione genetica dell’Italia rispetto all’Europa.



    La maggior parte delle regioni italiane è qui rappresentata […] insieme a molte nazioni d’Europa […]. Le posizioni di ciascuna regione d’Italia e di ciascuna nazione europea dipendono da due variabili che sono la prima e la seconda componente principale di tutte le frequenze dei geni presi in considerazione. Questa rappresentazione è stata costruita in modo che la distanza di ogni coppia […] di aree circolari misura la loro differenza genetica […].



    La prima considerazione che emerge dall’analisi di questa illustrazione è che la Sardegna si distacca dalle altre regioni italiane (Sicilia inclusa) con una diversità genetica che è tra le maggiori riscontrabili in Europa […].



    Si noti inoltre la posizione estrema dei lapponi: il loro isolamento genetico rispetto alle altre popolazioni europee è ben documentato. […]



    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    Originally posted by Gringo
    Interessante notare come i gallo italici (Lombardi, Liguri, Veneti e Emiliani) siano vicini agli iberici. Curioso invece l'avvicinamento dei popoli Etruri e Piemontesi ai Cecoslovacchi e agli Ungheresi...
    Piccola puntualizzazione: i veneti non sono gallo-italici.
    http://www.artonline.it/img/large/i14g-073.jpg

  5. #5
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    Predefinito Lingue dello stato italiano

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    Der Wehrwolf

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