Baghdad e Gerusalemme, identico è il bersaglio
di Diego Gabutti
L'obiettivo non è l'imperialismo ma la modernità
Non piacciono i modelli moderni di convivenza
E anche l'internazionalismo diventa reazionario
Ma ormai è tempo che la sinistra si ricomponga
A Baghdad e Gerusalemme, all'apparenza in nome di ciò che la sinistra s'ostina ottusamente a chiamare "antimperialismo" come al tempo dei Fronti di liberazione in Algeria o in Vietnam, le bombe dei terroristi esplodono in realtà contro l'insidia della modernità, che minaccia di liquidare le società islamiche tradizionali. Non è l'esistenza d'Israele a offendere le teste calde della jihad palestinese, così come non è l'occupazione americana ad armare le ultime raffiche del regime saddamita, sempre che tra estremismo palestinese e fedelissimi del vecchio babau ci sia ancora una qualunque differenza, cosa di cui è ormai lecito dubitare, come dell'esistenza di Babbo Natale.
Sono le tecnologie moderne e le scuole laiche, la stampa libera e la liberazione della donna, i diritti civili e il pluralismo culturale a offendere tutte le jihad da un capo all'altro del dar al-Islam o Dimora dell'Islam, lo sterminato territorio dove vale la shari'a, la legge sacra, che il solo dio ha dettato al suo unico profeta.
Qui da noi, in Occidente, sono state la rivoluzione americana e quella francese, poi nel suo piccolo anche il Risorgimento italiano, nelle sue componenti massoniche e anticlericali, a chiudere il conto con la società tradizionale. Fu allora, sulle rovine del "sacro" e della tradizione, separato una volta per tutte lo stato dalla chiesa, che cominciò per noi la grande festa delle macchine, della libertà politica, del welfare, del capitalismo, dei nuovi costumi sessuali, su su fino a Internet e alle antenne satellitari. Per noi è storia vecchia. Sono passati secoli e secoli. Per la Dimora dell'Islam, invece, è ancora cronaca e trauma quotidiano.
Dietro il terrorismo islamista, nell'ombra fitta del suo mantello, non c'è neppure un filo del classico "antimperialismo" di cui s'alimentavano i vecchi fronti di liberazione marxleninisti, che bene o male si prefiggevano di modernizzare le società che mettevano a ferro e fuoco. Dietro il kamikaze islamico, quando risuonano le esplosioni che si ripromettono il fallimento della road map oppure giurano la morte ai rappresentanti dell'Onu e ai soldati americani, s'allungano le ombre d'una Vandea planetaria, che oggi minaccia di contagiare, con i suoi slogan reazionari e antimoderni, anche la sinistra occidentale, soprattutto quella europea, che se ne lascia incantare come da una sirena particolarmente ambigua e scostumata.
Se già è difficile e pericoloso, per una sinistra prudente e razionale, esprimere una qualsivoglia solidarietà nei confronti del terrorismo politico, è addirittura suicida che la sinistra moderna simpatizzi con gli obiettivi della strategia islamista, che sono a tutti gli effetti la negazione determinata d'ogni programma di sinistra, compresi quelli più radicali.
È l'intera storia della sinistra - dal Manifesto del partito comunista in avanti, il più eloquente e sperticato elogio del mercato mondiale che sia mai stato scritto - che inneggia alla modernità in tutte le sue forme. È stata sempre la sinistra, storicamente, a tifare per la liberazione delle società premoderne dagli spettri della superstizione e del passato arcaico. Marx personalmente, e il marxismo classico con lui, prima che il leninismo trasformasse le società sottosviluppate e asiatiche in modelli da imitare, stavano dalla parte del vecchio colonialismo e di ciò che più tardi, con un colpo di mano dottrinario, Lenin avrebbe sprezzantemente denunciato come "imperialismo".
Era esclusivamente dalla diffusione della cultura occidentale, dei suoi modelli politici e produttivi, che il marxismo classico, prima di Stalin e dei campi di rieducazione, s'attendeva la liberazione dei popoli e delle società arretrate. A quei tempi era soltanto la destra clericale, estremista, antiliberale, a fare il tifo per le società tradizionali, per il sacro e per la shari'a, per la Spada dell'Islam, che non fu a caso impugnata da Mussolini.
Oggi la guerra contro le tecnologie, contro le libertà civili, contro la scuola laica, contro la liberazione delle donne, contro la libertà di stampa e d'opinione condotta dai kamikaze del radicalismo islamico da un capo all'altro della Dimora dell'Islam sta facendo slittare, in nome d'una solidarietà da manicomio sociologico, le sinistre occidentali e quello che un tempo, sotto altre lune, si chiamava "internazionalismo" verso posizioni ogni giorno più reazionarie, più antimoderne, più odiose e indifendibili. È ormai tempo che la sinistra si ricomponga. Meno danze dei sette veli. Più decoro e senso della storia.