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Una storia vera
Cento donne ottennero da Goebbels la liberazione dei mariti ebrei con un breve assedio
Berlino 1943, un centinaio di donne tedesche, pure ariane, staziona silenziosa davanti un palazzo della Rosenstrasse dove i loro mariti ebrei sono in attesa di essere deportati nei campi di concentramento. Non si muovono né giorno, né notte, a volte urlano «voglio mio marito», ma non smettono mai di protestare con la loro minacciosa presenza e alla fine arriva il miracolo: gli ebrei vengono liberati.
Questo episodio di piccola resistenza tedesca al nazismo, è quello che ci propone la regista tedesca Margarethe Von Trotta con Rosenstrasse, in concorso a Venezia 60. Nel film il racconto vero di un fatto ancora oggi poco conosciuto: la liberazione il 6 marzo del 1943, dopo solo otto giorni di protesta, per ordine dell'allora ministro della propaganda Joseph Goebbels, di un migliaio tra uomini e donne di religione ebraica che avevano contratto matrimonio con partner di razza ariana. «Un piccolo raggio di sole nel buio di quei tempi», così lo definisce la regista.
Per raccontare questa storia la regista torna al presente con la vicenda di Ruth (Jutta Lampe) un'anziana ebrea newyorkese che alla morte del marito applica all'improvviso le norme più ristrette per il lutto previste dalla religione ebraica (le norme halachiche). Tra gli altri comportamenti strani della donna, in genere fino allora tollerante, quello di non volere il matrimonio misto della figlia Hannah (Maria
Schrader) con il suo fidanzato sud-americano. La ragazza, per capire cosa sta accadendo, parte per Berlino, la città di provenienza della madre nel dopoguerra. Qui incontra una vecchia amica di famiglia Lena Fisher che le rivelerà ome la madre abbia vissuto in prima persona le tragica epopea di Rosenstrasse.
«Di quello che è successo a Rosenstrasse me ne parlò per primo mio marito Volker Schlondorff nel 1995, dicendomi che era un soggetto adatto a me», spiega la Von Trotta, «poi c'è stato un documentario in tv su questo tema. Ma riuscire a fare il film non è stato facile perché in Germania vogliono ormai solo commedie e comunque non amano molto sentir parlare ancora di lavori su quel periodo storico».
Le ragioni di questa liberazione che ha il sapore del miracolo dice la Von Trotta: «Sono abbastanza chiare. In realtà il gruppo di donne di fronte al palazzo di Rosenstrasse cresceva di giorno in giorno e così, per ordine di Goebbels, si arrivò a questa strana liberazione anche se, va detto, il ministro della propaganda contava poi di riarrestare uno per uno i liberati». Le motivazioni che hanno reso nelle stessa Germania questo episodio poco conosciuto per la Von Trotta sono
evidenti: «Il fatto che si potesse davvero fare qualcosa in quel periodo contro il nazismo è una cosa che non fa ancora oggi piacere a molti tedeschi, perché fa nascere un confronto. In realtà si poteva agire se si fosse disposti a un comportamento più coraggioso».