FINALMENTE QUALCUNO SI ACCORGE CHE GIULIANO FERRARA E' UN INFEDELE.
IL SUO NOME E': DON BAGET BOZZO.
EGLI AMMONISCE IL GRASSO POSTCOMUNISTA IN UN LATINO MINACCIOSO: "MAXIME DEBETUR BERLUSCONI REVERENTIA".
LETTERE AL DIRETTORE
Il Foglio, 16.9.2003
Signor direttore, lei rischia un vizio che non le si addice: il moralismo. La qualità della sua vita è stata quella di un trasgressore di linguaggi stabiliti, oggi lei sta diventando la figura opposta del trasgressore, cioè un censore di Berlusconi e del centrodestra. Tanto che regna intorno a lei un certo conformismo, non credo che Belpietro potrebbe recensire il giornale cognato con la sua supponenza. Lei ha scelto di essere il politically correct del centrodestra. Se facessi l’analisi del suo linguaggio, direi che il fiume è tornato alle sorgenti. Il mio principio è un altro e lo dirò sfidando il suo linguaggio e parafrasando Quintiliano: maxime debetur Berlusconi reverentia, perché è l’uomo che ha salvato l’Italia e la democrazia. In tempi gravi come questi non occorre fare sfoggio di intelligenza (sa che me lo potrei permettere) ma di fedeltà. Soprattutto da chi a Berlusconi deve di poter dimostrare quanto è intelligente. La rubrica non me lo consente ma vorrei chiudere dicendo in verità “con stima e vivo affetto”.
Gianni Baget Bozzo
maxime debetur Berlusconi reverentia
Quid est veritas? Che cosa è la fedeltà? Il Cav. non ha ancora parlato di teologia, la materia di cui lei, caro don Gianni, si occupa. Succederà, e io l’attendo al varco quando il Trasgressore dirà a Portofino che la Madonna era sempre ubriaca, ma per ora si occupa o dice di occuparsi di politica, la nostra specialità (non sapendo farla, la commentiamo). E spesso ci mette in imbarazzo. Il punto non è che Mussolini, testa parecchio calda e autore di un mortifero Stato di polizia in un mortifero regime reazionario di massa, sia paragonabile a Hitler o a Saddam. Il punto è che non avrebbe mai rilasciato un’intervista come quella, perché era uno statista e purtroppo è durato vent’anni. Il punto è che non bisogna essere fedeli agli “oni”, da Tambroni a Berlusconi; è a un’idea giocosa ma seria della vita che bisogna essere fedeli. La nostra infedeltà è oltre tutto relativa. Ho ricordato Churchill di recente: “Preferisco avere ragione che essere coerente”. A noi capita perfino, senza esagerare per non imbrodarsi, di avere ragione nella coerenza, almeno quando parliamo del Cav. che straparla. La sua novità linguistica è un nostro pallino dalla fondazione del giornale in avanti. Abbiamo giocato intellettualmente, ma non sempre cinicamente, sulla sua regalità e sulla sua considerazione patrimoniale dello Stato (Paul Ginsborg ci ha scritto su un libro per la Berlusconi editore senza riconoscerci i diritti finanziari). Abbiamo giocato, non sempre senza efficacia, sulla pedanteria dei suoi nemici, ma non dimenticammo di dirgli in faccia che un governo ha bisogno di un’opposizione per non divenire goffamente autocratico. Abbiamo giocato sulla carta suprema o sul ricatto della sua simpatia umana di industriale ricco e dunque imperdonabile per un paese povero di spirito, senza dimenticare di ricordargli che se vuole governare lo stato deve essere disponibile a impoverirsi un po’ ovvero a un modesto decremento della sua capacità di fare profitti con la televisione. Abbiamo giocato sul filo del paradosso, come direbbe il portavoce di Palazzo Chigi, spiegando ai nostri amati lettori che non abbiamo un premier, abbiamo Berlusconi, e chi dice che non sia meglio un uomo che sbaglia di un pupazzo professionista che sa coprire i suoi sbagli? A volte non abbiamo giocato, lo abbiamo trascinato, lui benevolente e intelligente, in un paio di battaglie giuste, come quella contro l’antiamericanismo e per l’esistenza di Israele (chissà che gli ebrei americani non se ne siano ricordati). Nella opposizione all’anticaglia linguistica dei magistrati codini e paragolpisti, non credo ci abbia fatto difetto una sistematica passione, viva da tempo anche per lui immemorabile. Siamo stati suoi scudieri, cantori e detrattori soprattutto quando si è stati in zona pericolo, in re incerta: sempre per il bene della causa ovvero di un paese ripulito dal cinismo buonista (è chiaro a tutti coloro che ci leggono senza malanimo: il nostro immoralismo è l’unico moralismo possibile). Ci siamo volentieri attirati inimicizie poco giocose. Lo abbiamo non giocosamente messo in guardia sulle scorte, prima dell’omicidio Biagi. Non solo: abbiamo giocosamente riconosciuto di vivere nella sua luce e nella sua ombra, perché il modesto ma solido successo di questo giornale non ci sarebbe se non ci fosse stato il fenomeno Berlusconi. E lasciamo perfino sorridendo che i pettegoli dicano che siamo dipendenti suoi o di quella persona deliziosa che è sua moglie, quando è evidente dai numeri che siamo partner, e che con il Foglio la sua famiglia ha fatto un affare. Ecco, vorremmo che anche lui restasse per noi, e per se stesso, un buon business. Ecco tutto. Con una postilla, caro don Gianni. Mandi la sua lettera in copia anche a Fedele Confalonieri, dicasi Fedele, che ha zittito il Cav. alla Festa dell’Unità. E ci saluti Maurizio Belpietro, suggerendogli di trovare nel Giornale cognato uno spiritoso e mite come Mattia Feltri e di stroncare tutti i giorni il Fogliuzzo con la irresistibile forza dell’ironia. Grazie dal suo don Giuliano.
Giuliano Ferrara
Preferisco avere ragione che essere coerente.
Ammiro e stimo Brunik che oltre ad essere coerente ha sempre ragione e d'ora in poi scriverò per il Giornale del Pollista.
P.S. Lepanto mi comunica che la massima non è di Quintiliano ma di Giovenale. Bella figura, don Gianni.
Prendiamo atto che il buon don Baget Bozzo non riesce neanche a fare sfoggio di cultura, solo di fedeltà.
P.S. 2 Se a qualcuno interessa, sto raccogliendo tutta la documentazione sulla riconversione di Giuliano Ferrara al komunismo in questo thread: http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=66112