Risultati da 1 a 5 di 5
  1. #1
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    Predefinito Repetita NON juvant; o del pluralismo.

    Ripropongo uno scritto di Stefano Benni risalente al periodo "Berlusconi I°".

    Esperienza maestra di vita???




    Il futuro del pluralismo

    CANALE CINQUE
    E ora ci colleghiamo con l'onorevole Casini che ci riferirà dell'incontro svoltosi oggi ad Arcore tra Berlusconi e Fini sul milione di posti di lavoro, incontro che Bossi ha snobbato rimanendo fuori dalla villa, dentro a una Panda dove è stato raggiunto da Taradash.
    RAI UNO
    E ora abbiamo in studio Marco Taradash che ci parlerà dell'incontro avuto con Bossi per sdrammatizzare il mancato incontro con Berlusconi e Fini sul milione di posti di lavoro a cui Casini ha partecipato solo a metà in quanto doveva correre a Canale Cinque.
    RETEQUATTRO
    E ora ci colleghiamo con Fini che ci illustrerà l'incontro di Arcore con Berlusconi sul milione di posti di lavoro durante il quale si è parlato solo marginalmente della mancanza di Bossi perché c'era una gran fretta in quanto Casini era stato convocato nella Panda da Taradash per aiutarlo a convincere Bossi.
    RAI TRE
    E ora ci colleghiamo con Bossi che sdrammatizzerà l'incontro avuto nella Panda, con Taradash prima e Casini poi, riguardo alla mancata partecipazione all'incontro di Arcore con Fini e Berlusconi sul milione di posti di lavoro.
    ITALIA UNO
    E ora ci colleghiamo con Arcore dove Berlusconi commenterà l'ignobile atteggiamento della stampa di domani riguardo all'incontro tra lui e Fini sui settecentomila posti di lavoro, incontro a cui Casini non ha potuto partecipare fino in fondo in quanto invitato a calmare Bossi che discuteva nella Panda con Taradash per avere la diretta su Rai Tre.
    RAI DUE
    E ora ora ci colleghiamo con Emilio Fede che difenderà l'intervento di Berlusconi su Italia Uno spiegando che nell'incontro di Arcore non si è parlato dei duecentomila posti di lavoro in quanto Fini aveva fretta di correre a Retequattro a spiegare perché Casini doveva andare a Canale Cinque a sdrammatizzare la mancanza di Bossi che però era impegnato su Rai Tre a smentire la sua irritazione per il ritardo di Taradash alla riunione nella Panda in quanto Taradash era dovuto andare a Rai Uno a sdrammatizzare la presenza di Bossi su Rai Tre.
    TELEPIÙ
    Va ora in onda «Il processo del lunedì», processo al campionato condotto da Fabio Capello: ospiti in studio Gianfranco Fini, Taradash, Casini, Bossi e collegamento in diretta con Arcore dove si trovano Silvio Berlusconi e Letizia Moratti.
    TELEPIÙ DUE
    E ora ci colleghiamo con Letizia Moratti che intende esecrare l'atteggiamento pregiudiziale della stampa contro la presunta telecrazia italiana, e assicura che, anche se aveva la crestina e il grambiulino, si trovava a casa di Berlusconi in veste di invitata, e comunque le assicurazioni Mediolanum sono le migliori.
    CNN USA
    Il presidente del senato Scognamiglio, intervistato durante una visita culturale a Disneyland, ha dichiarato di non aver mai detto che il presidente del consiglio dovrebbe eleggere i direttori dei telegiornali, ma bensì che i direttori dei telegiornali dovrebbero essere eletti dal presidente del consiglio, e ha concluso che riguardo alla legge antitrust, lui non sa l'inglese.
    TELEPIÙ TRE
    Vi informiamo che il previsto film «L'infanzia di Silvio» non andrà in onda in quanto, per un'esigenza primaria di democrazia ci collegheremo in diretta col presidente del consiglio Berlusconi che riferirà dell'incontro di Arcore con Letizia Moratti, in cui non si è potuto parlare dei tremila posti di lavoro, perché l'argomento prioritario era la colossale montatura giudaico-molisana di Tele Vinchiaturo Libera dai cui schermi un giornalista ha detto che gli interventi di Casini su Canale Cinque e di Taradash su Rai Uno erano superflui in quanto sarebbe bastato che Fini riferisse sull'incontro di Arcore e Bossi su quello della Panda.
    «Se nella maggioranza sono in cinque» ha detto la presidentessa della Rai «hanno tutti il diritto di parlare. Questo, insieme alla polemica sui settantasette cessi delle ville in Sardegna di Berlusconi, è un ignobile attacco al pluralismo».


    Ai recidivi.

  2. #2
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    Predefinito OK, veniamo all'oggi...

    Lo scandalo del digitale terrestre. Tremonti si chiama fuori col plauso di Gasparri
    di Simone Collini

    Rimane tutta in salita la strada della Rai verso il digitale terrestre. Passate ventiquattro ore dallo scontro al vertice tra il direttore generale Flavio Cattaneo e la presidente Lucia Annunziata (con tanto di intervento del ministro Maurizio Gasparri a difesa del primo e contro la seconda) la tensione a Viale Mazzini resta altissima. Perché se nelle settimane scorse la tv pubblica ha rischiato di impantanarsi in una situazione a dir poco imbarazzante (Cattaneo aveva proposto al Cda di acquistare due emittenti locali appartenenti a una società il cui amministratore e socio di maggioranza si è scoperto essere indagato dalla procura di Monza per associazione a delinquere finalizzata a reati fiscali) c’è il pericolo che nelle prossime settimane si inneschi un pericoloso rimpallo delle responsabilità tra presidenza e dirigenza di Viale Mazzini, RaiWay, la consociata incaricata di procacciare le offerte, ministero dell’Economia e Rai Holding.

    Non a caso Lucia Annunziata, appena rientrata da Baghdad, ha inviato una lettera al ministro del tesoro Giulio Tremonti e al Presidente di Rai Holding Piero Gnudi per chiedere chiarimenti sulle «corrette procedure» da adottare nell’acquisizione delle frequenze per il digitale terrestre. Scrive la presidente di Viale Mazzini nella lettera fatta arrivare per conoscenza anche al dg Cattaneo, ai membri del Cda, al presidente della commissione di Vigilanza sulla Rai Claudio Petruccioli, ai presidenti delle commissioni Trasporti, lavori pubblici di Camera e Senato, Paolo Romani e Luigi Grillo e al ministro delle Comunicazioni Gasparri: «Vista la complessità e la delicatezza dell’operazione di acquisto delle frequenze per la realizzazione del digitale terrestre, ritengo che sia opportuno che la proprietà della Rai e il Ministero che la controlla chiariscano a questo punto al Consiglio di Amministrazione quali sono le corrette procedure da adottare per garantire la trasparenza e la sicurezza di un investimento così consistente da determinare il futuro dell’Azienda».

    Alla richiesta di chiarimenti il Tesoro risponde con poche, lapidarie parole: «I compiti di gestione riguardano il direttore generale e il consiglio di amministrazione, così come previsto dalla legge». Due righe con le quali il ministero dell’Economia si tira fuori da ogni responsabilità, e che incassano il plauso di un altro destinatario della lettera, Gasparri. Il ministro delle Comunicazioni è l’autore del disegno di legge che prevede l’avvio del digitale terrestre entro la fine dell’anno. Soltanto ventiquattro ore prima era intervenuto a testa bassa nella polemica innescata dal botta e risposta tra Annunziata e Cattaneo. Ora apprezza chi mostra di non volersi intromettere: «Credo che la risposta del ministero dell’Economia sia chiara ed esauriente, così come è chiara l’azione positiva ed esemplare svolta dal direttore generale della Rai e le funzioni di controllo che la legge affida al Cda», dice l’esponente di An che non riesce a trattenersi dal presentarsi ancora una volta come il difensore d’ufficio di Cattaneo. Il ministro boccia le «stantie polemiche» e difende il disegno di legge che porta il suo nome, che dopo essere passato a luglio al Senato rischia di subire una brusca frenata in autunno alla Camera: «La Rai per prima deve augurarsi che lo sviluppo di nuove tecnologie in un nuovo quadro normativo possa evitare la perdita di alcun centinaia di milioni di euro che potrebbe derivare dalla mancata approvazione di una nuova legge».

    Ma la polemica non si placa. E se il presidente della commissione Vigilanza, il diessino Petruccioli, esprime dei dubbi sull’iniziativa della presidente della Rai di rivolgersi al ministro del Tesoro perché, spiega, «l’arbitro delle corrette procedure è il Cda della Rai, certo non il governo».

  3. #3
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    La faccenda resta molto ingarbugliata...

    Secondo la legge (Gasparri) in discussione in Italia... 57 canali, un solo padrone...

    Bush è stato meno fortunato. La sua legge sulla Tv è stata respinta alle Camere dal suo stesso partito...

    B.

  4. #4
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    In Origine Postato da Barbanera
    La faccenda resta molto ingarbugliata...

    Secondo la legge (Gasparri) in discussione in Italia... 57 canali, un solo padrone...

    Bush è stato meno fortunato. La sua legge sulla Tv è stata respinta alle Camere dal suo stesso partito...

    B.
    Di Bush non è suo né il partito né il Parlamento; qua, invece, è quasi tutto suo.
    Televisioni comprese.

  5. #5
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    Libertà di stampa. Ecco la prima classifica mondiale

    Delle cattive sorprese per le democrazie occidentali : gli Stati Uniti sono classificati un gradino più in basso rispetto al Costa Rica, mentre l'Italia finisce dietro il Benin

    di Reporters Sans Frontières

    Reporters sans frontières pubblica la prima classifica mondiale della libertà di stampa, dalla quale emerge, in primo luogo, che la libertà di informare e di essere informati è minacciata in ogni angolo del pianeta. Tra i 20 paesi peggio classificati nell’indice stabilito da Reporters sans frontières, troviamo alcuni Stati asiatici, africani, americani e europei. La situazione dell’Asia è particolarmente critica poiché questo continente raggruppa i cinque paesi più liberticidi del mondo : la Corea del Nord, la Cina, la Birmania, il Turkenistan e il Bhutan.

    Se si guardano invece i paesi meglio classifificati, ci si può rendere conto che il rispetto della libertà di stampa non è un privilegio di quelli più ricchi. Degli Stati come il Costa Rica o il Benin ci ricordano infatti che l’emergenza di una stampa libera non dipende unicamente dalla situazione economica di un paese.

    Per stabilire questo indice, Reporters sans frontières ha chiesto, a dei giornalisti, a dei ricercatori o a dei giuristi, di rispondere a 50 domande che riguardavano l’insieme delle violazioni alla libertà di stampa (uccisioni o arresti di giornalisti, censura, pressioni, monopolio dello Stato in alcuni settori, sanzioni dei reati a mezzo stampa, legislazione restrittiva per i media, etc). Nel quadro finale di questa classifica vengono presi in considerazione quindi 139 paesi in totale : gli altri sono assenti a causa della mancanza di informazioni affidabili e verificate.


    Nei paesi peggio classificati, la libertà di stampa è una parola priva di significato, poiché non esistono giornali indipendenti. L’unica voce è quella dei media strettamente controllati e sorvegliati dal governo. I rari giornalisti indipendenti sono costantemente tenuti sotto pressione, messi in carcere o costretti all’esilio. La stampa internazionale è vietata o autorizzata con il contagocce, e in tutti i casi, sorvegliata a vista.

    In testa alla classifica, troviamo quattro paesi ex-equo : La Finlandia, l’Islanda, la Norvegia e i Paesi Bassi. Gli Stati scandinavi non solo rispettano scrupolosamente la libertà di stampa nel loro paese, ma testimoniano anche, attraverso le loro prese di posizione, il loro profondo attaccamento alla libertà di informazione anche all’estero, come hanno fatto peraltro recentemente per l’Eritrea o lo Zimbabwe. Il primo paese non europeo in testa alla classifica è il Canada, che occupa così il quinto posto nello speciale indice stabilito da Reporters sans frontières.

    Paradossalmente, alcuni regimi democraticamente eletti sono classificati negativamente. E’ il caso della Colombia (al 114° posto), o del Bangladesh, (al 118° posto). In questi paesi, i movimenti armati, le milizie o alcuni partiti politici mettono costantemente in pericolo la sicurezza dei giornalisti. Da parte sua, lo Stato non utilizza tutti i mezzi di cui dispone per proteggere i giornalisti e combattere l’impunità di cui beneficiano troppo spesso i responsabili di queste violenze.


     Il Costa Rica classificato in posizione migliore rispetto agli Stati Uniti


    La relativamente cattiva postazione occupata dagli Stati Uniti (al 17° posto dell’indice), è essenzialmente legata al numero di giornalisti messi sotto inchiesta o incarcerati. Gli arresti a danno dei professionisti dell’informazione, sono spesso motivati con il rifiuto del giornalista a rivelare le sue fonti informative davanti ai tribunali. Inoltre, è accaduto che dall’11 settembre 2001, diversi professionisti dell’informazione sono stati arrestati anche solo per aver violato il perimetro di sicurezza di alcuni edifici pubblici.

    Il paese sudamericano meglio classificato è invece il Costa Rica, che occupa la 15ma posizione nell’indice stabilito da Reporters sans frontières. Questo Stato si distingue quindi per essere tradizionalmente l’allievo-modello del continente americano in materia di rispetto della libertà di stampa. Nel febbraio 2002, Il Costa Rica ha quindi abbandonato il "club" dei 17 paesi americani che continuano a punire con pene carcerarie il reato di “oltraggio” ai funzionari statali. L'assassinio del giornalista, Parmenio Medina, consumato nel luglio 2001, si può definire quindi un fatto eccezionale nella storia della stampa del Costa Rica.

    Cuba, l’ultima dittatura del continente americano, classificata al 134° posto dell’indice, è l’unico paese della regione dove non esiste di fatto il pluralismo dell’informazione e che continua a incarcerare i giornalisti. Ad Haïti (che occupa il 106mo posto), i giornalisti sono vittime delle violenze compiute dalle milizie regolarmente spalleggiate dal governo.


     Una cattiva sorpresa in Europa: l'Italia


    Gli Stati europei sono piuttosto ben classificati, ad eccezione dell’Italia che occupa il 40° posto nell’Unione dei 15. In questo paese, il pluralismo dell’informazione è seriamente minacciato. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, moltiplica le pressioni sulla televisione pubblica, mettendo i suoi uomini di fiducia nei posti-chiave dei media di Stato. Inoltre, il presidente del Consiglio, oltre ad esercitare le sue funzioni di capo dell’esecutivo, continua di fatto a essere il gran patron di un potentissimo gruppo multimediale privato. Inoltre, la detenzione a cui è stato sottoposto, per esempio, il giornalista Stefano Surace, condannato per dei reati a mezzo stampa che risalgono a oltre 30 anni fa, oppure la messa sotto sorveglianza di alcuni giornalisti diventati oggetto di numerose perquisizioni, convocazioni giudiziarie e sequestro di materiale a causa delle inchieste che stavano seguendo, spiegano la cattiva posizione occupata dall’Italia.

    La Francia (all’11° posto dell’indice), è solo all’ottava posizione tra i paesi dell’Unione europea a causa di alcune inquietanti disposizioni in materia di protezione del segreto professionale e della messa sotto inchiesta di diversi giornalisti nel corso degli ultimi mesi.

    Tra i paesi candidati a integrare l’Unione europea, la Turchia (al 99mo posto), occupa decisamente una pessima postazione nell’indice stabilito da Reporters sans frontières. Malgrado gli sforzi compiuti dal governo turco nella prospettiva dell’adesione di questo paese all’Unione europea, sono stati comunque condannati numerosi giornalisti a pene carcerarie e i media sono regolarmente sottoposti a operazioni di censura. Le violazioni alla libertà di stampa sono particolarmente gravi nel sud-est del paese.

    In altri paesi europei, come la Bielorussia (al 124mo posto), la Russia (al 121mo posto) o altre ex-repubbliche sovietiche, è ancora molto difficile esercitare la professione di giornalista. Diversi professionisti dell’informazione sono stati uccisi o messi in stato di detenzione in questa parte del mondo. Il giornalista Grigory Pasko, in carcere dal dicembre 2001 nella regione di Vladivostok (Russia), è stato condannato a quattro anni di carcere per aver reso pubbliche delle immagini di “smaltimento” di rifiuti radioattivi liquidi, liberamente riversati nel mare del Giappone dalla flotta militare russa.


     La situazione in Medio Oriente e l’ambivalenza di Israele


    Non figura nessun paese del mondo arabo tra i primi 50 presi in considerazione in questo indice che misura lo stato della libertà di stampa nel mondo. Il Libano arriva solo in 56ma posizione e lo stato della libertà di informazione in questa regione non è affatto incoraggiante. In Irak (al 130mo posto) e in Siria (al 126mo), lo Stato utilizza tutti i mezzi a sua disposizione per controllare la stampa e mettere a tacere le voci dissidenti. Saddam Hussein, in partcolare, ha un unico obiettivo per i media del suo paese : farli funzionare come cassa di risonanza della propaganda di regime. In Libia, (al 129 posto) e in Tunisia (in 128ma posizione), non è tollerata nessuna critica nei confronti del colonnello Mouammar Kadhafi o del presidente Zine Ben Ali.

    In seguito all’indebolimento politico subìto dall’Autorità palestinese, (82ma in classifica), gli attentati alla libertà di informazione si sono ridotti. Tuttavia, alcuni media dell’opposizione islamica sono stati chiusi e sono stati compiuti diversi tentativi di intimidazione e di aggressione nei confronti di giornalisti palestinesi e stranieri e tutta una serie di temi continuano a rimanere un argomento-tabù. L'obiettivo è chiaro : presentare al mondo un’immagine unitaria del popolo palestinese e celare le manifestazioni di sostegno agli attentati anti-israeliani.

    L'attitudine di Israele (92mo in classifica), nei confronti della libertà di stampa è decisamente ambivalente. Malgrado le forti pressioni esercitate sulla televisione e la radio pubblica, il governo israeliano rispetta formalmente la libertà di espressione dei media del paese. Per contro, in Cisjordania e a Gaza, Reporters sans frontières ha registrato una serie di violazioni del Patto internazionale, ratificato dallo Stato ebraico, relativo ai diritti civili e politici che garantiscono la libertà di stampa. Dal marzo 2002, data di inizio dell’incursione dell’esercito israeliano nelle città palestinesi, a molti giornalisti è stata vietata la libera circolazione, oppure hanno subìto percosse, minacce, arresti o sono diventati a loro volta obiettivi, hanno riportato ferite o sono stati privati del loro accredito stampa, oppure sono stati sbrigativamente espulsi dal paese.


     I buoni e i cattivi esempi africani


    L'Eritrea (al 132mo posto) e lo Zimbabwe (al 122mo), sono gli Stati più repressivi dell’Africa subsahariana. Nel settembre 2001 in Eritrea tutta la stampa privata è stata vietata dal governo e 18 giornalisti sono a tutt’oggi in prigione. Da parte sua, il presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe, si distingue regolarmente per le sue prese di posizione particolarmente virulente nei confronti della stampa estera o d’opposizione.

    All'opposto, il paese africano meglio classificato è il Benin (in 21ma posizione), che peraltro figura tra i 15 stati più poveri del mondo, secondo l’ultimo rapporto del Programma delle Nazioni unite per lo sviluppo (PNUD). Infine, in altri Stati africani, come il Sud-Africa (al 26mo posto), il Mali (al 43mo), la Namibia (al 31mo) o il Senegal (al 47mo), esiste una reale libertà di stampa.

    Reporters sans frontières –Segretariato internazionale
    5, rue Geoffroy-Marie 75009 Paris France
    Tel : (33) 1 44 83 84 84 / Fax : (33) 1 45 23 11 51
    E-mail : rsf@rsf.org / Web : www.rsf.org

    Per altre informazioni, contattare
    Reporters sans frontières-Italia
    Flora Cappelluti (corrispondente)
    c/o Circolo della Stampa
    Corso Venezia, 16 – 20121 Milano
    Tel : (39) 02 76 02 27 12-26 71 - Fax : (39) 02 76 00 90 34 - cell : 328/41 89 510




    La classifica

    Posto occupato nella classifica
    Paese
    Nota

    1 Finlandia 0,50
    - Islanda 0,50
    - Norvegia 0,50
    - Paesi-Bassi 0,50
    5 Canada 0,75
    6 Irlanda 1,00
    7 Germania 1,50
    - Portogallo 1,50
    - Svezia 1,50
    10 Danimarca 3,00
    11 Francia 3,25
    12 Australia 3,50
    - Belgio 3,50
    14 Slovenia 4,00
    15 Costa Rica 4,25
    - Svizzera 4,25
    17 Stati-Uniti 4,75
    18 Hong-Kong 4,83
    19 Grecia 5,00
    20 Equador 5,50
    21 Benin 6,00
    - Regno-Unito 6,00
    - Uruguay 6,00
    24 Cile 6,50
    - Ungheria 6,50
    26 Sud Africa 7,50
    - Austria 7,50
    - Giappone 7,50
    29 Spagna 7,75
    - Polonia 7,75
    31 Namibia 8,00
    32 Paraguay 8,50
    33 Croazia 8,75
    - Salvador 8,75
    35 Taïwan 9,00
    36 Mauritius 9,50
    - Perù 9,50
    38 Bulgaria 9,75
    39 Corea del Sud 10,50
    40 Italia 11,00
    41 Repubblica ceca 11,25
    42 Argentina 12,00
    43 Bosnia-Herzegovina 12,50
    - Mali 12,50
    45 Romania 13,25
    46 Capo-Verde 13,75
    47 Senegal 14,00
    48 Bolivia 14,50
    49 Nigeria 15,50
    - Panama 15,50
    51 Sri Lanka 15,75
    52 Uganda 17,00
    53 Niger 18,50
    54 Brasile 18,75
    55 Costa d’Avorio 19,00
    56 Libano 19,67
    57 Indonesia 20,00
    58 Comorres 20,50
    - Gabon 20,50
    60 Repubblica federale di Yugoslavia 20,75
    - Seychelles 20,75
    62 Tanzania 21,25
    63 Repubblica centrafricana 21,50
    64 Gambia 22,50
    65 Madagascar 22,75
    - Tailandia 22,75
    67 Bahreïn 23,00
    - Ghana 23,00
    69 Congo 23,17
    70 Mozambico 23,50
    71 Cambogia 24,25
    72 Burundi 24,50
    - Mongolia 24,50
    - Sierra Leone 24,50
    75 Kenya 24,75
    - Messico 24,75
    77 Venezuela 25,00
    78 Kowait 25,50
    79 Guinea 26,00
    80 India 26,50
    81 Zambia 26,75
    82 Autorità palestinese 27,00
    83 Guatemala 27,25
    84 Malawi 27,67
    85 Burkina Faso 27,75
    86 Tadjikistan 28,25
    87 Chad 28,75
    88 Camerun 28,83
    89 Marocco 29,00
    - Filippine 29,00
    - Swaziland 29,00
    92 Israele 30,00
    93 Angola 30,17
    94 Ghinea-Bissau 30,25
    95 Algeria 31,00
    96 Djibouti 31,25
    97 Togo 31,50
    98 Kirghizistan 31,75
    99 Giordania 33,50
    - Turchia 33,50
    101 Azerbaïdjan 34,50
    - Egitto 34,50
    103 Yemen 34,75
    104 Afghanistan 35,50
    105 Sudan 36,00
    106 Haïti 36,50
    107 Etiopia 37,50
    - Rwanda 37,50
    109 Liberia 37,75
    110 Malaisia 37,83
    111 Brunéi 38,00
    112 Ukraina 40,00
    113 Repubblica democratica del Congo 40,75
    114 Colombia 40,83
    115 Mauritania 41,33
    116 Kazakhstan 42,00
    117 Guinea equatoriale 42,75
    118 Bangladesh 43,75
    119 Pakistan 44,67
    120 Uzbekistan 45,00
    121 Russia 48,00
    122 Iran 48,25
    - Zimbabwe 48,25
    124 Bielorussia 52,17
    125 Arabia Saudita 62,50
    126 Siria 62,83
    127 Nepal 63,00
    128 Tunisia 67,75
    129 Libia 72,50
    130 Irak 79,00
    131 Viet-nam 81,25
    132 Eritrea 83,67
    133 Laos 89,00
    134 Cuba 90,25
    135 Bhutan 90,75
    136 Turkmenistan 91,50
    137 Birmania 96,83
    138 Cina 97,00
    139 Corea del Nord 97,50



    Note metodologiche

    Questo indice stabilito da Reporters sans frontières permette di misurare lo stato della libertà di stampa nel mondo e riflette il grado di libertà di cui beneficiano i giornalisti e i media di ogni paese e i mezzi messi in opera dagli Stati per far rispettare questa libertà.

    Il questionario
    • Per stabilire questa classifica, Reporters sans frontières ha realizzato un questionario che prende in considerazione i principali criteri che permettono di valutare la situazione della libertà di stampa in ogni paese. Questo questionario prende quindi in considerazione la totalità degli attentati diretti contro i giornalisti (uccisioni, incarcerazioni, aggressioni, minacce, etc), o contro i media (operazioni di censura, sequestri di materiale, perquisizioni, pressioni, etc) e segnala anche il grado di impunità di cui beneficiano gli autori di queste violazioni alla libertà di stampa.

    Internet compreso
    • Questo questionario tiene conto anche del quadro giuridico nel quale opera il settore dei media (sanzioni dei reati a mezzo stampa, monopolio dello stato in alcuni settori, presenza di organi di vigilanza, etc.) e il comportamento dello Stato nei confronti dei media pubblici e della stampa internazionale. Inoltre, rileva i principali attentati alla libertà di circolazione delle informazioni in Internet.

    Quali soprusi?
    • Reporters sans frontières non ha solamente tenuto conto dei soprusi provocati dagli Stati, ma anche di quelli compiuti dalle milizie armate, dalle organizzazioni clandestine o dei gruppi di pressione che possono rappresentare una reale minaccia per la libertà di stampa. Da parte loro, alcuni Stati non utilizzano sempre tutti i mezzi di cui dispongono per combattere l’impunità di cui troppo spesso beneficiano i responsabili di queste violenze.

    Chi ?
    • Questo questionario è stato inviato a delle persone che hanno una reale conoscenza della situazione della libertà di stampa in uno o diversi paesi : quindi, a dei giornalisti locali o che risiedono nel paese, a dei ricercatori, giuristi, o specialisti di una regione e ai ricercatori che fanno capo al segretariato internazionale di Reporters sans frontières.

    Quali paesi ?
    • I paesi classificati sono quelli dai quali Reporters sans frontières ha ricevuto i questionari compilati dalle diverse fonti indipendenti. Altri paesi non figurano nella classifica a causa della mancanza di informazioni affidabili e sicure. In caso di parità di posizione tra diversi paesi nella classifica, questi ultimi sono elencati per ordine alfabetico.

    La libertà di stampa
    • Questo indice della libertà di stampa è un’istantanea della situazione fotografata in un certo momento e prende quindi in esame solo gli avvenimenti accaduti tra il settembre 2001 e l’ottobre 2002, senza tener conto dell’insieme delle violazioni dei diritti dell’uomo : quindi questo indice vuole riflettere unicamente lo stato della libertà di stampa.

    • Infine, in ogni caso, questo lavoro non deve essere interpretato come un indicatore della qualità della stampa nei paesi presi in considerazione. Reporters sans frontières difende la libertà di stampa, senza mettere in discussione la qualità dei contenuti editoriali dei media. Per stabilire questa classifica quindi non sono state prese in considerazione le eventuali derive etiche o deontologiche.



    (23/10/2002 21.01)

 

 

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