06/09/2003 :: Omelie

Neanche l’afa bollente convince certi preti ad accorciare l’omelia domenicale. Al massimo, modificano l’orario estivo delle messe (di solito, tuttavia, sono gli unici che se ne avvantaggiano).

Poi, di fronte a gente vestita da capo a piedi per rispetto del luogo sacro, gente che si sventaglia disperatamente, non rinunciano a un canto né a un minuto della loro conferenza. Ma, dico, che ci vuole? Se la temperatura supera i quaranta dentro la chiesa, dieci-quindici minuti di fervorino non sono sufficienti?

Macchè, nemmeno gli avvisi parrocchiali smettono di infiorettare di chiacchiere. In un mondo di talkshow, nel regno dell’opinione, dove tutti parlano e parlano e le parole ci frastornano e sommergono, per spiccare, per distinguersi bisognerebbe stare zitti.

Invece, figùrati. Venticinque-trenta minuti, tre quarti dell’intera messa. D’estate come d’inverno. Fossero, almeno, discorsi veramente interessanti. Sì, lo so che ognuno di noi crede di essere un grande oratore.

Ma, chi ascolta, è già tanto se non gli tocca di sentire qualche mezza eresia. Nella maggior parte dei casi si tratta di pallosissimi intrattenimenti di carattere più o meno religioso. Temi: no al consumismo, sì all’equa distribuzione della ricchezza nel pianeta, sì alla giustizia sociale. Insomma, lo stesso, sputato, orizzonte materialistico che si rimprovera ai rimproverati.

Ma ditemi voi se uno dovrebbe diventare cristiano (sacramenti-preghiera-ascesi) solo per ‘sta roba. La volete tutta? Eccola: non c’è bisogno neanche dei preti, per ‘sta roba.

Rino Cammilleri