In libreria da oggi «Il ciclo mafioso» dell'ex presidente della camera Luciano Violante
DARIA LUCCA
«La maggioranza di centro-destra uscita vincitrice dalle elezioni politiche del 2001 e il relativo governo hanno tenuto comportamenti e assunto deliberazioni che, nel rapporto tra mafia e stato, sembrano favorire, tanto culturalmente quanto concretamente, le organizzazioni mafiose». Se fosse soltanto un giudizio, sarebbe già abbastanza pesante. Se poi fosse un giudizio analitico, e cioè la logica conclusione di una argomentata ricostruzione di fatti e misfatti, le preoccupazioni aumenterebbero. Considerando infine l'autore, ne viene fuori un attacco politico in piena regola al governo e alla sua maggioranza. Le parole di condanna appartengono infatti a Luciano Violante, capogruppo diessino alla camera, già presidente della camera dei deputati, già presidente della commissione parlamentare antimafia, e sono contenute nel suo ultimo volume, «Il ciclo mafioso», pubblicato da Laterza in libreria da oggi. Del resto, il titolo non è soltanto evocativo. E' l'estrema sintesi dell'ipotesi proposta in premessa: «Cosa Nostra ha avuto sinora cicli che durano circa dieci anni, caratterizzati da uno o più omicidi politici attorno alla scadenza del decimo anno». E poiché tra qualche giorno - esattamente il 23 maggio - cade il decimo anniversario della strage di Capaci (Giovanni Falcone) cui fece seguito due mesi più tardi quella di Via D'Amelio (Paolo Borsellino), l'evocazione lascia spazio a un brivido lungo la schiena. Il ciclo evidenziato da Violante è composto di varie fasi, ricorrenti in modo simmetrico: «La lotta contro la mafia ha avuto tradizionalmente un andamento ciclico. Prima l'omicidio eccellente; poi, nell'ordine, indignazione, reazione, nuove leggi, nuovi arresti, nuovi processi. Poi la disattenzione. Dopo la disattenzione, fioriscono le assoluzioni e gli interventi che, direttamente o indirettamente, volontariamente o involontariamente, riprendono a favorire la mafia. Si torna alla convivenza; ma ci sono magistrati, imprenditori, poliziotti, giornalisti, politici che, obbedendo alla propria etica professionale, non accettano le regole della convivenza con la mafia. La mafia ne uccide uno o più e il ciclo riprende». Finora i cicli hanno preso i nomi di Scaglione, La Torre-Dalla Chiesa-Chinnici, Falcone-Borsellino.
L'idea guida è appunto questa: da qualche tempo siamo nella fase di convivenza e ciò grazie a un esecutivo che non perde occasione per fare e dire quel che la mafia si aspetta. In effetti, a scorrerle una dietro l'altra, come i grani di un rosario, le sortite del governo sono inquietanti. Citando in ordine dal libro, si comincia dal ministro Pietro Lunardi intervistato dal Tg5: «Mafia e camorra ci sono sempre state e sempre ci saranno: purtroppo ci sono e dovremo convivere con questa realtà...». A seguire, si segnalano: l'ottobre delle tre grazie (la modifica del falso in bilancio, la riscrittura della legge sulle rogatorie e le norme che permettono il rientro dei capitali dall'estero senza pagare gabella), gli impresentabili clienti del sottosegretario Carlo Taormina, la mozione della maggioranza contro i giudici dopo la polemica con Milano sull'interpretazione della sentenza della Corte Costituzionale sul caso Previti (conflitto sollevato proprio dall'autore quando era presidente della camera, ndr). Scrive Violante: «La legge sul falso in bilancio, come l'impunità per il rientro dei capitali illecitamente esportati e la legge sul conflitto di interessi rispecchiano un'idea premoderna di mercato, senza regole, senza principi, senza trasparenza, affidato ai soli rapporti di forza. E' purtroppo, la stessa idea di mercato che ha Cosa Nostra».
Il ragionamento fila benissmo. Soprattutto se agli atti si sommano i comportamenti e i messaggi, come il licenziamento di Tano Grasso dall'Antiracket. O come l'esclusione dell'associazione Libera, di don Luigi Ciotti, dall'elenco predisposto dal ministero della pubblica istruzione per i corsi di formazione nelle scuole (in compenso sono stati autorizzati corsi di bridge, vela, danza antica, golf). La mafia, spiega Violante, recepisce innanzitutto i messaggi contenuti negli atti dei politici: «Una risposta efficiente alla mafia deve comprendere le ragioni di questa particolare sensibilità del mondo mafioso alle decisioni del mondo politico». Inoltre, continuando le aggressioni alla magistratura messe in opera dal governo Berlusconi, ogni risposta alla mafia risulterà delegittimata.
il manifesto 18 maggio 2002
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