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  1. #11
    Quin igitur expergiscimini?
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    "L' industria petrolifera del Venezuela è vittima di un complotto internazionale di cui esistono prove schiaccianti. Alcuni dei capitani delle petroliere coinvolte in questo complotto hanno conti bancari a Washington ed hanno ricevuto l' ordine di non avvicinarsi ai porti venezuelani". Lo ha dichiarato Ramon Martinez, Commissario del Ministero dell' Energia per la ripresa delle attività produttive. Martinez ha denunciato anche il coinvolgimento diretto nel boicottaggio delle grandi industrie Phillips, Exxon Mobil e Shell. Sarebbero 14 le petroliere alla fonda con l' istruzione di non caricare.
    Nel frattempo, mentre l' opposizione padronal-sindacalista prepara la "marcia su Miraflores" (sede del presidente legittimamente eletto), l' ambasciatore Usa a Caracas straparla, pretendendo elezioni immediate e la rinuncia di Hugo Chavez al mandato.

  2. #12
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    Il neoministro degli Esteri brasiliano, Celso Amorim, ha detto rivolto all' opposizione padronal-sindacalista al governo Chavez, che accusa il Brasile di "ingerenze" (mentre si vanta dell' appoggio dell' ambasciatore degli Stati Uniti...): "Non accetteremo rotture istituzionali, i golpe sono inaccettabili in qualsiasi ipotesi e contesto".
    All' insediamento di Lula alla presidenza del Brasile, cerimonia prevista per il 1° gennaio, sono stati invitati anche Hugo Chavez e Fidel Castro.

  3. #13
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    Thumbs up Un immenso "rosso" carnevale per Lula presidente!

    di Emiliano Guanella
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    BRASILIA Una lunga giornata di abbracci, pianti e feste di piazza in tutto il Brasile ha sospinto Luiz Inacio Lula da Silva verso il punto più alto della sua incredibile carriera politica. L'ex tornitore meccanico nato nell'arido deserto del NordEst, l'ex sindacalista che sfidava a viso aperto la dittatura, l'ex eterno sconfitto della sinistra brasiliana è diventato il nuovo presidente del paese più grande e popoloso dell'America Latina e della nazione più importante del Sud del mondo. Lula ha parlato ieri per 42 minuti filati davanti al Congresso, è stato interrotto una ventina di volte dagli applausi dei parlamentari e dei capo di stato stranieri, ha stretto le mani di centinaia di compagni di partito, nuovi e vecchi alleati, amici e nemici politici. Per arrivare al bel Palazzo del parlamento ha impiegato più di mezz'ora a bordo della Rolls Royce scoperta che si faceva largo faticosamente nel mezzo di una folla entusiasta e allegra quasi come se fosse carnevale. Una lunga marea di bandiere rosse ha invaso gli ampi e asettici viali della futurista Brasilia, la capitale sorta dal nulla nel centro esatto di un paese immenso, grazie al genio architettonico di Oscar Niemmeyer e Lucio Costa.







    C'era tutto il popolo del Partido dos Trabalhadores, accalcato e felice tra le passerelle sospese, gettandosi dentro i laghetti artificiali per arrivare più vicino possibile all'auto scoperta, per toccare da vicino un momento storico nella storia del Brasile. "Mudança, cambio - ha esordito Lula nel suo discorso di insediamento - questa è la parola chiave. Questo è stato il messaggio che milioni di brasiliani hanno voluto dare nelle ultime elezioni. La speranza ha sconfitto la paura, la società ha deciso di intraprendere un nuovo cammino rifiutando energicamente il culto dell'individualismo, la disintegrazione dei valori sui quali è stato fondato questo straordinario e complesso paese". E' stato un discorso nazionalista, patriottico, capace di toccare i punti chiave della storia brasiliana: la proclamazione dell'indipendenza, l'abolizione della schiavitù, la scoperta della canna da zucchero, le miniere d'oro, il boom industriale, l'immigrazione. "I brasiliani hanno saputo fare tutte queste cose ma non hanno potuto sconfiggere la fame". Fome, la fame, la povertà assoluta come quella che colpisce oltre 50 milioni di persone nel paese più ingiusto e contraddittorio del mondo. Lula ricorda il suo progetto di sradicamento della miseria e ricorda anche la sua storia personale, la sua battaglia di vita e di politica, la sua scommessa affinché tutti i brasiliani possano avere tre pasti caldi al giorno. "Penso alla mia vita di lavoratore umile, di immigrato del Nordest, che un giorno entrò nel sindacato, che fondò un partito e che ha sempre creduto in quello che faceva. Ci penso e mi rendo conto che possiamo fare molte cose ancora, che dobbiamo fare tutto il possibile per cambiare la storia di questo paese". Gli applausi arrivano in ogni pausa significativa, il più lungo e a sorpresa quando il neopresidente tocca la questione mediorientale, affermando la necessità di trovare un accordo pacifico che metta fine al conflitto. In platea c'era il presidente venezuelano Hugo Chavez e anche Fidel Castro, la cui presenza era data in forse fino all'ultimo; al suo arrivo al Palazzo la folla è letteralmente impazzita.





    In prima fila fuori dal Planato la "carovana dei Silva", la comitiva dei parenti stretti del nuovo presidente, arrivati a Brasilia in autobus dallo stato di Pernambuco ripercorrendo un tragitto comune a milioni di immigrati nordestini. Avevano un lungo striscione rosso. "Lula, il presidente di chi non ha mai avuto un governo". Nel giorno più bello della sua vita, come l'ha definito più volte nel corso della lunga maratona, Lula ha pianto e sudato molto al punto da dover fermarsi per cambiare camicia prima di arrivare alla consegna della fascia presidenziale da parte del mandatario uscente Fernando Henrique Cardoso. Era il momento più atteso dai fotografi e cineoperatori di mezzo mondo, il simbolo del passaggio di poteri dal brillante sociologo socialdemocratico ammaliato dalle sirene dei poteri forti che da sempre guidano le sorti del Brasile e il nuovo Capo di Stato che potrebbe davvero aprire un capitolo nuovo nella storia dell'America Latina. Subito dopo le formalità di rito, Cardoso, così come le prescrive la Costituzione, se ne è andato all'aeroporto e ha preso il suo ultimo volo ufficiale per tornare a casa sua in uno dei più esclusivi quartieri di San Paolo. Nel suo futuro ci sarà sicuramente un posto di rilievo in organizzazioni internazionali, il suo sogno è diventare segretario generale dell'Onu. I suoi otto anni di governo sono stati di poche luci e molte ombre: da un lato una serie di brillanti innovazioni per la decentralizzazione e ristrutturazione dell'amministrazione pubblica: dall'altro una politica economica eccessivamente improntata alle privatizzazioni delle principali imprese pubbliche e allo smantellamento di buona parte dell'industria nazionale sempre a favore dei mercati finanziari e dei grossi speculatori come Gorge Soros. I tempi, ora, sono cambiati. Cardoso se ne va con un'indice di popolarità bassissima, sotto il 25%. Lula, invece, si insedia, con un appoggio record, il più alto degli ultimi vent'anni: secondo un sondaggio pubblicato dalla "Folha di Sao Paulo" il 76% dei brasiliani crede che il suo sarà un governo ottimo o buono, il 15% pensa che sarà così così e solo il 3% pensa che sarà una tragedia. Lula inizia con il piede giusto e con un gabinetto equilibrato, che vede una forte presenza di uomini del suo partito dei lavoratori ma anche con moderati alla guida dei dicasteri economici e personalità di spicco come il popolarissimo cantante Gilberto Gil, nuovo ministro della Cultura. Ma la sua è una sfida ciclopica, la più ardua mai tentata in 500 anni di storia brasiliana. Il primo anno di governo sarà chiave per capire se il "miracolo Lula" potrà avverarsi. "Oggi - ha detto - è il giorno in cui il Brasile si rincontra con se stesso. Dobbiamo trasformare questo paese partendo dalla sua principale forza, che è la sua gente. Possiamo davvero diventare una nazione che cammina solo con la fronte alta e che si afferma come la patria giusta per tutti i suoi abitanti, senza alcuna distinzione. Chiedo a Dio - ha chiuso visibilmente commosso - di darmi la saggezza per saper giudicare, la serenità nelle decisioni, il valore e la forza nei momenti difficili e soprattutto un cuore enorme. Un cuore grande come tutto il Brasile.

    "Vogliamo distruggere tutti quei ridicoli monumenti del tipo "a coloro che hanno dato la vita per la patria" che incombono in ogni paese e, al loro posto, costruiremo dei monumenti ai disertori. I monumenti ai disertori rappresentano anche i caduti in guerra perchè ognuno di loro è morto malidicendo la guerra e invidiando la fortuna del disertore. La resistenza nasce dalla diserzione"

    Partigiano antifascista, Venezia, 1943





  4. #14
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    Lula è un reazionario comunista che vuole distruggere quel poco di buono che ancora c'e' in Brasile.Cioè il Sud.

  5. #15
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    Originally posted by Dragonball
    Lula è un reazionario comunista che vuole distruggere quel poco di buono che ancora c'e' in Brasile.Cioè il Sud.
    Lula è tutt'altro che un comunista.

    Il sud del Brasile rappresenta la vergogna più grande del sud-america (e ditutto il mondo povero) considerando l'enorme diseguaglianza che esiste con il nord del Brasile e l'inesistente redistribuzione di ricchezza. Tutto deriva dallo sfruttamento colonialista del Portogallo. Quando il Brasile fu "scoperto", il territorio venne diviso in capitanias, in feudi, assegnati agli amici del re. Ancora oggi esistono baroni, colonnelli e politici discendenti dalle prime famiglie: tutti grandi proprietari terrieri nei quali è incentrato tutto il potere economico senza possibilitàd i redistribuzione.

    Il sussegursi di classi politiche corrotte e dittatoriali e gli "aggiustamenti strutturali del FMI" ha causato tutto il resto.

    Il problema del Brasile allora non è la povertà ma l'ingiustizia.

    Il popolo brasiliano ha votato Lula perché ha percepito che l’attuale modello economico del paese non serve. E vuole cambiamento, riscatto dalla miseria e dignità.


    P.G.
    "Vogliamo distruggere tutti quei ridicoli monumenti del tipo "a coloro che hanno dato la vita per la patria" che incombono in ogni paese e, al loro posto, costruiremo dei monumenti ai disertori. I monumenti ai disertori rappresentano anche i caduti in guerra perchè ognuno di loro è morto malidicendo la guerra e invidiando la fortuna del disertore. La resistenza nasce dalla diserzione"

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  6. #16
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    L'effetto Lula riuscirà a dimostrare che la forza dei movimenti sociali può conquistare spazi di potere nel governo del mondo?
    L'operaio presidente e le nuove sfide della sinistra ai tempi del neoliberismo
    Frei Betto

    Lula è stato eletto presidente del Brasile con più di 52 milioni di voti. Pare incredibile. Come un tornitore, fondatore di un partito che nelle sue linee teoriche difende il socialismo, è potuto arrivare al governo attraverso il voto popolare?
    Si noti che scrivo «è arrivato al governo», non al potere. La differenza è notevole. Chi è al potere di solito non compare quale istituzione di governo, come dimostrano le attitudini del capitale finanziario. Chi è al governo non necessariamente è al potere, come dimostrano gli stati dell'America Latina, dipendenti dal flusso di capitale esterno.

    L'arrivo di Lula alla carica più importante della Repubblica, rappresenta la sinistra al governo? Alcuni dicono di no. Secondo loro, Lula è stato eletto solo grazie all'abbandono del suo discorso ideologico, al lavoro di facciata dei suoi consiglieri di marketing, allo slittamento politico della sinistra verso il centro (o verso la socialdemocrazia). Secondo altri Lula ha imitato il camaleonte, mascherando di giallo verde il suo colore rosso. Una volta eletto, sarebbe pronto allo scontro diretto con le forze retrograde del paese.

    Siamo cambiati noi o è cambiato Lula? Siamo cambiati entrambi. Con l'eccezione dei militanti del Pstu e del Pco, nessun altra voce della sinistra brasiliana si è opposta al candidato Lula. E non ci sono dubbi che gli elettori di quei due piccoli partiti hanno votato al ballottaggio per il candidato del Pt.

    Questo significa che l'insieme della sinistra brasiliana, salvo i citati, ha appoggiato o ha partecipato all'elezione di Lula. In questo senso la sua elezione è una vittoria della sinistra. Quando parlo di sinistra non mi riferisco ai militonti rabbiosi che si riempiono la bocca di slogan e si lamentano di non morire come guerriglieri nella Sierra della Mantiqueira. (…) Non mi riferisco a quelli che adorano stereotipi cinematografici e chiamano borghesi tutti quelli che non sono d'accordo con loro. Parlo di quelli che Norberto Bobbio considera posizionati a sinistra: quelli che guardano alla disuguaglianza sociale come ad una aberrazione. (…)
    Dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989, è la prima volta che la stella simbolo della sinistra (presente nelle bandiere della Cina e di Cuba e anche del Pt) disegna una curva ascendente. Negli ultimi dieci anni la sinistra è rimasta condannato al purgatorio. Ha passato in rassegna i suoi errori, ha fatto autocritica, ha tentato di riarticolarsi in nuovi partiti, ha promosso manifestazioni di contestazione all'attuale modello di globalizzazione e, nel Forum sociale mondiale di Porto Alegre, ha tentato di intravedere un altro mondo possibile. (…)
    Lula è il frutto dell'oggetto stesso della sinistra: la classe lavoratrice. Mi ricordo bene la fondazione di Pt. I politici affiliati ai partiti di sinistra si inferocivano davanti alla ostinazione di un operaio che si rifiutava di entrare nei partiti che rappresentavano allora gli interessi della classe lavoratrice e con un gesto coraggioso creava quello che nessuno aveva ancora osato pensare: un partito dei lavoratori. Ho visto un dirigente comunista, rinomato intellettuale, indignato: perché un proletario aspira ad essere l'avanguardia del proletariato? Per caso non conosce la storia? Forse non sa che i partiti dell'avanguardia del proletariato sono stati quasi sempre diretti da intellettuali?

    Guardare Lula attraverso un'ottica ideologica, prima di prendere in considerazione la sua estrazione sociale, è invertire i termini della equazione politica. Lula non è il risultato di se stesso, ma di un movimento sociale costruito in quarant'anni (1962-2002) nei quali le teorie di Marx hanno avuto meno importanza della pedagogia di Paulo Freire. Lula è il frutto della Ceb e della Teologia della liberazione, della sinistra che affrontò la dittatura e delle opposizioni sindacali, della Cut e del movimento dei Sem terra, dell'acutizzarsi della crisi sociale brasiliana e dell'attuale globocolonizzazione. Lula è quello che rimane della sinistra organica dopo la caduta del muro di Berlino. (…)
    Il grave precipitare della questione sociale in Brasile è una delle cause della vittoria de Lula. Le sue forze di sostegno politico, come la Cut e il Mst, già avevano segnato nell'agenda politica del paese gli argomenti della riforma operaia e agraria. La disoccupazione, la fame, la pessima qualità della salute e dell'educazione hanno fatto sì che l'elettorato abbia potuto riconoscere in Lula un altro Brasile possibile. Possibile nella misura in cui la sinistra mantenga chiara la consapevolezza che una elezione non è una rivoluzione. Non si tratta di una rottura di sistema, ma di un cambio di governo. Lula non impianterà il socialismo per decreto. Modernizzerà il capitalismo, aumentando la capacità produttiva del paese, riducendo la disoccupazione e combattendo la fame. Non realizzerà il desiderabile, ma il possibile. Non inventerà la ruota, ma le imprimerà la sufficiente velocità per attenuare il debito sociale.

    In questo progetto Lula può contare sull'appoggio di un'ampia maggioranza di popolazione. Anche se alcuni militanti gli chiedono un discorso ideologico, che bene suonerebbe alle orecchie abituate alla musica ortodossa (e spaventerebbe il popolo) è necessario riconoscere che Lula ha riscattato per la sinistra, tra le altre, una precisa virtù già da tempo dimenticata dai difensori della nuova società: il buon umore. (…)
    La sinistra, che ha sempre parlato di tattica per la conquista del potere, ha avuto difficoltà ad intendere la sua applicazione in un processo elettorale. Come mi dice Duda Mendonça: vendo prodotti a quelli a cui non piacciono. In altre parole, pubblicità è convincere il mercato perché acquisti quello che non conosce o addirittura rifiuta. La offerta deve essere, agli occhi del cliente, una buona offerta. (...)
    La tattica elettorale è riuscita ad offrire a Lula il sostegno di settori della popolazione che prima lo guardavano con sospetto. Ha ampliato l'arco di appoggi nella sfera partitica. (Appoggio non significa alleanza. Lula non ha promesso nessun incarico a nessun partito, non ha ceduto nel suo programma di governo).

    Lula non ha calibrato la campagna sull'obiettivo di lusingare i militanti del Pt e la sinistra. Non realizzerà il governo in questo senso. Sarà il presidente di tutti i brasiliani, coerente con i principi che lo portarono a fondare il Pt e fedele al suo programma. Darà priorità alle questioni sociali, alle quali sarà sottomessa l'economia. Non è forse questo essere di sinistra?

    Ci sarà chi sostiene che essere di sinistra vuol dire sconfiggere il capitalismo ed edificare la società socialista. Sono d'accordo con questa tesi, anche per ragioni aritmetiche: non ci sarà frutto degno per l'umanità se non verrà da ciò che recita anche il sacerdote nell'eucarestia: "frutto della terra e del lavoro dell'uomo". Ma come sconfiggere il sistema che antepone il profitto individuale ai diritti collettivi? Attraverso rivoluzioni? Dubito che nella congiuntura attuale esse siano praticabili. Dopo quella cubana, quarant'anni fa, nessuna altra rivoluzione è stata possibile in America Latina, eccetto la sandinista in Nicaragua, abortita pochi anni dopo.

    Chissà se l'effetto Lula riuscirà a dimostrare che attraverso l'accumulazione progressiva dei movimenti sociali è possibile conquistare parcelle di potere e introdurre nuovi quadri nella sfera di governo. Se questo significa il superamento delle politiche neoliberiste, il miglioramento della qualità della vita della maggioranza della popolazione, lo applaudirò come un gran salto avanti. In caso contraro avrebbe ragione Robert Michels che nel 1912 nel suo classico I partiti politici difese la tesi, finora confermata dalla storia: ogni partito rivoluzionario che insista nel contendere spazio nella istituzionalità borghese finisce per esserne assorbito.

    Non dobbiamo domandare che cosa farà Lula per il Brasile, dobbiamo domandarci ciò che ognuno di noi è disposto a fare per rafforzare le basi popolari della sua governabilità.
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  7. #17
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    Peccato che Lula non lo vuole nessuno all'estero e se in Brasile togli i fondi esteri si fa la fine dell'Argentina

  8. #18
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    puo' darsi che Lula serva a dimostrare la validita' del detto francese per cui "ci vuole un governo di sinistra per fare una politica di destra". Per adesso, alcune mosse dei suoi ministri vanno in direzione di PIU' liberismo economico, non meno. Ad esempio, il ministro dell'agricoltura ha annunciato di voler rivedere il bando agli OGM, nel nome della liberta' di coltivare e produrre quel che si vuole, abbattendo cosi' i prezzi.
    Comunque, se vi fa piacere sventolare le bandiere rosse, non c'e' problema...

  9. #19
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    Dice Fidel Castro che i leader appaiono nei momenti di crisi: sono sognatori che inseguono un mondo migliore. L'ultima idea di Chavez, visionaria ma anche interessante, è l' integrazione delle compagnie petrolifere statali di Brasile, Venezuela, Bolivia e Equador (dove il 15 gennaio si insedierà alla presidenza l' ex-colonnello Lucio Gutierrez) per mettere in piedi una sola grande Petro America in grado di reggere la concorrenza e le pressioni esterne, cioè americane.
    Lula, che ha nel rafforzamento dell' integrazione latinoamericana uno dei punti qualificanti del suo programma, e che ha ribadito il suo appoggio al potere legittimo del Venezuela, ha detto che ci penserà.
    Intanto Chavez e le classi oppresse venezuelane continuano a resistere contro il golpe mascherato da sciopero dei 30mila dirigenti e funzionari della Pdvsa, alimentato da una elite imprenditoriale e sindacale corrotta. Aiuti a Chavez stanno giungendo non solo dal Brasile, ma anche dalla Russia (un cargo russo è atteso in Venezuela con altri 600mila barili di benzina).

  10. #20
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    a conferma di quanto sopra, sulla "Repubblica" di oggi c'e' un articolo sulla decisione di Lula di privatizzare le favelas, cosi' che le case siano di chi ci abita. Come promotore della misura e' segnalato il nome di De Soto, che e' un iperliberista di quelli arabbiati (anche se il giornalista sbaglia: De Soto non e' un sociologo brasiliano, ma peruviano).
    Ciao

 

 
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