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  1. #1
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    Predefinito China 2008

    Visto che aderiscono a questa campagna anche alcune associazioni vicino alla sinistra volevo sapere cosa ne pensavate






  2. #2
    Roderigo
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    Non conosco la piattaforma di questa specifica campagna, in linea di principio sono favorevole a campagne ed iniziative di lotta per il rispetto dei diritti umani in Cina, come in altri paesi.

    R.

  3. #3
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    come comunista, o meglio neocomunista, i diritti umani sono per me sacri, in Cina applicare la pena di morte è come in Italia bere un capuccino, il lavoro minorile è all'ordine del giorno, i sindacalisti che protestano vengono imprigionati, gli operai che si ribellano ad orari e paghe che farebbero la gioia degli industriali italiani vengono repressi duramente, quindi approvo, vorrei però la stessa cosa venisse fatto per i mondiali di calcio i Corea del sud, visto lo stesso tipo di repressione antipopolare e di mancanza dei diritti umani, in caso contrario penserei alla solita pelosità che porta ad aiutare i kosovari e non i ceceni o i palestinesi.

  4. #4
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    Finalmente qualche comunista serio

  5. #5
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    Non è l'unico... la Cina non ha NIENTE di comunista. Anzi, forse solo il nome del partito; avrei da discutere su quanto potesse essere comunista Mao (soprattuto negli ultimi suoi anni), ma non c'è proprio niente che possa farmi pensare alla Cina odierna come all'estremo baluardo del processo rivoluzionario (indipendentemente da quel che dice Fidel Castro) .
    La Cina Popolare, oggi, è uno schifo che prende gli aspetti negativi del capitalismo e gli aspetti negativi del "presunto comunismo" sovietico.
    TUTTO IL POTERE AI SOVIET!

  6. #6
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    Angry la Cina e il comunismo e i diritti umani

    Sarò schematico, visto che scrivo sempre troppo:
    Condivido gli interventi di falcorosso (soprattutto in merito alla parità di trattamento sulla questione della Corea del Sud) e Roderigo e (in parte) di soviet999 (forse Mao sarà stato poco comunista nei suoi ultimi anni, ma è di certo stato un protagonista sociale della storia asiatica del secolo scorso e non lo si può liquidare così facilmente. Preciso: non sono maoista, non lo sono mai stato).

    Che la Cina abbia oggi una qualche relazione con l'alto concetto sociale comunista e la sua pratica è l'araba fenice, è una chimera. La Cina è tanto capitalista quanto altri stati, il comunismo inteso alla maniera borghese può anche essere quello dell'essere oligarchi su un popolo di miliardi di persone, il mio comunismo è esattamente l'opposto.

    Diritti umani: che il Tibet, per esempio, venga governato dal Dalai Lama (che è pari pari ad un sovrano come il Papa) o dal Presidente cinese potrebbe importarmi poco. Mi interessa solo il bene e la felicità di quel popolo, e qui rientrano tutti i diritti.
    Perchè il comunismo è la somma di tutti i diritti civili, sociali degli uomini e delle donne, è l'eliminazione di ogni schiavitù e di ogni sofferenza procurata dall'uomo sull'uomo.

    Marco

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  7. #7
    BENESSERE&OZIOXTUTTI
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    Predefinito

    Non intendevo liquidare frettolosamente una figura come Mao... solo che non sono un suo grande ammiratore, dato che di orrori ne ha fatti quasi quanto Stalin; nonostante questo ritengo che sia stata (durante la rivoluzione e nell'immediato post-vittoria) una figura carismatica, amata dal proprio popolo e intenzionata all'instaurzione del socialismo.
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  8. #8
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    Talking condivido

    Condivido quanto affermi nel tuo post soviet999.

    Marco

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  9. #9
    Roderigo
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    Predefinito Morire di lavoro in Cina

    La vita breve di Li Chunmei, migrante, operaia in una fabbrica di giocattoli, uccisa dallo sfruttamento

    A. PA.

    In Cina oggi vi sono centinaia di milioni di disoccupati, ma si può morire per il troppo lavoro. Sono le due facce di una stessa medaglia, come dice la storia straziante di Li Chunmei, operaia cinese di 19 anni, raccontata ieri dalla Washington Post. Una morte dickensiana avvenuta a novembre dello scorso anno nella fabbrica di giocattoli Bainan, a Songgang, città satellite dell'orribile e informe Shenzhen, zona economica speciale del sud della Cina. Nel periodo che precede il Natale la domanda di giocattoli dagli Usa, dall'Europa e dal Giappone aumenta e le ore di lavoro in fabbrica si estendono a dismisura, fino a 16 al giorno per sette giorni di seguito. Circa due mesi erano passati così, quando la resistenza di Chunmei si è spezzata, e con essa il suo corpo. «Voglio andarmene» aveva detto quella notte alla sua compagna di stanza, «voglio tornare a casa». Erano state le sue ultime parole. Poi aveva cominciato a tossire e sputare sangue, fino alla morte. Alla sua famiglia la polizia consegnerà molti giorni dopo, e su pressanti insistenze, un surreale certificato medico nel quale si dichiara che Chunmei «è morta all'improvviso, mentre era viva, a causa di una malattia», non meglio precisata, che l'ufficio del lavoro però attesterà non essere «collegata al lavoro». La giovane era una dei centinaia di milioni di migranti, quelli che abbandonano le sempre più povere aree dell'interno per cercare lavoro nelle aree urbane della costa sempre più ricca. Lei, seconda di cinque figli di una famiglia contadina poverissima, veniva da Xiaoeshan, villaggio del Sichuan, dove un agricoltore non ricava più di 25 dollari l'anno dalla sua attività, ma se ne sente chiedere 37 in tasse. In queste circostanze, togliere i figli da scuola e mandarli a lavorare è per molti una scelta obbligata. Li Chunmei aveva 15 anni e sapeva appena scrivere il proprio nome quando salì su un bus scassato che dopo tre giorni e tre notti la sbarcò a Dongguan, sul Delta, città di 9 milioni di abitanti, 7 milioni dei quali immigrati. «Non piangere, porta sfortuna» era stato il saluto di suo padre.

    A Dongguan aveva cominciato il suo lavoro di «staffetta» alle catene di montaggio dei giocattoli: correre da un punto all'altro per portare i componenti alle varie fasi di lavorazione. Una corsa defatigante in ambienti malsani e surriscaldati, che cominciava alle 8 del mattino, si fermava a mezzogiorno per 90 minuti, riprendeva fino alle 17,30.; 30 minuti per la cena, e poi via per gli straordinari fino a mezzanotte e oltre. Per 12 centesimi di dollaro l'ora, che alla fine del mese potevano diventare 65 dollari. Ma poi c'erano le ritenute: per la stanza, per il permesso di residenza, per le multe arbitrarie. Le leggi cinesi vietano tutto ciò. Il salario minimo a Songgang è 30 cents l'ora, e gli straordinari non dovrebbero superare le 36 ore al mese. Ma molti funzionari locali hanno «amici» manager delle imprese. Chiudere gli occhi è ben remunerato. E un migrante non ha diritti. In più, la maggior parte del lavoro è in subappalto. Due mesi prima di morire, Li Chunmei fu trasferita dalla casa madre, la fabbrica coreana Kaiming, nell'impianto della Bainan, dove le condizioni peggiorarono ulteriormente. Meno di una settimana prima di schiantarsi, chiese una tregua di un giorno, che le fu negata. Se la prese lo stesso e fu punita con tre giorni di trattenute su una paga che da due mesi non le davano.

    Il padre della giovane, che cercava di capire, si è trovato davanti solo porte chiuse. Alla Kaiming Industrial (che prende le ordinazioni dei clienti occidentali) gli hanno risposto che sua figlia non lavorava per loro, dunque il problema non li riguardava. I direttori di Bainan hanno rifiutato di incontrarlo. Ma le spese del funerale gli sono state pagate.

    il manifesto 14 maggio 2002
    http://www.ilmanifesto.it

  10. #10
    BENESSERE&OZIOXTUTTI
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