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    Per non lottare ci saranno sempre moltissimi pretesti in ogni circostanza, ma mai in ogni circostanza e in ogni epoca si potrà avere la libertà senza la lotta!
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    Predefinito Francesco merlo, ricordiamoci di questo "signor" "giornalista" (prototipo del se

    L'esimio merlo così scrive sull'inserto del corriere della serva

    "IL BOSSISMO E' UNA SCONCEZZA"
    E legittimarlo è stato, ed è, il più grave delitto contro la politica e la cultura



    Liberarsi di Umberto Bossi e dei suoi squadroni della volgarità, lasciarli in un angolo a sbraitare le loro indecenze, isolare il loro veleno di sguaiataggine e di eversione, sarebbe la vera grande riforma verso la civiltà, molto più importante del maggioritario, molto più seria del presidenzialismo. E non sarebbe neppure necessario ricorrere ad un mandato di cattura, come pure imporrebbe la tradizione italiana, e meno che mai a un nuovo Arco Costituzionale. Basterebbe infatti formalizzare, magari al Quirinale, durante la festa della Repubblica, un semplice Patto delle Buone Maniere e istituire un esame per accedere alle Istituzioni, per diventare ministro o sottosegretario, o presidente di commissione, un esame molto semplice, a livello di scuola elementare, una prova facile facile e al tempo stesso difficile difficile, un compito scritto e subito dopo un colloquio di grammatica, di lingua di educazione civica e di politica. State certi che mai Bossi potrebbe superare l'esame elementare per diventare ministro.
    E cominciamo col dire che non è vero che la crisi estiva della maggioranza di governo, con le furbizie e le invettive di Bossi, sia assimilabile alle vecchie crisi della Prima Repubblica. Se quelli erano eccessi di politica, queste sona la negazione della politica. Voglio dire che Bossi non è un politico che usa la furbizia come la usavano, di volta in volta, Craxi e de Mita, Forlani, Cariglia e Altissimo. No, Bossi è soltanto furbizia. E’ un topo che pensa che il nostro Paese sia il suo formaggio, è un mercante di piazza che sta trasformando la politica italiana in un Suk marocchino.
    E tutti ora capiscono, sia a destra e sia a sinistra, che il problema non è Bossi, ma chi lo legittima e chi crede di potersene servire, addirittura come ministro delle Riforme, senza avvelenare le istituzioni. Di sicuro, dopo tanti anni, nessun italiano si stupisce più quando Bossi e i suoi si esibiscono in una delle loro periodiche scorribande, quando si abbandonano alle loro tipiche violenze verbali, al di sotto della barriera della civiltà, contro gli immigrati "da prendere a cannonate", contro i tedeschi che "vengono in Italia a fare gare di rutti nelle birrerie", o quando dicono che l’Europa è Forcolandia, o insolentiscono il Presidente della Repubblica, oppure ancora si accaniscono contro i negri, gli arabi, i terroni o contro i detenuti, o quando infine propongono sciocchezze istituzionali come le vicecapitali, l’elezione regionale dei pubblici ministeri, e sempre contro "la capitale corrotta", contro "Roma ladrona".
    Gli italiani sanno bene che da sempre Bossi vuole sfasciare l’Italia e che da sempre il suo pensiero politico è un misto di astruserie come il dio Po, e di incitamenti alla violenza contro lo Stato, con l’ideale di non pagare le tasse, di caciare via i negri. Insomma non esiste un altro Bossi e non è lecito che Berlusconi e Fini, Follini e Bottiglione fingano di sorprendersi ogni volta che Bossi mette nei guai la coalizione di governo, ogni volta che avvelena il clima politico, ogni volta che esprime idee eversive con un linguaggio da bettola. Fini, per esempio, ha sempre avuto disgusto per Bossi che rompe il suo valore più forte, quello di nazione. E Follini è il contrario di Bossi, già fisicamente. Lo stesso Berlusconi è già stato truffato da Bossi… Insomma tutti sanno che Bossi politicamente non vale nulla, eppure non lo mollano per paura che per il pur piccolo consenso di cui ancora dispone finisca nelle mani dell’avversario. Perciò Bossi alza le richieste, contagia di volgarità la politica italiana (e ormai anche quella europea), diffonde nel nostro dolce paese una sottocultura odiosa, un razzismo orribile che non è mai stato italiano, neppure durante il fascismo. In questo senso l’avere affidato il ministero delle Riforme che proprio a lui che vorrebbe sfasciare l’Italia è il primo paradosso del governo Berlusconi, persino più grave del conflitto d’interessi che, alla fine, è ancora tema di civiltà giuridica. Perché Bossi non è un ministro degenerato, ma piuttosto un cafone promosso ministro.

    Insomma il bossismo, pur sconfitto alle elezioni e con un consenso ridotto ai minimi termini, è la cosa più sconcia della politica italiana. E legittimare Bossi è stato, in Italia, il più grave delitto commesso contro la politica, contro la cultura, contro la grammatica, contro l’educazione. Ed è grave che si continui a legittimarlo pur capendo che gli italiani hanno ormai smascherato l’idea, propalata da Berlusconi e, quando gli conveniva, anche da D’Alema, che Bossi sia magari un po’ folcloristico ma di solido pensiero popolare, l’idea che dietro la volgarità e il razzismo si nasconda un animale politico di grande talento, un ledere che si riallaccia alla più schietta tradizione italiana, e al quale è dunque permesso, in virtù di queste doti, un linguaggio cafone, una libertà di insulto, una inciviltà di pensiero.
    Maggioranza e opposizione siglino dunque il Patto delle Buone Maniere e, insieme, si liberino di Bossi. Introducano davvero, con una norma provvisoria, un esame per ministro, a livello di scuola elementare. Servirebbe a qualificare la democrazia. Espellendo infatti Bossi, che certamente non supererebbe neppure la prova scritta dell’esame per ministro, il Patto forse recupererebbe alla civiltà anche la Lega e i suoi interessi regionali, che possono essere discutibili e più o meno enfatizzati, ma sarebbero certamente legittimi senza la sozzura del razzismo. Non c’è infatti alcun motivo che gli interessi corporativi, localistici e magari anche ultralocalistici, siano inquinati dalla violenza e dall’odio verso il diverso, il negro, il mussulmano, il terrone. Non c’è motivo che l’orizzonte di chi non vuol vedere oltre il proprio naso debba essere teorizzato sulla linea dei cannoni. Insomma, liberiamoci di Bossi e forse salveremo la lega.



    Ovviamente riconoscerete, dietro gli insulti diretti a Bossi gli insulti diretti a tutti la comunità padanista, nutriti dai più beceri ed ignoranti luoghicomuni di qcui questo signore ha fatto voracemente incetta. E' il manifesto del becerume giornalistico itaglione insomma...

    A riguardo, in un pezzo del marzo 2001, Davide Gianetti su La Padania, aveva già tracciato un profilo del servo di cui sopra...

    Dalle colonne del "Corriere della Serva" attacchi e insulti gratuiti
    al Segretario della Lega Nord, Umberto Bossi
    Il gracchiare del pennivendolo Merlo,
    simbolo della democrazia ulivista
    di Davide Gianetti

    Un mite e raffinato intellettuale si aggira per le austere stanze di via Solferino, sede del Corriere della Sera - giornale della borghesia cosiddetta “illuminata” - dispensando saggi consigli ed elaborando serie quanto approfondite analisi sociologiche. Editorialista del supplemento Sette, settimanale dove si esercitano le seconde e le terze firme del Corriere come Enzo Biagi, Sabelli Fioretti e Isabella Bossi Fedrigotti, Francesco Merlo verga articoli in ultima pagina, a volte interessanti, spesso mediocri, affrontando temi vari di attualità e di politica. Quando tuttavia fra questi temi compare Umberto Bossi, la Lega Nord e la Padania, ecco che l’aplomb simil-anglosassone e lo stile moderato e distaccato che il Corriere della Sera rivendica, da sempre, come propria “cifra” giornalistica, scompaiono lasciando spazio ad ampie praterie di insulti e invettive francamente sconcertanti. Per ovvie ragioni di spazio ci limiteremo a riportare i giudizi espressi da Francesco Merlo su Bossi e sulla Lega nell’ultimo mese e mezzo. Retrocedere ulteriormente nel tempo significherebbe occupare l’intero giornale. In merito alle dichiarazioni del ministro degli Esteri belga, Louis Michel, Francesco Merlo sentenzia: “Michel è un uomo politico europeo che ha parlato contro altri uomini politici europei e non contro una nazione.
    Dove'è lo scandalo? Sempre nel merito bisogna aggiungere che, rispetto alla castroneria su An e su Fini, giustamente liquidata con un’alzata di spalle, Michel ha recuperato un poco quando, per dare a Bossi del razzista, lo ha paragonato ad Haider... lo sa anche Berlusconi che la sua alleanza con Bossi è problematica... È accaduto a Napoli, dove il 23 febbraio scorso Bossi, portato a spasso nei quartieri spagnoli, è stato vivacemente contestato, com’è ovvio che a Bossi accada nel meridione d'Italia... C'è stata tuttavia una contestazione spontanea e divertita dei passanti e dei residenti... insulti, lazzi e un allegro sarcasmo tipicamente meridionale sono stati riservati solo a Bossi, un uomo che ha tutte le caratteristiche antropologiche della macchietta meridionale, è quasi la parodia del terrone e dell’imbonitore di piazza, del prestigiatore. È ovvio che Bossi irriti e allo stesso tempo diverta: per i napoletani è un meridionale fallito”.
    Sempre in merito all’alleanza con Berlusconi, l’editorialista di Catania avverte il Cavaliere: “Berlusconi preferisce negare la verità delle cose sgradevoli... Bisognerà ricordarsene il giorno in cui Bossi smetterà di fare la scimmia ammaestrata e tornerà ad abitare sugli alberi”. La tanto vituperata manifestazione leghista di Lodi non poteva ovviamente rimanere orfana delle pacate considerazioni del Merlo di via Solferino: “Da anni gli italiani non assistevano a una manifestazione più becera, più plebea, più volgare e miserabile della marcia leghista contro gli islamici a Lodi... Ed è bene rileggersi le cronache di quella giornata a Lodi e ricordare la gratuita violenza verbale di quei poveri spacconi leghisti... Gli slogan componevano il solito vocabolario leghista, quello di sempre, quello che di volta in volta è stato usato contro i meridionali, contro i romani, contro i negri e ora viene usato contro i musulmani...
    È il consueto vocabolario di Umberto Bossi, fatto di urina di porco e di musulmani vaffanculo, un intruglio di ignoranza e violenza che ora Berlusconi con simpatia definisce popolaresco... Oggi sono Berlusconi e il Polo a fornire legittimità politica a Bossi.
    Egli infatti non ha mai avuto strumenti concettuali propri. Da sempre vede ogni diversità come un attentato: in un meridionale un mafioso; in un romano un ladrone; in un negro un ricettacolo di infezioni; in un ebreo un banchiere senza patria; in un musulmano un barbaro stupratore.
    L'altro è, sempre e comunque, lo scoperchiamento delle sue povertà, del suo brambillismo arido. Ed è davvero superfluo ricordare le proposte leghiste di schedare gli extracomunitari prendendo loro le impronte dei piedi, le ronde verdi che disinfettavano i vagoni dentro ai quali avevano viaggiato le donne nigeriane e le pallottole che Bossi prometteva nei comizi, le volgarità contro gli omosessuali. Insomma, tutto il vomito intellettuale che non cambia a seconda dell’alleato che vuole fare fesso Bossi e che regolarmente da Bossi verrà fatto fesso”. Se Marco Pannella ha indignato l’opinione pubblica con le sue dichiarazioni sul presidente della Repubblica Ciampi (l'avesse fatto Bossi l’avrebbero linciato in piazza), Francesco Merlo giustifica e minimizza: “Pannella ha usato contro di lui il solito linguaggio radicale, che è violento ma smaterializza la violenza, colpisce ma rende aereo il colpo, uccide ma toglie alla morte ogni traccia di fisicità. Rimane vero che la parola-pugno pronunziata da Pannella fa molto più male del pugno vero di un leghista. Il linguaggio di Bossi, fatto di pallottole, musi di porco, lazzi omofobi e truculente razziste, è uno sproloquio da bettola o da caserma che a volte disgusta ma non riesce mai ad irritare, a colpire davvero, a ferire.
    Infatti, per affrontare Bossi, basta mandargli un vigile urbano, perché mai le sue sgangheratezze sono solidali con la dimensione intellettuale della convivenza civile. Al contrario, qualsiasi persona civile capisce la sostanza intellettuale del ragionamento di Pannella” (sic). Capita poi che il nostro pacato editorialista tiri qualche randellata isolata, del tutto avulsa dal contesto di cui si sta trattando così, tanto per gradire.
    Le parole di Biffi allora non rappresentano un “manifesto teocratico, a uso e consumo dei leghisti e dei razzisti”, le popolazioni padane sono irrimediabilmente “affette dalla pellagra”, il trasformismo storico dell’Italia accomuna “i ribaltoni di Depretis-Minghetti a quelli di D’Alema-Bossi” e via di seguito. Una cosa è certa: per Merlo Umberto Bossi rappresenta un’autentica ossessione, un tormentone da esorcizzare e da scacciare, una presenza inquietante e maligna. Possiamo ben immaginare quanto debba essere psicologicamente faticosa la giornata tipo di Francesco Merlo: il computer non funziona? Bossi Bossi Bossi Bossi, il treno è in ritardo? Bossi Bossi Bossi Bossi, il parcheggio non si trova? Bossi Bossi Bossi Bossi, il pezzo non riesce bene? Bossi Bossi Bossi Bossi, il tassista è maleducato? Bossi Bossi Bossi Bossi, c’è un terremoto in India? Bossi Bossi Bossi Bossi, la guerra in Israele? Bossi Bossi Bossi Bossi, il buco dell'ozono? Bossi Bossi Bossi Bossi, l’universo infinito? Bossi Bossi Bossi Bossi. Non sappiamo d’altra parte se le imminenti elezioni politiche giustifichino invettive e insulti che, in casi normali, troveremmo scritti solo nei gabinetti di qualche centro sociale.
    In ogni caso occorre interrogarsi seriamente sulle eventuali ricadute pratiche che potrebbero scaturire da articoli che, comunque li si giudichino, posseggono poco o nulla dell’ironia e del sarcasmo e molto dell’istigazione all’odio e del rancore. Il pericolo che certe frasi vengano prese sul serio da gruppuscoli di estremisti è concreto e reale: abbiamo già visto negli anni ’70 quali azioni sono seguite a un clima culturale e giornalistico improntato al linciaggio mass-mediatico, all’insulto sanguinoso, alle campagne diffamatorie condotte in modo sistematico (Calabresi docet). In una democrazia sera, peraltro, la libertà di espressione è subordinata al rispetto dell’altrui dignità.
    Quando si paragona un essere umano a una scimmia (“Bisognerà ricordarsene il giorno in cui Bossi smetterà di fare la scimmia ammaestrata e tornerà ad abitare sugli alberi”) si finisce col legittimare qualsiasi tipo di intervento o azione nei suoi confronti dal momento che la negazione del concetto stesso di umanità insita in ogni uomo risulta preliminare al suo annientamento, come l’ideologia nazista e quella comunista avevano del resto ben compreso.

  2. #2
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    Gianetti scrisse bene sulla Padania, quando La Padania era un giornale serio. Oggi invece non si può leggere altro che grandi cazzate, a parte le interviste dettate da Bossi all'obeso direttore italiota.

  3. #3
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    In origine postato da Herr Mann
    Gianetti scrisse bene sulla Padania, quando La Padania era un giornale serio. Oggi invece non si può leggere altro che grandi cazzate, a parte le interviste dettate da Bossi all'obeso direttore italiota.
    Quasi quasi provo a postare le previsioni del tempo. Sono sicuro che qualcuno vi troverà il pretesto per attaccare la Lega, o La Padania, o Bossi, o i dirigenti, o i Militanti/militonti/milipochi, o Castelli o...

  4. #4
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    In origine postato da auverno
    Quasi quasi provo a postare le previsioni del tempo. Sono sicuro che qualcuno vi troverà il pretesto per attaccare la Lega, o La Padania, o Bossi, o i dirigenti, o i Militanti/militonti/milipochi, o Castelli o...
    ecco, al posto di scrivere cazzate è meglio che ti dedichi alla metereologia.

  5. #5
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    In origine postato da Nanths
    ecco, al posto di scrivere cazzate è meglio che ti dedichi alla metereologia.
    ...va beneeeeee

  6. #6
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  7. #7
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    Predefinito Dai invincibile,

    In origine postato da Nanths
    ecco, al posto di scrivere cazzate è meglio che ti dedichi alla metereologia.
    Questa volta non ha tutti i torti: tu hai postato l'articolo di un figlio di p.....a, al posto di sparare all'uccello, subito contro la lega.
    Che poi la moncalvia è la moncalvia nessuno ha dei dubbi.

    Ma quando c'è da sparare agli italos, cribbio, mi consenta!

    Ciao Invincibile

    Alfredo

  8. #8
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    Predefinito Re: Francesco merlo, ricordiamoci di questo "signor" "giornalista" (prototipo de

    In origine postato da Nanths
    L'esimio merlo così scrive sull'inserto del corriere della serva

    "IL BOSSISMO E' UNA SCONCEZZA"
    E legittimarlo è stato, ed è, il più grave delitto contro la politica e la cultura.


    Hahahahahaha...
    ..Che 'ssa da fà 'ppe 'ccampà..
    Ho visto maiali sguazzare nel loro stesso letame con uno stile decisamente più consono alla situazione.

    Casa Merlo:
    -"Papà,te lo devo dire,sono sempre stato leghista,padanista,secessionista,profondamente anti-italiano,innamorato del bossi-pensiero nonchè -non prendertela- del Bossi uomo- Potendo,vorrei avere duraturi rapporti sessuali con lui,dopo aver cambiato sesso,e darti tanti nipotini padanissimi fin nel midollo".
    -"Tutto qui"?
    -"Tutto qui".
    -"Meno male. Per un attimo ho pensato che volessi prendere la residenza a Gemonio...."




    Se vedòm!
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  9. #9
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    "Stai confermando quello che dice Merlo e , se permetti , quello che pensano milioni di cittadini per bene . "



    Se essere un cittadino perbene significa calunniare chi non è politicamente funzionale ai tuoi interessi..
    Beh,allora...
    Meglio essere un pluripregiudicato che un comune merlo italiano.


    Se vedòm!
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  10. #10
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    Totto si può dire di Bossi, ma non ho mai letto nulla di più astioso e volgare da parte di uno che può fare solo disonore alla categoria dei giornalisti.
    Una critica, degna di tal nome, che non sia basata solo su pesanti offese personali gratuite, è capace di metterla insieme un qualunque "merlo" di giornalista, tranne il Merlo in questione e che, perciò, potremo definire il re dei "merli".
    Leggete il Corriere della Servaaaaa.........
    Leggete il Corriere della Servaaaaa.........
    O servi d'itaglia leggetelo!
    Se un merito va riconosciuto al Merlo è quello di aver capito, statistiche alla mano, che i lettori dei giornali si possono suddividere in due grandi categoria: il 50% con intelligenza al di sopra della media ed il 50% con intelligenza al di sotto della media.
    Lui scrive solo per i secondi

 

 
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