....all'imbecillità
Sul caso Telekom Serbia, uno scandalo che riguarda il centrosinistra, i partiti di governo si comportano come devono, e il centrosinistra si mostra smarrito ma arrogante, muovendosi in una logica mafiosa da “intoccabili”.
E’ vero che il Giornale è all’avanguardia da mesi nella battaglia pro veritate, e con toni comprensibilmente sensazionalistici, ma esercita la libertà di stampa né più né meno, e forse di più, di Repubblica che ha scoperto il fumo per prima e ha mostrato poi indifferenza sospetta per l’arrosto, e che vive da un decennio di manette, gride forcaiole e propalazioni delle procure ogniqualvolta si tratti di colpire l’Arcinemico e proteggere in solido il padrone del giornale.
E’ vero che l’istituzione della Commissione presieduta dal compassato Enzo Trantino nasce da un intento partigiano, ma lavora secondo le regole, comunque la pensi il troppo compassato presidente della Camera, subisce inoltre un inaudito ostruzionismo, con corteggio di villanie, e si muove in una tradizione di estrema politicizzazione delle commissioni parlamentari (l’Antimafia presieduta da Luciano Violante istruì nella sostanza il processo Andreotti, lasciandolo in gestione giudiziaria a Giancarlo Caselli con quei bei risultati che si sono visti). E’ vero che il prezioso e molto eccitato avvocato Carlo Taormina esagera nei toni, ma non si possono dimenticare la squallida mostrificazione del suo cliente Cesare Previti e i toni alti, o alticci, di dozzine di mozzorecchi con ampio accesso stampa e tv, anche e soprattutto in campagna elettorale.
E’ vero che le testimonianze d’accusa sono in sé poco credibili per il profilo di alcuni testimoni, tra cui l’ineffabile conte Igor, ma lo stesso è accaduto per altre accuse e altri testi indebitati e incredibili, con la differenza che degli accusatori dell’avversario si decreta la santità e intoccabilità con l’aiuto della magistratura inquirente, e della scorta, mentre in questo caso finiscono diritti in galera.
I Trantino, i Gustavo Selva, i Giuseppe Consolo, i Maurizio Gasparri, i Sandro Bondi e altri non stanno linciando nessuno, fanno semmai il loro mestiere.
E le testimonianze politiche di Biagio Agnes ed Ernesto Pascale, che non sono due anticomunisti combattenti ma anziani e rispettati “boiardi” di Stato fino a “prima” rispettati e “poi”, un poi sospetto, scaricati alla vigilia dell’affare, sono testi pienamente attendibili fino a prova contraria.
Romano Prodi, Piero Fassino e Lamberto Dini devono imparare a difendersi nel giudizio e non dal giudizio, politico ed extrapolitico se del caso, come hanno sempre predicato, fino al parossismo, per i loro avversari trasformati in nemici.
Seguiamo con interesse le novità nel centrosinistra, perché le democrazie hanno bisogno di un governo e di un’alternativa, cosa che ripetiamo con chiarezza da tempi non sospetti, ma se la base civile della nuova alleanza ulivista è una difesa elusiva di evidenti responsabilità politiche (il memorandum Prodi), il grido di dolore insincero di Fassino, i dimenamenti di Dini o, peggio, le invocazioni a chiudere il sipario – sennò sono botte contenute in qualche articolo dell’house organ, che sembra scritto a San Giuseppe Jato, non ci siamo. Sarebbe simpatico se qualche liberale di quella parte, come noi abbiamo spesso fatto dalla nostra parte, uscisse dalla reticenza e suggerisse pubblicamente ai leader del centrosinistra, senza per questo mancare di lealtà politica, di comportarsi meglio e di sostituire la decenza di una classe dirigente all’omertà degli “intoccabili”.
Ferrara su il Foglio
saluti