a cura di Roberto Bosio
Il magnate Rupert Murdoch regna sulla Twentieth Century Fox, 175 giornali e centinaia di canali diffusi via satellite nel mondo intero. Questo impero, costruito in cinquant’anni a partire da un semplice, piccolo quotidiano australiano, è oggi al servizio di George W. Bush. Un potere ineguagliabile che gli permette di manipolare l’opinione pubblica mondiale.



LA CROCIATA DI FOX NEWS

"Se fossi ebreo, non guarderei più la CNN, solamente Fox News. L'informazione, almeno, qui è onesta ed equilibrata".
Sei mesi fa, Bill O'Reilly, il cronista-vedette di Fox News, aveva ripetuto questa frase in onda diversi giorni di seguito. La sua trasmissione quotidiana di commenti a caldo sull'attualità e d'interviste autoritarie, "The O'Reilly Factor", è di gran lunga la più vista nella sua categoria su cavo e satellite. Bill O'Reilly se la stava pigliando con Ted Turner, fondatore della CNN, che aveva confessato al giornale britannico "The Guardian" che "Israeliani e palestinesi commettevano, gli uni come gli altri degli atti terroristici". Proteste di Gerusalemme, scuse di Ted Turner. Fox News non ha perso l'occasione.
"Fair and balanced" - "onesta ed equilibrata" - è uno slogan che martella dalla sua nascita, nel 1996, il canale di sole notizie più popolare negli Stati Uniti, ma anche il più vicino a George Bush e ai repubblicani, il più conservatore e il più provocatorio. Si vuole televisione dell'America profonda, cristiana e ben pensante, contro le élite "di sinistra", "arroganti", di New York, Washington e della California. Proprietà di Rupert Murdoch, apostolo mondiale della stampa conservatrice, Fox News sostiene le riduzioni massicce d'imposte, il rifiuto del protocollo di Kyoto, il diritto di possedere armi, la pena di morte, gli oppositori dell'aborto, la denuncia dell'"asse del Male", la guerra contro Saddam Hussein, la politica d'Ariel Sharon e ridicolizza le Nazioni Unite.
I suoi giornalisti hanno una missione: riparare le ingiustizie commesse dal partito preso "liberale" (cioè "di sinistra" nell’accezione americana) dei media in generale e dell'informazione televisiva in particolare. Il canale ricorda in continuazione ai suoi telespettatori che non gli impone un punto di vista e li giudica sufficientemente intelligenti per farsi un'opinione. "Noi riportiamo, voi decidete" è il suo secondo leitmotiv, anch'esso onnipresente sullo schermo. "Io sono un uomo ordinario, il mio lavoro consiste nell'apportare un'informazione affidabile e onesta al 90% di Americani che non hanno accesso al potere", afferma Bill O'Reilly. Il 28 novembre 2001, John Moody, vice-presidente di Fox News, dava questo compito ai giornalisti inviati in Afghanistan: "Non lasciatevi distrarre dal triste spettacolo di questo paese l'inverno, e dal numero di bambini malnutriti. Potremo aiutarli a partire dal momento in cui avremo preso quelli che hanno ucciso i 5.000 americani. Nel dubbio, ricordate il crollo delle torri del World Trade Center".
Il successo di Fox News è il versante televisivo del successo dei repubblicani in politica. Roger Ailes, presidente di Fox News dalla sua creazione, l'ha capito bene. "Sulla maggior parte dei canali, se sentite un punto di vista conservatore, è presentato e considerato come partigiano e sospetto, protestava Roger Ailes in occasione di una delle sue rare apparizioni pubbliche. Noi mettiamo fine a questo a priori. Se siamo percepiti come conservatori, è perché gli altri sono troppo a sinistra, noi siamo semplicemente equilibrati".
"Facciamo un esempio, quando i nostri concorrenti abbordano la questione dell'aborto, non interrogano o non citano mai chi vi si oppone. Lo fanno solamente quando uno sqilibrato fa saltare una clinica. Noi ristabiliamo un equilibrio. Il giornalismo è sfortunatamente diventato impegnato e partigiano dopo gli anni 1960. Le élite della costa est e della costa ovest pensano di sapere meglio di voi come spendere i soldi delle vostre imposte. Per esse, voi siete stupidi, voi non appartenete al loro mondo e difendete dei valori differenti. Questo spirito élitario e socialista è insopportabile", aggiunge.
Il telespettatore tipo di Fox News vive negli Stati dell'interno, quelli che, sulle carte elettorali, forniscono il grosso dei voti repubblicani. Ha 57 anni, guadagna 58.000 dollari all'anno, il reddito più elevato tra le audience alla televisione fatto salvo i canali borsistici, e si dichiara religioso. "È un'audience veramente fedele", afferma Rupert Murdoch. "I media erano diventati così partigiani, le persone attendevano disperatamente un'alternativa. Ora, ce l'hanno".
I temi affrontati da Fox News bastano a dimostrarlo. La sera del 15 gennaio, per esempio, L'attualità non dava molti spunti. Con il suo stile caratteristico, brillante, perentorio e moralizzatore, Bill O'Reilly aveva abbordato quattro temi. C'è un partito preso contro i cristiani nei media? I bambini delle scuole di Oakland (California) hanno subito un lavaggio del cervello dopo i dibattiti organizzati nelle classi contro la guerra in Irak? Esistono ancora dei leader neri credibili in questo paese? Per finire, una carrellata sui dettagli dei crimini più abbietti commessi da alcuni tra i 167 condannati a morte cui il governatore dell'Illinois, George Ryan, ha commutato la pena. Bill O'Reilly dà la parola sistematicamente in diretta a uno o diversi contraddittori, ma nella maggior parte delle occasioni faticano a fare bella figura, a resistere alla sua verve, alle sue sentenze definitive.
La trasmissione seguente, dalle 21 alle 22, è condotta da Sean Hannity e Alan Colmes, un duo di commentatori, il primo conservatore e il secondo liberale, ed era consacrata a un intervista con Alexander Haig, ex-segretario di Stato di Ronald Reagan. Infine, dalle 22 alle 23, strateghi e militari erano pregati di rispondere alla domanda "Quando George Bush darà il semaforo verde a un attacco contro l'Irak?".
Il successo è incontestabile, persino nel ristrettissimo mercato dell'informazione televisiva su cavo, che rappresenta solo il 5% dell'audience nazionale. Il numero di telespettatori di Fox News è ancora aumentato del 36% l'anno scorso e si avvicina in media agli 1,3 milioni di persone, contro le meno di 900.000 della CNN, in diminuzione dell'8% nel 2002, secondo l'Istituto Nielsen. È giusto un anno che Fox News è passata davanti alla CNN. Quattro delle sue trasmissioni d'informazione fanno parte oggi delle cinque più viste. "The O'Reilly Factor" supera i due milioni di telespettatori, molto sopra il "Larry King Live" della CNN (1,3 milioni).
Il mattino, "Fox and Friends" (Fox e i suoi amici) resta largamente in testa con un milione di telespettatori, malgrado la grande campagna di promozione lanciata dalla CNN per la sua trasmissione del mattino, animata da una vedette del giornalismo, Paula Zahn. Dalle 7 alle 10, i tre presentatori sconosciuti di "Fox and Friends" mischiano allegramente le informazioni sulle ispezioni a Baghdad, o l'ultimo dibattito parlamentare, ai segreti delle ricette di cucina e ai pronostici sportivi. "Abbiamo costruito degli incontri quotidiani, familiari. Cambiamo i nostri programmi il meno sovente possibile, spiega Dennis Murray, un produttore. Noi facciamo parte del paesaggio, della vita dei nostri telespettatori, mentre l'immagine della CNN si lega più a un'azienda che gestisce l'acquedotto. Ci si ricorda di lei quando c'è una perdita".
Il successo di Fox News è da attribuirsi a due uomini, Rupert Murdoch e, più ancora, Roger Ailes.
Il magnate australiano voleva farne una macchina da guerra contro CNN, ABC, CBS, NBC, al servizio dei repubblicani, perché riprendano il potere e vincano la battaglia delle idee. Con Roger Ailes, 62 anni, ha trovato il professionista dell'immagine che gli serviva. Il suo fisico bonario ricorda quello di Alfred Hitchcock, i suoi occhi turchini nascondono la sua combattività, la sua intransigenza e il suo talento di specialista della televisione. A 25 anni, era già produttore televisivo e da allora non ha più lasciato questo mondo. Nel frattempo, è stato anche consigliere per la comunicazione di Richard Nixon, Ronald Reagan, George Bush padre e ufficiosamente di George Bush figlio. All'indomani degli attentati del 11 settembre 2001, come ha rivelato il giornalista Bob Woodward nel suo libro "Bush at War", ha inviato una lettera alla Casa Bianca, con questo avvertimento: "Il sostegno del popolo americano s'indebolirà se non vedrà reagire il Presidente con grande determinazione". Strana discesa in campo per il patron di un canale che si proclama "fair and balanced" - una formula che lui stesso ha inventato.
Questa "fuga", relativa ad una lettera destinata a restare confidenziale, ha reso Roger Ailes ancora più diffidente. Non accorda nessuna intervista e non dà fiducia, ma sa ispirare fedeltà. Quando lascia la CNBC nel 1996 per fondare Fox News, lo seguono 82 persone. Ted Turner prometteva di "schiacciare Rupert Murdoch come un insetto". La settimana scorsa, il 13 gennaio, Walter Isaacson, il presidente della CNN, ha dato le dimissioni per raggiungere il confort di un think tank di Washington, riconoscendo implicitamente il suo fallimento. Ailes non ha stappato champagne. Ha riunito le sue troupe nella sala di redazione per metterle in guardia contro "l'auto-soddisfazione". "È cinque volte più duro essere numero uno che numero due. Il successo fa gonfiare gli ego, la dimensione delle auto e le note spesa".
Nel 1996, Roger Ailes voleva "reinventare lo schermo". L'ha fatto. Il successo di Fox è dovuto anche al suo tono, al suo stile. I logo fiammeggianti su sfondo rosso che spaziano su tutta la larghezza dello schermo, i jingle aggressivi, la sfilata incessante di testi nella parte bassa dello schermo, gli slogan, i titoli, i fatti riassunti in poche parole accanto o sotto le immagini, i reportage. Fox News non da un minuto per riprendere il fiato. "Con la CNN, avete tutte le possibilità di addormentarvi nel giro di dieci minuti, con Fox è impossibile anche se avete preso un sonnifero. Ci sono tanti allarmi, suspense, minacce e cattivi che ce l’hanno con noi", spiega Robert Parry, specialista dei media. Esiste anche un fraseggio Fox vicino a quello della radio da cui vengono numerosi cronisti. L’eloquio è rapido, i discorsi definitivi, ma senza enfasi. I giornalisti si rivolgono a degli amici. Sono a volte aggressivi con i loro interlocutori, capaci in diretta di mettere fine prematuramente ad una intervista quando non si risponde alle loro domande, ma cortesi e rispettosi. "Non sono d’accordo con voi ma rispetto il vostro punto di vista, la vostra libertà di espressione e vi rispetto", ripete in media cinque volta a sera Bill O'Reilly prima di tramortire il suo interlocutore con una predica definitiva. Esiste anche un codice relativo al vestiario, un’apparenza Fox News, un lato "Ken" e "Barbie". I vestiti dei presentatori sono di colore scuro e sobri. Le donne grandi, quasi sempre bionde e portano la gonna. La transfuga di CNN, Greta Van Susteren, la risposta al "tradimento" di Paula Zahn, passata da Fox News a CNN, ha subito un restyling prima di passare sulle antenne della Fox. Il suo viso è stato ringiovanito da un’operazione di chirurgia estetica, e da bruna è diventata bionda.
Fox News ha saputo approfittare degli attentati dell’11 septembre. Non solo perché, da allora, gli americani guardano di più i canali d’informazione, ma perché si sono riuniti attorno al loro presidente ed ai valori patriottici, difesi dalla Fox. "Prima dell’11 settembre, l'audience media dei canali d’informazione in continua era inferiore a un milione di persone. Supera oggi i 2 milioni e Fox ne è la principale beneficiaria", sottolinea Tod Gitlin, professore all'università di New York, autore di numerosi libri sui media. "La gente preferisce la Fox alla CNN. Amano lo stile «calcio in culo» di Bill O'Reilly. La CNN è un camion senza cromature e senza attrattive, la Fox è una macchina sportiva scoppiettante. È una prima spiegazione. E poi, un’atmosfera di guerra contribuisce a preferire la semplificazione. Un mondo comprensibile dove ciascuno trova il suo posto facilmente. Una griglia di lettura costruita attorno a riflessi morali su ciò che è bene e male. È un visione confortevole e dunque attraente, aggiunge".
E poi, Fox News è il canale di George Bush. Una devozione che traspare persino nel tono dei giornalisti. I legami tra George Bush e il canale sono talmente evidenti che non possono più essere negati.
"L'amministrazione Clinton ci odiava, l’amministrazione Bush ci ha teso una mano amichevole dall’inizio", riconosce il giornalista Brit Hume. Per la legge del contrappasso, un cugino devoto di George Bush, John Ellis, aveva preso per trenta giorni la direzione dell'équipe responsabile della copertura del voto presidenziale. Lo stesso Ellis dichiarava poco tempo prima: "Sono fedele a mio cugino George W. Bush. Questa fedeltà va al di là della mia lealtà verso chiunque, salvo i miei famigliari più stretti”. Il canale aveva per primo - e a torto – annunciato nella notte tra il 7 e l’8 novembre 2000 la vittoria di George Bush in Florida e dunque nell'elezione. L’ultima intervista data dal candidato repubblicano prima del voto era stata accordata a Fox News, e la prima domanda posta in occasione della sua prima conferenza stampa da presidente era stata posta da un giornalista del canale. "Non siamo un canale repubblicano, è che tra noi ci sono solo più conservatori", dichiara senza ridere Roger Ailes. Alla Casa Bianca, la maggior parte dei canali televisivi sono oggi sintonizzati su Fox News.

(Eric Leser, La croisade de Fox News, in "Le Monde", 28 gennaio 2003, scaricato da
http://forums.transnationale.org/vie...sc&highlight=, traduzione Roberto Bosio)

MURDOCH IL MILIARDARIO VA IN GUERRA...

Questo magnate regna sulla Twentieth Century Fox, 175 giornali e centinaia di canali diffusi via satellite nel mondo intero. Questo impero, costruito in cinquant’anni a partire da un semplice, piccolo quotidiano australiano, è oggi al servizio di George W. Bush. Sarebbe dunque il diavolo in persona… o almeno una delle sue numerose incarnazioni. Rupert Murdoch aveva già una reputazione disastrosa in Europa. Le prime pagine anti-Chirac dei suoi quotidiani popolari, "The Sun" in Gran Bretagna e il "New York Post" negli Stati Uniti, così come la campagna anti-irachena del suo canale d’informazioni americano Fox News non miglioreranno la sua immagine.
Quest’uomo che controlla 175 giornali e diffonde centinaia di canali televisivi sul pianeta dispone di un potere ineguagliabile: il suo impero mediatico gli permette di manipolare l’opinione pubblica.
Ufficialmente, certo, Rupert Murdoch non si occupa mai del contenuto dei suoi giornali. "Riguardo la copertura delle posizioni francesi, il signor Murdoch non ha dato alcun ordine al New York Post. La redazione ha tirato le sue conclusioni sulla condotta del presidente Chirac, e ne ha reso conto sulle pagine del Post", spiega il suo portavoce, Andrew Butcher.
"Mi dice sempre che non ha alcuna influenza sulla redazione dei suoi giornali", assicura il suo consigliere Tarak Ben Ammar. Certo, ma è Rupert Murdoch stesso che sceglie i suoi redattori capo, e "è in grado di valutare i titoli degli articoli o la scelta delle foto. Si appassiona anche per la tecnica dei decoder televisivi. Sa tutto quello che succede nel suo impero e non smette mai di lavorare", racconta Tarak Ben Ammar. Siccome questo uomo non lascia nulla al caso, sono dunque le sue convinzioni politiche che riflette il suo gruppo.
E questo spiega perché gli uomini politici diffidino tanto di lui. Si racconta che Tony Blair abbia telefonato a Lionel Jospin, cinque anni fa, per dirgli: "Lionel, non lasciare mai entrare Murdoch a casa vostra, consiglio d’amico!". All’epoca, Rupert Murdoch e Pierre Lescure, PDG (Presidente e Direttore Generale) di Canal+, negoziavano la fusione delle loro filiali BSkyB e CanalSatellite. Il progetto è fallito a causa di un veto assoluto del governo francese. News Corp. Non è dunque entrata sul suolo francese. E, per ora, la diga anti-Murdoch ha tenuto bene: il suo solo investimento nel nostro paese, è una partecipazione simbolica a TV Breizh, il canale creato dal suo amico Patrick Le Lay, di TF1. Un gesto d’amicizia tra alleati potenziali… e ideologicamente convergenti.
Perché Murdoch è un liberale viscerale, un avversario dichiarato delle imposte, dei sindacati e delle burocrazie: le sue idee fanno paura persino alla destra francese! "Qual’è il vostro uomo politico preferito?", gli chiedeva recentemente il quotidiano britannico "Financial Times". "Oh, se dovessi dire un solo nome, sarebbe Margaret Thatcher… Ma c’è anche Ronald Reagan. A tutti e due, hanno cambiato la faccia del mondo!". Una scelta logica, perché è nell’Inghilterra thatcheriana che Murdoch ha costruito la sua leggenda. All’origine, non è che un piccolo padrone della stampa australiana: eredita nel 1952 un piccolo quotidiano di Adelaide alla morte di suo padre. Rupert Murdoch, all’età di 21 anni, deve lasciare Oxford per ritornare nella sua città.
La sua saga comincia con un primo fatto d’armi: costringe l’altro giornale della regione, seppur più potente di lui, a fondersi con il suo. Poi, non cessa di estendersi di acquisto in acquisto: il suo gruppo News Corp. Detiene oggi un centinaio di giornali in Australia.
Ma la Gran Bretagna ed il suo establishment "che disprezza il denaro e gli affari" - secondo lui -, lo affascinano. Li sfiderà acquistando nel 1969 un giornale della domenica a grande tiratura "News of the World", poi lanciando nella mischia "The Sun". Questo tabloid diventerà la più grossa tiratura della stampa quotidiana britannica grazie ai suoi grandi titoli adescatori, le sue pin-up svestite a pagina 3, e le sue campagne roventi contro i potenti e la monarchia, che Murdoch detesta da repubblicano convinto.
Nel 1981, acquista la sua corona: "The Times", il più prestigioso dei quotidiani inglesi, di cui rilancia le vendite. La sua celebrità oltre Manica, la ottiene simbolizzando il combattimento anti-sindacale degli anni Thatcher. Nel 1985, decide di rompere con il sindacato del libro inglese, traslocando la sua tipografia e licenziando il personale. Il conflitto durerà due anni, e Murdoch ne uscirà rinforzato: si è sbarazzato dei sindacati e ha reso la sua stampa molto redditizia.
Parallelamente, consolida la sua presenza americana. Dal 1976, possiede il "New York Post", un quotidiano popolare e, nel 1984, c’è la grande svolta: salta dall’informazione al divertimento pagandosi gli studios cinematografici Twentieth Century Fox (il produttore di "Guerre Stelllari"), poi una rete televisiva, che sarà la base del suo nuovo canale Fox TV. Per soddisfare la regolamentazione locale, deve prendere la nazionalità americana. Lo fa senza problemi. "Si considera come un anglosassone, nel senso largo. Lo vedo piuttosto come un cittadino del mondo: si interessa di tutto, è curioso di tutto, non c’è in lui alcun razzismo, alcuna barriera", spiega Tarak Ben Ammar.
All’epoca, la scommessa sembra folle: la moda è quella dei canali tematici e nessuno capisce perché quest’uomo crei un canale hertziano classico. Murdoch imporrà Fox TV grazie a metodi da pirata, che saranno copiati nel mondo intero: arraffa i diritti di diffusione del campionato di calcio, facendo esplodere le tariffe. Perde del denaro diffondendo le partite, ma indebolisce i suoi concorrenti e rafforza il suo marchio. Fox diventa la tv "giovane", grazie a serie come "I Simpsons", "X Files" o "Ally McBeal". E si rafforza parallelamente lanciando un armata di canali via cavo. Tutto gli sorride, persino il cinema, con trionfi come "Titanic". Ma ciò che vuole soprattutto, è estendere il suo impero al resto della Terra. Prima degli altri, Murdoch ha scommesso su un mondo collegato via satellite. E ha anticipato tutte le evoluzioni.
"La televisione pagante via satellite offrirà non solo il divertimento e l’informazione, ma anche l’interattività del computer, attraverso il suo decoder. È per questo che è essenziale ai suoi occhi", spiega Tarak Ben Ammar. Nel 1989, lancia i quattro canali Sky in Gran Bretagna, che diventeranno nel corso degli anni la potente BSkyB attuale, diffondendo centinaia di programmi ai suoi 7 milioni di abbonati. Ha fallito in Germania, ma ha lanciato da poco Sky Italia, acquistando la filiale italiana di Canal+. Le sue buone relazioni con Silvio Berlusconi saranno un aspetto importante nella sua riuscita, e vuole ora lanciarsi in Spagna e Medio Oriente.
Ma la sua scommessa più folle è l’Asia: ha comprato la rete Star TV nel 1993, molto prima che le parabole coprano questo continente ancora povero. Oggi, è il numero uno della televisione pagante in India e in Cina, i due paesi più popolati della Terra! La sua nuova sposa, Wendy, d’origine cinese, gli ha dato da poco due bimbi, che si divideranno l’impero con i tre maggiori (James, Lachlan e Elizabeth).

"Grazie a questa unione, lo ricevono in Cina come se si trattasse di un vero cinese", constata uno dei concorrenti. Forse anche perché sa farsi piacere dal governo comunista: ha escluso il canale d’informazione della BBC dal suo bouquet, per non dispiacere alle autorità di Pechino. Non esita a venire a patti con la politica malgrado le sue convinzioni, quando i suoi interessi sono in gioco.
Questo magnate dei media, che disdegna i segni esteriori della ricchezza, ha saputo evitare quasi tutte le trappole che hanno rovinato i suoi concorrenti da Maxwell a Vivendi Universal. "Murdoch non fa errori perché investe solo in arnesi che conosce bene e che comprende", spiega Patrick Le Lay. Certo News Corp. ha sfiorato il fallimento all’inizio degli anni 1990, vittima dei suoi investimenti sfrenati nella televisione e nella stampa. Ma è passato indenne attraverso la bolla d’internet.
Secondo i calcoli della "Harvard Business Review", l’investimento nelle azioni News Corp. E uno dei migliori investimenti degli ultimi trent’anni: ha fruttato più di Intel, Coca o General Electric. Un investimento di 10.000 dollari nel 1977 varrebbe oggi 4,6 milioni di dollari! Oggi, detiene ancora il 30% di News Corp. che raggruppa le sue attività principali e realizza 16,4 miliardi di euro di giro d’affari.
A 72 anni, Rupert Murdoch è più potente che mai. Il suo gruppo pesa in borsa 20 miliardi di euro e vuole riempire i buchi nella sua tela acquistando il numero uno americano della tele via satellite, Direct TV. Ha già fallito tre volte nei suoi tentativi, ma è appena ripartito all’assalto. Se riesce, allora, si, il sole non tramonterà mai sul suo impero…

(Claude Soula, Murdoch le milliardaire va-t-en-guerre..., in "Nouvel Observateur", 6 marzo 2003, scaricato da http://forums.transnationale.org/vie...sc&highlight=, traduzione Roberto Bosio)

CITIZEN MURDOCH VOLA AL SOCCORSO DI TONY BLAIR IMPIGLIATO NELL'IRAKGATE

"Prime rotture nell’unità del consiglio della BBC": citando una "gola profonda" ai vertici dell’organismo pubblico, il Times proclamava ultimamente in prima pagina che il presidente della rete, Gavyn Davies, aveva nascosto all’organismo di sorveglianza, il consiglio dei governatori, l’identità della fonte anonima che ha permesso alla BBC d'affermare che il governo britannico aveva mentito sulle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, per meglio giustificare l’intervento in Irak.
Peraltro, Andrew Gilligance, il giornalista della BBC autore di queste rivelazioni, si è fatto trattare da "ratto" dal tabloid Sun. E i due settimanali Sunday Times e News of the World (NoW) hanno sparato a zero sulla "Beeb", accusata di essere responsabile del suicidio di David Kelly, specialista di armi batteriologiche, e fonte della BBC.
Proprietario di questi quattro titoli che pesano per il 40% sulle tirature della stampa quotidiana britannica, il magnate Rupert Murdoch, è volato in soccorso a Tony Blair, alle prese con il scabroso affare Kelly.
Il 19 luglio, il direttore della redazione di NoW aveva improvvisato un editoriale critico verso il governo laborista. In serata, il testo è stato ritirato e rimpiazzato da una diatriba contro il BBC. Nella fortezza di Wapping, dove sono concentrati i suoi giornali inglesi, le ingiunzioni del presidente-fondatore di News Corporation non si discutono. "Rupert" preme sui suoi giornalisti – i meglio pagati della professione - come se fossero bottoni. E agli occhi dello sceriffo dell’inchiostro, che vede il mondo come un combattimento tra i buoni e i cattivi, è ridicolo che i suoi giornali pubblichino opinioni contrarie alle sue.
Sulla guerra in Iraq, Citizen Murdoch si è fatto portavoce di tutti i falchi dell’America. Questo australiano ama contrapporre la copertura "patriottica" del suo canale americano Fox con quella giudicata troppo tiepida della BBC che aborre. Secondi fini commerciali non mancano. "Rupert" accusa la venerabile istituzione di servirsi del canone per condurre una concorrenza sleale al suo canale satellitare BSkyB.
Davanti a questa campagna di denigrazione, la BBC è scesa in trincea, il 23 luglio, per difendere la sua reputazione. Ha affermato di avere una registrazione di una conversazione tra lo scienziato David Kelly e Susan Watts, giornalista della BBC. Sulla cassetta, il dottor Kelly si dichiara preoccupato del modo in cui Downing Street si sforza di giustificare la guerra. Secondo lui, i servizi del primo ministro hanno esagerato "in maniera sproporzionata" l'argomento secondo il quale Saddam Hussein può lanciare delle armi di distruzione di massa in 45 minuti. Il documento sarà consegnato a Lord Hutton, il magistrato incaricato dell’inchiesta sull’Iraqgate.

(Marc Roche, Citizen Murdoch vole au secours de Tony Blair empêtré dans l'Irakgate, in "Le Monde", 24 luglio 2003, scaricato da http://forums.transnationale.org/vie...sc&highlight=, traduzione Roberto Bosio)

SADDAM, GUERRA E "SUN"

Per il Sun, la "guerra del Golfo 2" può iniziare. Il 31 gennaio 2003, il popolare tabloid inglese di Rupert Murdoch ha lanciato l’operazione "Sosteniamo i nostri soldati!". I terribili accenti patriottici che avevano accompagnato la guerra dei Boeri nel 1902, non sono morti.
Su un’intera pagina, il quotidiano ha messo in ordine di marcia l'"esercito" dei suoi 10 milioni di lettori: tutti dietro i nostri 32.000 militari uomini e donne. L'appello è da ritagliare seguendo la linea tratteggiata e da apporre sul muro della sala, della cucina, o su quelli delle caserme.
Senza dubbio, il "sole" della stampa britannica ha fatto bene le cose, si dispiega su due fronti. "Primo fronte": una linea telefonica. All’altro capo del filo, la voce di un certo "Capitano Kennedy" ("Steve" per gli intimi) invita a lasciare un messaggio d’amore o d’amicizia per i membri delle truppe. "Secondo fronte": un indirizzo elettronico raccoglie generosamente tutte le parole dolci o battagliere dei lettori del Sun per i loro congiunti soldati.
Decisamente ben intenzionato, il quotidiano ha anche creato un "sito patriottico" ad uso e consumo delle truppe: "Chiedete la foto della vostra bella puledra o del vostro bel maschio favorito, e sarete serviti". Non hanno trascurato nemmeno i dettagli della vita quotidiana, il Sun ha previsto persino l’invio della carta igienica. Niente fiori delicatamente trapuntati sui fogli, ma la testa di Saddam Hussein. Così, precisa il quotidiano, persino nell’intimo, "le truppe non dimenticheranno mai di pensare a lui".
Forte di questi preparativi, il tabloid faceva il punto, tre giorni più tardi, delle speranze americane: sarà una guerra lampo. Tremila missili lanciati in due giorni basteranno a "stritolare" il regime iracheno. Quanto alle perdite civili, il Sun confida che, verosimilmente, l'uso in maggior numero rispetto alla "guerra del Golfo 1" di armi guidate dal laser le limiterà.
Su un registro più ovattato, il Times – veterano conservatore della stampa inglese e fratello maggiore del Sun nella famiglia Murdoch – riempie comunque di polvere da sparo il suo editoriale del 6 febbraio, intitolato "Caricare i fucili". All’indomani delle "prove" presentate da Colin Powell, giudica semplicemente "frusti" gli argomenti in favore di una dilazione accordata agli ispettori del disarmo. La pratica Saddam non ha che da essere svolta.
(Martine Rousseau, Saddam, guerre and "Sun", in “Le Monde”, 11 febbraio 2003, scaricato da http://forums.transnationale.org/vie...sc&highlight=, traduzione Roberto Bosio)


RUPERT MURDOCH E LORD BLACK: DUE SERVITORI ZELANTI DELLA PROPAGANDA FRANCOFOBA

Due baroni d’impero risoluti nel nuocere per quanto è possibile alla Francia con tutto il loro zelo. Né quella dei loro devoti servitori. Da una parte, Rupert Murdoch, 72 anni, numero uno mondiale degli editori di giornali, vicino al quale "Citizen Kane" farebbe la figura di un editore di bollettini locali. Un visionario geniale rafforzato da formidabili successi. Dall’altra, Lord Black di Crossharbour, 58 anni, numero 3 mondiale della stampa scritta, abile condottiero.
Murdoch, presidente di News Corporation, pubblica 175 giornali nel mondo, tra cui The Times, The Sunday Times, The Sun, The News of the World nel Regno Unito, il New York Post ed il Weekly Standard negli Stati Uniti. 40 milioni di esemplari alla settimana in totale, venduti in tutti i continenti.
Lord Black conta tra le sue pubblicazioni il Daily ed il Sunday Telegraph in Gran Bretagna, il Chicago Sun Times oltre Atlantico, ed il Jerusalem Post in Israele.
Rupert Murdoch aggiunge alle offensive delle sue gazzette la forza di percussione delle sue reti televisive sulle due coste dell’Atlantico: Sky TV in Europa e soprattutto Fox News negli Stati Uniti.
Le ragioni di questa ostilità sono molteplici. Un’inclinazione culturale, per prima cosa. Con la certezza, per questi ferventi praticanti del liberismo economico, che il "modello anglosassone", come si dice in Francia, è superiore ad ogni altro.
Rupert Murdoch vede, all’inverso, nell’Unione Europea "un edificio socialista", dunque "decadente", animato "da burocrati francesi", dunque "inetti". Per lui, "un incubo". La necessità, anche "fondata sulla certezza che Dio è sempre accanto ai grossi battaglioni", di trovarsi nel campo dei vincitori. La priorità agli "affari". La convinzione, infine, che sono degli attori decisivi della storia e che la storia va nel senso voluto dall’America. "L'America (...) è una democrazia civilizzata e illuminata che, generalmente, si sforza di comportarsi in maniera responsabile (...). Non ha sicuramente lezioni da ricevere in termini di moralità pubblica dai francesi e dai tedeschi", spiega, seriamente, Lord Black. I francesi? "Dei lillipuziani che pretendono di essere degli alleati", aggiunge.
Il Weekly Standard fornisce a George W. Bush un gran numero degli autori dei suoi discorsi. Ma è anche il vettore dei "neocons", i neoconservatori francofobi del Pentagono, come Paul Wolfowitz, teorico della dottrina che porta lo stesso nome, che definisce il ruolo politico e militare degli Stati Uniti come quello "di assicurare che nessuna superpotenza rivale si erga contro l’America".
L'"Europa potenza" voluta dalla Francia è un ostacolo a questa dottrina. Il Weekly Standard è la Grossa Berta del Pentagono per sradicare questo ostacolo. Si ritrovano gli stessi argomenti sentiti alla NATO, nelle pubblicazioni di Lord Black.
Il suo ispiratore? Richard Perle, presidente del "Defence Policy Board", comitato consultivo della difesa, legato a Donald Rumsfeld. Araldo della crociata anti-francese, ha sempre un posto d’onore presso Rupert Murdoch e Lord Black. Conosce bene questi due magnati della comunicazione. È salariato del secondo alla testa della Hollinger Digital e nel consiglio d’amministrazione del Jerusalem Post, filiali del gruppo Hollinger International che pubblica il Daily Telegraph nel Regno Unito. Nell’agosto scorso, M. Perle spiegava dalle colonne del Daily Telegraph "perché l’Ovest deve tirare per primo contro Saddam Hussein".
È anche intimamente legato al primo attraverso la rete di think-tanks dove si annidano i "neocons" americani. Rupert Murdoch vi ha trovato Irwin Stelzer. Direttore all'Hudson Institute che ne conta diversi, M. Stelzer ha uno spazio sul Sunday Times e ripete lungo le sue colonne il suo sdegno verso la Francia "decadente", che paragona, sfavorevolmente, alla Corea del Nord! Richard Perle è amministratore dell'Hudson Institute. Così come... Lord Black. Qualche mese fa, il Daily Telegraph non ha esistato a qualificare la Francia come un "rogue state", letteralmente uno "stato canaglia". Come l'Iraq, la Corea del Nord e l'Iran, insomma. Nulla di sorprendente se gli stessi concetti rimuginati nelle stesse istituzioni dagli stessi ideologi si ritrovino sui giornali simpatizzanti.
Qualche giorno fa, il tabloid New York Post di Rupert Murdoch si faceva beffe dell’"asse dei sornioni" franco-tedesco, espressione ripresa da Richard Perle alla televisione, prima d’indignarsi per l’ingratudine dei francesi, fotografia delle croci bianche di un cimitero americano in prima pagina con questo titolo: "sono morti per la Francia ma la Francia li ha dimenticati". Gli fa eco il Sun, a Londra, che dissertava per l’ennesima volta sulle ragioni per odiare i francesi, e invitava i suoi lettori a partecipare al concorso delle battute più sanguinose sulle "scimmie inebriate mangiatrici di formaggio". Questa "frase" che ha fatto fortuna in America, viene direttamente dai "Simpsons", un cartone animato di successo concepito negli studios Fox di Murdoch.
Direttore del Centre for Policy Studies, un think-tank eurofobo, a Londra, Lord Black ossessionato d’altra parte dall’epopea napoleonica, spiegava giovedì davanti a una platea convinta perché il ruolo del Regno Unito è di essere "il principale alleato dell’America". Questa "alleanza unica deve servire le cause della libertà e della crescita economica". È "preferibile essere invidiati a causa dei nostri successi e del nostro attaccamento a dei principi, piuttosto che scadere in compagnia di questi governi per i quali la viltà equivale alla saggezza, l'ingratitudine alla serenità olimpica e la malignità prende il posto dell'indignazione morale". Il riciclaggio di una retorica già letta, mille volte ascoltata. L'importante non è la verità. È la speranza che a forza di martellare lo stesso leitmotiv, finirà per diventare verità.

(Rupert Murdoch et Lord Black: Deux serviteurs zélés de la propagande francophobe, in "Le Figaro", 17 febbraio 2003, scaricato da http://forums.transnationale.org/vie...sc&highlight=, traduzione Roberto Bosio)

E intanto il signor Sky, nel suo piccolo...

Questo Rupert Murdoch ha 72 anni è un bouquet di tre mogli e sei figli. E' australiano, ha cominciato mezzo secolo fa ereditando un quotidiano dal padre e, da allora, non si è più fermato. E' terribilmente reazionario, e bisognerebbe spiegarlo ai big del governo cinesee: ma non è escluso che quando ha siglato con l'oro gli accordi per Sky Perfect Tv (41 milioni di abbonati) li abbia salutati alzando il pugno chiuso. Nel film Il domani non muore mai c'è il cattivissimo tycoon che vuole scatenare la guerra mondiale per alzare gli indici d'ascolto. Qualcuno ha scritto che era ispirato al magnate sbarcato da poco anche in casa nostra.
Se qualcuno lo ha scritto, è perché si trova a lavorare in un giornale non ancora controllato da Murdoch stesso. Il quale viene chiamato Re Sole dagli inglesi, che fanno gli spiritosi su Sole-Sun, il tabloid che alla terza pagina ha una gigantografia di una ragazza a seno nudo e in prima ogni tanto da del verme a Chirac. Meno spiritosa la Bbc, che ha lanciato un allarme planetario contro lo strapotere murdocchiano (chiedendo aiuto al premier Tony Blair).
In America, Murdoch e Fox, ovvero la rete all-news di informazioni che si sta mangiando d'ascolti e attenzioni al Cnn e ha appoggiato Bush nella guerra a Saddam. Un anno fa si è pappato una cosa che si chiama Direct Tv e ha allargato il proprio strapotere sulla tv via cavo USa: si calcolano ora, sotto le bandiere della NewsCorp dell'australiano, 11 milioni di abbonati Usa. Se ci spostiamo in America Latina, Murdoch possedeva già le satellitari Sky Mexico e Sky Brazil e un'altra Sky che copriva Cile, Argentina e Colombia. E con l'acquisizione di Direct Tv si è ritrovato in mano anche un milione e mezzo di abbonati sparsi per tutto il Sudamerica. E' probabile che quando fa girellare il mappamondo nel suo ufficio, mister Murdoch passi compiaciuto le dita sull'Asia (oltre all'avamposto cinese c'è il Giappone consolidatissimo: 4 milioni di abbonati, e poi l'India dove l'invadenza della sua Star tv sta facendo suonare l'allarme ai tradizionalisti), poi arrivi all'Africa e tragga un profondo sospiro: lì è difficile, finora ha messo le mani solo su Libia ed Egitto, altri mercati (Bahrein, Giordania) gli riservano briciole. L'Australia è casa sua, e non mette conto parlarne. In totale, sparsi per il pianeta, fanno 120 milioni di abbonati. E il bello è che in teoria a Murdoch piace soprattutto possedere giornali.
Cosa guardano tutte queste persone? Ovviamente calcio e sport in quantità industriali, targata Sky e Fox, quindi debitamente orientata tenendo conto però delle peculiarità di ogni paesee. Poi fiction e cartoni animati planetari, siglati Fox, ovvero quei fenomeni alla X-Files nati quando Murdoch decise che non voleva essere in balia di produttori indipendenti e decise di produrre da solo. E di tutto. E se qualcuno si indignasse nel sentir dire che il calcio italiano lo "produce" Murdoch se ne faccia una ragione.
Il conto dei 120 milioni di abbonati esclude l'ITalia, dove Sky ha dichiarato l'obiettivo - minimo - di raggiungere quota 6 milioni in pochi anni. La politica lo scruta con terrore (e con speranze). C'era tutto un mondo che si riconosceva nella cinematografia di sinistra pronto a scendere sul sentiero di guerra con la scomparsa di Telepiù e dei suoi finanziamenti al cinema italiano: una delle prime mosse di Sky Italia è stata quella di annunciare finanziamenti maggiori: cinquanta milioni di euro pronti, si dice. E chi avrebbe qualcosa in contrario da dire?

(Antonio Dipollina, E intanto il signor Sky, nel suo piccolo..., in "Il Venerdi di Repubblica", 5 settembre 2003, n. 807, p. 31)