ROMA - L’annuncio arriva alla vigilia dell’anniversario di Porta Pia: «Il 20 settembre 1870 i massoni conquistarono l’Italia. E noi ricorderemo i martiri pontifici caduti in difesa del Papa Re». Firmato Federico Bricolo, vicecapogruppo della Lega alla Camera. Peccato che lo stesso giorno, il 19 settembre, il leader dello stesso partito Umberto Bossi tuonava contro Roma Capitale e neanche a farlo apposta parlava dei «massoni che dovevano ammazzare il Papa Re» e che invece erano finiti «a banchettare con lui». E ieri? Non a caso Bossi è stato l’unico leader politico ad avere attaccato Camillo Ruini dopo il suo discorso al consiglio permanente della Cei: «Il cardinale sbaglia: forse non è preparato in materia». Commento secco accompagnato da battute del tipo: «Bisogna che dica al suo braccio destro che è di Lodi di raddrizzare il tiro. Anzi, per addolcirlo invierò al cardinale una cassetta di prodotti locali padani». E ancora: «Lui che è padano sa bene che la Lega ha sempre difeso la famiglia più di ogni altro partito». E ciò mentre il sindaco di Roma Walter Veltroni e il segretario dell’Udc, alleato di governo, applaudivano il presidente della conferenza episcopale. Stesso partito, anime diverse? Piuttosto una «doppia marcia» alla quale il Carroccio ci ha abituati: da una parte ultraclericale, dall’altra mangia-preti. Ma quasi sempre all’attacco, incurante delle apparenti contraddizioni. Basta ricordare l’affondo durissimo a Giovanni Paolo II, lanciato il 16 agosto del 1997 a Ponte di Legno: «Il Papa polacco ha investito nello Ior e nei Marcinkus dimenticando il suo magistero di evangelizzazione». Un tono molto diverso di quello usato nell’ottobre del ’99, quando, intervistato da Avvenire, faceva i complimenti allo stesso Papa: «Va giudicato positivamente. Fa coincidere l’identità con i valori». È il tempo in cui Bossi vede in Giovanni Paolo II un possibile alleato contro l’odiatissima «mondializzazione». Tanto che qualche mese dopo, nella Padania diretta dal cattolico Baiocchi, confessa: «Mi è capitato di attaccarlo: mi sono sbagliato perché combatte l’annullamento dell’identità dei popoli».
Ma se il Papa talvolta viene salvato non così accade per la Curia e i vescovi in generale. Motivo principale: la difesa degli immigrati. L’argomento è come un tormentone che segue ogni passo delle politiche leghiste fino alla requisitoria del capogruppo alla Camera Alessandro Cè, che nel giugno scorso accusò in aula «le macchine organizzative di Caritas e parrocchie» insieme al Vaticano II «che ha considerato cristiana la modernità dopo averla combattuta». Sì, perché esiste nella Lega un’anima cattolico-tradizionalista per molti versi oscurantista. La rappresentano i cattoleghisti militanti. Come appunto Federico Bricolo e Massimo Polledri che il 23 gennaio 2002, quando il Papa organizzò l’incontro interreligioso di Assisi in risposta al clima di scontro tra le religioni provocato dall’11 settembre, parlarono di «passo falso della Chiesa».
E sempre Cè, qualche mese prima, aveva scelto di non aderire al digiuno per la pace proposto dal Papa per non unirsi «agli atei e ai seguaci di religioni che non riconoscono la Santissima Trinità». Non a caso, il 24 maggio di quest’anno, ad assistere alla messa in latino nella basilica di Santa Maria Maggiore c’erano anche il fedelissimo Bricolo, accompagnato da Mario Borghezio, meglio conosciuto per i suoi attacchi a tutto campo contro gli extracomunitari.
Roberto Zuccolini
"Corriere della Sera"