Lula si è stufato dei no global
Dopo la luna di miele di Porto Alegre, arriva la gelata di Evian Il presidente brasiliano Ignacio Lula Da Silva, che per il suo passato di sindacalista operaio e per le sue promesse di essere il “presidente dei poveri” aveva dominato il convegno no global di Porto Alegre, a nemmeno un anno di distanza ha rotto con i suoi ex sostenitori.
Il divorzio si è consumato ufficialmente a Evian, dove Lula, dopo aver proposto al G8 un piano contro la fame basato su un’imposta sul commercio di armi, ha esposto la stessa ipotesi ai no global, che l’hanno bocciata senza appello. L’argomento impiegato da un loro rappresentante, Bernard Pinaud – che allora bisognerebbe sperare nell’incremento del commercio di armamenti per favorire i poveri – è poco più di una battuta, e nemmeno spiritosa.
In realtà, però, nonostante le apparenze, non sono tanto i no global a essersi stancati di Lula, quanto il presidente a essersi spostato su posizioni favorevoli alla
globalizzazione dei mercati. Un capo di Stato non fatica a rendersi conto del fatto che, da quando, per effetto dell’11 settembre, i processi di apertura dei mercati
internazionali hanno subito un rallentamento di fronte a una ripresa del protezionismo, chi ci rimette sono in primo luogo i paesi meno sviluppati. Il protezionismo agricolo, con cui l’America e soprattutto l’Europa difendono i loro contadini, rende più difficile l’esportazione dai paesi poveri alle metropoli capitalistiche.
Le tensioni monetarie, espressione di una latente guerra commerciale a difesa delle industrie manifatturiere del Nord del mondo, hanno effetti deprimenti per le economie più fragili. Il problema dei paesi meno sviluppati, sostiene Lula, consiste nel poter sviluppare produzioni vendibili sul mercato internazionale, senza che atavici problemi, a cominciare da quello della fame, impediscano di concentrare gli investimenti necessari.
Per questo propone un fondo mondiale contro la fame, che consenta alle economie di crescere. L’impasto di protezionismo localistico e di rifiuto della crescita, che è l’ideologia no global, con tutto ciò non c’entra proprio nulla.
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