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Discussione: Fini e....

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    Predefinito Fini e....

    ....Follini.

    80503FinieFollini

    Marco Follini uno: raccontano che tra il leader dell’Udc e il presidente di Alleanza nazionale Gianfranco Fini non vi sia più
    quel rapporto idilliaco di un tempo. Dicono che l’asse tra i due abbia retto fino a quando il vicepremier, seguendo i consigli di Follini, ha buttato all’aria la cabina di regia. Dicono che da allora Fini abbia preso a interrogarsi sulle reali intenzioni del
    segretario dell’Udc e che si sia domandato se per caso Follini non volesse affossare il governo con quell’insistenza contro la Lega.
    Raccontano pure che a un certo punto Fini, stanco della vulgata giornalistica che lo voleva in perfetta sintonia con Follini anche sull’opportunità di cacciar via la Lega dal governo, abbia parlato con il segretario dell’Udc e gli abbia spiegato una volta per tutte questo concetto: Marco, se tu segui questa linea, io non ti verrò appresso.

    Marco Follini due: raccontano ancora sempre le stesse fonti che non sia affatto vero che Marco Follini voglia mettere in
    difficoltà l’esecutivo per far cadere Silvio Berlusconi e dare vita a un governo appoggiato da un pezzo di centrosinistra e, più precisamente, da Ds, Margherita e socialisti dello Sdi. Dicono che in realtà il segretario dell’Udc non tradirebbe mai il patto di lealtà siglato con il presidente del Consiglio e con la Casa delle Libertà, ma che il suo problema sia piuttosto un altro.
    Follini, cioè, aspirerebbe a un riequilibrio nel governo. Il leader dell’Udc, infatti, non si sentirebbe soltanto un uomo di partito.
    Sarebbe anche convinto che le sue capacità potrebbero esplicarsi molto meglio in un ruolo ministeriale. Tanto è vero che, al
    momento della formazione del governo Berlusconi, aspirava alla poltrona che ora è occupata da Maurizio Gasparri. Adesso
    ci riprova. Sa che tutto sommato, Lega esclusa, in molti vorrebbero il rimpasto e spera che l’ora di quell’appuntamento si
    avvicini sempre di più.
    I cattivi, naturalmente, aggiungono un altro particolare a questa indiscrezione che vorrebbe Follini desideroso di entrare nel governo. E sostengono che il segretario dell’Udc teme il
    momento delle elezioni europee, quando si vedrà che i centristi non hanno certo quel dieci per cento delle amministrative
    regalatogli da Totò Cuffaro nelle elezioni amministrative, ma veleggiano intorno al quattro. Di fronte a uno scenario di questo
    genere gli oppositori di Follini dentro l’Udc, che ci sono e non sono neanche pochi, potrebbero mettere in serie difficoltà il segretario. E, secondo i maligni, sarebbe questa un’altra delle ragioni, se non la ragione con la R maiuscola, che spingerebbe Follini sulla via del rimpasto, alla conquista di un incarico di ministro nel governo
    Berlusconi.

    Fausto Bertinotti uno: nelle ultime riunioni di partito in giro per l’Italia il segretario di Rifondazione comunista si è trovato spesso di fronte al medesimo interrogativo.
    Glielo ponevano tutti: semplici militanti come quadri di partito. La domanda, in soldoni, era questa: come fai a fidarti ancora di Massimo D’Alema? I rifondaroli, infatti, sono preoccupati perché vedono che il loro leader non perde occasione per dar ragione al presidente dei Democratici di sinistra e loro, di D’Alema che ha fatto il governo con Cossiga e Mastella, non si fidano per niente.

    Fausto Bertinotti due: il bello è che lo stesso segretario del partito della Rifondazione comunista, quasi riflettendo ad alta
    voce, spesso e volentieri si interroga, davanti ai fedelissimi, su questo dilemma: come è possibile fidarsi di Massimo D’Alema che già nel ’98 ci trasse in inganno?
    Incredibile ma vero. Anche Bertinotti si pone il medesimo interrogativo che gli pongono militanti e dirigenti vari. Con un’unica differenza: che quando è solo con i “suoi” il segretario del Prc si risponde.
    E si dice che no, non si fida di D’Alema, ma che la tattica politica gli impone, in questo momento, di giocare la stessa partita del presidente dei Democratici di sinistra.
    Salvo abbandonarlo quando verrà il momento.

    da il Foglio

    saluti

  2. #2
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    Predefinito Fini e le....

    ....correnti.


    Roma. Dentro An c’è chi li chiama, in codice, FOS: Finiani Strettissima Osservanza. Qualcuno altro, con un filo di invidia,
    “la guardia del pretorio”. E’ il centro del centro del cuore del leader, precluso anche a diversi dei suoi colonnelli, porto al riparo da ogni bufera interna. Sono gli uomini del capo e basta, sollevati dal peso della devozione di corrente. In molti casi è stata un’antica amicizia a favorire presso Fini la loro ascesa, in altri il fiuto politico del leader. Si sommano, nella Camelot di via della Scrofa, rapporti personali e rapporti esclusivamente funzionali.
    A volte si tratta di personaggi noti, a volte di figure conosciute solo nelle dirette vicinanze del vicepremier. Sono gli uomini (ché, appunto, solo uomini sono) con cui il leader parla e si sfoga e (non
    sempre) ascolta. E’ un sistema che risponde, logicamente, solo all’estro finiano, dunque indiscutibile.
    Un sistema nel quale è centrale il ruolo di Donato Lamorte.
    A via dello Scrofa sanno da decenni chi è, al contrario del
    mondo esterno. Settant’anni, geometra e Maestro del Lavoro, la numismatica come passione, raccoglie francobolli e organizza, da capo della segreteria politica, tempi e temi di Fini. “E’ una vita che sta nel partito, nessuno lo conosce come lui. Diciamo che ricorda Fini da bambino”.
    E Fini ha pubblicamente lodato, nel suo discorso al congresso di Bologna, il suo “prezioso e silenzioso lavoro”.
    C’è poi il portavoce, Mario Landolfi. Un passato tra i rautiani, fino alla nomina ha militato in Destra protagonista, “dopo non ho più partecipato a un’iniziativa di corrente”.
    E’ di fatto membro – un caso perfetto di rapporto funzionale – della Camelot finiana. I due si sentono quotidianamente, Landolfi sa cosa il capo dirà, e spesso lo dice per primo, ma fuori dalla
    politica praticamente non si frequentano.
    Militanza comune, vite separate, “né cene né pranzi né vacanze”. E sul sistema correntizio An, dice: “Le tre correnti si devono
    ripensare, vanno superate. Perché ognuno ha vinto la sfida per la quale era nata: Destra sociale quella dell’identità, Destra protagonista quella della coalizione, Nuova alleanza quella della moderazione e della destra europea”. E siccome oggi “nessuno mette in discussione l’identità sociale di An, nessuno mette in discussione la collocazione di An nella Cdl, nessuno mette in discussione la volontà di An di entrare nel novero delle grandi famiglie europee”, insomma tutti d’accordo con tutti, dunque è il momento di sciogliere le file.

    Insieme a Landolfi, ma al contrario di lui con una consuetudine
    amicale, c’è Andrea Ronchi, che poco tempo fa ha fatto approvare alla Camera una mozione contro la pena di morte. Con Fini si conoscono da tempo (“un’amicizia ventennale: sono un amico prima che un collaboratore”), quando il leader era solo un giovin missino di belle speranze e Ronchi il giornalista di una tivù locale. Centrale, poi, è il ruolo di Alfredo Mantovano, sottosegretario agli Interni. Cattolico tradizionalista, magistrato, ha sfidato D’Alema
    a Gallipoli. “Serio, competente, bravo, affidabile”, dicono. “Uno che prima di parlare pensa, e che se parla non lo fa mai a doppio taglio. In An tutti sanno che Fini lo stima”.

    Non solo politica, anche tifoseria
    La Camelot finiana è popolata da diversi altri personaggi. C’è il portavoce del leader, Salvatore Sottile, un ex giornalista del
    Secolo che da anni è la sua ombra.
    C’è Giulio La Starza, imprenditore del trasporto aereo. Narrano le cronache di una vivace polemica tra Fini e Storace sulla candidatura alle politiche del 2001.
    C’è lo stretto rapporto di amicizia che lega il leader a Gabriele Limido, semplice consigliere regionale del Lazio, ma suo coordinatore durante le elezioni nel collegio di Roma 24, che al partito definiscono “finiano doc, doc, doc”.
    C’è anche, dicono a via della Scrofa, nel cuore di Fini, il direttore
    del Secolo, Gennaro Malgieri, che pure formalmente fa parte della corrente di Urso e Matteoli.
    C’è Gaetano Rebecchini, che è stato presidente della Consulta etico- religiosa di An, e che tra i primi nella capitale, agli inizi degli anni Novanta, aprì a Fini.
    C’è la pura politica, nella Camelot del vicepremier, così come ci sono pure i rapporti di amicizia. E magari anche quelli di tifoseria. Così a Camelot è stato segnalato Luigi Martini, oggi deputato di An, ieri calciatore della Lazio: quella che vinse lo scudetto del 1974.


    saluti

 

 

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