Guatemala, le milizie di Rios Montt all'assalto
Occupata la capitale dai sostenitori dell'ex dittatore
sanguinario che vuole ricandidarsi. Esercito
mobilitato
GIANNI BERETTA
Efrain Rios Montt, l'ex generale golpista cui viene
attribuita gran parte della responsabilità del
genocidio di duecentomila indigeni guatemaltechi negli
anni `80, vuole a tutti i costi essere candidato alle
prossime elezioni presidenziali del 2 novembre. E per
questo ha mobilitato i sostenitori più fedeli che
hanno occupato con bastoni, machete e armi da fuoco,
alcuni punti mirati di Città di Guatemala. Ieri la
situazione era così tesa che il presidente Portillo,
dello stesso partito di Rios Montt, ha annunciato che
è pronto a inviare l'esercito a presidiare Città del
Guatemala. Secondo un piano organizzato nei dettagli,
all'alba di giovedì una cinquantina di pulman
provenienti dalle zone rurali montane del Quichè, di
Jalapa e Verapaces hanno scaricato nella capitale fra
due e tremila ex membri delle famigerate «Pattuglie di
autodifesa civile» (Pac), note per aver seminato
(insieme all'esercito) il terrore nelle aree indigene
fino al loro scioglimento di fatto sopravvenuto con
gli accordi di pace fra governo e guerriglia del
dicembre 1996.
Gli ex paramilitari, creati allora proprio da Rios
Montt, si sono piazzati a presidiare le sedi della
«Corte costituzionale», della «Corte suprema di
giustizia» e del «Tribunale supremo elettorale», che
in questi giorni si stanno rimpallando la decisione se
rimuovere l'impedimento all'ex dittatore «de facto» di
candidarsi a capo dello stato. Già in tre precedenti
occasioni gli alti magistrati avevano confermato
l'inibizione; ma questa volta Rios Montt, che ha
appena compiuto 77 anni, può contare sul proprio
partito, il «Fronte repubblicano guatemalteco», (Frg)
al governo col presidente della repubblica Alfonso
Portillo, del quale è il leader effettivo. In più lo
stesso Rios Montt ricopre per la seconda volta la
carica di presidente del parlamento legittimamente
eletto.
La costituzione guatemalteca parla chiaro, ma le
pressioni a cedere sono fortissime. E ora ci si sono
messe anche le ex Pac, cui l'ex generale ha promesso
una pensione di guerra. I manifestanti, in gran parte
contadini indigeni e meticci guidati da dirigenti del
Frg coperti da passamontagna, hanno occupato pure per
dodici ore, con novecento persone all'interno e senza
che la polizia muovesse un dito, il «Centro delle
imprese», un edificio nella esclusiva zona 10 che
concentra la crema imprenditorial-confindustriale
guatemalteca che detesta Rios Montt. Chi ne ha fatto
le spese sul piano fisico sono stati soprattutto i
giornalisti che seguivano gli eventi, bersagliati
apertamente perché colpevoli di «avversare» Rios
Montt. Per il momento il bilancio è di alcune decine
di feriti e una sola vittima, Hector Ramirez, un
reporter colpito da infarto mentre fuggiva dai
disordini. Ma è evidente che il clima, come hanno
segnalato i rappresentati della società civile
guatemalteca e della cooperazione internazionale, è di
«grave intimidazione». Del resto lo stesso Rios Montt
lunedì scorso aveva lanciato un monito: «se
impediranno la mia candidatura non so se riuscirò a
controllare la mia gente». E ieri ha ammesso senza
pudore che la protesta è organizzata dai propri
sostenitori. La situazione è talmente tesa che il
sindaco della capitale, del «Partito di avanzata
nazionale» (Pan), principale oppositore di del Frg, ha
disposto la chisura delle scuole.
Dopo le speranze dei primi due anni dalla fine della
guerra, per una ricostruzione e riconciliazione del
Guatemala, con l'avvento al governo del Frg di
Portillo e Rios Montt, il paese centroamericano ha
imboccato la strada del caos e della dissoluzione
istituzionale. La violenza sociale e organizzata
imperversano tanto da farne la nazione più insicura
dell'istmo. A farla da padroni sono le mafie legate ai
militari che controllano i business che contano, e il
narcotraffico che ha corroso l'intera vita nazionale.
La missione dell'Onu incaricata di seguire
l'applicazione degli accordi di pace esprime nei suoi
rapporti semestrali lo sconforto per i deludenti
risultati, per altro sostenuti da un impegno
finanziario importante della comunità internazionale.
La stessa amministrazione di Bush junior, che nel
marzo scorso ha «decertificato» il Guatemala come
unico paese latinoamericano che non fa abbastanza per
combattere il traffico di stupefacenti, ha minacciato
la sospensione di ogni appoggio se Rios Montt dovesse
essere eletto.
All'opposizione, a parte una cinica classe
imprenditoriale blindata nelle proprie ville e nelle
proprie auto di lusso con la paura di perdere quello
che ha, la sinistra moderata o ex guerrigliera è in
frantumi e incapace di qualsiasi iniziativa. Resta la
chiesa cattolica a fare da baluardo contro questa
deriva. Paradosso vuole che uno dei vescovi in prima
linea in questa battaglia sia mons. Mario Rios Montt,
successore del coraggioso mons. Juan Gerardi,
assassinato nel `98 per aver documentato le nefandezze
di suo fratello Efrain Rios Montt, a sua volta pastore
della «Chiesa del verbo».
Il Manifesto 26 luglio 2003, p. 10
http://www.ilmanifesto.it/oggi/art58.html