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    Padre Pio e il Concilio

    Padre Pio era un modello di rispetto e di sottomissione verso i suoi superiori religiosi ed ecclesiastici, specialmente quando era perseguitato. Malgrado ciò, non potè restare silenzioso davanti alle deviazioni che erano funeste alla Chiesa. Prima della fine del Concilio, nel febbraio 1965, qualcuno gli annunciò che presto si sarebbe celebrata la Messa secondo il nuovo rito, ad experimentum, in lingua volgare, rito che era stato composto da una commissione liturgica conciliare al fine di rispondere alle ispirazioni dell'uomo moderno. Padre Pio scrisse immediatamente a Paolo VI, prima ancora di avere visto il testo, per chiedergli di essere dispensato da questa esperienza liturgica e di potere continuare a celebrare la Messa di San Pio V. Quando il Cardinale Bacci venne a visitarlo per portargli l'autorizzazione richiesta, Padre Pio si lasciò sfuggire un lamento in presenza del messaggero del papa: «Per pietà, mettete fine rapidamente al Concilio» . Quello stesso anno, in mezzo all'euforia conciliare che prometteva una nuova primavera della Chiesa, egli confidò ad uno dei suoi figli spirituali: «In questo tempo di tenebre, preghiamo. Facciamo penitenza per gli eletti». Altre scene della vita del Padre sono molto significative; ad esempio, la sua reazione all'aggiornamento degli ordini religiosi voluta dal Vaticano II. Le seguenti citazioni provengono da un libro che ha avuto l'imprimatur: «Nel 1966, il Padre Generale dei Francescani venne a Roma un po' prima del capitolo speciale che doveva trattare delle costituzioni, al fine di chiedere le sue preghiere e benedizioni a Padre Pio. Incontrò Padre Pio nel chiostro. "Padre, sono venuto per raccomandare alle vostre preghiere il capitolo speciale per le nuove costituzioni....". Aveva appena pronunciato le parole "capitolo speciale" e "nuovi costituzioni" che Padre Pio fece un gesto violento ed esclamò: "Tutto ciò è solamente un nonsenso distruttore". "Ma, Padre, dopo tutto, bisogna tenere conto delle giovani generazioni... i giovani si evolvono secondo le loro mode... ci sono dei bisogni, delle nuove richieste....". "La sola cosa che manca, disse il Padre, sono l'anima e il cuore, sono tutto, intelligenza e amore". E partì per la sua cella, si rigirò e disse, puntando il suo dito: "Non dobbiamo snaturarci, non dobbiamo snaturarci! Al giudizio del Signore, San Francesco non ci riceverà come suoi figli"! Un anno dopo, la stessa scena si ripetè all'epoca dell'aggiornamento dei cappuccini. Un giorno, alcuni colleghi discutevano col definitore generale, il consigliere vicino al provinciale o del generale di un ordine religioso, i problemi dell'ordine, quando Padre Pio, assumendo un atteggiamento scandalizzato, esclamò, con un sguardo severo nei suoi occhi: «Che cosa volete a Roma? Che cosa intrallazzate? Volete cambiare anche la regola di San Francesco»? Il definitore replicò: «Padre, si vorrebbero proporre dei cambiamenti perché i giovani non vogliono più saperne della tonsura, dell'abito, dei piedi scalzi...». «Cacciateli! Cacciateli! Che cosa bisogna dire? Forse che fanno un favore a San Francesco prendendo l'abito e seguendo la sua regola di vita, o non è piuttosto San Francesco che offre loro questo grande dono?".

    Fonte: Fr. Jean, OFM Cap., Lettre aux Amis de Saint François del Monastero di Morgon, febbraio 1999, fasc. n. 17. V. anche QUI.

  2. #22
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    Thumbs up Una consolante notizia: scismatici tornano alla Vera fede grazie a Padre Pio

    Romania: ortodossi convertiti al cattolicesimo dopo un miracolo di padre Pio

    La madre di un sacerdote rumeno guarisce da un tumore ai polmoni


    PESCEANA, lunedì, 26 novembre 2007 (ZENIT.org).- Mentre in Italia si infiammava il dibattito sulle stigmate di padre Pio, in un villaggio della Romania veniva posta la prima pietra della prima chiesa dedicata al santo di Pietrelcina, spiega un articolo di Renzo Allegri inviato a ZENIT.

    L’evento ha avuto luogo a Pesceana, nella regione della Valcea, nella Romania centro-meridionale, grazie a padre Victor Tudor, sacerdote rumeno fino ad alcuni anni fa ortodosso, ma che dopo essere stato testimone di un miracolo realizzato da Dio per intercessione del santo cappuccino è voluto entrare nella Chiesa cattolica, seguito da tutti i suoi parrocchiani.

    La vicenda risale al 2002. A Lucrecia Tudor, madre di padre Victor, all’epoca settantunenne, era stato diagnosticato un tumore al polmone sinistro. I medici rumeni, dopo averla sottoposta a diversi esami clinici, le rivelarono che le restavano solo pochi mesi di vita.

    Non si poteva nemmeno tentare un intervento chirurgico perché il tumore aveva prodotto metastasi. Padre Victor chiese quindi aiuto a suo fratello, Mariano Tudor, giovane e noto pittore rumeno, esperto in iconografia, che vive e lavora a Roma, nella speranza che conoscesse qualche medico italiano capace di compiere l’impossibile.

    A questo punto, Mariano contattò uno dei chirurghi più famosi al mondo, che ha operato anche Bill Gates. “Faccia arrivare sua madre a Roma e tenterò di tutto per salvarla”, disse il professore.

    Seguendo i consigli del chirurgo, Mariano portò sua madre a Roma. Tuttavia il medico, dopo aver esaminato i referti medici dei colleghi rumeni e compiuto esami più dettagliati, disse che un’operazione sarebbe stata ormai inutile. Si sarebbe potuto intervenire solo con dei farmaci per lenire i dolori che sarebbero divenuti lancinanti, soprattutto nella fase terminale.

    Allora Mariano decise di tenere la madre con sé a Roma, mentre continuava a portarla negli ospedali per le visite. In quel periodo stava lavorando a un mosaico in una chiesa e, poiché la mamma non conosceva l’italiano, la portava con sè.

    In un angolo della chiesa c’era una grande statua di padre Pio, che colpì tanto Lucrecia da spingerla a chiedere a suo figlio chi fosse. Mariano le raccontò brevemente la sua storia. Nei giorni successivi, sua madre cominciò a trascorre molto tempo seduta davanti alla statua, con cui parlava come se fosse una persona.

    Dopo circa 15 giorni, Mariano portò la madre in ospedale per un controllo e i medici constatarono con stupore che il tumore era scomparso. La donna, ortodossa, aveva chiesto aiuto a padre Pio ed era stata esaudita.

    “La guarigione prodigiosa di mia madre, compiuta da Padre Pio a favore di una donna ortodossa, mi colpì molto – ha raccontato padre Victor –. Cominciai a leggere la vita del santo italiano. Raccontai ai miei parrocchiani quanto era accaduto”.

    “Tutti conoscevano mia madre e tutti sapevano che era andata in Italia per tentare un intervento chirurgico ma che era poi tornata a casa guarita senza che nessun medico l’avesse operata. Fu così che, nella mia parrocchia, si cominciò a conoscere e ad amare Padre Pio”, ha continuato.

    “Leggevamo tutto quello che potevamo trovare su di lui. La sua santità ci conquistava. Intanto, anche altri ammalati della mia parrocchia ricevettero grazie straordinarie da padre Pio. Tra la mia gente si diffuse un grande entusiasmo e, a poco a poco, decidemmo di diventare cattolici per essere più vicini al Padre”.

    Il passaggio dalla Chiesa ortodossa a quella cattolica ha richiesto un lungo iter giuridico e difficoltà di ogni tipo, spiega nel suo articolo Renzo Allegri, ma padre Victor e i suoi parrocchiani non si sono fermati davanti alle difficoltà.

    “Con l’aiuto di padre Pio – racconta Allegri – hanno realizzato i loro progetti. E subito hanno iniziato a raccogliere i fondi necessari per la costruzione di una chiesa da dedicare a padre Pio”, le cui fondamenta sono state iniziate a maggio.

    “I fondi sono costituiti dai risparmi di questa povera gente, e dall’aiuto di alcuni cattolici tedeschi che hanno conosciuto la nostra storia”, afferma padre Victor.

    In occasione della posa della prima pietra, Sua Beatitudine Lucian Muresan, Arcivescovo Metropolita di Fagaras e Alba Julia dei Romeni, ovvero la massima autorità della Chiesa greco-cattolica in Romania, ha deciso di celebrare la cerimonia.

    Fonte: Zenit, 26.11.2007

  3. #23
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    Il racconto segreto della stimmatizzazione di padre Pio

    «Ti associo alla mia Passione»: un dono di grazia per la «salute» dei fratelli

    di Mirko Testa


    ROMA, venerdì, 12 settembre 2008 (ZENIT.org).- Padre Pio da Pietrelcina ricevette le stimmate nel 1918 da Gesù Crocifisso che in una apparizione lo invitò a unirsi alla sua Passione per partecipare alla salvezza dei fratelli, e in particolare dei consacrati.

    E' quanto apprendiamo ora con certezza grazie alla recente apertura, per volontà di Papa Benedetto XVI, degli archivi dell'ex Santo Uffizio fino al 1939 che custodiscono le rivelazioni segrete del cappuccino su fatti e fenomeni mai raccontati a nessuno.

    A renderle note è un libro dal titolo Padre Pio sotto inchiesta. L'«autobiografia segreta», con prefazione di Vittorio Messori, introdotto e curato da don Francesco Castelli, storico della postulazione per la causa di beatificazione di Karol Wojtyla e docente di Storia della Chiesa moderna e contemporanea all'ISSR “R. Guardini” di Taranto.



    Sino a oggi sembrava, infatti, che padre Pio, per pudore o forse ritenendosi indegno degli straordinari carismi ricevuti, non avesse svelato mai a nessuno cosa avvenne il giorno della sua stimmatizzazione.

    Un solo accenno al riguardo si trova in una lettera inviata al suo direttore spirituale, padre Benedetto da San Marco in Lamis, quando parla dell'apparizione di un «misterioso personaggio» senza però lasciar trapelare ulteriori dettagli.

    Il volume, che riporta per la prima volta integralmente la relazione vergata da monsignor Raffaello Carlo Rossi, Vescovo di Volterra e Visitatore Apostolico inviato dal Sant'Uffizio per «inquisire» in segreto padre Pio chiarisce finalmente che in occasione della stimmatizzazione il Santo del Gargano ebbe un colloquio con il Gesù Crocifisso.

    Una seconda fonte autobiografica di Padre Pio, prestata sotto giuramento, si va quindi ad affiancare al suo epistolario, fornendo le giuste chiavi di lettura per conoscere la personalità e la missione di «sacerdote associato alla Passione di Cristo» del frate cappuccino.

    Chiamato a rispondere sul Vangelo, a brevissima distanza dall'avvenimento dei fenomeni mistici, padre Pio rivela per la prima volta l’identità di colui che lo ha stimmatizzato.

    È il 15 giugno 1921, sono passate da poco le 17, e interrogato dal Vescovo padre Pio risponde così: «Il 20 Settembre 1918 dopo la celebrazione della Messa trattenendomi a fare il dovuto ringraziamento nel Coro tutt’ad un tratto fui preso da un forte tremore, poi subentrò la calma e vidi N. S. [Nostro Signore] in atteggiamento di chi sta in croce».

    «Non mi ha colpito se avesse la Croce, lamentandosi della mala corrispondenza degli uomini, specie di coloro consacrati a Lui e più da lui favoriti».

    «Di qui – continua il suo racconto – si manifestava che lui soffriva e che desiderava di associare delle anime alla sua Passione. M’invitava a compenetrarmi dei suoi dolori e a meditarli: nello stesso tempo occuparmi per la salute dei fratelli. In seguito a questo mi sentii pieno di compassione per i dolori del Signore e chiedevo a lui che cosa potevo fare».

    «Udii questa voce: “Ti associo alla mia Passione”. E in seguito a questo, scomparsa la visione, sono entrato in me, mi son dato ragione e ho visto questi segni qui, dai quali gocciolava il sangue. Prima nulla avevo».

    Padre Pio rivela dunque che la stimmmatizzazione non fu il risultato di una sua richiesta personale ma di un invito del Signore, che lamentandosi dell'ingratitudine degli uomini, in particolar modo dei consacrati, lo faceva destinatario di una missione, come culmine di un cammino di preparazione interiore e mistica.
    Tra l'altro, spiega l'autore del libro, «il tema della cattiva corrispondenza degli uomini, in particolare di coloro che erano più favoriti da Dio, non è nuovo nelle rivelazioni private del cappuccino».

    Intervistato da ZENIT, don Francesco Castelli ha detto che «un aspetto decisivo va rintracciato nella mancata richiesta delle stimmate da parte di padre Pio. Questo ci fa capire la libertà e l'umiltà del cappuccino che si rivela totalmente disinterrato a fare mostra delle ferite».

    «L'umiltà di padre Pio traspare anche dalla sua reazione nel vedere, una volta tornato in sé, i segni della Passione impressi nella carne – ha sottolineato lo storico –. Infatti, nel colloquio con il Vescovo, una volta conclusasi la scena mistica, non ci ricama sopra».

    Dai colloqui con padre Pio, dall'epistolario, dai testimoni interrogati da monsignor Rossi e persino dalla sua relazione traspare il fatto che padre Pio provasse dispiacere per i segni della Passione, che cercasse di nasconderli e che soffrisse nel doverli mostrare sotto l'incalzare delle richieste del Visitatore apostolico.

    La ferita al costato e la sesta piaga del patibulum crucis

    Il libro riporta poi le conclusioni di monsignor Rossi alla ricognizione sulle stimmate di padre Pio da lui effettuata personalmente, e di cui si aveva notizia solo in parte, che risulta apportatrice di grandi novità, specialmente per quanto concerne la morfologia della ferita sul costato e la presunta sesta piaga della spalla.

    Nella sua relazione il Visitatore apostolico rivela che le ferite di padre Pio non andavano in suppurazione, non si chiudevano né si cicatrizzavano. Restavano inspiegabilmente aperte e sanguinati, nonostante il frate avesse smesso di spennellarle con la tintura di iodio per cercare di arrestare il sangue.

    «La descrizione di monsignor Rossi riguardo la stimmata al costato – ha detto ancora don Castelli a ZENIT – è decisamente differente da quelle di chi lo ha preceduto e da coloro che lo hanno seguito. A lui non si presenta sotto forma di una croce capovolta oppure obliqua, ma come una “chiazza triangolare” e quindi dai contorni netti».

    Nel verbale dell'esame, il Vescovo di Volterra, contrariamente a quanto rilevato dagli altri medici, sostiene che «non vi sono aperture, tagli e ferite» e che in tal caso «si può legittimamente supporre che il sangue esca per essudazione», cioè - spiega don Castelli - che si trattasse di «materiale sanguigno fuoriuscito per una forma di iper-permeabilità delle pareti vasali».

    «Questo depone a favore della sua autenticità – ha spiegato lo storico –, perché l'acido fenico, che secondo alcuni sarebbe stato utilizzato da padre Pio per procurarsi le piaghe, una volta applicato finisce per consumare i tessuti infiammando le zone circostanti».

    «Impossibile pensare che padre Pio fosse stato in grado di prodursi queste “ferite” dai margini netti per 60 anni e in modo costante», ha commentato don Castelli.

    «Inoltre, dalle piaghe si sprigionava un profumo intenso di viola al posto dell'odore fetido causato il più delle volte dai processi degenerativi o dalla necrosi dei tessuti, oppure ancora dalla presenza di infezioni».

    Altro elemento degno di rilievo, il fatto che padre Pio confessi apertamente di non portare altri segni visibili della Passione al di fuori di quelli alle mani, ai piedi e al costato, escludendo così l'esistenza di una piaga all'altezza della spalla dove Gesù portava la croce, di cui parla una preghiera attribuita a San Bernardo.

    Prima d'ora, invece, ne era stata ipotizzata l'esistenza, specialmente sulla base della rilevazioni in proposito fatte dal Cardinale Andrzej Maria Deskur che in una intervista aveva raccontato di un incontro a San Giovanni Rotondo, nell'aprile del 1948, tra l'allora don Karol Wojtyla e il frate stimmatizzato.

    Secondo don Castelli, «questa rivelazione fissa ora nel 1921 il termine prima del quale non si puo' risalire per attribuire a padre Pio l'esistenza di qualsiasi altro segno della Passione».

    Fonte: Zenit, 12.9.2008

  4. #24
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    Predefinito Nel ricordo del quarantesimo del Beato Transito di S. Pio da Pietrelcina ...

    Anniversario del "beato transito" di Padre Pio

    "Un flusso di ricordi nella memoria e nel cuore..."


    20.9.2006

    Siamo giunti alla vigilia della Quinta Festa Liturgica di San Pio da Pietrelcina per celebrare il 38° Anniversario del Beato Transito. Il 22 settembre 1968, all’età di 81 anni, al termine della celebrazione della Santa Messa per la ricorrenza del cinquantenario del doloroso dono delle stimmate, Padre Pio venne colto da malore e durante la notte, alle ore 2.30 del 23 settembre, cessò di vivere con la corona del Rosario tra le mani e ripetendo “Gesù e Maria”. Con il dott. Giuseppe Gusso, Direttore Sanitario di Casa Sollievo della Sofferenza dal 1956 al 1994, ospite ai microfoni di Tele Radio Padre Pio,abbiamo potuto ripercorrere gli ultimi momenti, essendo egli presente al transito del frate stimmatizzato.

    Ci troviamo nel giardino del Convento dei frati cappuccini. Quante volte ha avuto la possibilità di frequentare questi luoghi in compagnia di Padre Pio?
    “Direi che ero un ospite abituale delle serate di Padre Pio. Quel po’ di tempo che Padre Pio dedicava, dopo la funzione serale, a un gruppetto di suoi figli spirituali era trascorso qui all’interno del giardino in una conversazione comune…in una conversazione che egli stesso animava. Questo riguarda un periodo di tempo che parte dall’inaugurazione dell’Ospedale, 5 maggio 1956, fino al giorno della sua morte”.

    Vogliamo ripercorrere i momenti salienti di quel 22 settembre del 1968. come iniziò la sua giornata?
    “Per la verità la giornata trascorse normalmente…tranne per la preoccupazione che noi medici avevamo per le condizioni di salute di Padre Pio che già da diversi giorni non stava bene. Le sue condizioni da qualche tempo erano deperite e soffriva in particolare modo di una sua vecchia malattia che riguardava proprio i bronchi, crisi di asma a cui andava soggetto. Quindi la giornata si presentava come una giornata ordinaria…quanto è successo dopo è stato per noi una cosa inaspettata e anche estremamente grave”.

    Quando Padre Pio iniziò ad avvertire i primi sintomi di sofferenza, la sera del 22 settembre del 1968 lei si trovava a casa e cosa successe?
    “Fui chiamato nel cuore della notte e quindi mi trovavo a casa in quel momento. Erano le ore 22.05 del giorno 23 settembre. Fui chiamato a telefono da una voce amica che riconobbi subito. Si trattava del dott. Sala, medico personale del Padre, che mi disse: Gusso vieni subito perché il Padre sta male, molto male. La cosa mi preoccupò molto. Non solo perché avevamo già constatato che le condizioni del Padre in quei ultimi giorni non erano buone ma perché mi impressionò il tono della voce del dott. Sala che mi disse più volte vieni subito.. In genere quando mi chiamava si limitava a dirmi: Il Padre sta male… Questa volta mi disse: Il Padre sta male, molto male… Subito mi precipitai al convento e salii immediatamente nella celletta del Padre. Voi capite che queste cose non si dicono senza emozioni. Ogni volta che ripenso a quegli ultimi minuti trascorsi con il Padre sono preso da una grande emozione… Entrato nella cella vidi il Padre seduto sulla sua poltrona, la stessa che egli usava regolarmente quando voleva riposarsi. Fui colpito immediatamente dal pallore del viso e dal respiro superficiale”.

    In quel momento capi subito che la situazione stava precipitando e che le condizioni del Padre stavano peggiorando?
    “Sì, mi resi immediatamente conto che le condizioni del Padre erano gravi. Mi fermai, per qualche istante, a parlare con il dott. Sala per ricevere ulteriori notizie… ma le condizioni del Padre già si manifestavano gravi… Il pallore del viso, la superficialità del respiro, il fatto che il Padre non apriva gli occhi…era come se fosse abbandonato sopra la sua seggiola… Una cosa mi colpì…Nella mano destra aveva la corona del Rosario che portava sempre e continuava a ripetere: Gesù e Maria. Resomi conto della situazione, corsi di nuovo in clinica per prendere un dispositivo per la respirazione assistita , tendo conto appunto della difficoltà del respiro del Padre. Il tempo di prendere questo dispositivo… e ritornai in convento. Salii di corsa nella cella di Padre Pio e cercammo di ossigenare meglio il respiro del Padre. Il tutto durò pochi minuti… perché si vedeva che il respiro andava sempre più difficile, diventava sempre più raro, il polso si faceva più piccolo e anche le labbra iniziavano ad avere un colorito cianotico. Il nostro intervento sembrava non dare risultati… In effetti,sempre seduto sulla poltrona, il Padre lentamente, ma progressivamente continuava ad avere un respiro più rallentato. Nel giro di pochi minuti venne meno…Si chiuse la sua giornata con la corona del Santo Rosario tra le mani e con il ripetere sempre più lentamente: Gesù e Maria. Con noi medici era presente il Padre Guardiano, alcuni suoi confratelli, padre Pellegrino che da tempo si prendeva cura di Padre Pio e anche alcuni suoi figli spirituali. Tutti si ritrovarono in ginocchio in profonda preghiera… Poi, noi medici, abbiamo sollevato il Padre e lo depositammo sul letto che era lì accanto. Questa è la mia testimonianza di quel triste 23 settembre…momenti di angoscia, tristezza e dolore che si svolsero con molta rapidità…”.

    La notizia della morte di Padre Pio ben presto arrivò in tutto il Paese e arrivarono tantissime persone, fedeli, curiosi…Cosa ricorda del giorno del funerale di Padre Pio?
    “Del giorno del funerale di Padre Pio ricordo questa grande affluenza di persone… mentre chi poteva, stava vicino alla bara esposta alla visione del pubblico in totale preghiera e raccoglimento. Rivivere ogni anno la celebrazione del Beato Transito del Padre rappresenta per me una giornata di grande dispiacere… Il tutto mi riporta continuamente al Padre e mi fa ripensare ai suoi insegnamenti indirizzati ai figli spirituali e alla sua Opera. E’ un flusso di ricordi nella memoria e nel cuore…”.

    di Nina Serago

  5. #25
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    Io amo i miei figli spirituali al pari dell’anima mia e più ancora. Li ho rigenerati a Gesù nel dolore e nell’amore. Posso dimenticare me stesso, ma non i miei figli spirituali, anzi assicuro che quando il Signore mi chiamerà, io gli dirò: “Signore, io resto alla porta del paradiso; Vi entro quando ho visto entrare l’ultimo dei miei figli” (Padre Pio)

  6. #26
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    Padre Pio è uno die più meravigliosi Santi che Dio si è degnato di donare alla Sua Santa Chiesa....una delle prime figure che ho imparato a conoscere è stata Padre Pio....l'estate scorsa mi sono recato in Puglia in vacanza, e ho visitato anche San Giovanni Rotondo....una magnifica esperienza...ho visto ancora la grande tomba nera, senza vedere le spoglie del Santo....è un luogo pieno di pace, fede e speranza.....è senza dubbio una delle più belle storie...e ancor più bella poichè San Pio è patorno dei giovani.....spero tanto di tornare a San Giovanni, magari anche per ringraziarlo di una grazia che ho ricevuto per sua intercessione.....

  7. #27
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    spero domani di riuscire a recarmi alla Messa per rendere meglio grazie a Dio e meglio pregare il Santo

  8. #28
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    voglio suggerirvi due libri dedicati al Padre che ho avquistato l'anno scorso in Puglia, e che ho nella mia sezione spirituale della mia libreria...forse francesco e pierfrancesco li conosceranno bene, e magari li avranno pure....
    sono entrambi id angelo giubelli....
    http://www.santopiodapietrelcina.it/
    "Padre Pio-Vita. Pensieri. Miracoli. Preghiere" Edizioni Tipografia San Michele-Monte Sant'Angelo, 5,16 euro, pp. 128
    "Padre Pio - Buona giornata. Meditazioni per un anno" Edizioni Tipografia San Michele-Monte Sant'Angelo, pp. 159

  9. #29
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    sul mio comodino, nel mio "angelo bello", ho pure un piccolo dittico del Santo, preso sempre a San Giovanni, con immagine su fondo dorato e frase "Ogni nuovo giorno è un giorno in più per amare, un giorno in più per sognare e un giorno in più per vivere"...nel mio portafoglio ho messo anche un'immaginetta del Santo, e ho molte immaginette e reliquie di lui...sì sì, San Pio lo riscrivo, San Pio è uno dei più meravigliosi doni del Padre e frutti dello Spirito che ci sono stati dati per mostrarci Gesù e Sua Madre....
    Sancte Pie de Pietrelcina, ora pro nobis!
    Sancte Pie de Pietrelcina, ora pro me peccatore Deum!

  10. #30
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    Padre Crispino Di Flumeri

    L’atteggiamento di Padre Pio di fronte alla morte


    Anche, quest'anno, nella notte tra il 22 e 23 settembre, è stata tenuta nel nostro Santuario una veglia di preghiera, in occasione dell'11° anniversario della morte del venerato Padre Pio.
    La veglia ha compreso una liturgia della Parola, la recita del Rosario meditato (misteri gloriosi) e la celebrazione della santa Messa, concelebrata da numerosi sacerdoti.
    La concelebrazione è stata presieduta dal nostro Padre Provinciale, il Molto Reverendo Padre Crispino Di Flumeri, il quale ha pronunziato il discorso, che pubblichiamo nelle pp. 8-9.

    La civiltà e la dignità di un popolo e di una persona si rivelano nell'atteggiamento verso la morte.
    Nella nostra civiltà convulsa, dispersiva, spesso distruttiva, la morte è diventata discreta.
    Una volta il morto riempiva la casa di gente; oggi, piú presto si fa partire il morto da casa, meglio è. Ma noi, questa notte, ci troviamo a riempire una casa, la casa di Dio, perché ricordiamo l'undicesimo anniversario di un morto, che non ha riempito casi di uomini, ma ha riempito e continua a far diventare stracolme le case di Dio.
    Lo spettacolo di questa sera è il segno di una civiltà, che, anche se non ricca di mezzi, è ricca di spirito. E' la nostra civiltà di cristiani, che si stringe intorno a un morto, perché quel morto ancora parla, ancora è vivo: piú vivo che mai. Anche se com'è detto nella prima lettura, egli ha dovuto subire persecuzioni, ha dovuto sopportare l'attentato di morte, perché si rivelasse in lui l'aiuto del Signore.
    Questa sera vorrei fare una riflessione sulla morte.
    Un filosofo diceva che la vita è meditazione della morte. Questo filosofo si chiamava Platone. E i cristiani, con la loro sensibilità e apertura per ogni pensiero buono, hanno avvertito che c'era qualche cosa di cristiano nell'affermazione.
    Un altro filosofo ha detto che la vita è una specie di sollecitudine per la morte. Anche questa affermazione, che può sembrare distruttiva, ha un suo fondamento cristiano. Una volta leggevamo la preparazione alla morte; e, allora, la vita veniva considerata come un'anticamera della morte. Ma poi è venuta quella civiltà che è stata definita da qualche sociologo come la civiltà del rifiuto della morte, la civiltà della morte innominabile, della morte, cioè, della quale non si deve parlare, perché la morte è diventata un tabú, anche se è una realtà quotidiana. Ma è la morte che si dà agli altri; è la morte che si infligge a chi ha fame, a chi vuole la libertà; è la morte che si dà con l'esercizio del potere. E le morti sono milioni. Tuttavia la morte rimane innominabile: non bisogna parlarne, perché bisogna affermare la vita.

    L'atteggiamento di Padre Pio

    Qual è stato l'atteggiamento di Padre Pio di fronte alla morte?
    Una delle dimensioni spirituali piú spiccate in Padre Pio, e che dovrebbe essere studiata e approfondita, è questa dimensione, che egli stesso, in qualcuna delle sue lettere, chiama « l'attrattiva verso la morte ».
    Non è uno spavento. Non è timore, per cui la morte è innominabile. Padre Pio parla di « attrattiva ».
    Nella lettera del 28 giugno 1912 (cfr. Epist. I, p. 292 s.), egli parla di un « cieco desiderio », di una « cieca passione » verso la morte, e chiede scusa ai suoi confessori, ai suoi padri spirituali, perché sente questo oscuro bisogno di morire e ne domanda il perché.
    Qualche volta esprime parole di rammarico contro la durezza e la crudeltà dei suoi direttori
    spirituali, che pregano perché egli viva. Si sente come defraudato di un bisogno fondamentale della sua esistenza: il bisogno di morire.
    Siamo molto lontani dall'atteggiamento nostro di oggi, che non è piú borghese o non borghese, ma che è diventato il segno caratteristico della nostra civiltà del benessere e dei consumi.
    Qualche volta Padre Pio se la prende anche con Dio.
    In una lettera, che non si può leggere senza commozione, egli si lamenta perché Dio lo trattiene ancora in vita, dopo avergli manifestato qualche tratto del suo volto bellissimo, del volto bellissimo del suo Figlio, che è sostanza del Padre.
    Ecco spiegata, allora, la ragione del suo oscuro bisogno di morte. Non c'è nulla di psicoanalitico in lui; né c'è bisogno di invocare Freud, quasi si potesse parlare di istinto di morte in lui. No. E' il bisogno vitale dello spirito, di quello spirito che si manifesta anche a livello inconscio, ma che, poi, si apre e diventa intelligenza.
    Padre Pio sente la nostalgia di Dio; ed egli stesso indica il motivo del « cieco desiderio » e della « cieca passione » di morte, che avvertiva profondamente. « La vita per me è diventata un deserto ».
    Padre Pio si sentiva solo. Certamente la sua era una solitudine immensa; ma egli si sentiva solo. Si sentiva solo ed il mondo per lui era diventato un deserto, perché aveva intravisto alcuni segni del volto bellissimo di Cristo.
    Nella lettera del 12 maggio 1914 (cfr. Epist. I, pp. 470 - 472), afferma che con la morte egli può vedere Dio ed essere posseduto da Dio.
    In molte lettere, poi, si lamenta di non poter essere posseduto completamente dal Cristo, verso 1 quale pure si sente irresistibilmente attratto. Qualcosa in lui resiste: la miseria della tentazione, l'amarezza della malattia, il tormento interiore dell'ascesa verso Dio. Ma egli vuol essere posseduto da Dio completamente, senza residui. La morte gli offre questa garanzia.

    La sete dei fratelli

    Indubbiamente non è una novità questa concezione della morte come liberazione dall'esilio, come passaggio dal deserto del mondo, come bisogno di dissolversi per essere con Cristo. Padre Pio aveva capito bene, aveva assorbito e vissuto la teologia paolina della morte: « Cupio dissolvi et esse cum Christo ».
    Ma accanto a questo desiderio è necessario mettere in lui la sete cocente per i fratelli: il bisogno di lavorare e di sacrificarsi per essi.
    Il « sitio » del Cristo morente sulla Croce gli viene ricordato spesso dai suoi direttori di spirito, specie dal Padre Benedetto.
    E Padre Pio si rassegna ed è rimasto nel mondo. E continua a rimanervi, perché la sua morte non è silenzio e tenebra, ma luce e gloria.
    C'è, inoltre, una dimensione francescana in questo oscuro bisogno della morte, che Padre Pio avverte in sé. Certamente anch' egli, come San Francesco, può ripetere: « Tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto », ma nella citata lettera del 28 giugno 1912 mi sembra di individuare qualche elemento nuovo.
    Padre Pio desidera morire perché vuol essere libero, ma non libero dai pesi del corpo, che gli danno fastidio. Egli vuol essere libero dal corpo, perché vuol volare. Afferma: « Se potessi volare, vorrei parlare forte, a tutti vorrei parlare forte, a tutti vorrei gridare con quanta voce terrei in gola: amate Gesú che è degno di amore ». - Sono le parole di San Francesco: « L'amore non è amato. Amatelo! ».
    Padre Pio sente l'oscuro bisogno della morte, perché solo in essa egli acquista la libertà di annunziare, di gridare a tutto il mondo: « Amate Gesú che è degno di amore ».
    Direi che, questa notte, il suo sogno si è realizzato; meglio, continua a realizzarsi, perché è questo il senso della vita di Padre Pio: un grido disincarnato che ha assunto le dimensioni dello spirito. « Amate Gesú che è degno di amore ».
    E noi con la nostra presenza, questa notte, rispondiamo: « sí ». - Di fronte a una tomba non possiamo mentire.

    Fonte: Padre Crispino Di Flumeri, L'atteggiamento di Padre Pio di fronte alla morte, in Voce di Padre Pio, 1979, fasc. n. 11, pp. 8-9

 

 
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