Come persona che visitò l'Iraq nel 1999 - dove la situazione, nonostante le soffocanti sanzioni, era migliore di quella di oggi - posso testimoniare che il governo iracheno non era in grado di fornire, per giorni e talora per settimane, neppure i servizi basilari di acqua ed elettricità, figurarsi la possibilità di attaccare potenti paesi stranieri - distanti migliaia di chilometri e in possesso di armi di sterminio di massa.
Il governo USA ha perso l'opportunità di rimediare ad alcuni grossolani e disastrosi errori in Iraq.
Invece, ha preferito incamminarsi per lo stesso sentiero scelto dai passati governi USA in Asia, Sudamerica ed altrove. Il governo americano ha sfidato la legge internazionale allorché ha invaso l'Iraq, in una guerra che ha reclamato la vita di decine di migliaia di persone, un numero che supera di almeno cinque volte le vittime dell'attacco alle Torri Gemelle di New York. Non c'e' bisogno di specificare che l'invasione dell'Iraq era e rimane un atto di terrorismo.
Mentre l'abbozzo della legge internazionale e' spesso una decisione collettiva a cui partecipano molti paesi, l'implementazione di tale legge e' un privilegio ad uso e consumo dei paesi che hanno alle spalle eserciti potenti, i quali danno loro il diritto di interpretare quella stessa legge nel modo che più gli conviene. Infatti, nonostante le Nazioni Unite abbiano reso ben chiaro che l'invasione anglo-americana dell'Iraq era illegittima e mancava di un mandato legale, i generali americani dichiararono che la decisione di invadere un paese sovrano era sanzionata dalle risoluzioni ONU o, probabilmente, dalla loro personale interpretazione di quelle risoluzioni.
Per convincere il pubblico americano della necessità di scavalcare le Nazioni Unite per lanciare tale aggressione, l'amministrazione Bush ricorse a mezze verità e dichiarazioni false sulla minaccia immaginaria che il governo di Saddam Hussein poneva alla loro sicurezza nazionale.
E gli americani furono persino modesti se paragonati al governo britannico. Tony Blair dichiarò che, in realtà, gli iracheni erano in grado di lanciare un attacco con armi di distruzione di massa in soli 45 minuti.
Come persona che visitò l'Iraq nel 1999 - dove la situazione, nonostante le soffocanti sanzioni, era migliore di quella di oggi - posso testimoniare che il governo iracheno non era in grado di fornire, per giorni e talora per settimane, neppure i servizi basilari di acqua ed elettricità, figurarsi la possibilità di attaccare potenti paesi stranieri - distanti migliaia di chilometri e in possesso di armi di sterminio di massa.
Ma, dal momento che ci viene chiesto di attenerci alla realtà e di accettare che l'invasione e' oggi storia, e che la successiva occupazione e' oggi un fatto, dobbiamo solo sperare che l'America abbia imparato qualcosa dai suoi passati errori, una speranza che si deteriora un giorno dopo l'altro.
Alcuni di coloro che non erano certi dei reali motivi per l'invasione USA, dovrebbero anch'essi attenersi alla realtà, e riflettere sugli annunci fatti dai generali di guerra, i quali tenevano il pubblico informato su quanti pozzi petroliferi fossero stati "liberati". Prima della caduta di Baghdad, il numero di pozzi liberati era di 600. Mentre le forze d'occupazione si mossero con lentezza e disinteresse per fermare i saccheggi e mettere fine al caos causati dall'invasione, truppe USA in pieno servizio si occuparono esclusivamente della sicurezza del Ministero del Petrolio.
Gli amministratori militari dell'Iraq hanno fatto infinite promesse per migliorare la vita degli iracheni ordinari, giustificando i loro fallimenti con la complessità del compito. Il compito, invece, sembra esser molto meno complicato allorchè si tratti di scegliere dozzine di corporazioni multinazionali che si occupino dello sfruttamento delle risorse naturali irachene. Il compito cominciò ad essere implementato anche prima che terminasse la guerra, e l'immenso onere di dividere la torta irachena sembra essere stata l'unica "pacchia" di cui questa guerra sia stata testimone.
Quando visitai l'Iraq alcuni anni fa, insieme con una delegazione internazionale di medici e giornalisti, una popolazione che soffriva tremendamente sotto il peso delle sanzioni, ci accolse con grande calore. Due settimane fa, un membro di quella delegazione e' tornato dall'Iraq, dopo aver concluso la sua terza visita, questa volta dopo la "liberazione" dell'Iraq e dei suoi pozzi petroliferi. Ha raccontato che questa e' stata la visita più dolorosa, dal momento che il popolo iracheno, noto per la sua cortesia e generosità, non era più disposto ad accogliere alcuno con calore, irato e tradito come si sentiva.
E perchè non avrebbe dovuto esserlo? Come se l'invasione e l'occupazione non fossero abbastanza, gli abusi dei diritti umani e l'uccisione quotidiana di civili in Iraq ricordano costantemente agli occupati che gli USA sono molto poco interessati a generare fiducia nell'iracheno medio. Gli iracheni stanno sperimentando un livello di umiliazione mai sperimentato prima, neppure durante gli anni di Saddam.
Fu piuttosto strano sentire il ministro della "difesa" USA, Donald Rumsfeld, appellarsi alle Convenzioni di Ginevra sul trattamento dei prigionieri allorché la televisione araba al-Jazeera trasmise le immagini dei prigionieri di guerra americani interrogati di fronte alle telecamere. Da allora, però, pochi hanno mancato di vedere il trattamento dei prigionieri iracheni in mano americana e britannica. Notizie di torture e stupri non sono più semplici voci, ma rapporti legittimi preparati da rispettati gruppi per la difesa dei diritti umani. Forse la Convenzione di Ginevra non contemplava prigionieri arabi, o, forse, e' solo Rumsfeld pensarla così.
Oggi, le donne irachene hanno paura di uscire dopo il tramonto a causa della mancanza di sicurezza, del caos e dell'anarchia, rafforzata dal fatto che l'amministrazione d'occupazione e' concentrata esclusivamente sul raggiungimento dei suoi obiettivi. Gli USA hanno chiaramente dimostrato che la sicurezza ed il benessere degli iracheni ordinari non e' in agenda.
Non ha sorpreso nessuno vedere una resistenza ben organizzata emergere dalle rovine ed affrontare, armi in pugno, le 116.000 truppe americane che occupano il suo paese.
Per giustificare questa confusione, gli USA forniscono risposte semplici a domande complicate. Ma ne' la pubblicazione delle terrificanti immagini dei figli di Saddam, ne' l'uccisione e la cattura dello stesso ex-presidente fermerà la resistenza irachena. Se la questione fosse l'eliminazione di un individuo o di un intero "mazzo di carte", o anche lo spiegamento di un numero ancora maggiore di truppe, perché mai gli USA avrebbero sperimentato un'amara sconfitta in Vietnam?
L'occupazione dell'Iraq e' un disastro colossale che si sta trasformando in uno degli errori storici più grandi degli USA. Se la cabala di Bush possedesse un livello medio di saggezza, trasferirebbe di corsa ogni potere ad una vera rappresentanza del popolo iracheno, con l'aiuto dell'ONU e dei paesi arabi, in modo da stabilizzare la volatile situazione del paese.
Ogni soluzione diversa da ciò, significherebbe la continuazione del bagno di sangue. L'occupazione finirà, prima o poi. Perché non finirla adesso, prima che il numero di morti raggiunga nuovi e devastanti records?