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ESTERI
Gli esperti: così il consumo sarebbe più razionale
La visione dei futurologi:
«Non esiste alcuna crisi energetica, il problema è solo l’ignoranza», ripeteva ai catastrofisti di trent’anni fa Buckminster Fuller, architetto, inventore, poeta e futurologo americano. Oltre a ideare le case a struttura geodesica (300 mila in tutto il mondo) e registrare 24 altri brevetti, Fuller ha per primo parlato della necessità di una «rete energetica mondiale» che permettesse di trasportare elettricità in tutto il Pianeta, dalla Siberia alla California, dallo Zimbabwe alla Norvegia. All’epoca le aziende reagirono con l’interesse gentile che si riserva ai visionari, definendo il progetto irrealizzabile a breve termine. Se il piano complessivo non è mai entrato nelle priorità di alcun governo o organizzazione internazionale, di fatto - a piccoli passi - la costruzione di legami tra le reti elettriche è proseguita in tutto il mondo. Oggi il profeta dell’interconnessione è Peter Meisen, fondatore a San Diego del «Global Energy Network Institute»: secondo i suoi dati, entro 10 anni Nord e Sudamerica saranno completamente collegati, e nel decennio successivo la rete elettrica globale potrebbe abbracciare anche Europa, Asia e Australia. L’obiettivo è razionalizzare il mercato, consentendo a una regione, durante i picchi di consumo, di importare energia da una zona che invece nello stesso momento ha un surplus: l’esempio tipico, e il più affascinante, è Los Angeles che nel pomeriggio potrebbe ricevere energia da Melbourne immersa nella notte, e viceversa. L’attuale tecnologia permette di trasportare elettricità per distanze superiori ai 6000 chilometri, e oltre 50 nazioni sono già connesse con i loro vicini. Il cavo sottomarino che unisce Gran Bretagna e Francia fa risparmiare energia a entrambe perché i loro picchi di consumo arrivano in momenti diversi. Inoltre, alle centrali nucleari servono giorni per accendersi, mentre quelle idroelettriche possono partire quasi istantaneamente. La Svizzera importa energia prodotta dalle centrali nucleari francesi per soddisfare i suoi bisogni di base, ma a sua volta è in grado di vendere a Parigi l’energia idroelettrica - pronta all’uso - delle sue dighe alpine per fare fronte a improvvisi aumenti di fabbisogno in Francia.
La teoria della rete globale ha naturalmente i suoi punti deboli. Da un lato sembra accrescere le possibilità di approvvigionamento, dall’altro può rendere il sistema ancora più vulnerabile. Nel 1976 il Mozambico costruì una centrale idroelettrica sul fiume Zambezi capace di produrre una quantità di energia pari a 10 volte il consumo interno, e progettata infatti per alimentare le miniere d’oro sudafricane a 1300 chilometri di distanza. Durante i vent’anni della guerra civile, i ribelli della Renamo sabotarono regolarmente i collegamenti e il Sudafrica non riuscì mai a ottenere l’elettricità promessa.
Nonostante questo, proprio dal Sudafrica arriva ora il sostegno più deciso alla «rete energetica mondiale». La compagnia nazionale Eskom progetta di unire tutto il continente in un’unico sistema entro il 2010, e di esportare poi elettricità fino in Europa. Tutto dipende dall’«Inga Idro Project», il piano per il completamento della più grande centrale idroelettrica del mondo sul fiume Zaire, nella Repubblica democratica del Congo. «Quando le reti elettriche africane saranno unite - ha spiegato Ben Munanga, dirigente della Eskom -, venderemo elettricità all’Europa attraverso la Spagna, e al Medio Oriente attraverso la Giordania». Il sogno di Fuller non sembra poi così lontano.
Stefano Montefiori
Esteri
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