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Cirio è andata incontro al suo destino. Un’azienda italiana sana, che opera in settori per nulla esposti ai cicli dell’economia, anche notevolmente internazionalizzata, finirà smembrata e liquidata, disperdendo un patrimonio dell’intera industria nazionale.
Un caso isolato, ma non tanto quanto sarebbe preferibile, perché se la condotta e le responsabilità di Sergio Cragnotti, dei suoi collaboratori e di chi ne ha assecondato la spregiudicatezza finanziaria, sono del tutto individuali, non c’è dubbio che nella vicenda si ritrovano, degenerati, alcuni elementi sistemici del nostro panorama imprenditoriale e finanziario.
Nessuno sembra accorgersi che i germi per altre centinaia di “casi Cirio” ci sono in ogni azienda medio-grande italiana: i buchi di una legislazione eccessiva e contorta, l’alto indebitamento delle aziende e l’incapacità d’intervento degli organi di vigilanza dei mercati finanziari sono falle che possono essere sfruttate da chiunque abbia la temerarietà di farlo.
Per non cedere ai facili allarmismi, va detto che dal mondo imprenditoriale vengono anche buoni esempi, come i codici di autoregolamentazione dell’Abi e, soprattutto, delle società per azioni attraverso Assonime.
Purtroppo a fornire le garanzie minori è proprio il quadro legislativo, e su più fronti. Un’indagine della Corte dei conti ha rivelato che gli interventi effettuati dalla Guardia di finanza in 370 grandi imprese nel 2002 si sono conclusi sempre (oltre 98% dei casi) con la notifica di una qualche irregolarità.
Stessa percentuale per le aziende di media grandezza. Risultati abnormi, spiegabili solo con l’esistenza di una giungla normativa in cui nessuno riesce a orientarsi.
L’iperegolamentazione è il principale nemico della trasparenza. Di fatto tutti hanno qualcosa da nascondere, creando un clima di diffidenza e segretezza in cui i più furbi possono prosperare.
Ma il male peggiore è l’indebitamento
Ma l’elemento degenerativo più strutturale, e preoccupante, è quello dell’indebitamento.
La recente radiografia del sistema industriale fatta dall’ufficio studi di Mediobanca certifica che sommando le sofferenze dei grandi gruppi italiani si arriva a 171 miliardi di euro, particolarmente concentrati nelle imprese private e di maggior dimensione. Per queste, ogni euro di patrimonio è
mediamente gravato da 1,77 euro di debiti.
Un rapporto squilibrato, ben superiore a quello di qualsiasi altro paese europeo. In questo senso il sistema bancario, troppo genericamente messo sul banco degli imputati, sta sostenendo uno sforzo enorme per mantenere in vita le ultime realtà imprenditoriali nazionali. Il debito per molte società è una clessidra che segnala il tempo mancante al fallimento, e per evitare che la sabbia si esaurisca molti imprenditori sono disposti a tutto. Specie se la legge fallimentare non svolge il suo ruolo, quello di essere un modo efficiente e rapido per “riciclare” asset produttivi nel sistema economico.
Proprio nel caso Cirio, uno dei pochi punti su cui tutti si sono trovati d’accordo è che consegnare la società alle procedure concorsuali avrebbe comportato la maggior distruzione di valore immaginabile per creditori, dipendenti e azionisti.
Infine, c’è la questione della vigilanza sui mercati finanziari. In Italia la Consob non ha i poteri per essere né incisiva, né tempestiva in caso di manipolazione delle informazioni date al mercato.
Lo ha dimostrato proprio Cirio con i suoi bilanci “opachi”, ma la lista di esempi analoghi è piuttosto lunga.
Visto che finalmente il governo è stato costretto a sensibilizzarsi alle questioni dell’affidabilità dei mercati finanziari, il rafforzamento della Consob dovrebbe divenire priorità assoluta. E’ assurdo che la commissione di vigilanza non possa intervenire direttamente ma debba passare le carte alla magistratura, allungando i tempi in maniera irragionevole. Occorre darle poteri ispettivi e sanzionatori, e il modello rimangono gli Stati Uniti, nonostante gli scandali abbiano prodotto perdite per i risparmiatori molto più ampie che da noi. Il fatto è che oltreoceano le disposizioni legislative a correzione delle lacune emerse sono state ben più tempestive della ricerca dei colpevoli e dell’ottenimento di parziali risarcimenti, che comunque ci sono stati. Certo, è più propagandistico affabulare su un’ipotetica “cupola di banchieri” che escogita un meccanismo per scaricare sui risparmiatori l’esposizione verso la Cirio, ed è più affascinante speculare su come questa grana possa influire sugli equilibri instabili tra Tesoro e Banca d’Italia. Ma dagli eccessi di dietrologia e partigianeria è difficile che nascano riflessioni serie.
Senza le quali le emergenze Cirio rimarranno emergenze.
Enrico Cisnetto
Su Il Foglio
saluti