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    Milano, dibattito sugli ogm/Le ragioni della scienza e di coloro che sfruttano l'emotività

    Quei nobili scopi e la convenienza dell'agire politico

    "Si riunisce ancora il mondo della scienza intorno alla figura del Segretario nazionale del Partito Repubblicano Italiano, viceministro all'Ambiente, on. Francesco Nucara". Così ha esordito a Milano, lunedì scorso, Alessandro Cecchi Paone, inaugurando un convegno che, dedicato alla presentazione del volume del prof. Francesco Sala, costituisce occasione preziosa per sollecitare l'attenzione della classe politica e del grande pubblico su problematiche di estrema attualità e di cospicuo rilievo per il futuro economico del nostro Paese. La presentazione del libro - dedicato alla confutazione dei molti pregiudizi sugli organismi geneticamente modificati ("Gli OGM sono davvero pericolosi ?", ed. Laterza) e già alla seconda edizione - ha costituito, come d'altra parte già accaduto nel corso della originaria presentazione a Roma, nel febbraio scorso, solo un pretesto per parlare di temi politici "alti" e per un confronto serrato del ruolo della scienza nella società contemporanea.

    "E se cambiano le figure degli scienziati che, di volta in volta, animano gli incontri - ha continuato Cecchi Paone - è sempre Francesco Nucara il promotore instancabile di queste iniziative, la cui sapiente regia sa riconoscere il fondamentale rapporto tra politica ed accademia." Il parterre scientifico era sempre di primissimo ordine: dai relatori - tra cui sedevano scienziati del calibro di Umberto Veronesi, Edoardo Boncinelli e Tullio Regge - agli invitati, tra cui si notavano studiosi di fama internazionale, quali Renato Ricci, Vittorio Sgaramella, Gilberto Corbellini e Franco Battaglia, per citarne solo alcuni; ma la rappresentanza politica, cui si deve anche l'organizzazione del convegno, non risultava meno prestigiosa, annoverando a fianco del segretario Nucara, il ministro delle Politiche Comunitarie, on. La Malfa, il cui intervento ha concluso i lavori. Muovendo da alcuni significativi dati di cronaca - relativi alla recente bocciatura, da parte dei ministri europei dell'ambiente, della richiesta della Commissione Ue di abbandono della moratoria sulla produzione di alcune varietà di colza e mais transgenici, nonché al recente attacco sferrato dal Ministro Alemanno contro l'European food safety authority di Parma- il segretario Nucara ha rimarcato il pericolo di tali posizioni oscurantiste sia rispetto alla libertà della scienza, che alla soluzione degli enormi problemi economici che ne conseguono. "Sembra un film già visto" - ha evidenziato Nucara - "e sembra un destino che affligge questo Paese: come già accaduto per il rifiuto, pregiudiziale ed ideologico, dell'energia nucleare, oggi rifiutiamo in blocco la sperimentazione sugli OGM, senza alcuna coerenza, senza alcuna prova della loro nocività. E come allora quella scelta fu penalizzante per l'intera economia italiana, con riverberi negativi che giungono fino ad oggi, così la ‘pregiudiziale Alemanno' sugli OGM pare dettata solo da una strategia che mira a conquistare emotività di consensi ammucchiati sul ‘biologico' e simpatie nel mondo dell'agricoltura cooperativistica".

    In effetti, dall'autorevolezza degli scienziati presenti si è ancora una volta levata una richiesta profondamente etica alla classe politica: precisamente, di non sacrificare alla convenienza di un agire politico utilitaristico le ragioni nobili della ricerca e gli interessi, quindi, della collettività. Appello accorato, che coagula intorno alla sensibilità del segretario Nucara attenzioni e speranze dei più alti consessi scientifici italiani, stanchi di una politica solo parolaia ed evanescente nei confronti della scienza. E non è un caso che questa fiducia premi, oggi, le tradizioni nobili di un partito, quale quello repubblicano, che sulla ragione e sul pensiero scientifico - e non sugli apriorismi ideologici - ha accumulato il proprio patrimonio politico ed ideale.

    (k. m.)

  2. #12
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    A Milano lunedì scorso si è parlato di ogm. Ma anche di tanti altri temi con un denominatore comune, il pregiudizio antiscientifico/La relazione di Nucara, oltre che sul libro di Francesco Sala, si è soffermata sui grandi tabù che circolano in ambienti diversi: dal rifiuto dell'energia nucleare agli esiti del referendum

    Progresso: non si può fermare, anche se il compito di alcuni sembra quello di rallentarlo

    Intervento alla presentazione del libro di Francesco Sala, "Gli ogm sono davvero pericolosi?", Milano, 27 giugno 2005.

    di Francesco Nucara

    Non sono uno studioso né un conoscitore serio del problema che il prof. Sala affronta magistralmente, tanto da averlo fatto comprendere anche al sottoscritto.

    Mi limiterò, invece, a parlare piuttosto che da Vice Ministro, da Segretario di un piccolo partito che fa parte della maggioranza di governo e che è ottimamente rappresentato dal Ministro Giorgio La Malfa. Egli stesso, se ritiene, ci potrà illustrare le linee che intende perseguire il cosiddetto "Programma di Lisbona", nel quale potrebbero, e a mio avviso dovrebbero, trovare molto spazio ricerca e innovazione. Anche io, come il prof. Veronesi, penso che Adamo abbia fatto bene a ‘mangiare la mela' e compiere ‘lesa maestà' nei confronti del suo Creatore per affermare la propria libertà di scelta.

    Temi fondamentali

    Tre sono i temi che in questo momento storico sono all'attenzione del mondo delle scienze, del mondo della politica e dell'opinione pubblica: il nucleare, gli ogm, le cellule staminali.

    Partiamo dal primo punto. Sono stato e sono un nuclearista convinto. I quesiti per il nucleare non incidevano minimamente sulla scelta strategica dell'energia nucleare, bensì creavano premesse negative in vista della realizzazione di centrali elettronucleari. Condizioni negative, non rifiuto.

    "Un'interpretazione della situazione nucleare italiana può essere fatta oggi su diversi piani: su quello scientifico, vale a dire considerando prioritariamente la ricerca fondamentale; su quello tecnico, cioè prendendo in esame la tecnologia nucleare che si va sviluppando e affinando nei paesi più progrediti e più interessati agli sviluppi dell'energia da fissione; sul piano economico, che introduce la prospettiva di un fattore nuovo e determinante nel panorama energetico mondiale, destinato a subire una trasformazione radicale quando il divario tra costi elettronucleari si sia eliminato.

    Ma su questi tre piani sovrasta e si impone l'aspetto politico e sociale della questione.

    Il problema nucleare italiano è diventato sempre più un problema politico".

    Ad esprimere tali concetti fu Ugo La Malfa, attraverso un articolo pubblicato su "Civiltà degli Scambi", il 14 dicembre 1959. È chiaro dunque come il problema del nucleare sia stato e sia tuttora un problema politico e non referendario.

    In un mondo sempre più globalizzato ha senso importare energia nucleare dalla Francia? Chi garantirebbe l'Italia da un eventuale disastro di centrali situate a pochi chilometri dalla frontiera italiana? Quale competitività può avere l'industria italiana se l'energia ha un costo superiore del 20% rispetto agli altri paesi europei e nel Sud d'Italia il 20% in più rispetto al Nord del Paese?

    Abbiamo bisogno di un Governo forte e deciso. Si è distrutta la tecnologia nucleare italiana leader nel mondo. Si è distrutta un'intera generazione di ingegneri nucleari riciclati in attività edilizie, idrauliche e stradali. Siamo ancora in tempo per ripartire. Bisogna fare presto. Evitiamo il giudizio che Amaldi, in diretta televisiva, diede a proposito di un fisico, o presunto tale, poi divenuto ministro della Repubblica.

    Le ricerche sul nucleare non riguardano solo l'energia, ma altresì diversi campi di applicazione e in primis la medicina.

    Gli ambientalisti ideologizzati temono lo stoccaggio delle scorie nucleari e su questo tema emotivo cercano consensi. Tacciono però sul fatto che le scorie nucleari in Italia arrivano dagli ospedali. Ci sono alcune religioni che negano le trasfusioni di sangue, i nostri ambientalisti potrebbero negarci le cure mediche per malattie gravi che necessitano della medicina nucleare. La politica dovrebbe intervenire con i mezzi di cui dispone per dire agli italiani che sono oggetto di un imbroglio mediatico.

    Secondo Pierce, che Giulio Giorello cita nella sua recentissima opera, "Di nessuna chiesa", vi sono tre cose che non possiamo mai sperare di raggiungere con il ragionamento: la certezza assoluta, l'esattezza assoluta, l'universalità assoluta.

    Non voglio inoltrarmi nell'analisi di un ‘oggetto' di scienza. Come ho detto non ne sarei capace. Il mio domicilio ricade nel territorio della politica.

    Una deliberazione dei ministri europei

    Il primo dato di cronaca riguarda la deliberazione dei ministri europei dell'Ambiente, i quali, riuniti a Lussemburgo, venerdì scorso, hanno respinto, con un voto a maggioranza qualificata, la richiesta della Commissione Ue di abbandono delle moratorie su diverse varietà di colza e di mais proibite in Austria, Germania, Lussemburgo, Francia e Grecia. Permangono i divieti di coltivazione, permane il pregiudizio che il nostro governo sembra avallare, ad onta dell'accordo pressoché totale della comunità scientifica internazionale, circa la sicurezza alimentare ed ambientale della diffusione di ogm.

    I gruppi ambientalisti invocano a gran voce proprio quel senso di responsabilità che, sovvertito nel suo significato, sta esponendo l'intera collettività ai rischi inevitabili che la mortificazione costante delle acquisizioni della scienza e della corretta divulgazione delle stesse, comporta. La salvaguardia dell'economia del Paese e la tutela della salute stessa dei cittadini, non consentono più da parte dell'esecutivo il mantenimento di un atteggiamento che definirei di circospetta cautela e di irrazionale riserbo. Ma soprattutto non è più accettabile l'ostilità tanto rabbiosa quanto affatto documentata di chi, strumentalizzando demagogicamente l'emotività collettiva e a dispetto di qualunque rigore scientifico, riscrive, per l'Italia, una storia già vissuta.

    L'Efsa di Parma

    L'Efsa ovvero European food safety authority. L'Agenzia europea con sede a Parma, è la punta avanzata di un'Italia che stenta a trovare identità europea nella lunga ombra di una verifica che pare oscurarne plausibilità finanziaria e attendibilità economica. Istituzione sovranazionale il cui riconoscimento è indiscusso, la cui autorevolezza è insindacabile. Fino a poco tempo fa.

    Fino a quando l'indice accusatore del ministro Alemanno, che invoca maggiore severità di controlli, ha posto, inevitabilmente, in discussione l'Istituzione europea preposta alla tutela della sicurezza alimentare e della salute del cittadino. Inficiarne il ruolo, delegittimandone apertamente le prerogative, quali che siano circostanze e motivazioni, non è un buon servizio che il Ministro delle Politiche agricole ha reso alla collettività ed alla già provata credibilità del Paese.

    Non spetta a lui evocare il sospetto -difficilmente sradicabile, in seguito, dal comune sentire- circa l'affidabilità delle indagini che spettano all'Efsa, minando irrimediabilmente quanto gratuitamente la fiducia riposta dal cittadino nei meccanismi di controllo di un governo sopranazionale, dallo stesso governo del paese consapevolmente accolto. Alemanno ha invocato "ricerche scientifiche realizzate da istituti terzi" che "assicurino che i prodotti ogm destinati alle nostre tavole siano innocui" facendo sapere che i dati forniti dall'Agenzia (sin dall''aprile 2004 e successivamente rivisitati e confermati in un comunicato del 29 ottobre scorso) sono ad oggi incompleti e sollecitando, in ragione di ciò, il voto contrario dell'Italia all'importazione del mais transgenico.

    Paladino della nostra salute e del cibo biologico, ecco il Ministro insorgere instancabile contro l'odiato biotech e mettere in dubbio perfino la trasparenza di una istituzione che avevamo salutato come un pregevole riconoscimento e della cui attività, peraltro largamente apprezzata dalla nostra comunità scientifica, è espressione un organismo esso stesso terzo per definizione: chi controllerà il controllore nel gioco infinito del rilancio di un principio di precauzione divenuto muro di gomma di interessi non abitati in comune?

    L'Efsa è deputata alla valutazione del rischio in tema di alimenti destinati all'uomo ed all'allevamento del bestiame, sulla base di risultati sperimentalmente acquisiti e di ogni informazione scientifica disponibile. L'autorizzazione dei prodotti compete alla Commissione europea cui è affidata la gestione del rischio. L'Efsa aveva espresso parere favorevole, non evidenziando profili di nocumento alla salute umana ed all'ambiente, e aveva reso disponibile, nella sua interezza, la documentazione sul mais resistente agli insetti. "L'Agenzia valuterà adesso ogni nuova, eventuale evidenza scientifica ed interverrà conseguentemente con una raccomandazione alla Commissione europea", aveva dichiarato il Professor Marco Nuti, membro del Comitato per gli Organismi geneticamente modificati.

    Ed aveva aggiunto "la polemica in corso getta una cattiva luce sui meccanismi che governano le decisioni in seno al Comitato. Il Ministro Alemanno si attenga, come tutti, alle direttive comunitarie e, prima di mettere in dubbio l'onestà delle deliberazioni, supporti con dati di fatto le proprie affermazioni".

    L'impeccabilità della disamina dei protocolli sperimentali relativi al mais sotto accusa, garantita dalla rigorosa applicazione di un metodo scientifico, non conoscerà remore applicative.

    Voglio fare mie le dichiarazioni del Professor Nuti per rivendicare quella libertà di scelta che solo la conoscenza documentata e la corretta informazione possono garantire.

    Come Adamo si ribellò a Dio noi ci ribelliamo ad Alemanno, che non è Dio ma forse crede di esserlo.

    E non intendo aggiungere nulla al principio di precauzione: è solo uno slogan senza senso comune, senza costruzione logica e ovviamente senza la benché minima base scientifica. Uno slogan perversamente utilizzato per spaventare l'opinione pubblica facendo strage della ragione.

    Il prof. Tullio Regge nel suo breve saggio "Il principio di precauzione: un trucco verbale", apparso su "I costi della non-scienza" dell'Associazione Galileo 2001, ci parla di una bambina afflitta da immunodeficienza congenita. È stata curata con la modifica del suo midollo osseo. Secondo le teorie di Alemanno si sarebbe dovuto lasciare la bambina in uno stato di non vita. Queste teorie peraltro sono supportate, secondo Regge, da un parlamentare europeo che, udita l'informazione, esclamò: "non si sa cosa possa fare all'ambiente".

    Referendum sulla procreazione

    Ovvero, la conduzione e gli esiti della campagna referendaria di abrogazione relativamente alla legge 40. Se ne parlo, non è per aggiungere parole alle molte, troppe, già spese su questa vicenda e non sempre a proposito. Ne parlo esclusivamente per sottolineare un unico aspetto, che costituisce un po' la cartina al tornasole di come funziona oggi, in Italia, l'idea della libertà di ricerca scientifica.

    Rilevo, infatti, che gran parte delle forze politiche e dei movimenti che hanno sostenuto il "sì" durante la campagna referendaria si sono ispirati ad un principio "alto", quale quello, appunto, della libertà di ricerca scientifica.

    Si è detto che -al di là delle dispute sulla natura dell'embrione, inizio della vita e così via- il principio da salvaguardare fosse quello della libertà di ricerca, non "cedevole" rispetto a visioni apocalittiche della scienza medesima o ad assolutismi etici che ne frenino il dinamismo. È parso echeggiare, in campagna referendaria, il principio laico della ricerca, bene espresso in un aforisma di Nietzsche, secondo cui "la scienza non pensa".

    Era sembrato di ritornare, cioè, ad una visione davvero laica: occorre far "andare avanti" la ricerca, occorre non interrompere la sperimentazione che è, in sé, neutra, di "nessuna chiesa", di nessun pensiero, senza padroni. Poi, quando verranno i risultati, saranno la politica, l'etica a stabilire la possibilità di una loro utilizzazione, la loro applicazione senza tradimento dei principi: ma la scienza e la ricerca non possono essere fermate prima, in maniera aprioristica, perché potenzialmente eversive per l'etica e "pericolose" per i princìpi. Mi sembrava di aver capito tutto ciò dalle forze del "sì" referendario.

    Dico: mi sembrava, perché scopro oggi, a distanza di un paio di settimane, che le stesse forze politiche che nell'ambito del referendum sulla fecondazione assistita sbandierano il principio della libertà di ricerca, nell'ambito della ricerca sugli ogm assumono la posizione esattamente contraria. Contraria, si badi, sul piano dei principi: per la ricerca sugli ogm la libertà di ricerca non vale più; la scienza deve fare un passo indietro; la ricerca deve parametrarsi all'etica; vale il principio di precauzione e via dicendo.

    No ai pregiudizi

    Non compete sicuramente alla politica spiegare l'oggetto della ricerca scientifica, ma questo sì, evidenziare come ogni pregiudizio rispetto all'innovazione sia foriero di scelte inadeguate, economicamente penalizzanti e, come spiega Sala in relazione alle agrobiotecnologie, già largamente remote rispetto alle politiche agricole mondiali.

    Spetta, invece, alla politica -talora più obiettiva della scienza, partigiana quando "si innamora" del proprio oggetto- proporsi quale strumento attraverso cui, al di là delle emotività collettive, veicolare un'oggettiva e credibile analisi costi/benefici, che -mi pare- sia ciò di cui abbiamo maggiormente bisogno.

    Gli slogan in funzione persuasiva, o ancora peggio "terroristica", le equazioni indimostrate, gli standard definitori, pertengono ad una visione passata ed improponibile dell'"arte del governo". Al contrario, scelte importanti i cui effetti non durano lo spazio di un mattino, vanno ben ponderate. È opportuno sospendere il giudizio, informarsi, conoscere, riflettere e poi decidere.

    Perché, ad esempio, occorre spiegare -con una buona dose di coraggio, mi rendo conto- che anche la tracciabilità assoluta di un prodotto non è per ciò stesso garanzia assoluta della sua qualità, attestando essa solo una sequenza produttiva ma non ancora la qualità di un risultato. Occorrono pazienza e coraggio, ancora, a far comprendere che la naturalità di un prodotto spesso si porta dietro venti e più irrorazioni di pesticidi vari in pianta, ovvero -come è accaduto in Lombardia (riporta con precisione Sala) - la necessaria distruzione di oltre il 20% del latte prodotto "naturalmente" perché contaminato dalla presenza di aflatossine, molecole ad attività cancerogena presenti nel mais "tradizionale".

    Sono solo esempi, per carità, che non consentono a me -che non sono scienziato- di decidere circa la preferibilità del mais-Bt in varietà transgenica, rispetto a quello tradizionale.

    Dico solo, più semplicemente, che i fatti mi incoraggiano al dubbio sistemico: a diffidare cioè di quanti rivendicano il rischio zero sia nell'ambito dell'agricoltura biologica, che in quello dell'agricoltura biotecnologica; a prendere le distanze da quanti esigono dall'agricoltura biotecnologica ciò che non possono garantire neppure per quella tradizionale: e cioè la garanzia assoluta dell'assenza di ogni rischio, pena il necessario "cautelativo" abbandono di ogni sperimentazione.

    Intolleranza e paradosso

    Ora, da spirito laico, venato da una buona dose di scetticismo, sono istintivamente portato ad allontanarmi da ogni logica assolutista che conduce, inesorabilmente, all'intolleranza ed al paradosso.

    Io non sono un convinto sostenitore della biotecnologia, ma guardo con sospetto quanti se ne dichiarano contrari, richiedendo prove certe e respingendo -in forza di un protocollo di metodo inaccettabile, ideologico, fortemente pregiudiziale- ogni possibile apertura alla sperimentazione ed alla ricerca.

    Infine, inviterei quanti, dal territorio della politica, sprezzano ogni dialogo con la comunità scientifica, ad applicare, per primi, correttamente un "principio di precauzione", atto ad eludere pentimenti postumi .

    Ineluttabili allorquando ci si accorge, sempre con un attimo di ritardo, che la tecnocrazia guida il mondo e che la politica arranca dietro alle frenetiche accelerazioni della scienza.

    Non perdiamo mai l'occasione di dialogare, sino a quando ve ne è il tempo. Senza miti, senza leggende, senza sospetti: soprattutto senza pregiudizi.

    Ciò che la politica italiana non ha capito, non capisce e chissà se un giorno capirà, è il progresso scientifico. Esso è inarrestabile e non esistono maggioranze parlamentari che possano fermare questo progresso. Purtroppo però possono frenarlo, creando anacronistici ed esiziali immobilismi alle popolazioni governate.

    Avremo anche la clonazione degli uomini? Probabilmente si. Le maggioranze non fermano i processi politici, storici e scientifici. Saremmo ancora governati dal fascismo. Le idee, le conoscenze, il sapere, le battaglie civili, questi sì che sono immortali. Bisogna battersi con convinzione. In politica, se Mazzini - di cui ricorre il bicentenario della nascita - si fosse fatto prendere dallo sconforto, non ci avrebbe condotto alla Repubblica italiana dopo il fallimento della Repubblica Romana.

    D'altra parte, se non credessi all'immortalità delle idee non saprei cosa fare in un partito di estrema minoranza.

    Abbiamo iniziato con la ribellione di Adamo al Creatore e chiudiamo con l'inno "A Satana" di Carducci che esalta la "forza vindice de la ragione" contro tutti gli oscurantismi.

    Noi non partecipiamo all'irrazionale e irresponsabile atteggiamento di sfiducia nel progresso della scienza, raffigurata dagli Alemanno di turno, come fonte inesauribile di pericoli per l'umana sopravvivenza. Noi siamo per il progresso della scienza e pronti ad accompagnare politicamente chi di questa vive e per la sua vita si batte.

  3. #13
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    Collaborazione Italia-Cina vantaggiosa anche per noi

    Il viceministro dell'Ambiente Francesco Nucara è giunto ieri a Pechino, dove lo attende una serie di appuntamenti istituzionali nell'ambito della cooperazione con la Repubblica popolare cinese ed altre organizzazioni internazionali. Nel corso della visita verrà presentato il progetto Italia-Cina sulla ricerca e lo sviluppo sostenibile nel settore delle biotecnologie applicate alla salvaguardia dell'ambiente. Il progetto, particolarmente concentrato sulla ricerca applicata al riso ed al pioppo, mira allo sviluppo di una agricoltura che possa essere competitiva ed allo stesso tempo rispettosa dell'ambiente e della biodiversità. Dal 2000 il ministero dell'Ambiente ha avviato un programma di cooperazione con l'Agenzia per la protezione dell'ambiente cinese, l'Accademia delle Scienze sociali di Pechino e i ministeri della Ricerca e delle Risorse idriche della Cina. Il progetto opera prevalentemente nei settori dell'efficienza energetica e della promozione di fonti di energia rinnovabili e di soluzioni di trasporto a bassa emissione di agenti inquinanti; in particolare vengono sostenute iniziative che mirano al risparmio energetico nell'applicazione del protocollo di Kyoto. Tutti campi, questi, di particolare interesse per la Cina, dove la tutela dell'ambiente e delle biodiversità viene messa a dura prova dall'impressionante boom industriale e dallo sviluppo urbano che il Paese sta vivendo.

    "La collaborazione tra Italia e Cina nel settore delle biotecnologie vegetali - spiega Nucara - offre notevoli benefici reciproci, e nel prossimo futuro sarà vantaggiosissima per il nostro Paese''. Mentre in Italia è difficile infatti progettare e condurre la sperimentazione in campo di piante gm, in Cina ciò è permesso; e d'altra parte in questo Paese sono state sviluppate colture resistenti agli insetti che possono essere utilizzate anche in Italia". Durante la sua visita a Pechino, inoltre, il viceministro Nucara rappresenterà il governo italiano alla Conferenza internazionale sui "Clean development mechanism", i meccanismi di sviluppo energetico sostenibile.

  4. #14
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    I progetti fra Italia e Cina sostenuti dal nostro Ministero dell'Ambiente. Francesco Nucara ha illustrato a Pechino queste iniziative/Nel programma generale, finalizzato alla realizzazione di lavori pilota, svolge un ruolo determinante l'attività in un settore fondamentale del futuro come quello delle biotecnologie

    Riprendere in modo sinergico una collaborazione del passato: i vantaggi che ne derivano

    "Perché questo progetto?", è il titolo della relazione presentata da Francesco Nucara a Pechino, il 19 ottobre 2005, nell'ambito del Program Management Office for Environmental Protection.

    di Francesco Nucara

    E' dal tempo di Marco Polo -e cioè dalla via della seta percorsa, per la prima volta, nel 1292- che la Cina continua ad esercitare un fascino magnetico sugli occidentali. La Cina è il sogno segreto ed il mistero di ogni viaggiatore; la curiosità assoluta di ogni studioso; l'inconsueta esperienza, struggente ed indimenticabile, di ogni visitatore. Ed oggi, che la realtà sociale cinese realizza la magica fusione di una tradizione millenaria con le espressioni più moderne della tecnologia e del progresso, la Cina incrementa questo suo potere ammaliante: essa continua ad essere il regno del bello ma anche l'avanguardia del tecnologico; la pagoda dell'origine della civiltà umana ed, al contempo, il grattacielo della sua più moderna espressione. In questa armonia, nella quale l'infinità dell'arte si mescola alla potenza della ricerca e dell'industria, si realizza –in noi ospiti occidentali- lo stesso ed inalterato incanto che già conquistò Marco Polo ottocento anni fa.

    Oggetti ed idee

    Di tutto questo, in primo luogo, noi vi siamo grati e per tutto questo esprimiamo la nostra profonda e sincera gioia ad essere qui con voi oggi. Anche lo scopo di questa visita è, alla fine, lo sviluppo moderno della finalità dei primi mercanti veneziani: loro scambiavano oggetti preziosi; noi sostituiamo agli oggetti le idee, i progetti, le tecnologie non meno preziose ed innovative, al giorno d'oggi, di quanto non lo fossero le sete e le spezie per il passato.

    Ed è prezioso, innanzitutto, il cammino della collaborazione che ha preceduto, fino ad oggi, questa nostra visita.

    Il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio ha avviato dal 2000 un Programma di cooperazione con l'Agenzia per la protezione dell'ambiente cinese (SEPA), con l'Accademia delle Scienze Sociali di Pechino (CASS), con il Ministero delle Ricerca e della Tecnologia cinese (MOST), con il Ministero delle Risorse Idriche cinese, con l'Amministrazione Forestale di Stato, con il Comitato Nazionale per le Riforme e lo Sviluppo, e con le Municipalità di Pechino e Shanghai.

    Il Programma è finalizzato alla realizzazione di progetti pilota e studi di fattibilità per la protezione e conservazione delle risorse naturali; si articola prevalentemente nei settori dell' efficienza energetica e della promozione delle fonti rinnovabili; promuove tecnologie e sistemi di trasporto a basse emissioni; si occupa, infine, dell' agricoltura "sostenibile" e della formazione ambientale.

    Il Programma di cooperazione -incluso dalle Nazioni Unite tra le "Partnership Initiatives" per lo sviluppo sostenibile- è stato presentato al Vertice Mondiale di Johannesburg del settembre 2002, dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e dai Ministri dell'Ambiente Xie Zhenhua per la Cina ed Altero Matteoli per l'Italia.

    Protocollo internazionale

    Il Programma si colloca nell'ambito delle Convenzioni e dei Protocolli internazionali delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, sulla protezione della fascia di ozono, sulla protezione della biodiversità, sulla eliminazione delle sostanze chimiche organiche persistenti, sulla lotta contro la desertificazione.

    I progetti pilota e gli studi di fattibilità per l'attuazione del programma sono stati predisposti secondo il "format" di World Bank (WB) e di Global Environment Facility (GEF), nonché delle altre istituzioni finanziarie multilaterali che sostengono i programmi internazionali per la protezione dell'ambiente: ciò mira a costituire la base per ulteriori finanziamenti destinati allo sviluppo ed alla diffusione dei progetti stessi.

    Inoltre, i progetti in campo energetico e forestale sono finalizzati a generare crediti di carbonio e crediti di emissione, secondo le procedure previste dal Clean Development Mechanism (CDM) del Protocollo di Kyoto.

    L'elaborazione dei progetti è affidata a una task-force permanente italo-cinese, composta da esperti del Ministero dell'Ambiente italiano, delle Agenzie e Ministeri cinesi, di Istituzioni scientifiche e Università italiane e cinesi: tale gruppo di lavoro costituisce il Program Management Office (PMO) con sede a Pechino e a Shanghai.

    Il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio ha affidato all'Ufficio ICE di Pechino il ruolo di project manager della task-force.

    ICE assicura anche la collaborazione di esperti delle imprese italiane interessate a partecipare alla progettazione ed al co-finanziamento del Programma.

    Un comitato di coordinamento, composto dall'Ambasciata italiana in Cina, dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e da ICE, assicura la coerenza del Programma con la strategia e le politiche di cooperazione italiana con la Cina.

    Due progetti di rilievo

    Tra il 2001 e il 2005 il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio ha co-finanziato il programma con più di 96 milioni di euro, attraverso contributi diretti e mediante l'impiego di Trust Funds istituiti presso World Bank e Fondi Multilaterali.

    Al co-finanziamento dei progetti partecipano le Istituzioni Cinesi con 18 milioni di euro e le Imprese Italiane - che hanno aderito al programma di cooperazione - con 9 milioni di euro.

    La United Nations Foundation, le Agenzie delle Nazioni Unite (UNEP, UNDP, UNIDO) Global Environment Facility, World Bank e Fondo Multilaterale del Protocollo di Montreal per la Protezione della Fascia di Ozono vi prendono parte con 19 milioni di euro.

    Il programma comprende pertanto, fino ad oggi, progetti per l'ammontare di 142 milioni di euro.

    Per il finanziamento dei progetti, il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio ha istituito meccanismi di finanziamento e allocato risorse, sulla base di accordi con le Istituzioni Finanziarie Internazionali, con le Autorità cinesi, con Università ed Istituti Scientifici Italiani e con Imprese Italiane.

    Ed è esattamente in questo contesto che si inserisce il progetto del quale siamo in procinto di discutere finanziato, lo scorso giugno dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, nel quadro dei rapporti bilaterali Italia-Cina.

    L' obiettivo del lavoro è già bene espresso nel suo titolo generale che recita: "Attività di ricerca e sviluppo sostenibile nel settore delle biotecnologie applicate alla salvaguardia dell'ambiente, in collaborazione con la Repubblica Popolare Cinese".

    In particolare, due sono i progetti che fanno capo al disegno di ricerca coordinato dal Professor Sala: il primo progetto è dedicato al "Miglioramento genetico del pioppo coltivato e salvaguardia della biodiversità del pioppo naturale" mentre il secondo concerne la "Salvaguardia della biodiversità del riso e della vite".

    Perché queste tematiche?

    Oggi la Cina si presenta come uno dei leader mondiali nella ricerca e sviluppo delle piante coltivate, sia non-Ogm che Ogm. Di estremo rilievo sono i benefici attesi da questa ricerca nei settori agricolo, commerciale e ambientale. Italia e Repubblica Popolare Cinese hanno già una lunga e importante consuetudine di collaborazione in questo settore. Infatti, negli anni 1987-1994, l'Italia aveva finanziato e sviluppato il progetto "Biotechnology for China" -coordinato dal Professor Leonardo Santi - nell'ambito del "World Laboratory Project", il cui responsabile era il Professor Antonino Zichichi.

    Un laboratorio avanzato

    Il progetto, inteso ad aiutare lo sviluppo delle scienze agrarie e biomediche nella R. P. Cinese, prevedeva -in prima istanza- la donazione di strumentazione scientifica per la creazione di un laboratorio avanzato di biotecnologie vegetali a Pechino (presso l'Istituto di Microbiologia, Academia Sinica) ed uno di Biotecnologie mediche a Shanghai; successivamente sono stati elaborati progetti di ricerca di mutuo interesse nell'ambito delle biotecnologie vegetali, coordinati dal Professor Sala. Sono state istituite, tra l'altro, borse di studio per prolungati soggiorni (1-2 anni) di giovani ricercatori cinesi in laboratori italiani d'avanguardia.

    Nel settore vegetale, il risultato applicativo più interessante è stata la costituzione di cloni di pioppo-Bt resistenti agli insetti parassiti, oggi coltivati in Cina senza ricorso all'uso di insetticidi.

    L'Italia è intervenuta ancora in Cina quando, negli anni 2001-04, la Fondazione Bussolera-Branca (di Mairano di Casteggio, Pavia) finanziò un progetto di ricerca Italia-Cina sempre coordinato dal Professor Sala, sulla produzione di cloni di pioppo-Bt sterili, cioè incapaci di produrre fiori. Questa ricerca era intesa a proteggere la biodiversità del pioppo naturale, evitando incroci con il pioppo coltivato.

    Attività sinergiche

    Dopo il 2004, la cooperazione Italia-R.P.Cinese nel settore delle piante coltivate si è ridotta a sporadiche e spontanee iniziative. Oggi noi siamo orgogliosi di avere recuperato questi rapporti e dato un nuovo, proficuo avvio a queste attività sinergiche, intese a migliorare la produttività agricola ed il suo utilizzo industriale. Il fine comune sarà lo sviluppo di una agricoltura competitiva ma rispettosa dell'ambiente e della biodiversità.

    La prosecuzione della collaborazione Italia-Cina, nel settore delle biotecnologie vegetali, offre notevoli vantaggi reciproci ed è, nel prossimo futuro, particolarmente vantaggiosa per il nostro paese.

    Infatti, dopo un primo periodo in cui noi abbiamo aiutato la scienza cinese a crescere e ad arrivare agli attuali ottimi livelli, possiamo, adesso, raccogliere i frutti del canale preferenziale di cui oggi godiamo. In primo luogo, riprendiamo le posizioni più avanzate della ricerca e dello sviluppo nel settore vegetale, con particolare attenzione a quelle applicazioni biotecnologiche che apportano benefici all'ambiente e alla biodiversità.

    L'incremento della collaborazione nel settore del miglioramento genetico del pioppo avrà conseguenze molto positive sulla pioppicoltura in Italia. Oggi, nel nostro paese, è ancora difficoltoso progettare e condurre la sperimentazione in campo di piante Ogm, mentre in Cina ciò è permesso, anche se sotto stretti, ma non proibitivi, controlli.

    Selezione italiana

    Vi è da notare come il 50% dei cloni di pioppo coltivati in Cina sia stato selezionato in Italia: ciò significa che i cloni che verranno geneticamente migliorati in Cina, saranno direttamente adattabili alle condizioni agricole italiane.

    Da parte sua, la Cina ha sempre espresso grande interesse per il nostro know-how a livello di analisi molecolare dei genomi. Inoltre, da parte cinese, vi è una grande attenzione alle applicazioni delle moderne tecniche di meccanizzazione della coltivazione del pioppo e della sua lavorazione industriale, settore in cui l'Italia è all'avanguardia.

    Ma non basta: le colture resistenti agli insetti coltivate in Cina, possono fornire interessanti indicazioni sulla lotta a parassiti che possono ritornare utili anche per la nostra agricoltura. Infatti, in alcune zone temperate della Cina sono segnalate specie appartenenti allo stesso genere degli insetti infestanti le colture italiane o, in alcuni casi, appartenenti alla medesima specie. Le valutazioni del rischio in Cina costituiranno, dunque, una fondamentale base di partenza per la valutazione e per il rilascio di tali colture in Italia.

    Per dirla con il Professor Sala, in conclusione, non parleremo più di biotecnologie "for China", bensì - correttamente - di biotecnologie "with China"!

  5. #15
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    Ogm/Nucara: scienza non puo' essere frenata da politica

    Viceministro Ambiente a Pechino rilancia impegno su biotech

    ''La scienza non puo' essere frenata dalla politica. Saremo in condizione vincere la scommessa dello sviluppo solamente comprenderemo che si può trarre beneficio dai processi innovativi solo anticipandoli, non inseguendoli. E opporsi 'tout court' agli Ogm oggi e' un errore''. E' quanto afferma il viceministro dell'Ambiente Francesco Nucara che oggi a Pechino ha presentato il progetto sullo sviluppo sostenibile nelle biotecnologie applicate alla salvaguardia nell'ambiente, realizzato dal governo italiano in collaborazione con quello della Repubblica popolare cinese.

    Un progetto paritario, che vede Italia e Cina impegnate insieme nello studio di sistemi che consentano di fare agricoltura ottimizzando la propduzione dal punto di vista della qualità e della quantità ma soprattutto con l'obiettivo di salvaguardare al massimo l'ambiente.

    Nucara parla, nella sede permanente del ministero dell'Ambiente a Pechino, davanti a ricercatori e scienziati cinesi ed italiani, affiancati anche da alcuni imprenditori del nostro Paese nel settore della risicoltura. Il progetto che oggi viene presentato si riferisce, in particolare, al miglioramento genetico del pioppo e alla salvaguardia della biodiversità del riso e della vite; ma il viceministro dell'Ambiente approfitta della tribuna per manifestare il suo pensiero sulle biotecnologie e sugli Ogm.

    ''Io sono convinto - spiega il viceministro, che e' anche segretario del Pri - che la tutela dell'ambiente rappresenti una risorsa non solo per il nostro Paese ma per il mondo intero; tutelandolo si determinano condizioni di vita migliori per tutti e si finisce con l'attivare, con qualche sacrificio iniziale, tante risorse che si ritenevano perse. Io sono un convinto assertore delle biotecnologie e degli organismi geneticamente modificati. Su questo tema l'Italia, purtroppo, sconta ancora un ritardo culturale, ma noi ci batteremo perché sugli Ogm nel nostro Paese si possa fare ricerca, sulla scorta di quanto avviene anche in Cina''.

    E questo perche', rileva Nucara, ''con la globalizzazione dei mercati i prodotti ogm non si fermano al confine, alle frontiere; piaccia o non piaccia, questi prodotti arrivano pure sulle nostre tavole e li consumiamo comunque anche in Italia. E' per questo che dobbiamo superare quelle barriere di tipo ideologico che non portano da nessuna parte, per invece incrementare conoscenze e condividere esperienze, cosi' da riscuotere tutti i possibili vantaggi''. Vantaggi che, secondo il viceministro, ''sono reciproci tanto per l'Italia quanto per la Cina''. ''Qui - sottolinea - il problema e' garantire cibo ad un mondo sempre piu' affollato e che ha sempre più bisogno di prodotti alimentari. Se continuiamo a trincerarci dietro gli steccati non veniamo a capo di nulla e, soprattutto, mancheremo alla missione che ogni uomo ha: quella di cercare di costruire un benessere sempre maggiore che garantisca un miglioramento della qualità della vita''.

    Infine, Nucara sottolinea la necessita' di uno ''scambio continuo'' di professionalità e di informazioni tra Italia e Cina anche in tema di biotecnologie. ''Qualcosa si sta già facendo'', dice, riferendosi ai 700 studenti cinesi che in questi anni sono venuti a studiare a Venezia nell'ambito del programma di cooperazione Italia-Cina. ''Ma - conclude - non e' ancora abbastanza: il vero progresso sta nella diffusione del sapere, ed il vero arricchimento sta nella condivisione delle conoscenze''.

    Pechino, 19 ottobre 2005 (ANSA)

  6. #16
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    Ogm/Nucara: Alemanno e' piu' oltranzista del Vaticano
    A conferenza programmatica Pri, ingiusta avversione ministro

    ''Sul tema degli organismi geneticamente modificati il ministro Alemanno e' piu' oltranzista del Papa e del Vaticano''. E' quanto afferma il segretario del Pri Francesco Nucara che, aprendo i lavori della conferenza programmatica del suo partito, lancia un attacco al ministro delle Politiche agricole, denunciando la sua ''ingiustificata avversione''' agli Ogm.

    ''Sugli Ogm - spiega Nucara - anche la Chiesa e' d'accordo in quanto convinta che essi possano rappresentare uno strumento vincente per contrastare la fame del mondo. Invece il ministro Alemanno non e' d'accordo. Ma pensa che sulla sua tavola non ci siano cibi Ogm? E' convinto che i suoi spaghetti non siano fatti con grano geneticamente modificato? Bene, se pensa cosi' pensa male''. E prosegue: ''Gli Ogm risolverebbero un sacco di problemi, li usa ormai tutto il mondo: tranne noi italiani dove ad essi si dice no non in base ad una contestazione scientifica ma ad un assurdo principio di precauzione''.

    Nucara ha quindi ribadito l'impiego delle biotecnologie come punto del programma del Pri, evitando ''manipolazioni dei fatti degne della Santa inquisizione''.

    Roma, 3 febbraio 2006 (ANSA)

  7. #17
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    Ogm, sentenza della Corte Costituzionale

    La Corte Costituzionale ha statuito, con sentenza n. 116/2006 dell'8 marzo, depositata venerdì scorso, qual i debbano essere le competenze locali e quelle dello Stato centrale in materia di Ogm, negando, di fatto, l'ammissibilità dell'Ogm-free.

    Il Governo faccia attenzione: l'allarmismo non paga nemmeno politicamente. Un provvedimento d'urgenza adottato a fine legislatura, senza che vi siano oggettive condizioni d'emergenza, suonerebbe certamente demagogico.

    La stagione delle semine è quasi terminata e non è individuabile, quindi, alcun interesse specifico dei coltivatori che possa essere leso né, tanto meno, è prefigurabile alcuna minaccia alla salute dei cittadini. Che ci si rimetta alle decisioni della Corte relative al decreto-legge sulla coesistenza tra le forme di agricoltura transgenica, convenzionale e biologica.

    Qualunque moratoria esporrebbe il Paese alle sanzioni dell'Unione europea, confliggerebbe con il concetto di coesistenza che implica la libertà di scelta degli agricoltori e mortificherebbe il deliberato della sentenza del Giudice delle leggi.

    No, dunque, all'ideologia dell'Ogm-free; sì al buon senso ed al rispetto delle norme europee.

  8. #18
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    Associazione Galileo 2001 per la dignità e la libertà della scienza, Roma 28 marzo 2006: relazione introduttiva del viceministro Nucara/Grazie all'azione fuorviante dei mezzi di comunicazione, gli ogm evocano sentimenti di paura e oscurantismo, che alla fine giungono a mettere sotto accusa l'intero campo della ricerca
    Una straordinaria opportunità per l'agricoltura e i dubbi della solita demagogia italiana

    Il Terzo Convegno Nazionale dell'"Associazione Galileo 2001 per la dignità e la libertà della scienza" si è tenuto ieri a Roma, presso il Cnr. Ha aperto i lavori Francesco Nucara, del quale riproduciamo l'intervento. L'argomento del convegno era: "I rischi di una scelta disinformata. Precludersi l'uso degli ogm in agricoltura".

    di Francesco Nucara

    "La rivoluzione della scienza moderna" è, assai significativamente, il sottotitolo del libro di Werner Heisenberg "Fisica e filosofia" e ne costituisce, senza alcun dubbio, l'esemplificazione ideale. Il grande fisico tedesco, scomparso nel 1976, intendeva, per la prima volta, sottrarre la propria scienza –e la scienza in generale- all'isolamento al quale il tecnicismo rischiava di confinarla. Consapevole (e, del resto, protagonista, con l'elaborazione della teoria dei quanti insieme al danese Max Bohr per la quale i due scienziati vennero insigniti, com'è noto, del premio Nobel, nel 1932) dei profondi, radicali mutamenti che il cammino della scienza, e le acquisizioni nel campo della fisica in particolare, avevano determinato nel primo trentennio del secolo scorso, Heisenberg era piuttosto pessimista riguardo alle implicazioni del progresso rispetto alla società. Fu il primo a porsi il problema dei rapporti tra la scienza e la società, delle complesse relazioni tra la scienza e l'uomo. Nel 1933 Hitler aveva assunto il potere in Germania: Heisenberg non aderì mai al nazismo e non volle collaborare all'allestimento dell'atomica tedesca.

    La responsabilità

    Con il fisico-filosofo si afferma il concetto, semplice e terribile, di responsabilità della scienza. Le promesse stesse contenute nel titolo del suo libro vengono superate laddove il teorico, tra i più autorevoli della scienza moderna, tenta la grande, indispensabile integrazione tra l'essenzialità della scoperta ed il suo rapportarsi alla coscienza e al destino dell'uomo.

    Ma questo è il problema della nostra epoca. Il rapporto di integrazione o opposizione tra sostanzialità della scoperta ed il suo relativizzarsi al destino dell'uomo di oggi, non è una questione astratta ma è impegno concreto: è il problema quotidianamente sotto i nostri occhi tutte le volte in cui, ad esempio, entriamo in un supermercato. Non sembri irriverente nei confronti di Heisenberg e del suo principio di indeterminatezza, riferire il suo pensiero alla banalità di un supermercato: credo che il migliore onore che gli si possa tributare sia proprio quello di prospettare il suo pensiero quale "criterio di metodo" che possa guidare, come una stella polare, l'odierna riflessione sulla scienza.

    I meccanismo dello sviluppo

    Perché, come osserva Luciano Caglioti nel suo saggio appena edito, "I tre volti della tecnologia", sono proprio le biotecnologie a costituire le lenti -tra le più nitide- per evidenziare, oggi, la capacità che la scienza ci sta offrendo di comprendere i meccanismi che regolano lo sviluppo degli organismi viventi e, sulla base di queste conoscenze, di "insegnare" a detti organismi a produrre principi attivi o alimenti utili. In una parola: a rapportare l'essenzialità della scoperta al destino dell'uomo. Per questo, credo che la svolta delle biotecnologie sia la svolta immaginata da Heisenberg: la scienza che, ben affrancata dalla tecnica, riflette filosoficamente sul proprio destino e, dunque, sul destino dell'uomo. Perché riflettere sugli ogm significa, oggi, riflettere sul condizionamento che paure ed oscurantismo esercitano, ad esempio, sulle centinaia di milioni di uomini che annualmente muoiono di fame. Significa scoprire come la manipolazione dell'informazione riguardo agli ogm finisca con l'avere aggio sulla stessa conservazione della vita dei propri simili, vale a dire su quel primordiale sentimento di solidarietà ancestrale e tutta umana, che vuole (da Hobbes a Spinoza) l'uomo dio e non lupo per l'altro uomo. Vuol dire riflessione sull'ingenuo pregiudizio che vede la scienza (confusa con la tecnica) come un potenziale ordigno nelle mani di oligarchie economiche senza scrupoli che attentano al "destino" dell'uomo.

    Modello di riflessione

    Ora, tutto ciò, oltre a riportarci l'attualità del nostro fisico-filosofo e della sua intuizione, ci consente un modello di riflessione in cui individuare le due scansioni fondamentali: l'essenzialità della scoperta; la sua integrazione, il suo rapportarsi con il destino dell'uomo. Le biotecnologie rappresentano il substrato ideale di applicazione di un modello consapevole: la svolta radicale di cui esse sono promotrici coinvolge interi settori della biologia, rivoluziona l'agricoltura, sovverte la medicina. In agricoltura, l'imperativo categorico consiste nell'aumentare le rese, diminuire l'uso di pesticidi e fertilizzanti, risparmiare quella risorsa primaria che è l'acqua, garantire la salubrità dei prodotti e tutelare il profitto tanto del singolo imprenditore quanto della globalità dell'economia agraria: obbiettivi, questi, perseguibili con successo con una "pianificazione basata sulla conoscenza dei meccanismi biologici", in una parola, con il ricorso, opportunamente individuato di volta in volta, ad organismi geneticamente modificati. Organismi che, come osserva correttamente il professor Caglioti, vengono rigidamente controllati prima della commercializzazione da agenzie ed accademie indipendenti: nessuno, infatti, pensa che essi siano intrinsecamente "sani". Semmai sorprende che essi vengano da taluni considerati intrinsecamente "nocivi". Questi "organismi su misura" allarmano l'opinione pubblica, suscitano perplessità ed insinuano il sospetto che alla base di molte polemiche possa esservi un problema di interessi.

    Tuttavia, il panorama di prospettive –non certo "diseconomiche"- che le biotecnologie offrono agli imprenditori agricoli, unitamente ad una più oggettiva valutazione dei costi/benefici, sembrano avere ridimensionato considerevolmente l'atteggiamento di chiuso scetticismo che ha guidato sino ad ora le decisioni e le rivendicazioni del settore.

    Una ricerca

    Ritengo, in effetti, abbastanza significativi i dati emersi da una ricerca Eurisko, condotta per conto di Confagricoltura e pubblicata il 5 ottobre scorso, la quale concerne le imprese agricole italiane a confronto con le "percezioni, possibilità e prospettive di sviluppo delle coltivazioni geneticamente modificate". Vorrei sinteticamente considerare con una doverosa premessa.

    Sappiamo –dagli economisti agrari, oggi ben rappresentati- che il sistema agro-alimentare italiano si caratterizza per almeno quattro aspetti in grado di condizionare pesantemente quella che è una scelta fondamentale: e cioè accogliere ovvero precludersi l'uso di piante geneticamente modificate di prima generazione e, successivamente, in ragione della risoluzione iniziale, di quelle che saranno disponibili in un prossimo futuro. In primo luogo, il sistema è caratterizzato da una forte e strutturale dipendenza dalle importazioni in generale ed in particolare da quelle relative alle commodities agricole, che si è concretizzato, nel 2004, in un saldo negativo complessivo pari a quasi 10 milioni di euro.

    Il secondo aspetto è dato dalla presenza di alcune significative produzioni di eccellenza che fanno riferimento ai prodotti tipici come, ad esempio, i formaggi o i salumi.

    Accanto a questo va considerato il ruolo significativo delle produzioni ortofrutticole, pari al 40% del valore della produzione agricola nazionale. In particolare, nell'agricoltura del Mezzogiorno, l'importanza relativa sale al 60%. Ed in ultimo, seppure di prioritaria rilevanza, va sottolineata la costante e progressiva riduzione della superficie territoriale riservata all'attività agricola.

    E' in questo quadro generale che si inserisce l'indagine condotta da Eurisko che ha esplorato, come dicevo, gli orientamenti delle imprese agricole commerciali italiane in tema di impiego in agricoltura degli ogm.

    Nessun orientamento prevalente

    La rilevazione è rappresentativa dell'universo delle imprese agricole commerciali italiane con un fatturato uguale o superiore ai 48.000 euro: circa 88.600 imprese agricole. L'universo considerato nell'indagine copre il 12,3% delle aziende agricole che rappresentano il 47% del fatturato annuo complessivo del comparto; operano sia nel settore tradizionale che nel biologico –per i diversi comparti produttivi- ed appartengono alle diverse organizzazioni sindacali (Confagricoltura 23%, Coldiretti, 43% e Cia,8%). La dimensione media delle aziende era pari a 95 h con 6,4 addetti in media mentre il 78 per cento degli intervistati era titolare/proprietario/socio/contitolare dell'impresa. Ciò che di interessante affiora dall'indagine è che non si evidenzia un orientamento numerico prevalente pro o contro l'uso degli ogm nell'agricoltura italiana. Posizioni contrarie e favorevoli sono risultate sostanzialmente equivalenti, con notevoli aree di incertezza, con valutazioni articolate ed ambivalenti anche in merito alla normativa italiana. La percezione della rilevanza del tema è comunque trasversale a tutti gli indirizzi produttivi ed all'appartenenza alle diverse organizzazioni sicché necessariamente l'agricoltura italiana dovrà confrontarsi con le biotecnologie: ciò richiede una informazione molto più professionale, tecnica ed evoluta di quella sino ad ora invalsa nel dibattito mediatico. Soprattutto una informazione supportata da un'attività di ricerca italiana sufficiente per effettuare scelte consapevoli e responsabili.

    E' di conforto, a tal proposito, scorrendo i dati, rilevare come su questo aspetto il fronte del no e quello del si, trovino una netta convergenza: nella richiesta, cioè, di dati e di esperienze di prima mano per impostare sia la propria strategia d'impresa che per definire il modello di agricoltura verso cui tendere a livello nazionale.

    E in Italia?

    Ma qual è la prospettiva degli ogm in Italia? Questi dati devono improrogabilmente armonizzarsi con lo scenario normativo italiano ed europeo. Il primo aspetto da considerare è come l'apertura alla produzione ogm in Europa sia da considerarsi il nostro prossimo futuro. E' vero che la deliberazione dei ministri europei dell'Ambiente (riuniti a Lussemburgo il 25 giugno scorso) ha respinto, con un voto a maggioranza qualificata, la richiesta della Commissione Ue di abbandono delle moratorie su diverse varietà di colza e di mais proibite in Austria, Germania, Lussemburgo, Francia e Grecia. Ma é altrettanto vero che, anche politicamente, sia difficile che questa moratoria possa avere futuro. Permangono, cioè, i divieti di coltivazione, permane il pregiudizio stolido ad onta dell'accordo pressoché totale della comunità scientifica internazionale circa la sicurezza alimentare ed ambientale della diffusione di ogm. Ma non credo che ciò durerà ancora molto. In ambito europeo.

    Gli ambientalisti

    I gruppi ambientalisti invocano a gran voce proprio quel senso di responsabilità che, sovvertito nel suo significato, sta esponendo l'intera collettività ai rischi inevitabili che la mortificazione costante delle acquisizioni della scienza e della corretta divulgazione delle stesse, comporta. La salvaguardia dell'economia del Paese e la tutela della salute stessa dei cittadini, non consentono più da parte dell'esecutivo (quale che sia in un futuro ormai prossimo) il mantenimento di un atteggiamento che si potrebbe definire di circospetta cautela e di riserbo. Ma soprattutto non è più accettabile l'ostilità tanto rabbiosa quanto affatto documentata di chi, strumentalizzando demagogicamente l'emotività collettiva e a dispetto di qualunque rigore scientifico, riscrive, per l'Italia, una storia già vissuta.

    Sottolineavo, qualche settimana fa, nel corso della Conferenza programmatica del mio partito, come il problema delle biotecnologie risulti centrale nell'ambito di una programmazione sui temi delle risorse energetiche. L'impiego delle biotecnologie in agricoltura dovrà essere preso seriamente in considerazione, anche alla luce delle piante transgeniche che saranno disponibili nei prossimi anni e che apporteranno notevoli benefici ambientali. La scoperta di varietà resistenti alla siccità rappresenta una straordinaria opportunità non soltanto nei Paesi in Via di Sviluppo dove vi è un drammatico bisogno d'acqua per usi civili ed agricoli, ma anche in Italia dove l'agricoltura assorbe il 49-50% delle risorse idriche della penisola. Risparmiare acqua per l'agricoltura e destinarla ad usi civili in quelle Regioni d'Italia dove esiste ancora questo annoso problema è un obiettivo imprescindibile per il nostro Paese. Queste piante ogm resistenti alla siccità avrebbero un impatto ambientale altamente positivo e credo che perfino il dogmatismo ambientalista dovrà rivedere le proprie posizioni su una tecnologia che già oggi garantisce la riduzione di migliaia di tonnellate di pesticidi e, secondo le maggiori accademie scientifiche nazionali ed internazionali, un prodotto di migliore qualità e maggior salubrità. Ma l'innovazione –come dicevo- genera sospetto: la paura atavica dell'ignoto, il pregiudizio che non accoglie la diversità, la circospezione che sconfina nel rifiuto, plasmano sovente l'opinione dei più ed impediscono una consapevole, equilibrata interpretazione dei fatti. Invece, proprio una corretta analisi e una pertinente gestione dei rischi alla luce della quale applicare il Principio di Precauzione costituiscono una ideale direttiva di metodo, atta ad evitare le speculazioni arbitrarie. Perché è fin troppo facile accreditare singoli risultati di volta in volta comodi per la razionalizzazione di interessi di parte, a detrimento di una analisi critica dell'insieme delle acquisizioni scientifiche, baluardo degli interessi della collettività.

    Orbene, non è affatto scontato il gioco di correlazioni - allorquando si recita l'ingannevole slogan dell' ogm-free come prototipo di qualità – che vuole "sostenibile uguale a biologico"; "biologico", a sua volta, equivalente a "sano e sicuro" e "sano e sicuro" (che vuol dire assente da rischi) coincidente, infine, "con tipico": questa catena (sostenibile = biologico = sano = tipico) non è sempre scientificamente dimostrata. Produzione di qualità non significa, peraltro, abiura di tutto ciò che tipico non è, demonizzazione di ogni sperimentazione e ricerca, magari anche di quella volta a chiarire i possibili inconvenienti per la salute dell'uomo in agguato anche nel prodotto tipico. Le agrobiotecnologie vanno allora poste al servizio della tipicità delle nostre produzioni perché in grado di rimediare al rischio di estinzione di numerose varietà tipiche nazionali.

    Ci vuole informazione

    Occorre sfatare, al più presto, con una informazione che invochiamo trasparente almeno quanto gli iter di produzione, la credulità popolare: se le piante gm sono controllate è perché sono pericolose e, dunque, suscettibili di progressive restrizioni. Così non è, e la gran parte dei paventati danni correlati all'uso di ogm, ossequiano esclusivamente una manipolazione della verità dei fatti che, anche in passato, come accaduto per la demonizzazione del nucleare, ha visto l'Italia protagonista di scelte irrazionali, economicamente penalizzanti. Ed allora, occorre affermare, senza timore, una certezza: nessuno è stato finora in grado, pur utilizzando le tecniche più avanzate, di dimostrare la dannosità alimentare degli ogm, né modificazioni rilevanti ad ecosistemi da loro causate. D'altro canto, non esiste un approccio ai complessi problemi dell'agricoltura in grado di garantire soluzioni comunque efficaci e definitive: la via più sicura da percorrere per realizzare un'agricoltura sostenibile (che sia attenta alle necessità dell'uomo e contemporaneamente rispettosa della salvaguardia dell'ambiente, va individuata nell'utilizzazione corretta e trasparente di tutti gli strumenti che la ricerca mette a disposizione. In altri termini, le biotecnologie vegetali non vanno considerate in contrapposizione e cioè alternative rispetto alle metodologie tradizionali di miglioramento genetico delle piante. Esse sono semplicemente una ormai irrinunciabile integrazione di queste.

    Grande confusione

    Vorrei concludere questo mio saluto iniziale evidenziando come gli ogm continueranno a costituire sempre un problema e non una risorsa fino a quando non verranno realizzate le necessarie armonie di "livello normativo": fino a quando, cioè, Regioni, Stato nazionale ed Europa la penseranno in modo, tra loro, diverso, realizzando, sotto il profilo della produzione normativa, testi legislativi tra loro incompatibili e, soprattutto, generando una grandissima confusione sotto il cielo.

    Non sto qui a tediarvi per illustrare le spinte centripete e centrifughe che dominano questo scenario ed il cui annullamento vettoriale spetterebbe alla politica, se non fosse troppo impegnata a denigrare reciprocamente gli avversari, in un campagna elettorale tanto violenta quanto priva di contenuti. Ma tant'è…

    Mi limito, allora, a sottolineare che questa opera di "cucitura" –cui la politica pare disinteressata- è, giocoforza, realizzata con altri mezzi, evidentemente, dalla Corte costituzionale, a suon di declaratorie di incostituzionalità che ora decapitano la legge statale, ora colpiscono le normative regionali. A testimonianza e conferma che il cammino, per gli ogm, è difficoltoso innanzitutto in sede di accordo sulle competenze. L'ultimo atto di questa vicenda è la recentissima sentenza n. 116 del 2006 della Corte costituzionale, che, pubblicata solo una settimana fa, è già un cult, secondo la moda tutta italiana, di tirare le istituzioni dalla giacca. Questa volta ad essere tirati per la giacca sono i quindici giudici di Palazzo della Consulta: perché chiunque abbia commentato a caldo la pronuncia, non ha mancato di ascrivere a sé la "vittoria" per una decisione che, in realtà, è assai complessa. Così, i rappresentanti istituzionali dello Stato hanno visto nella pronuncia una vittoria sulle Regioni; ma i rappresentanti di queste ultime, a loro volta, hanno ritenuto che ad uscirne sconfitto è lo Stato. In breve: in Italia, a stento solo dopo le partite di calcio si sa chi ha vinto (quasi sempre la Juve…): per tutto il resto, tutti vincono tutto.

    Profili di violazione

    La sentenza della Corte Costituzionale ha ad oggetto il ricorso, notificato il 22 marzo 2005 dalla Regione Marche e depositato il 30 marzo 2005, relativo agli articoli 1, 2, 3, 4, 5, commi 3 e 4, 6, 7 e 8 del decreto-legge 22 novembre 2004, n. 279 (Disposizioni urgenti per assicurare la coesistenza tra le forme di agricoltura transgenica, convenzionale e biologica), nel testo convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2005, n. 5. Fondamentalmente, la Regione Marche aveva segnalato due principali profili di violazione di legittimità costituzionale. Il primo concerneva l'inesistenza dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza quale presupposto della decretazione di urgenza, mentre il secondo denunciava la violazione delle competenze esclusive della Regione medesima. La Corte ha ritenuto, innanzitutto, non fondata la questione di illegittimità in merito alla decretazione di urgenza. I requisiti per la decretazione di urgenza sono stati, cioè, ritenuti sussistenti dal Giudice delle leggi. Secondo la Corte, infatti, sussisteva la necessità di superare con immediatezza la situazione prodotta dalla vigenza di diverse leggi regionali che prescrivevano, in termini più o meno rigorosi, il divieto di impiego, ovvero l'obbligo di attenersi a particolari limitazioni di impiego, degli ogm autorizzati dall'Unione europea. Tale situazione, peraltro, si poneva assolutamente in contrasto con la raccomandazione 2003/556/CE della Commissione europea sulla coesistenza delle colture, che, seppur atto non vincolante, autorizzava comunque l'impiego, nella produzione agricola, di ogm, purché autorizzati. Inoltre, la decisione 2003/653/CE della Commissione sul caso dell'Austria Superiore, aveva confermato la necessità e l'urgenza dell'adozione di un testo normativo che eliminasse o riducesse una situazione di evidente contrasto con il diritto comunitario e consentisse di avviare, pur nel doveroso rispetto delle competenze regionali, un procedimento di attuazione del principio di coesistenza tra colture, con la celerità imposta dall'imminenza della campagna di semina.

    Anche la questione di illegittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 è stata ritenuta, dalla Corte, infondata. Tali disposizioni, nel fornire una definizione di colture transgeniche, biologiche e convenzionali (art. 1) e nell'affermare il principio di coesistenza di tali colture in forme tali da "tutelarne le peculiarità e le specificità produttive", sono espressive della competenza esclusiva dello Stato nella materia "tutela dell'ambiente" nonché della competenza concorrente nella materia "tutela della salute". La competenza dello Stato di stabilire il principio di coesistenza ha una valenza peculiare : esso infatti – come scrivono i giudici in sentenza- vale a ribadire implicitamente la liceità dell'utilizzazione in agricoltura degli OGM autorizzati a livello comunitario. In parole più semplici: riconoscere allo Stato il potere di affermare il principio di coesistenza tra colture significa determinare, per incompatibilità, l'abrogazione di tutte quelle normative regionali contenenti divieti e limitazioni in tema di coltivazione di ogm. Sotto questo aspetto, la sentenza ha un'enorme importanza di principio, ribadendo che nessuna Regione può "chiamarsi fuori" dal principio di coesistenza affermato dallo Stato e non potrà fregiarsi, in via di principio, di quello che, in tempi recenti è divenuto uno spot, ingannevole come solo la pubblicità sa esserlo: Regione OGM free. Non che di fatto una Regione non possa esserlo: ma non spetta alla Regione stabilirlo come principio. Infatti, la formulazione e la specificazione del principio di coesistenza tra colture transgeniche, biologiche e convenzionali, rappresenta il punto di sintesi fra i divergenti interessi costituiti, per un verso, dalla libertà di iniziativa economica dell'imprenditore agricolo e, d'altro verso, dall'esigenza che tale libertà non sia esercitata in contrasto con l'utilità sociale ed, in particolare, recando danni sproporzionati all'ambiente e alla salute. È, invece, per la Corte, fondata l'illegittimità costituzionale degli articoli 3, 4, 6, comma 1 e 7 del decreto-legge 22 novembre 2004, n. 279, in quanto tali norme limitano le prerogative regionali esclusive. La produzione di vegetali ed animali destinati all'alimentazione costituisce il nocciolo duro della materia agricoltura (essenza del significato del termine agricoltura altrimenti multifunzionale) che è indiscutibilmente competenza esclusiva delle Regioni. A chi va ascritta la competenza una volta identificato il "nocciolo duro? L'esercizio del potere legislativo da parte delle Regioni per disciplinare le modalità di applicazione del principio di coesistenza nei diversi territori regionali, ricade ampiamente nell'ambito del nocciolo duro della materia agricoltura ed è quindi riferibile alla competenza delle Regioni. In particolare le "norme quadro per la coesistenza" da emanarsi con un atto statale (art. 3) e lo sviluppo ulteriore di queste "norme quadro" tramite piani regionali di natura amministrativa (art. 4) impediscono l'esercizio del potere legislativo da parte delle Regioni per disciplinare le modalità di applicazione del principio di coesistenza. Neppure appare giustificabile la creazione di un nuovo organo consultivo statale, strettamente strumentale all'esercizio dei poteri ministeriali di cui all'art. 3 (art. 7). Tali disposizioni devono pertanto essere dichiarate costituzionalmente illegittime.

    Articoli illegittimi

    L'articolo 6 comma 1, che prevede sanzioni amministrative è a sua volta illegittimo, dal momento che la regolamentazione delle sanzioni amministrative spetta al soggetto nella cui sfera di competenza rientra la disciplina della materia a cui sono riferibili le sanzioni. La dichiarazione di illegittimità costituzionale degli artt. 5, commi 3, 4 ed 8 è derivata dall'accertamento delle competenze esclusive delle Regioni in materia. In particolare, è dovuta al fatto che tali articoli si pongono in nesso inscindibile con le norme ritenute illegittime, con particolare riferimento alle "norme quadro" statali di cui all'art. 3 del decreto-legge n. 279 del 2004 ed ai piani di coesistenza regionali di cui all' art. 4.

    In conclusione, attualmente le norme che continuano ad operare nell'ordinamento giuridico sono i soli articoli 1 e 2 del decreto-legge 22 novembre 2004, n. 279 nel testo convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2005, n. 5. Gli altri articoli, dichiarati illegittimi, sono da considerarsi privi di qualunque effetto giuridico e non vincolanti a partire dal giorno dopo la pubblicazione della sentenza nella Gazzetta Ufficiale.

    E voglio davvero chiudere il mio intervento con le parole del Prof. Veronesi, che così scrive: "L'ignoranza e la mancata consapevolezza del bene e del male non possono più costituire un alibi per l'uomo del terzo millennio. Non possiamo fare a meno del bene e della vita. La più lunga e migliore possibile. Soprattutto dobbiamo allargare gli orizzonti della conoscenza. Sconfiggere l'ignoranza dev'essere l'impegno primario, perché l'ignoranza non dà alcun diritto, né a credere né a non credere".

  9. #19
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    Due interrogazioni presentate da Francesco Nucara/Quali interventi si stanno predisponendo per la Regione Calabria. La siccità e gli ogm
    Ed è urgente porre il territorio in sicurezza

    Due interrogazioni parlamentari dell'onorevole Francesco Nucara. La prima al ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio.

    Premesso che:

    -immediatamente dopo i tragici eventi alluvionali in provincia di Vibo Valentia, il sottoscritto interrogava il Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio per avere notizie circa il Decreto del Ministro dell'Ambiente del 5 maggio 2006 recante "Definizione ed attivazione del 13mo programma stralcio di interventi urgenti per il riassetto territoriale delle aree a rischio idrogeologico";

    -il sottosegretario all'Ambiente e Tutela del Territorio, in data 13 luglio, in Commissione Ambiente della Camera rispondeva all'interrogazione 5 - 00053 giustificando i ritardi con le carenze della Direzione Generale competente, colpevole di non aver corredato il provvedimento della relativa istruttoria di rito e di essersi limitata ad "un mero elenco di toponimi con relativo importo finanziario...";

    -non risulta al vero quanto affermato nella burocratica risposta del Ministero nella parte in cui si afferma che manca "ogni riferimento al titolo dell'intervento", in quanto i comuni interessati al 13mo programma stralcio hanno da tempo presentato i relativi progetti, spesso addirittura in modo dettagliato;

    -non si hanno notizie dello stanziamento di cinque milioni di euro annunciato in modo propagandistico dal Presidente del Consiglio Prodi durante la sua visita in quella zona;

    -il governo dei fiumi non si può realizzare con interventi alle foci che, anche quando necessari, per sopperire a improvvisi eventi calamitosi a nulla servono in una strategia di lungo periodo;

    -tali rallentamenti nella attuazione di cui al D. M. del 5 maggio sembrerebbero finalizzati a consentire scopi promozionali a professionisti che girano con in mano il suddetto decreto.

    Per sapere:

    -Quali siano gli interventi che il Ministero sta predisponendo a tutela del territorio calabrese e delle zone a più alto rischio idrogeologico;

    -se non ritenga opportuno ed urgente, prima di avviare un nuovo programma, sentire, anche i sindaci che in questi mesi si sono adoperati, in modo trasversale alla politica, per richiedere interventi di messa in sicurezza del territorio dei loro comuni, ed in ogni caso di rispondere, in modo molto chiaro e definitivo, alle innumerevoli richieste di finanziamento regolarmente protocollate;

    -quali prospettive voglia garantire alle popolazioni colpite dall'alluvione del 3 luglio;

    -se non sia il caso di chiedere alla classe politica regionale di intervenire per il raggiungimento di tali obiettivi con proprie risorse aggiuntive.

    *********

    La seconda interrogazione al ministro delle Politiche agricole e forestali e al ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio.

    Premesso che:

    -come si evince dalla letteratura scientifica e secondo quanto diffusamente riportato dalla stampa di settore, i problemi legati alla disponibilità di risorse idriche da destinare all'agricoltura divengono sempre più pressanti in ordine ai seguenti fattori:

    Stagioni estive caratterizzate da un numero crescente di giorni consecutivi con temperature assai elevate nonché da una diminuzione significativa delle precipitazioni;

    Abbassamento costante del livello dei fiumi e dei laghi del Nord Italia e conseguente riduzione dell'approvvigionamento idrico alle colture;

    Insufficienza ed inadeguatezza degli impianti di irrigazione ed inefficienza dei sistemi di recupero e di riutilizzazione delle acque.

    -E dato che gli aspetti sopra evidenziati interessano incontestabilmente *sia pure con caratteristiche precipue per ciascuna regione- tutto il territorio nazionale rivestendo, altresì, rilievo sovranazionale e giacché la portata dei danni economici conseguenti alle perdite agricole e zootecniche appare ormai insostenibile;

    -dato, inoltre, che la drammaticità del quadro odierno impone, a giudizio del Presidente della Confederazione italiana agricoltori, l'immediata apertura delle chiuse dei laghi alpini, dei bacini delle centrali idroelettriche, allo scopo di far affluire l'acqua ai campi in pianura e scongiurare l'evenienza di una annata tragica come quella che, nel 2003, fece registrare danni alla produzione per oltre quattro miliardi di euro.

    -Ed ancora, considerato che, piante di grande interesse economico, quali riso, pomodoro, mais, sono già disponibili nella variante ogm che le rende idroresistenti ed in grado di tollerare concentrazioni di salinità considerevoli garantendo, al contempo una adeguata resa produttiva;

    -E che la ricerca scientifica bloccata, di fatto, dalla normativa attuale, potrebbe assicurare la definitiva via d'uscita rispetto a congiunture che si prospettano drammatiche ma ad affrontare le quali mancano totalmente coerenza e progettualità.

    Si chiede di sapere:

    se non appaia opportuno, alla luce dell'allarme sollevato dalle stesse associazioni corporative e da una rivisitata posizione da parte delle imprese agricole in merito al ricorso alle biotecnologie:

    -di abbandonare posizioni di pregiudizio ideologico che hanno precluso sino ad ora il ricorso a tecnologie ogm in grado, con una programmazione tempestiva ed una applicazione corretta del principio di precauzione, di offrire soluzioni definitive a problemi consolidati evitando il ricorso affannoso quanto spesso inutile a rimedi estemporanei e, dunque, necessariamente improvvisati e transitori.



    tratto dal sito del Partito Repubblicano
    http://www.pri.it


  10. #20
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    Tutela dei consumatori e liberalizzazioni
    Caro Grano, quanto mi costi???

    21 gennaio 2008 - Prezzi agricoli che salgono, portafogli che calano, cooperative e industrie che si arricchiscono alle spalle dei produttori e dei consumatori che gridano sempre più alla crisi alimentare.
    È questo il panorama che si presenta agli italiani nel 2008 dopo le varie notizie che già nello scorso anno allarmavano l’intera Italia, circa la scarsità delle materie prime alimentari, come grano e cereali, in critica diminuzione nei granai di tutta Europa.
    Tutto questo era dovuto all’enorme calo di importazioni dai paesi extraeuropei, i quali utilizzano tali materie per la produzione di energie alternative ad un petrolio sempre più costoso.
    Ebbene, i prezzi agricoli sono aumentati a dismisura permettendo fortunatamente un maggior ricavo agli agricoltori, soprattutto italiani, che fino a poco tempo fa riuscivano a stento, con la propria produzione annuale, a coprire la metà delle spese necessarie. Ricavi sicuramente aumentati per ogni singolo produttore che però non rappresentano realmente il costo al dettaglio di un qualsiasi supermercato o catena di distribuzione. Il consumatore trova i prodotti nei banconi dei negozi ad un costo per lo meno dieci di volte maggiorato rispetto al valore reale del prodotto.
    Qual è dunque la causa principale di questo rincaro ingiustificato?
    Sicuramente incidono i passaggi intermedi, ovvero tutti quei passaggi che i prodotti seguono per arrivare al consumatore partendo dal produttore. Sicuramente quindi tutte le cooperative e le industrie che obbligano l’agricoltore a conferire il prodotto a tali strutture, per avere la sicurezza di uno sbocco sul mercato e che pertanto dettano legge su prezzi e quantità commerciabili.
    Ma come si dice: “ad ogni problema vi è soluzione”.
    L’unica soluzione però è il controllo continuo sui prezzi e la fissazione delle relative percentuali remunerative da distribuire all’interno della fitta rete commerciale, mantenendo però un degno contegno nella determinazione dei prezzi stessi. Oppure addirittura, per ovviare a tale problema, si potrebbe permettere di eliminare i passaggi intermedi, dando la possibilità al produttore, di commerciare il prodotto direttamente con il consumatore. Ma questo, si sa, in Italia è “fantascienza”.
    Speriamo che, facendogli gli auguri per l’incarico, il Sig. Antonio Lirosi ovvero “Mister Prezzi”, ci dia una mano.

    Mattia Tampieri
    - Segr. Organizzativo Federazione Giovanile Repubblicana - Romagna

    tratto da http://www.fgr-fc.it/Home.htm

 

 
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