di John Pilger

"Ancora una volta l'America è stata risucchiata in un pantano. Le avventure rapaci in Iraq e Afghanistan stanno andando veramente male". In un reportage scritto per il settimanale inglese "New Statesman", John Pilger svela il disastro che si cela dietro le due "grandi vittorie" americane dopo l'11 settembre, in Afghanistan e in Iraq.



Le due “grandi vittorie” dell’America dall’11 settembre 2001 si stanno rivelando per quello che sono. In Afghanistan, il regime di Hamid Karzai non ha autorità, non ha denaro, e collasserebbe senza le armi americane, al Qaeda non è stata sconfitta e i talebani stanno riapparendo. Andando oltre ciò che ci vogliono raccontare, la situazione delle donne e dei bambini resta disperata. La donna che è stata simbolicamente inserita nel gruppo di Karzai, il coraggioso medico Sima Samar, è stata cacciata dal governo e teme ora per la sua vita, costretta a vivere con una guardia armata fuori dalla porta del suo ufficio e un’altra al cancello. Omicidi, stupri, abusi sui bambini sono commessi nella totale impunità dall’esercito privato degli “amici” dell’America, i Signori della Guerra che Washington ha comprato pagandoli milioni di dollari, soldi alla mano, per dare una parvenza di stabilità.
“Ci troviamo in zona di guerra non appena lasciamo la nostra base”, mi ha detto un colonnello americano alla base aerea di Bagram, vicino a Kabul. “Ci sparano ogni giorno, molte volte al giorno”:
Quando gli ho detto che però di certo erano venuti per liberare e proteggere le persone, ha riso tenendosi la pancia.
Le truppe americane sono viste di rado nelle città afgane. Scortano gli ufficiali USA che passano ad alta velocità su veicoli blindati, con i finestrini oscurati seguendoli su veicoli militari ad armi spianate montate ovunque. Anche la base ampia di Bagram è stata considerata troppo insicura per il Segretario della Difesa, Donald Rumsfeld, durante la sua recente e velocissima visita. Gli americani sono così nervosi che poche settimane fa hanno “casualmente” sparato, nel centro di Kabul, su 4 soldati dell’esercito afgano, uccidendoli, dando il via alla seconda maggior protesta di strada in una settimana contro la loro presenza.
Nel giorno in cui ho lasciato Kabul, un autobomba è esplosa lungo la via che conduce all’aeroporto, uccidendo 4 soldati tedeschi, membri della forza di sicurezza internazionale, Isaf. Il bus dei tedeschi è stato sparato in aria, carne umana giaceva sul bordo della strada. Quando i soldati britannici sono arrivati, per “isolare” l’area, sono stati accolti da una folla silenziosa che li osservava, uno sguardo torvo e il calore e la polvere, una divisione profonda quanto quella che già gli afgani conobbero nei confronti dell’esercito britannico nel diciannovesimo secolo, quanto quella dei francesi con gli algerini, degli americani con i vietnamiti.
Nell’Iraq, teatro della seconda “grande vittoria”, due segreti si stanno svelando. Il primo è che i “terroristi” che stanno combattendo l’occupazione americana rappresentano una resistenza armata all’occupazione che ha il supporto della maggioranza degli iracheni che, contrariamente alla propaganda pre-bellica, si stanno opponendo alla loro “liberazione” forzata (a tal proposito si veda l’indagine di Jonathan Steele, 19 marzo 2003, www.guardian.co.uk). Il secondo segreto è che stanno emergendo le prove di massacri compiuti dagli anglo-americani, bagni di sangue che Bush e Blair hanno sempre negato.
I confronti con il Vietnam sono stati fatti così spesso nel corso degli anni che ho esitato a farne un altro. Tuttavia le similitudini colpiscono. Per esempio, il ritorno di frasi come “essere risucchiati in un pantano”. Suggeriscono, ancora una volta, che gli americani sono vittime, non invasori: la versione che Hollywood suggerisce quando un’avventura rapace non volge al meglio. Da quando la statua di Saddam Hussein è stata abbattuta, quasi tre mesi fa, sono stati uccisi più americani che durante la guerra. Dieci sono stati uccisi e 25 feriti in un classico attacco in stile guerriglia e attacchi contro i posti di blocco e i checkpoint si contano a dozzine al giorno.
Gli americani chiamano i guerriglieri “i fedeli di Saddam” o “combattenti del partito Ba’ath”, nello stesso modo in cui rifiutavano di chiamare la resistenza vietnamita col nome di vietnamiti ma li definivano “comunisti”. Recentemente, a Falluja, nel cuore dell’Iraq sunnita, è stato chiarissimo che non era la presenza del partito Ba’ath o di fedeli di Saddam, ma la brutalità degli occupanti, che hanno sparato senza motivo sulla folla, a ispirare la resistenza.
I carriarmati americani che hanno sparato su una famiglia di pastori rievoca negli iracheni le stragi di pastori, delle loro famiglie e delle loro greggi, da parte degli aerei della “coalizione”, nella “no-fly zone” 4 anni fa, che io filmai e nel quale vidi i giochi assassini che gli aerei americani erano soliti fare in Vietnam, sparando sui contadini nei loro campi, sui bambini e sui bufali.

Il 12 giugno, gli americani, in forze, hanno attaccato una “base dei terroristi” a nord di Bagdad, lasciando più di 100 morti, in accordo con un portavoce statunitense. Il termine “terrorista” è importante, perché implica che personaggi simili ad al Qaeda stiano attaccando i liberatori, e così il collegamento tra l’Iraq e l’11 settembre è fatto, cosa che non fu fatta esplicitamente nella propaganda pre-bellica.
Più di 400 prigionieri sono stati fatti nell’operazione. E’ stato riportato che la maggioranza è andata ad aggiungersi a migliaia di iracheni in un luogo di prigionia all’aeroporto di Baghdad: un campo di concentramento sullo stile di quello di Bagram, da dove le persone vengono portate a Guanatanamo Bay. In Afghanistan gli americani catturano gli autisti di taxi per spedirli all’oblio, via Bagram. Come i ragazzi di Pinochet in Cile, coloro che vengono percepiti come ostili “spariscono”.
“Cerca e distruggi”, la tattica di far terra bruciata del Vietnam, è tornata. Nelle aride pianure del sud est dell’Afghanistan, il villaggio di Niazi Qala non esiste più. Gli aerei americani l’hanno fatto sparire prima dell’alba del 30 dicembre 2001 massacrando, tra gli altri, i partecipanti a un matrimonio. Coloro che abitavano il villaggio hanno detto che donne e bambini correvano in direzione di uno stagno senz’acqua, in cerca di protezione, ma hanno sparato loro mentre fuggivano. Dopo due ore gli aerei e gli assalitori se ne sono andati. In accordo con un’indagine delle Nazioni Unite 52 persone erano state uccise, tra loro 25 bimbi. “Li abbiamo identificati come obiettivo militare”, dice il Pentagono, come un eco della risposta che venne inizialmente data per il massacro di My Lai, 35 anni fa.

Colpire i civili è stato per lungo tempo un tabù giornalistico in Occidente. Chi faceva questo era reputato il mostro, non eravamo mai “noi”. Il tributo di vittime civili alla guerra del Golfo del 1991 è stato sfrenatamente sottostimato. Quasi un anno dopo, uno studio del Medical Education Trust di Londra ha valutato che più di 200.000 iracheni erano morti durante o immediatamente dopo la guerra, come conseguenza diretta o indiretta degli attacchi sulle infrastrutture civili. Il rapporto è stato completamente ignorato.
Questo mese l’Iraq Body Count, un gruppo di accademici americani e britannici e di ricercatori, hanno valutato che più di 10.000 civili possono essere stati uccisi, compresi 2356 civili nella sola Bagdad.
E si tratta di una valutazione estremamente prudente.
In Afghanistan la carneficina è stata simile. A maggio, l’anno scorso, Jonathan Steele ha estrapolato tutte le prove disponibili per giungere a un conteggio del costo in vite umane dei bombardamenti USA, e ha concluso che 20.000 afgani hanno perso la vita.
Questi effetti “nascosti” non sono nuovi. Un recente studio dell’Università di Columbia, a New York, ha dimostrato come l’Agente Orange e altri pesticidi sono stati sparsi in Vietnam in misura 4 volte maggiore di quanto si riteneva. L’Agente Orange contiene diossina, uno dei veleni più mortali che si conoscano. In quella che chiamarono inizialmente Operation Hades, successivamente modificato nel più diplomatico Operation Ranch Hand, gli americani distrussero nel corso di 10.000 “missioni”, in Vietnam, circa la metà delle foreste del sud, con un costo in vite umane incalcolabile. E’ stato il più insidioso e probabilmente il più devastante utilizzo di armi chimiche di distruzione di massa di tutti i tempi. Oggi i bimbi vietnamiti continuano a nascere con una serie di deformità, o nascono morti, o i feti vengono abortiti.
L’uso di munizioni all’uranio ora evoca la catastrofe dell’Agente Orange. Nella prima guerra del Golfo, nel 1991, gli americani e i britannici usarono 350 tonnellate di uranio impoverito. In accordo con l’Atomic Energy Authority, del Regno Unito, in base a uno studio internazionale, 50 tonnellate di uranio impoverito, se inalate o ingerite, possono causare 500.000 morti. La maggioranza delle vittime sono civili del sud dell’Iraq. Durante l’ultimo attacco sono state utilizzate 2000 tonnellate di Uranio Impoverito.

In un’importante serie di reportage per il Christian Science Monitor, il giornalista investigativo Scott Peterson, ha descritto le pallottole radioattive per le strade di Bagdad, i carriarmati contaminati tra i quali i bambini giocano senza precauzioni. In ritardo sono apparse alcune scritte in arabo: “pericolo, state lontani da questa zona”.
Contemporaneamente, in Afghanistan, l’Uranium Medical Research Centre, con sede in Canada, ha fatto due studi sul campo, i cui risultati sono descritti come “scioccanti”. “Senza eccezioni”, è riportato, “in ogni luogo bombardato le persone sono ora malate. Una parte significativa della popolazione civile presenta sintomi gravi, da contaminazione da uranio”.

Una mappa distribuita dalle agenzie non governative in Iraq mostra che i militari americani e britannici hanno disseminato di bombe a grappolo intere aree urbane, e molte di queste sono inesplose. Queste di solito restano così sino a chè un bimbo non le prende, allora esplodono.

Nel centro di Kabul ho trovato due avvisi per mettere in guardia le persone che le rovine delle loro case, le strade, contengono bombe a grappolo inesplose “made in USA”. E chi dovrebbe leggerlo? I bambini piccoli? Il giorno in cui vidi dei bambini saltare in aria in quello che era un campo minato urbano, vidi poi Tony Blair alla Cnn, nel mio hotel. Era in Iraq, a Bassora, e sollevava un bambino tenendolo in braccio, in una scuola che era stata appena dipinta in funzione della sua visita, e nella quale un pranzo era stato preparato in suo onore, in una città nella quale i servizi di base, come l’educazione, il cibo, l’acqua, sono impossibili sotto l’occupazione britannica.
Fu a Bassora tre anni fa che filmai centinaia di bimbi malati, che stavano morendo, perché era stato loro negato il necessario per il trattamento del cancro, erano stati negati loro i farmaci a causa dell’embargo voluto con entusiasmo da Tony Blair. Ora lui era lì, con la maglia aperta, con quel sorrisino fisso, uomo delle truppe se non addirittura della gente, che quindi sollevava un bimbo piccolo per le telecamere.
Quando tornai a Londra lessi “Dopo Pranzo”, di Harold Pinter, da una nuova collana chiamata Guerra (Faber & Faber):

"E dopo pranzo le creature ben vestite vengono.

Per annusare la morte
Per avere il loro pasto


E tutte le creature ben vestite strappano
Gli avocadi gonfi dalla polvere
E mescolano il minestrone con ossa smarrite
E dopo il pasto

Ciondolano e oziano
Decantando il vino rosso nei teschi più adatti"

Fonte: http://pilger.carlton.com/print