Cirio, l’operazione Millepiedi fa le scarpe ai risparmiatori


Accordo beffa tra banche e società: agli obbligazionisti verrà restituito solo il 13% di quanto investito. Ma in azioni della Cirio. Oppure dovranno accontentarsi di nuove obbligazioni


MILANO - Come natura crea, Cirio distrugge: sarebbe questa, riveduta e corretta, rispetto a un celebre slogan di 30 anni fa, la sintesi giusta su quel che si profila come il più grande bidone mai rifilato da una società quotata ai risparmiatori italiani, grazie alla gentile intermediazione delle banche, dopo il crack dell’Ambrosiano.

Una intemediazione bancaria resa possibile dalla pacata vigilanza esercitata sul sistema creditizio dalla Banca d’Italia e dal suo attuale timoniere Antonio Fazio. A quanto risulta a Il Nuovo infatti sta per essere ufficializzato il piano di salvataggio (la cosiddetta “Operazione Millepiedi”) degli sfortunati obbligazionisti della Cirio, la grande azienda agroalimentare condotta al naufragio da Sergio Cragnotti in quattro anni di finanza allegra.

L’accordo raggiunto tra le banche che avevano collocato il bond (e sono creditrici della società) e la stessa Cirio – raggiunto con la benedizione di Bankitalia – fa sì che su quel miliardo e 125 milioni di euro di obbligazioni emesse (quasi 2.200 miliardi di vecchie lire) ne verrà restituito appena il 13,25%, e non in denaro, bensì ancora una volta in azioni Cirio, per quanto ridotte a un prezzo così vile da permettere, forse, in futuro un certo recupero.

Ma c’è di più. Generosamente, le banche offrono ai risparmiatori un’alternativa che ha il sapore di una beffa: se vogliono intascare subito dei quattrini possono farlo, ma alle condizioni di accontentarsi del 10% di quanto avrebbero avuto diritto di recuperare e di accettare di entrare in possesso di ulteriori obbligazioni Cirio, con scadenza al 2008, corrispondenti a un ulteriore 15% del valore investito all’origine.

Non c’è che dire: il governatore Fazio, così severo quando si occupa di debito pubblico, in materia di debito privato sembra avere la manica ben più larga, soprattutto se si tratta di coprire l’operato irresponsabile di tutte le banche che negli ultimi anni hanno cavalcato senza scrupoli il fenomeno dei “corporate bond”. E’ un po’ come con le pensioni: è facile strigliare il governo, l’attuale come i precedenti, dall’alto dello scranno governatoriale sul ritardo della riforma previdenziale. Un po’ più difficile è porre fine al trattamento pensionistico iper-privilegiato dei dipendenti della Banca d’Italia. Come sempre, insomma, alle pubbliche virtù fanno da contraltare i vizietti privati.

(24 LUGLIO 2003, ORE 19:40


banca d'italia covo di nullafacenti strapagati...da fazio fino ai portieri...