Questo articolo è stato inviato 15 giorni fa al "Messaggero Veneto". Non è mai stato pubblicato.

Il dibattito rilanciato su queste pagine dall’ On. Angelo Compagnon a proposito di Mediocredito e Friulia, ci da lo spunto per richiamare l’ attuale segretario regionale dell’ UDC e assieme a lui tutta la classe politica friulana ad un esame ed alla riflessione sulle leggi che attualmente regolano il credito bancario.
Compagnon critica gli assetti misti pubblico/privati assunti in tempi recenti dalle due società regionali e come soluzione propone la costituzione di un gruppo di intermediazione finanziaria costituito al 100% da capitale pubblico della Regione.
L’ idea è ottima e va a braccetto con un modello che da mesi il Fronte Friulano sta poponendo che è quello di costituire Istitui Bancari totalmente controllati dagli Enti Locali, sulla falsa riga delle Banche di Credito Cooperativo, che concentrino attenzioni ed investimenti prevalentemente sul proprio territorio, contenendo le tensioni speculative sui capitali.
Peccato che queste enunciazioni di principio vadano a scontrarsi con la realtà legislativa europea ed italiana che i nostri parlamentari conoscono sicuramente e su cui loro, a differenza di un piccolo movimento di opinione come il nostro, possono agire.
Dovremmo ricordarci di come nel corso degli anni ’80 le Casse di Risparmio, diretta emanazione degli Enti Locali, siano state lungamente imputate di rigidità ed inadeguatezza a causa delle interferenze partitiche a cui era sottoposta la loro gestione.
Così come all’ inizio dehli anni ’90 in un’ Italia, travolta dall’ entusiasmo liberista, tutti ci eravamo illusi che ricorrendo alla privatizzazione generalizzata di Banche e Aziende pubbliche si sarebbe arrivati al dimezzamento del debito pubblico, alla riduzione delle spese per il cittadino ed all’ aumento della concorrenza.
Fatto sta che con queste premesse dal 1990 ad oggi la classe politica italiana ha costruito (coscentemente o meno, questo lo deciderà la storia) un muro legislativo insormontabile che di fatto rende impossibile ogni manovra in materia di banche ed erogazione del credito.
Nel 1990 il duo Amato- Ciampi, con la famosa legge “Amato” ha smantellato il credito pubblico italiano, trasformando gli istituti pubblici in SpA o svendendone le quote a Banche private.
Nel 1992 il parlamento italiano, ha aderito al trattato di Maastricht, rinunciando alle prerogative costituzionali sulla moneta e sulla Banca d’ Italia. Successivamente la Legge Ciampi del 1998 e gli accordi di Basilea hanno legato mani e piedi al settore bancario, congelandolo a favore di pochi grossi Istituti.
Tornare indietro rispetto a questa situazione senza agire sulle normative, in primis quelle comunitarie, è oggi pura utopia.
Quindi allo stato attuale per qualsiasi Ente Pubblico, sia esso la Regione o un Comune, è impossibile detenere pacchetti di maggioranza di qualsisi istituto di credito o socetà finanziaria.
A distanza di 20 anni noi semplici cittadini ci siamo accorti che la “mano invisibile” del Pubblico, è indispensabile per intervenire laddove il capitale privato è ostile o è riottoso ad investire.
Qualcuno dei nostri politici intende fare qualcosa a proposito? O in breve dovremo renderci conto che la mano pubblica era indispensabile anche per gli altri settori (acqua, energia, immondizie) che attualmente stanno passando alla gestione privata, piangendo un’ altra volta sul latte versato?

Fronte Friulano