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    Predefinito Conferenza stampa del CNG – Le ragioni dell’esposto, la sua natura tecnico-giuridica

    Ieri a Roma, presso Palazzo Torlonia, si è tenuta l’attesa conferenza stampa del Comitato Nazionale per la Giustizia nel corso della quale si sono fatte numerose precisazioni circa l’esposto inviato alla Procura di Brescia e da cui è partita l’indagine nei confronti dei pm di Milano, Ilda Boccassini e Gherardo Colombo, e la natura e le finalità del Comitato. L’occasione, insomma, per far conoscere l’opera del Comitato che esiste dall’ottobre 2001, a differenza di quanti ne hanno visto un organo di partito e uno strumento appositamente costituito per intraprendere azioni politico-giudiziarie.

    Noi del Legno Storto abbiamo l’onore di ospitare il Comitato e pubblicizzarne le iniziative. E’ tutto verificabile negli articoli che nel corso degli ultimi tredici mesi gli abbiamo dedicato e questo è già sufficiente a rendere destituite di ogni fondamento le critiche avanzate su alcuni quotidiani circa la misteriosa esistenza di questa associazione. Quasi si trattasse di una organizzazione eversiva, un covo ambiguo che opera nell’ombra seguendo finalità destabilizzanti. Niente di tutto questo, lo statuto del Comitato ed i suoi obiettivi sono chiarissimi, noti, pubblicati. E seguendo i principi che hanno portato alla sua costituzione si è deciso di intraprendere questa azione che ha ottenuto grande visibilità.

    A fare gli onori di casa il giornalista e saggista Giancarlo Lehner, direttore della rivista Il Giusto Processo ed autore di numerosi libri (l’ultimo, recentemente pubblicizzato anche sul Legno Storto, Storia di un processo politico), oltre che vice presidente del CNG. Lehner ha subito posto i termini del dibattito sulla questione essenziale: perché questa iniziativa da parte del comitato? “Semplice. Si è deciso di fare la cosa più utile dopo mesi di chiacchiere: porre la questione del fascicolo 9520/95 aperto contro ignoti e tenuto segreto da otto anni, nelle sedi opportune, dove sarà possibile fare chiarezza”. L’avvocato Giacomo Borrione, presidente del Comitato, ha proseguito elencando i punti principali del programma dell’associazione: “un sistema articolato di modifiche omogenee, che ripudia le riforme a macchia di leopardo che non hanno alcun senso, per una seria riforma del sistema giustizia”. Ha quindi concluso il segretario del Comitato, l’ex procuratore della Repubblica di Perugia, Sassi, affermando che “non si può tenere un segreto istruttorio su un fascicolo contro ignoti per 8 anni, visto che il termine massimo consentito è di due anni”. E questo non è certo il caso di un piccolo sforamento dei termini. Significa che qualcosa non quadra, significa anche che qualcuno non ha rispettato il suo ruolo e i limiti della sua “funzione”.

    Dalle domande dei giornalisti presenti era evidente la scarsa conoscenza del Comitato e delle sue iniziative. E’ stato così possibile approfondire le sue principali proposte, i convegni organizzati nel corso della sua esistenza e delle iniziative di cui si è fatto portatore, come la richiesta di una istanza disciplinare contro Caselli (vedi http://www.legnostorto.com/node.php?id=871) e la proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare per il ripristino dell’autorizzazione a procedere per i parlamentari (vedi http://www.legnostorto.com/node.php?id=5110) e le prossime azioni in cantiere, preannunciando azioni sul caso Cordova di Napoli.

    Paolo Carotenuto

  2. #2
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    Predefinito Così è nato l’esposto (che doveva restare segreto)

    Mandato da C.N.G. Venerdì, 25 luglio 2003, 21:46 uur.
    Di Giancarlo Lehner – Il Giornale 24 luglio 2003

    Ebbene sì, sono il vicepresidente del Comitato nazionale per la giustizia, quello che ha denunciato Boccassini e Colombo per abuso d’ufficio. Prima, però, di continuare, un consiglio all’aspirante comunicatore. Vuoi far conoscere una cosa segreta all’universo mondo? Non raccontarla a nessuno, ripiegala accuratamente, inseriscila in una busta non trasparente e, infine, spediscila in un qualsivoglia ufficio giudiziario della Repubblica. Dài il tempo necessario agli ingranaggi delle Poste e il miracolo è fatto: la ritrovi ineluttabilmente sulle prime pagine di tutti i giornali.

    Io, che pur sono fra i fondatori del Cng, ho appreso, il 22 luglio, dal Televideo, la notizia: poi, il 23 luglio, dalle agenzie stampa, addirittura il contenuto dell’esposto. E’ opportuno, dunque, mettere qualche puntino sulle «i». 1) L’esposto riguardante l’abuso d’ufficio a carico di Boccassini e Colombo parte il 4 luglio scorso da Perugia verso Brescia. 2) Il testo letterale è noto soltanto ai due giuristi che l’hanno steso. 3) Si decide, d’accordo col presidente, Giacomo Borrione, di procedere con la massima correttezza: attendere l’avviso di ricevimento della raccomandata, prima di indire una conferenza stampa e rivelare l’iniziativa.

    Visto che siamo tenuti al segreto, per scansare l’occhio del Grande Fratello, l’esposto non mi viene neppure inviato via internet. Sino a ieri sapevo soltanto che era scaturito dal pasticciaccio brutto del fascicolo 9520 (il riferimento a Gadda è congruo, giacché l’Ariosto è nata a Roma, nei casermoni di via Merulana).

    La solita «mano invisibile», evocata un tempo da Craxi, ha, dunque, ritenuto di dover prima intervenire sui tempi, poi sulla segretezza. Alla luce del brutale sensazionalismo, da guerra civile continua, tipo l’Unità («Un misterioso comitato denuncia i due pm… l’esposto è firmato da un non meglio precisato “Comitato per la giustizia”, sigla abusata [sic!] in questi ultimi tempi e declinata in tutte le insalate: fantomatici “nuclei combattenti per una giustizia giusta” avevano fatto interrompere un’udienza del processo Sme con un allarme bomba… E inneggiava alla giustizia anche il folle che ha mandato una lettera minatoria a Ilda Boccassini con dentro un po’ di farina spacciata per antrace», diventa opportuno raccontare qualcosa di più del Comitato, che non è affatto misterioso e non mette altre bombe, se non quelle che mirano a far scoppiare la verità.



    Il Cng venne formalmente costituito a Perugia nell’ottobre 2001 e presentato alla stampa presso la saletta rossa del Senato, a Roma, il 15 marzo 2002 (cfr, Il Giornale del 16 marzo 2002). Perché proprio in Umbria? Si trattò di un omaggio a Bartolo da Sassoferrato e a Baldo degli Ubaldi, i due studiosi anticipatori del diritto moderno e, per così dire, finanche del giusto processo. Del resto, i fondatori, me medesimo, Giacomo Borrione, Lispi, Anna Sogno, Sandro Fontana, due alti magistrati, Gianfranco Sassi e Francesco Pintus, condivisero l’idea di un erigendo osservatorio sulla giustizia, anche per ragioni culturali, legate agli archetipi dimenticati della nostra civiltà giuridica.



    Al fine di dare concretezza ed operatività, fu appositamente previsto nello statuto del Comitato l’obbligo degli associati di segnalare e di intervenire, con tutti i mezzi pubblicistici e/o legali, ogni qual volta che apparisse violato il principio della legalità (articolo 3 dello statuto). Prima dell’esposto inviato a Brescia, il Comitato ha segnalato al Guardasigilli comportamenti di magistrati ritenuti degni di iniziative disciplinari. Altre denunce, del resto, sono allo studio, ad esempio, una a salvaguardia del procuratore Agostino Cordova e contro il regime assembleare nei palazzi di giustizia. Tale la nostra filosofia, per la quale, essendo ormai superata la fase delle lamentazioni, l’unica strada costruttiva è quella di passare dalle critiche alle iniziative politiche e legali. Da ciò trapela anche la nostra volontà, che è anche generosa utopia, di continuare imperterriti, nonostante tutto, a credere nella giustizia.



    V’è da aggiungere, per amore della verità, che il Cng si colloca idealmente nell’area di chi propugna il cambiamento, quindi nella CdL, ma non è la cinghia di trasmissione di partiti, né di singole persone, tant’è che si autofinanzia con le sole quote associative, tenute abbastanza alte – 155 euro all’anno -, proprio per conservare il suo carattere apartitico e la propria autonomia di giudizio. Il Cng, inoltre, avendo a cuore tutte le vittime della giustizia ingiusta, quelle famose e quelle anonime, non ha peli sulla lingue nei confronti delle responsabilità politiche di quanto hanno frenato o ritardato la compiuta ed organica riforma della giustizia.

    Insomma, il Comitato è costituito da piloti della Raf, decisi a correre il rischio, e l’etica è quella dell’assunzione di responsabilità a 360 gradi, pur di portare una piccola pietra alla costruzione di una giustizia equa e credibile, niente a che vedere, insomma, con ex magistrati gratuitamente logorroici, i quali, di tanto in tanto, avendo bisogno di cento milioni di lire, non rivolgevano alle banche e non si sottoponevano alla moralità degli interessi da pagare. I piloti della Raf, le Mercedes, le bombardavano.

    Giancarlo Lehner

  3. #3
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    Un assist per Boccassini e Colombo? Quel grande potere nelle mani del Procuratore Tarquini di Brescia...

    GIGI MONCALVO - Direttore de La Padania
    Sapete qual è il metodo migliore per non tenere un segreto in Italia? Si prende un foglio, si scrive (e, ovviamente, si firma) una dettagliata e circostanziata denuncia, si infila questo plico in una busta, si sigilla il tutto. Si va alla posta e si fa una raccomandata con ricevuta di ritorno, per avere la prova che tutto è stato recapitato. Però, fate bene attenzione all’indirizzo del destinatario: “Al Procuratore della Repubblica di Brescia”.
    Sapete che cos’è accaduto? Il “Comitato per la Giustizia”, che ha sede a Roma in via Bocca di Leone 78, ed è composto da un gruppo di famosi avvocati, giornalisti e soprattutto eminenti e onesti magistrati a riposo, un paio di settimane fa invia a Brescia il plico con l’esposto contro Ilda Boccassini e Gherardo Colombo per il famoso fascicolo 9520 - quello da cui sono scaturiti i processi Imi-Sir e Sme - oggetto anche delle note ispezioni ministeriali alla Procura di Milano. In questi giorni il “Comitato” aspettava che la Posta ritornasse il cartoncino bianco che costituisce ricevuta di ritorno per avere la certezza che il plico fosse arrivato a destinazione. Dopo di che i dirigenti del Comitato si ripromettevano di indire una conferenza-stampa per illustrare la loro iniziativa.
    Martedì sera, Giancarlo Lehner, il giornalista che fa parte del comitato e lo ospita all’interno della redazione di “Giusto Processo”, la sua rivista bimestrale dedicata ai problemi della giustizia, verso le 21,30 dà un’occhiata al “Televideo”. Quasi gli prende un colpo quando legge la notizia che la Boccassini e Colombo sono stati iscritti nel registro degli indagati della Procura di Brescia per l’ipotesi di reato di abuso d’ufficio.
    Lehner chiama il presidente del Comitato, l’avv. Borrione di Perugia, lo rintraccia al ristorante e gli chiede: “Ma sei stato tu a dare la notizia?”. Quello casca dalle nuvole. E, nel giro di pochi istanti, la situazione diventa chiara, chiarissima.
    È stato il procuratore della Repubblica, appena aperto il plico con l’esposto, a dar vita immediatamente alle indagini. I “denuncianti” non hanno ancora in mano la ricevuta di ritorno della loro raccomandata e già la Procura di Brescia si è messa in moto.
    Siamo di fronte, indubitabilmente, a un record di rapidità difficilmente eguagliabile.
    Proviamo a spostare la nostra attenzione nell’ufficio della segreteria del Procuratore di Brescia per cercare di capire che cosa possa essere accaduto per giustificare tanta rapidità. Le nostre, ovviamente, sono solo ipotesi.
    1) Il Procuratore Tarquini riceve talmente poca posta, talmente poche denunce, talmente pochi esposti, che quelle poche lettere a lui indirizzate vengono subito aperte, lette con attenzione, archiviate o cestinate.
    2) Il Procuratore Tarquini riceve molta corrispondenza, ma ha una segreteria molto efficiente che smista con rapidità, e gli sottopone, tra le tante, solo le lettere veramente degne di attenzione. Come, evidentemente, deve essere accaduto in questo caso.
    3) Il procuratore Tarquini è un magistrato molto efficiente e, al fine di evitare qualunque tipo di sospetto o insinuazione, iscrive immediatamente e con la massima sollecitudine - com’è suo dovere - sul registro degli indagati o negli altri registri gli esposti, le denunce, le lettere che gli segnalano ipotesi di reato che abbiano un minimo di fondamento, come questa che illustra fatti indubitabilmente gravi e di grande rilevanza penale.
    4) Il procuratore Tarquini, subito dopo che gli è stata segnalata dalla sua segreteria l’importanza e i nomi contenuti in quell’esposto, oppure subito dopo che ha letto e verificato il contenuto di quelle carte, ha deciso di iscrivere subito la Boccassini e Colombo sul registro degli indagati, per una di queste ragioni, a vostra scelta: perché vuol fare il proprio dovere, per ragioni di giustizia, per dare il via al più presto alle indagini su questo caso clamoroso e quindi per far luce su questa vicenda, per opportunità “politica”, per evitare di essere denunciato per omissione di atti d’ufficio, per fare un favore ai suoi due illustri colleghi di Milano.
    Sì, anche quest’ultima è un’ipotesi. Che vale quanto e come le altre, ma che rispetto ad esse richiede una spiegazione. Lanciare quella notizia martedì sera e fare in modo che venisse pubblicata con il risalto che merita sui giornali di ieri mattina poteva avere un significato molto importante. Ieri mattina, infatti, si è aperto il plenum del Consiglio Superiore della Magistratura. Oggi è in programma un’altra seduta, alla quale avrebbe dovuto partecipare il Ministro Castelli, il quale giustamente ha rinunciato a causa del clima che è stato creato ad arte contro di lui. Il Guardasigilli non si fa certo “processare” da nessuno. Tantomeno da qualche giudice togato infilato nel Csm. Egli non si sottrae ai suoi compiti istituzionali, sia ben chiaro, ma non vuole nemmeno prestarsi a provocazioni, agguati, imboscate, attacchi frontali da parte di gente che si ostina incredibilmente a riconoscere la sua autorità, il suo incarico, il suo prestigio ed è pronta solo a insultarlo, a diffamarlo, a calunniarlo, quasi mai direttamente ma per interposta persona (o giornale o giornalista).
    Figuriamoci se il Guardasigilli accetta di misurarsi con gente che, anziché rendersi conto del prestigio e del ruolo dell’alto organismo di cui fa parte, si comporta come dei “girotondisti”, cioè come quella frangia della sinistra e dei Ds che chiedono un continuo braccio di ferro su ogni cosa e in ogni campo per logorare Roberto Castelli, e quindi Silvio Berlusconi e il suo governo, nell’attesa della da loro tanto agognata “spallata risolutiva”. Che ormai tarda a venire da oltre due anni...
    Castelli sa benissimo che il Csm ormai è una sorta di vero sindacato dei magistrati, il luogo in cui le correnti si scontrano non al servizio dei cittadini e della giustizia, ma per averla vinta negli incarichi direttivi, più prestigiosi, remunerativi e importanti dal punto di vista del potere “politico”. È nel Csm che qualcuno vorrebbe creare una specie di ultima ridotta in cui fare opposizione al governo, ovviamente protetti da una super-immunità, da privilegi e stipendi meravigliosi e invidiabili, preclusi ai comuni mortali.
    Perché, alla luce di questo discorso, era utile, soprattutto per la Boccassini e Colombo, che la notizia della loro iscrizione sul registro degli indagati uscisse martedì sera e quindi sui giornali di mercoledì? Semplice: per fare in modo di approfittare del plenum del Csm da una parte per martirizzare i due Pm milanesi, dall’altra per usare come bersaglio il ministro Castelli con un nuovo “capo d’imputazione” (ma che c’entra lui con quell’esposto inviato a Brescia da un Comitato?), per tentare di isolare il ministro anche da quei consiglieri laici del Csm che non intendono far passare in silenzio la difesa d’ufficio della Boccassini e di Colombo deliberata dalla sesta commissione, che avrebbe travalicato, fra l’altro, anche le competenze che le sarebbero proprie.
    Noi ci meravigliamo che Virginio Rognoni, saggio vicepresidente del Csm, possa accettare simili assurdi comportamenti e atteggiamenti da parte delle “furie rosse” dell’organismo che presiede così autorevolmente. Rognoni sa benissimo che la presenza di quell’atto dovuto di cui si è avuta notizia da Brescia avrebbe dovuto e potuto bloccare immediatamente ogni discussione sul tema poiché si sarebbe trattato di un’interferenza inammissibile su un’azione penale in corso. Ma evidentemente egli fatica a governare le “furie rosse”. E pensare che anche il Capo dello Stato non gradisce le infuriate proteste del Csm per ogni decisione che venga presa in via Arenula. Quando interverrà?
    Torniamo a Brescia. La tempestività con cui il procuratore Tarquini è intervenuto, la solerzia che ha contraddistinto questo suo comportamento, i tempi (e le modalità) in cui la notizia è uscita, ci pare bastino da soli a presupporre quel “legittimo sospetto” che ci porta a considerare la Procura di Brescia come la meno adatta per una inchiesta di questo tipo.
    E questo nonostante il fatto che Tarquini abbia considerato un atto urgente e dovuto, come suo dovere, l’iscrizione nel registro degli indagati dei due Pm milanesi. Vorremmo sbagliarci, ma tanta fretta, tanta rapidità, tanta celerità ci fanno capire e pensare che i primi a trarre vantaggi da questa situazione, nel presente e nel futuro, siano proprio coloro che dovrebbero essere indagati. Nel presente, per le ragioni che abbiamo spiegato. In futuro, poiché una celere archiviazione potrebbe portare acqua al loro mulino, bloccherebbe ogni altra possibilità di indagine sulle modalità di gestione del famoso fascicolo, potrebbe “autorizzarli” a farli proseguire su quella strada da anni intrapresa, e in sostanza li renderebbe ancor più “eroi” agli occhi di coloro che li vedono come povere vittime del regime, come miseri e indifesi bersagli senza alcuna tutela né difesa né privilegi. D’altra parte questo esposto apre uno spiraglio altamente pericoloso anche su un altro fronte, oltre che su quello del famoso fascicolo 9520: quello delle intercettazioni al Bar Mandara. Col fatto nuovo di queste ore a Brescia infatti, l’inchiesta in corso a Perugia, da parte del Procuratore aggiunto Silvia Della Monica, deve chiudersi in fretta col rinvio a giudizio dei due ispettori della polizia che, per conto della Procura di Milano, ordinarono il pedinamento di Squillante e la registrazione delle sue conversazioni col giudice Misiani. Il rinvio a giudizio riguarderebbe il fatto che tutti i periti hanno dichiarato che il resoconto delle bobine e quello dei verbali non solo è difforme, ma le bobine sono state manomesse. Se non ci fosse questo rinvio a giudizio in tempi brevi, per la dott. Della Monica, a questo punto, potrebbe esserci solo una possibilità: quella di inviare parte degli atti anche al procuratore di Brescia Tarquini, perché prosegua le indagini sulla bobina.
    In realtà, Tarquini avrebbe già potuto attivarsi d’ufficio, visto che è competente per le inchieste relative ai colleghi milanesi. Ma la stessa rapidità dimostrata in queste ore non c’è mai stata. Perchè?
    Le cautele dei magistrati in questa intricata vicenda sono state tantissime, favorite dal Csm che ha sempre chiuso ogni ipotesi di responsabilità anche solo disciplinare dei magistrati che si sono occupati delle registrazioni al bar Mandara. Il fatto che la procura di Brescia ora si muova non significa molto. Anzi, potrebbe aiutare la procura milanese ad allontanare da sé ogni sospetto sul fascicolo 9520 e forse anche sulla gestione sia del teste-chiave Stefania Ariosto sia delle registrazioni al bar Mandara. Ma l’inchiesta potrebbe anche offrire la possibilità di allargare l’indagine dei piemme bresciani a 360 gradi: allora tutto potrebbe accadere. E scoprire perché, per le intercettazioni al bar Mandara, fu mobilitata una struttura della polizia di Stato, lo Sco, che non aveva mai compiuto quel tipo di intervento per una inchiesta che non riguardava la criminalità organizzata. Non solo: ma all’indagine furono destinati dirigenti del Viminale ad altissimo livello e con il massimo delle coperture, a cominciare da una strana vicenda riguardante De Gennaro.
    Il Pm perugino Della Monica, infine, deve fare i conti con un ufficio giudiziario, quello appunto della procura di Perugia, al centro anche di una indagine degli ispettori del ministero e della prima commissione del Csm che si trascina da un anno. A questo punto, la decisione di Brescia di indagare ad ampio raggio potrebbe aprire nuovi scenari per giungere alla verità. Ma potrebbe anche “salvare” con l’archiviazione Colombo e la Boccassini non solo da una ma da ben quattro situazioni scabrose: l’abuso d’ufficio presunto sul fascicolo 9520, la gestione del teste-chiave Ariosto, le modalità di indagine e di intercettazione al bar Mandara, l’inchiesta sulle manomissioni della bobina.
    Quanto potere, e quante grane, nelle mani del Procuratore Tarquini! Ecco perché consideriamo, da una parte, molto sbagliato quell’esposto-denuncia (e ci meravigliamo che chi lo ha ideato e scritto non abbia fatto queste valutazioni), e in secondo luogo temiamo possa diventare un formidabile assist alla Boccassini e Colombo che in casi come questi difficilmente, e purtroppo, sbagliano un gol.
    Gigi Moncalvo

  4. #4
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    Predefinito L’ignoranza dell’Unità è imbarazzante

    Titolo a tutta pagina dell’Unità: “Attacco alla libertà”. I deliri del quotidiano diessino diretto da Furio Colombo non hanno sosta, ma è a dir poco sconcertante apprendere da un simile giornale che le ispezioni in una procura che hanno evidenziato serie violazioni di procedure e leggi siano da ritenere come una limitazione della libertà. Di chi? Dei nuovi intoccabili, i magistrati (di Milano ovviamente)? La legge è uguale per tutti, crediamo debba valere anche per chi dovrebbe farla applicare e per chi dovrebbe giudicare. Un ruolo tanto delicato non può restare nelle mani di psicopatici o gente con seri problemi di equilibrio. Ma l’Unità fa di più. Spara in prima pagina l’attacco alle toghe candide e pure di Ilda Boccassini e Gherardo Colombo, niente meno iscritti nel registro degli indagati dalla procura di Brescia in seguito ad un esposto di un “misterioso” comitato. Bene, quel misterioso comitato è il noto, almeno a noi, Comitato Nazionale per la Giustizia, che esiste dal 2001 e non è una nota di merito per gli autori di questo giornale non conoscerlo né aver realizzato una ricerca per verificarne l’esistenza. Del resto la figuraccia hanno deciso di farla in prima pagina, ci vuole equilibrio e contegno anche in questo!

  5. #5
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    Predefinito Il Comitato Nazionale per la Giustizia sul Legno Storto

    Mandato da Pauler Venerdì, 25 luglio 2003, 08:00 uur.
    Il Comitato Nazionale per la Giustizia in questi giorni ha conquistato una grande visibilità a livello nazionale. Tanto si è scritto e molto a torto. Si sono inventate storie clamorose, infondate e indecenti. Si sono attribuiti al Comitato la presenza di membri che mai e poi mai si sono sognati di iscriversi o che hanno avuto un contatto con lo stesso. Poiché seguiamo il Comitato dal giorno della nostra nascita, ci permettiamo di richiamare tutti gli articoli nei quali abbiamo parlato del Comitato e delle sue iniziative. Una veloce lettura di questi testi può evitare a qualche addetto ai lavori inutili figuracce.

    Comitato Nazionale per la Giustizia - http://www.legnostorto.com/node.php?id=472

    INTERVISTA ESCLUSIVA A GIACOMO BORRIONE di Paolo Carotenuto - http://www.legnostorto.com/node.php?id=928

    Istanza disciplinare contro Caselli di Giacomo Borrione - http://www.legnostorto.com/node.php?id=871

    Il Pm e l’obbligatorietà dell’azione penale di Giacomo Borrione - http://www.legnostorto.com/node.php?id=1405

    I discorsi inaugurali di Francesco Pintus - http://www.legnostorto.com/node.php?id=1996

    Ma è un golpe mascherato? di Giacomo Borrione - http://www.legnostorto.com/node.php?id=1997

    Sull'obbligatorietà dell'azione penale di Giacomo Borrione -http://www.legnostorto.com/node.php?id=2551

    ASSEMBLEA DEL COMITATO NAZIONALE PER LA GIUSTIZIA - http://www.legnostorto.com/node.php?id=2619

    Il CNG ad Assisi: "La Giustizia in Italia nella prospettiva Europea" - http://www.legnostorto.com/node.php?id=3855

    Il convegno sul CSM del C.N.G. dall'avv. Giacomo Borrione - http://www.legnostorto.com/node.php?id=4037

    Da Assisi occorre mandare un messaggio convincente! di Mauro Fonzo - http://www.legnostorto.com/node.php?id=4009

    Per riformare il sistema giudiziario italiano - IL TEMPO E L’ATTENZIONE! di Mauro Fonzo - http://www.legnostorto.com/node.php?id=4486

    Il Comitato Nazionale per la Giustizia dopo Assisi - http://www.legnostorto.com/node.php?id=5109

    PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONE D’INIZIATIVA POPOLARE - Immunità parlamentare - http://www.legnostorto.com/node.php?id=5110

    C’E’ GIUSTIZIA SE VI E’ CERTEZZA DEL DIRITTO di Giovanni Venezia - http://www.legnostorto.com/node.php?id=840

  6. #6
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    Predefinito IL COMITATO NAZIONALE PER LA GIUSTIZIA: CHI SONO E COSA VOGLIONO

    Dimitri Buffa - Libero

    Ma cosa rappresenta questo Comitato nazionale per la giustizia, l'organismo che oggi tutti conoscono perché ha denunciato a Brescia i pm Boccassini e Colombo per la storia del "fascicolo fantasma" 9520, segretato da otto anni, forse perché contiene elementi utili alle difese di Berlusconì e dì Previti?
    Le parole che meglio rispondono a questa domanda sono quelle diffuse ieri (nella conferenza stampa tenutasi nello studio Ventura di Roma) da Giancarlo Lehner, giornalista indipendente, dileggiato e vilipeso per dieci anni solo perché all'epoca osò, quasi da solo, difendere Bettino Craxi dalla persecuzione che portò il leader socialista all'esilio e alla morte: “Un sistema giudiziario classista al contrario, mirato all'accanimento contro i " colletti bianchi" e al perdonismo verso la criminalità comune e comunista, quella socialmente più pericolosa” dice Lehner, che del comitato è vicepresidente, parlando del sistema giudiziario italiano e delle ragioni che lo hanno spinto a impegnarsi in questa battaglia.
    “Un sistema comunque schizofrenico (o oltremodo permissivo sino a creare allarme sociale, oppure ingiusto e persecutorio) merita di essere conosciuto, analizzato e studiato, visto che rappresenta una spada di Damocle pendente su tutti i cittadini”.
    “Abbiamo deciso di fondare questo comitato” racconta Lehner, “quando leggemmo su tutti i giornali che le intercettazioni del bar Mandara erano ìnutilizzabili perché le cassette non avevano il segnale”, il riferimento è alle famose bobine di intercettazione ambientale sospettate di essere state manipolate e finite nell'indagine di Perugia.
    “In realtà gli organi di stampa, "benignamente” omettevano una circostanza e cioè che il retro della cassetta era udibilissimo, ancorché si trattasse delle chiacchiere tra i due poliziotti, uno dei quali sosteneva, di avere informato la moglie in tempo reale dei risultati delle intercettazioni su Squillante e Misiani”, in pratica l'agente di polizia informava la consorte delle proprie indagini.
    E il poliziotto che parlava con la moglie sapete oggi dove sta? “Lavora come commesso alla Camera dei deputati, si chiama Dario Vardeu”.
    La domanda retorica è dello stesso Lehner, che ha già raccontato il tutto nel libro "Storia di un processo politico" (edito da Mondadori nello scorso gennaio). Il Comitato nazionale per la giustizia, di denunce illustri quindi ne ha già fatte almeno tre (oltre a quella dello scorso 4 luglio contro la magistrata Ilda Boccassini e il suo collega Gherardo Colombo), sia pure solo a livello disciplinare, al ministro Guardasigilli e al Consiglio superiore della magistratura, ma nessuno ne aveva mai parlato prima.
    Una delle denunce di Lehner è stata indirizzata contro l'allora procuratore capo di Milano, Saverio Borrelli, quando in un'intervista a La Stampa, il 5 ottobre 2001, disse che avrebbe disapplicato la legge sulle rogatorie.
    Un'altra denuncia è stata diretta contro l'ex procuratore capo di Palermo, Giancarlo Casel li, per un articolo da lui scritto sull'Unità di Furio Colombo dal sobrio titolo " Legislazione di stampo mafioso " (4 agosto 2002).
    E un’altra ancora, sempre contro Ilda Boccassini, per le dichiarazioni del 20 ottobre 2001, quando nella requisitoria Imi-Sir la togata parlò di Cassazione occupata “manu militari” dai soldati di Silvio Berlusconi e Cesare Previsti.
    Questo Comitato, con buona pare dell’Unità e di Repubblica, secondo i quali sarebbe nato ad hoc per la denuncia contro Boccassini e Colombo, esiste da almeno due anni e da più di uno si è dotato di uno statuto.
    L’associazione è attualmente composta da 33 persone che si autotassano per 155 euro l’anno e ne è segretario un ex procuratore di Perugina Gianfranco Sassi che è poi, colui che firma esposti e denunce.(presidente del CNG è Giacomo Borrione avvocato civilista,perugino, trent'anni di professione forense sulle spalle.)
    Il Comitato ha due inziative in cantiere: prendere le parti del procuratore di Napoli, Agostino Cordova, di cui il CSM ha chiesto il trasferimento per incompatibilità ambientale, e avviare una petizione popolare per ripristinare l’immunità parlamentare nell’articolo 68 della Costituzione.

  7. #7
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    Predefinito UN'IDEA NUOVA E ANTICA DEL DIRITTO E DELLA GIUSTIZIA

    La ricerca dell'identità culturale dell'Umbria non può prescindere da quello che può essere considerato uno dei fiori all'occhiello, con l'Accademia dei Lincei, del contributo che l'Umbria ha dato allo sviluppo intellettuale dell'Uomo. La scuola del diritto in Umbria, segnatamente a Perugia, sede di una delle più prestigiose scuole di diritto di tutta Europa, ha segnato l'inizio di una concezione moderna del diritto che ha permeato di sé ogni capitolo giuridico come affrontato da tutte le nazioni latine del vecchio continente. Il secolo XIV, infatti, s'impernia nei nomi di Bartolo Alfani e di Baldo degli Ubaldi; maestro ed allievo che furono indicati come i sommi conditores juris del secolo che sancisce il risveglio umanistico.

    Né il loro lavoro è stato senza influenza nella formazione di Alberico Gentili (San Ginesio 1552 - Londra 1608) che compì gli studi di giurisprudenza a Perugia e la cui fama è legata soprattutto al suo contributo alla nascita del diritto internazionale come disciplina giuridica autonoma. In questo senso il primo passo cruciale è dato dalla trattazione sistematica di materie che corrispondono manifestamente a partizioni tematiche del diritto internazionale moderno.

    L’importanza storica e la fortuna dell’opera di Gentili restano comunque ancorate in modo preminente al ruolo giocato dal giurista italiano nel lungo processo che doveva portare all’affermarsi del diritto internazionale, cui non deve essere rimasto estraneo lo studio dei predecessori Bartolo da Sassoferrato e Baldo degli Ubaldi. Entrambi, infatti, percorrendo tutto il campo del diritto, hanno dato origine a quegli studi che, protraendosi per tutto il XV secolo, nell'interpretazione delle fonti dell'antico diritto, accostate con tecnica ingegnosa e sottile ai testi del diritto canonico, statutario e feudale, avevano fatto sgorgare un prodotto in gran parte nuovo che prende il nome di jus commune.

    Questo diritto viene quasi integralmente accolto anche in Germania, come già da più tempo andava informando il diritto delle nazioni latine, Francia, Spagna e Portogallo, talché le opere della giurisprudenza italiana e, principalmente quelle di Bartolo, formano testo nelle scuole e nei tribunali, assumendo ovunque valore di diritto. Quasi tutte le università italiane e straniere, tra il secolo XV e il XVIII, ebbero la « cathedra Batoli » ove si elaborò, su basi italiane, la scienza e la pratica del diritto comune che formava ormai la base della vita giuridica di ogni paese civile.

    E così si può dire che la dichiarazione dei diritti dell'uomo del 26 agosto 1789, trova le sue radici culturali proprio nelle elaborazioni che lo Studium Generale di Perugia consegnò al mondo civile nel XIV secolo. Ed allora, tenuto conto della crisi in cui versa attualmente il Diritto nel nostro Paese (ma non solo nel nostro Paese), occorre ritornare alla riaffermazione complessa del Diritto della persona rispetto al Diritto finalizzato e pragmatico, ancorato a valori transeunti ed immanenti. Nel necessario processo di revisione, non solo politico, ma culturale della storia degli ultimi due secoli, oggi il panorama del nuovo tempo ci spinge ad un recupero di quel filone fondamentale che è l'anima della civiltà rinascimentale ed umanistica, riaffermando quei valori, ma, al tempo stesso, inventando le nuove condizioni e le nuove forme di una Giustizia e del Diritto nel tempo globale. Occorre, facendo tesoro delle elaborazioni giuridiche offerte dalla cultura umbra del secolo XIV, tornare ad una riaffermazione complessa del Diritto della persona. Solo partendo da questo patrimonio eterno e trascendente, costruendo intorno ad esso, possiamo contrastare le pesantissime implicazioni negative per il diritto della persona insite nei processi di globalizzazione.

    La civiltà occidentale è cresciuta ed è diventata il fulcro del sistema delle civiltà mondiali, resistendo a tutte le bufere della storia, perché aveva al suo interno dei valori, veri motori di creatività, di invenzione e di esaltazione della persona umana, dell'avventura, del rischio. Questa civiltà può ancora riversare, nel crollo delle frontiere e degli equilibri del mondo, la sua forza trascendente ed umanistica al servizio di nuove tappe di crescita umana, sociale e civile.

    Ricordiamoci ancora di alcuni concetti fondamentali nella storia del pensiero occidentale, rileggendo, per quanto concerne i valori giuridici, la Summa Teologica di San Tommaso: « l'uomo è soggetto di diritto non in quanto è cittadino, ma in quanto è persona spirituale e morale, i suoi diritti non derivano dallo Stato, che è chiamato solo a garantirli; la libertà non è solo esterna o civile, ma interna e sottratta a qualsiasi coazione esteriore; la Giustizia non si fonda nella Natura, ma nell'essenza spirituale e morale dell'uomo ».

    Per uscire dai labirinti e dagli ingorghi legislativi e gestionali della giustizia civile, dalla aleatorietà e dalla discrezionalità della giustizia penale e dall'ingombro legislativo ulteriormente appesantito dal neo-centralismo regionale, tutti fenomeni che caratterizzano la situazione attuale in Italia, è indispensabile seguire il filo dei valori fondamentali e costruire un nuovo sistema informato a principi di essenzialità, di delegificazione, di sussidiarietà.

    Di fronte all’incessante travaglio dei popoli ed alle continue violazioni dei diritti individuali dobbiamo rivolgerci alla storia e cercare di trarre insegnamento da essa. Ogni progresso in campo politico-sociale non è mai stato agevole; ma piuttosto il risultato di un cammino tortuoso di cui si è potuto apprezzare soltanto il risultato finale. In questa direzione le ripetute dichiarazioni dei diritti dell’uomo - da quella, già citata, del 1789, ma ancora prima quella del 1776, che fu alla base della costituzione degli Stati Uniti, a quella del 10 dicembre 1947, al termine della seconda guerra mondiale, approvata a San Francisco dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite - rappresentano un incontestabile conquista della civiltà moderna.

    L’influenza che hanno avuto sui governi e sui popoli è stata grande, specialmente l’ultima, per via dell’indubbio prestigio del consesso nel seno del quale fu promossa, ma anche per il momento storico nel quale venne emanata, all’indomani dell’immane tragedia mondiale provocata dalla follia nazista. La Dichiarazione è stata certamente il punto d’arrivo, la conclusione evolutiva del cammino ideale che aveva preso l’avvio almeno sei secoli prima nel cuore di quel Paese che aveva già dato all’Umanità due millenni di civiltà giuridica. Una regione che, secondo Giuseppe Ermini, l’indimenticato magnifico rettore dell’Università di Perugia, in cui ha retto la Cathedra Batoli per oltre un trentennio, «è stata l’antesignana di quel risveglio culturale che è conosciuto sotto il nome di Umanesimo».

    Lungo questo cammino il pensiero giuridico e l’azione politica si sono venuti lentamente evolvendo nell’affermazione di quei valori oggi universalmente riconosciuti della democrazia e del costituzionalismo, dove, sia l’una che l’altro, rappresentano i pilastri della presenza dei diritti dell’uomo e della loro prevalenza sugli stati. Ma la dichiarazione non può dirsi abbia esaurito il suo compito con la sola formulazione perché, se è vero che il riconoscimento dei diritti dell’uomo è entrato nel bagaglio culturale di tutta l’Umanità, è altrettanto vero che gli stati membri delle Nazioni Unite, che hanno ratificato la dichiarazione, hanno assunto un impegno soltanto formale a tradurre nei propri ordinamenti interni i princìpi in essa contenuti; ma non esiste nessun apparato sanzionatorio che garantisca la tutela diretta dei diritti contro ogni loro violazione. E così molti paesi del terzo mondo, in specie quelli retti da regimi autoritari, molti dei quali rispondono ai criteri del socialismo reale, vale a dire quelle repubbliche popolari, che si dichiarano anche democratiche, snaturano il concetto stesso dei diritti dell’uomo, negandone l’universalità, l’intangibilità e l’indivisibilità in rapporto alle condizioni interne, all’emergenza di fondamentalismi religiosi, alle pretese necessità di subordinare l’ordinamento democratico alle ragioni dello sviluppo.

    Soltanto la decisione del singolo stato, di autolimitare la propria sovranità può dare spazio alla predisposizione di efficaci strumenti internazionali per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e questa strada si è cominciato a percorrere, sia pure nell’ambito di un ristretto numero di stati. In questo spirito fu sottoscritta a Roma, il 4 novembre 1950, la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, come preludio al processo di unificazione economica e politica tuttora in corso. Essa, oltre a ribadire i princìpi elaborati sulla scorta delle varie dichiarazioni dei diritti dell’uomo, istituì due organi deputati ad assicurare la tutela dei diritti dei cittadini nei confronti degli stati aderenti alla Convenzione: la Commissione Europea e la Corte Europea, per i diritti dell’uomo.

    Purtroppo, in nome della sovranità degli stati, questi organi possono soltanto sanzionare lo stato membro che violi i diritti dell’uomo, obbligandolo al risarcimento dei danni procurati, ma non può certo surrogarsi agli organi statali onde garantire al cittadino ricorrente il rispetto delle condizioni giuridiche che si assumono violate. In questo senso, il nostro Paese, la culla del diritto, quello che ha dato i natali a Bartolo, a Baldo, ad Alberico Gentili e, con essi, alla codificazione dei valori che sono alla base della cultura giuridica dei paesi che hanno sottoscritto la dichiarazione dei diritti dell’uomo, è fra i più sanzionati per la violazione dei principii informatori della carta dei diritti.

    Milioni di telefoni sotto controllo; migliaia di intercettazioni ambientali; violazioni sistematiche dei diritti individuali in materia di amministrazione della giustizia e di esecuzione delle pene; ingerenza illegittima nella vita privata delle famiglie; eliminazione del segreto bancario; sono queste le violazioni più comuni riscontrabili nella vita civile poste in essere in nome dell’interesse pubblico.

    È questo il nodo da sciogliere. O con Baldo e Bartolo, per l’elaborazione di un diritto pubblico che garantisca l’esercizio libero ed incontrastato dei diritti individuali, ove la divisa deve essere quella del principio generale del diritto: Honeste vivere, alterum non ledere suum cuique tribuere; o privilegiare lo statalismo, l’interesse pubblico che è destinato ad essere individuato da un ente con necessarie connotazioni etiche.

    In questo senso, è quanto mai opportuno riscoprire le radici culturali della scuola giuridica umbra, contribuendo così all'apertura di un grande processo di revisione - forse addirittura di reinvenzione - del diritto, da reinserire nei cicli della storia spirituale dell'uomo ed aperto agli scenari della mondializzazione, e, con esso, almeno nel nostro Paese, anche della giustizia.

    È per questo che nasce qui, in Perugia, il Comitato Nazionale per la Giustizia, che tante e così qualificate persone mi hanno chiamato, sia pure immeritatamente, a presiedere. Per suggerire, nella riscoperta delle radici del diritto moderno, una riforma globale ed omogenea della giustizia e, con essa, la certezza di una riaffermazione della democrazia oggi, purtroppo, messa in discussione dalla minaccia di affermazione di uno stato etico.

    Avv. Giacomo Borrione

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    Complimenti Paolo, soprattutto per aver creduto in questa associazione e per aver smascherato le indecenti bugie di questi giorni.

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    In origine postato da Special Agent
    Complimenti Paolo, soprattutto per aver creduto in questa associazione e per aver smascherato le indecenti bugie di questi giorni.

    BL
    Grazie Ale e bentornato su POL

 

 

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